di Marco Roselli – “…il lichene prospera dalla regione delle nubi agli spruzzati del mare. Scala vette dove nessun altro vegetale attecchisce. Non lo scoraggia il deserto, non lo sfratta il ghiacciaio, non i tropici o il circolo polare artico. Sfida il buio delle caverne e si arricchisce del cratere del vulcano. Teme solo la vicinanza dell’uomo…” – di Camillo Sbarbaro, poeta e scrittore.
Forse quello che scrivo è influenzato dai ricordi. Ricordi di case fredde e inverni vissuti attorno alla legna dei caminetti neri o delle stufe consunte. Visioni di bambino, sensazioni che salgono dall’io profondo in grado di riportarmi indietro di cinquant’anni.
Il ronzio delle pentole sopra i cerchi; il crepitio della legna secca che si accendeva; il colore del fuoco che si vestiva di rosso intenso, giallo, viola. Ricordi di neve precoce e scarpe fradice, messe ad asciugare sopra uno sgabello. Aroma di pane abbrustolito e castagnaccio, sapori semplici e buoni, cibo molto ecologico, perché ricavato dallo stesso calore che faceva vivere le stanze. Un calore lento per cotture fragranti, fatte di preparazioni pazienti, ricche di abilità tramandate.
Bucati marsigliesi distesi sui ferri mobili dei tubi, stendardi fatti di pezze, calzini e mutande, da indossare tiepidi di benessere. Una salsiccia infilzata in una forchetta sopra le braci ardenti che spesso cadeva nella cenere, ma era buona lo stesso, soprattutto se divisa con chi c’era. Genitori appoggiati alle stufe o di fronte ai caminetti con le mani dietro la schiena. Meditazioni nel conforto di un tepore gentile, oppure chiacchierate sulle cose pratiche da fare, come rifornire i fuochi con la legna asciutta e con quella fresca, per farla durare di più. Spazzare la cenere, togliere la cenere, metterla nei secchi e portarla nell’orto, perché “fa bene alla terra”.
Da quanti secoli in Casentino usiamo caminetti e stufe? Gasolio e gas naturale sono arrivati nelle case da qualche decennio ma fino ad allora l’impiego della legna assicurava il riscaldamento della stragrande maggioranza delle abitazioni.
L’avvento dell’industrializzazione diffusa non ha comportato gravi ripercussioni ambientali nei nostri territori, infatti, in tutto il Casentino, ma potremo dire in tutta la provincia, con eccezione per le grandi arterie intasate dalle automobili, l’aria che respiriamo è sicuramente pulita e a dirlo non è chi scrive ma la natura. E la natura, notoriamente, non fa niente di sbagliato ed è più precisa di un orologio svizzero. Nel caso degli inquinanti prodotti dalle attività umane ci pensano i licheni a misurare la qualità dell’aria. Come fanno? Semplice: dove è inquinata non si sviluppano affatto, non riescono a formarsi. In Casentino li troviamo praticamente dappertutto, non solo all’interno delle foreste ma sono ampiamente presenti nelle cittadine e nei loro borghi, nelle aree artigianali e industriali.
Abbiamo già scritto dei licheni contribuendo a fare chiarezza su questi meravigliosi organismi, ma visti i tempi che corrono, trovo che non sia così ridondante parlarne di nuovo, anche alla luce di tante parole e azioni che si ripercuotono sulla vita delle persone, sia che abitino all’Osmannoro oppure a Compito.
Ricordiamo i licheni I licheni, organismi risultanti dalla simbiosi tra un fungo e un’alga, sono quasi sconosciuti anche alla maggior parte degli amanti della natura e spesso vengono trascurati durante gite ed escursioni. Non è facile avere confidenza con i licheni, data la varietà di forme e colori che non li fanno somigliare ai muschi e visto il fatto che li possiamo trovare praticamente dappertutto, anche sui materiali più impensabili. L’alga e il fungo di cui è formato il lichene creano una simbiosi che li fa convivere dalla loro nascita fino alla morte scambiandosi elementi utili alla sopravvivenza.
Per simbiosi si intende il rapporto di alleanza e collaborazione tra due o più specie che vivono assieme e che traggono il maggior vantaggio possibile da tale situazione. L’alga, attraverso la fotosintesi, fabbrica zuccheri per se stessa e per il fungo; quest’ultimo utilizza il nutrimento restituendo all’alga acqua e i sali minerali necessari alla sua sopravvivenza. Un osservatore inesperto potrebbe pensare che i licheni visibili sugli alberi siano dei parassiti delle piante. In nessun caso, invece, i licheni si comportano da parassiti e anche quando vediamo un albero malato, invaso dai licheni, è certo che è stato danneggiato da altri fattori (Da: Invito alla botanica – Zanichelli).
Dove vivono i licheni I licheni sono considerati vegetali pionieri in quanto riescono a colonizzare per primi superfici rocciose e terreni incolti e preparano le condizioni affinché altri vegetali, successivamente, si possano insediare. I licheni vivono solitamente in ambienti con temperature miti e con molta umidità atmosferica, ma si possono trovare anche sui ghiacciai o in prossimità di vulcani. I loro substrati preferiti sono la terra, le rocce, le cortecce degli alberi, tuttavia, alcune specie sono in grado di vivere anche su vetro, cuoio, asfalto e cemento. La loro capacità di passare rapidamente dallo stato idratato a quello disidratato permette loro di ridurre fotosintesi e respirazione, raggiungendo una sorta di blocco che li rende in grado di sopravvivere anche in condizioni ambientali difficili e di colonizzare gli habitat più diversi. Il fatto di dipendere quasi esclusivamente dall’atmosfera per la loro nutrizione fa dei licheni degli attivi bioindicatori dell’inquinamento atmosferico, come meglio descritto di seguito.
