di Marco Roselli – L’innesto, insieme con la talea, la margotta, la propaggine, è una tecnica di moltiplicazione o propagazione agamica delle piante arboree da frutto. L’innesto è una pratica molto antica, secondo certi autori già conosciuta dai cinesi alcuni secoli prima di Cristo e certamente praticata dai Fenici e dagli Egizi nonché dai Greci e dai Romani. L’applicazione pratica di questa tecnica deriva, probabilmente, dall’osservazione intelligente di qualche agricoltore di innesti spontanei per approssimazione, che consistono nella saldatura permanente dei tessuti di due rami o branche rimaste a contatto tra loro per un certo periodo di tempo. Dall’unione di due parti di una stessa pianta all’unione di due parti di piante diverse, il passaggio deve essere stato breve e così è nato l’innesto come tecnica agronomica per diffondere le varietà desiderate, mantenendone inalterate le caratteristiche. Ciò non avvenire nella propagazione per seme, a causa dell’eterozigosi più o meno accentuata che dà luogo ad una spiccata variabilità genetica dei caratteri nei semenzali della stessa cultivar da frutto.
Perché si innesta L’innesto è fondamentalmente una pratica di ingentilimento delle piante. Passeggiando in campagna, un occhio attento può facilmente riconoscere le piante “selvatiche” ovvero nate spontaneamente da semi portati dal vento o più frequentemente dagli animali (ad esempio, il ciliegio ha nome latino Prunus avium, “degli uccelli”, ed è facile intuirne il motivo). Queste Piante nate da semi di cui si ignorano i genitori e sviluppatesi in ambiente non coltivato (es. bosco) hanno sempre alcune caratteristiche intrinseche alla loro origine genetica: – Sono molto vigorose e eterogenee. – Hanno una lenta entrata in produzione. – Quando la produzione arriva è scarsa e alternante. – Hanno una tendenza ad avere gemme spinose anziché fertili, tipico carattere selvatico.
Tra i loro aspetti positivi ci sono la rusticità, da intendersi anche come resistenza alle più comuni malattie delle piante da frutto. Ciò non di meno, sarebbe difficoltoso realizzare un frutteto amatoriale usando queste piante così come si trovano allo stato spontaneo, ecco perché già nell’antichità avevano capito che con l’innesto si potevano ottenerne indubbi vantaggi. Alcuni vantaggi dell’innesto: 1. Indebolire la vigoria di una varietà per anticiparne l’entrata in fruttificazione e ridurne lo sviluppo della chioma. 2. Diffondere una varietà che ci interessa. 3. Sostituire una varietà, quando ci accorgiamo che questa, purtroppo non produce. 4. Prevenire malattie o attacchi parassitari (per esempio l’impiego della vite americana, quale portinnesto, contro la fillossera). 5. Adattare una specie o una varietà a un terreno o a un clima non idoneo. 6. Ringiovanire e/o rinvigorire una pianta vecchia, ammalata o debole, innestando sul tronco una o più marze prelevate da una pianta giovane. 8. Ricostituire le branche o parte della chioma, distrutte da eventi metereologici o attacchi parassitari, così come inserire gemme su branche che ne sono prive, al fine di ottenere chiome regolari. Questi sono solo alcuni dei motivi che hanno spinto l’uomo a migliorare le tecniche di innesto e come è evidente l’ingentilimento è uno dei principali da cui diversi altri discendono.
Definizione di innesto “Unione durevole ed efficiente di porzioni di piante diverse nella costituzione di un nuovo individuo” Da questa definizione ne discende che deve avvenire una saldatura tra i tessuti del nesto e quelli del portainnesto quindi, in sostanza, l’innesto consiste nel far saldare una parte viva di pianta (definita nesto, oggetto o gentile) destinata a formare la chioma del futuro esemplare su un’altra pianta definita portainnesto (detto anche soggetto) che ha il compito sia di sostenere e ancorare sia di assorbire le sostanze nutritive dal terreno. Le parti, provenienti da due piante diverse, danno così origine a un nuovo esemplare bimembre. Ognuna delle due parti, o bionti, infatti, pur dipendendo dall’altra per l’alimentazione, conserva la propria individualità. Da ciò il nome di marza dato alla porzione superiore che costituisce la chioma e di portinnesto (o soggetto) alla porzione inferiore al punto di innesto.