Dalle regioni artiche ai deserti, i licheni sono presenti praticamente ovunque. Alcune zone della terra sono molto aride, ma questi organismi hanno la capacità di disidratarsi, diminuendo il contenuto idrico a valori che vanno dal 2 al 10% del peso secco e di restare in stato quiescente. In queste condizioni il lichene diviene opaco, così da sopportare irraggiamenti solari eccessivi e temperature estreme (da -20°C a + 70°C). Il basso metabolismo dei licheni comporta una crescita molto lenta, nell’ordine dei decimi di millimetro all’anno. Rhizocarpon geographicum, che colonizza le rocce di montagna, si accresce di circa 4 mm al secolo; ciò spiega perché alcuni licheni hanno centinaia di anni.
I licheni come bioindicatori I licheni possiedono anche alcune caratteristiche che li rendono adatti all’impiego come bioindicatori, cioè indicatori dello stato di inquinamento di un ambiente. Essi sono sensibili agli agenti inquinanti mancando di una cuticola superficiale, nonché di strutture di selezione perciò assorbono in modo indiscriminato gas e sostanze tossiche. In particolare risulta essere devastante l’anidride solforosa (SO2) la quale degrada la clorofilla, con scomparsa dell’attività fotosintetica e quindi dell’organismo. Altre sostanze molto nocive per i licheni sono gli idrocarburi e gli ossidi di azoto.
I licheni sono quindi un segnale di allarme che ci avverte del deterioramento ambientale; essi sono spesso preferiti alle centraline di rilevamento in quanto con l’osservazione del loro aspetto esteriore, l’estensione della loro copertura e la loro biodiversità è possibile ottenere una valutazione attendibile dell’inquinamento medio di una data area nel tempo. Dalle grandi città i licheni sono quasi del tutto scomparsi e da rilevazioni cartografiche effettuate da ricercatori è possibile individuare zone anulari con inquinamento decrescente.
Nella vallata del Casentino i licheni sono diffusi praticamente ovunque con maggiore presenza in ambito boschivo, segno evidente che la qualità dell’aria è ancora molto buona. Sono 103 le specie descritte nelle foreste casentinesi ad indicare come questa valle sia interessata da una notevole biodiversità.
Gli studi sulla qualità dell’aria con l’impiego dei licheni in Toscana Alla fine degli anni 90, diversi studi condotti impiegando i licheni come bioindicatori, hanno rilevato la qualità dell’aria in molte zone della Toscana. I rilievi vennero eseguiti impiegando la frequenza lichenica correlata ad aree con maggiore presenza degli organismi (aria migliore) e aree con scarsa presenza di licheni (aria poco salubre). Per l’interpretazione e la lettura dei dati venne impiegato lo IAP (Index of Atmosferic Puricity), un indice della pulizia atmosferica con dei colori caratterizzanti le aree individuate in funzione della popolazione dei licheni.
I risultati per le zone indagate nella provincia di Arezzo sono pubblicati sul sito dell’Arpat e indicano una qualità dell’aria molto buona pressoché ovunque (noi siamo tra il verde e il celeste, tranne qualche eccezione). In particolare, anche all’attualità, nella città di Arezzo è più raro trovare i licheni nel reticolo viario centrale, ma è sufficiente spostarsi di 100 mt per riscontrarli nuovamente. Nell’area fiorentina, invece, possiamo dire che i nostri amici se la cavano un po’ peggio, stante il traffico urbano e la notevole presenza di industrie in certe aree. Una discreta qualità dell’aria si comincia a ritrovare – sempre secondo gli studi di allora – solo verso Ponte a Ema, Quaracchi, Galluzzo, Canonica di Cercina e altre località periferiche.
Specificità, coerenza e sostenibilità sociale delle normative Le leggi, le norme, i regolamenti, dovrebbero servire a far stare meglio le persone e sono sicuro che l’intento del legislatore è proprio quello, tuttavia, lasciatemelo dire, non sempre gli uffici dei decisori politici e quelli dei funzionari sono in pieno contatto con la realtà. Come si è cercato di spiegare nell’articolo, un conto sono le zone in cui la presenza degli inquinanti è sempre stata modesta, molto diverso è riferirsi ad ambiti con fonti di inquinamento diffuse e di diversa origine. Inoltre, le norme devono essere socialmente sostenibili e non una mannaia che recide in modo indiscriminato, senza tenere conto di aspetti tradizionali che superano di gran lunga qualche piccolo disagio.
La modernità ha portato molti vantaggi e ridotto la fatica dell’uomo, eppure il fuoco vivo della legna non è solo un rito antico, ma anche molto più ecologico di quello che si vuol far pensare.
Bibliografia Invito alla botanica, Zanichelli – Felci, muschi, licheni d’Europa, Muzzio Editore – I licheni, Ici Sedegliano Udine