Il soggetto può aver avuto origine da: a) seme: in tal caso lo si chiama franco, se deriva dal seme raccolto da una pianta coltivata; selvatico, se deriva dal seme (sovente raccolto nei boschi) di una pianta spontanea; b) talea; c) barbatella; d) pollone; e) pianta già innestata. Soggetto e oggetto possono anche appartenere a specie diverse.
I tipi di innesto I tipi di innesto sono molteplici, per adattarsi alle esigenze specifiche delle varie piante. A seconda dello stato di lignificazione dei bionti, gli innesti si suddividono in erbacei, semi legnosi e legnosi. Tra gli innesti legnosi si trovano l’innesto a gemma, quando il nesto è fornito di una sola gemma, e l’innesto a marza quando il nesto è costituito da una porzione di ramo con almeno due gemme.
Come accennato in questo primo articolo ci occuperemo degli innesti a marza mentre più avanti nella stagione affronteremo anche gli innesti a gemma (gemma dormiente e gemma vegetante).
Istogenesi dell’innesto Per la riuscita di qualsiasi tipo di innesto deve avvenire una saldatura tra i tessuti dell’oggetto e quelli del soggetto. Questo fatto è un vero e proprio miracolo della natura, ma richiede che alcuni requisiti siano soddisfatti, pena il fallimento dell’operazione. Ruolo fondamentale è quello del cambio, una esile parte di tessuto meristematico posto tra il libro (tessuto sotto la corteccia) e l’alburno (tessuto interno al cambio stesso) in grado di far accrescere le piante in senso diametrale e responsabile del lavoro di saldatura e cicatrizzazione di questo vero e proprio “matrimonio” tra parti di piante diverse.
Dopo che la marza e il portainnesto sono stati uniti, il cambio da ordine alle cellule di produrre il cosiddetto “callo di cicatrizzazione” e di moltiplicare la parte di tessuto del portainnesto, atta ad unire i canali vascolari dei due bionti, in modo che la nuova parte non muoia. Questo processo richiede alcuni giorni, ecco perché le marze devono essere assolutamente in stato di riposo al momento dell’innesto, mentre è auspicabile che il portainnesto abbia avviato l’attività vegetativa.
Affinità di innesto Tra piante di specie diversa non esiste affinità perché non c’è compatibilità tra i tessuti: il nesto non si salda al portainnesto o in breve tempo avviene il rigetto. Non si può quindi innestare un ciliegio su un olivo o su un melo. Esiste una affinità tra specie diverse appartamenti però alla stessa famiglia, (tra cotogno e pero, tra ciliegio di Santa Lucia e ciliegio dolce oppure, al limite, tra biancospino e pero o anche tra pesco e susino). E’ chiaro che hanno maggiore probabilità di riuscita quelle combinazioni in cui i due bionti sono botanicamente vicini.
Innesto a marza Prevede l’impiego di una porzione (marza) di ramo lignificato provvista di 2-3 gemme, che viene inserita sul portinnesto mediante opportune fenditure e intaccature. L’epoca di esecuzione varia dalla seconda metà dell’inverno fino all’inizio della primavera e la marza deve trovarsi in totale stato di riposo. Le principali tecniche di innesto a marza sono: innesto a spacco diametrale (es. reinnesto vite), doppio spacco inglese, triangolo e corona (es. reinnesto fruttiferi). Marze: consigli per la raccolta e la conservazione – Come detto, la varietà deve essere affine al portainnesto. – Si prelevano rami di un anno provvisti di gemme a legno del diametro di circa 10 mm. – Il materiale deve essere esente da malattie. – Si scelga la marza prelevandola dalla parte mediana del ramo. – Epoca indicativa di raccolta: tra gennaio e febbraio. – Le marze vanno conservate a 4° C in sacchi di film nero (di solito si mettono nel frigorifero di casa in un sacchetto di plastica in cui siano stati praticati dei fori) ma possono essere tenute anche in cantina, sotto sabbia mantenuta umida ma non fradicia.
Al termine del lavoro si chiude la ferita con mastice per innesti.
Quando i due non vanno d’accordo… Che stare insieme sia una vera sfida lo sappiamo tutti e l’innesto delle piante rappresenta una metafora davvero azzeccata. E’ esperienza comune ritrovare grosse ciambelle anche a 1 metro da terra di vecchie piante da frutto. In questi casi l’innesto (il matrimonio) si è protratto a lungo ma è anche possibile che duri pochissimo con il risultato che il punto di innesto si frattura e le due parti si separano.