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venerdì, 25 Aprile 2025
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Il 25 aprile e i giovani

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di Gabriele Versari – Esattamente venti anni fa, la redazione di CASENTINO2000 pubblicò in un articolo l’intervista ad un quindicenne casentinese, Luca Grisolini, il quale all’epoca si era appena iscritto ad ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani). Il colloquio ebbe lo scopo di rapportare il ruolo dei giovani alla commemorazione del 25 aprile, visti i sessant’anni trascorsi dalla liberazione dal Nazifascismo. Oggi, che di anni ne sono passati ottanta, si è voluto ripetere l’esperimento, ma stavolta aumentando il numero e la varietà degli intervistati. Ai nostri microfoni si sono infatti prestate e prestati Eva (graphic designer), Viola (cameriera), Gianpiero (studente universitario) e Gianmatteo (operaio metalmeccanico), quattro giovani casentinesi tutti nati nel 1999. La finalità dell’incontro è stata quella di riflettere sul significato di tale ricorrenza e sulle implicazioni che la stessa comporta nella realtà odierna, ormai legata ad un mondo ultra-digitalizzato.

Che valore ha, dal vostro punto di vista, celebrare il 25 aprile e chi sono a vostro parere i partigiani? Eva: «Ora che vivo a Bologna, percepisco il 25 aprile come un giorno di grande festa, un giorno “felice”. Nel corso della giornata la città è in fermento, le vie e le strade sono un fiume in piena, soprattutto nei luoghi storicamente legati alla Resistenza. In Casentino la ricorrenza è meno sentita, almeno da parte mia e del mio gruppo. Sono dell’idea che l’azione partigiana sia stata di fondamentale importanza per la liberazione del nostro Paese, sia militarmente ma soprattutto dal punto di vista sociale. Certamente, non tutta la popolazione italiana dell’epoca sosteneva i partigiani, ma tutti erano a conoscenza del loro operato e di quanto fosse influente nello scenario bellico».

Viola: «La figura del partigiano ha colmato un vuoto che sussisteva all’interno del contesto nazionale italiano durante la guerra. Era necessaria una forte presa di posizione da parte del popolo, ormai stanco di sottostare al dominio Nazifascista. Oggi occorre prendere spunto da quei civili contrastando ciò che non riteniamo giusto e ciò che ci opprime, sia individualmente sia collettivamente, difendendo l’Italia da gruppi e cospirazioni che non contemplano l’ideale democratico, tutt’oggi purtroppo presenti nel nostro Paese».

Gianpiero: «Vedo il 25 aprile come una data fondamentale per la nostra storia. Provo una sorta di fascino riflettendo sui discorsi dei nostri concittadini negli anni successivi alla fine della guerra fino al termine della Prima Repubblica. Si percepisce quanto il sentimento collettivo legato a tale ricorrenza fosse allora enormemente più diffuso di quanto non lo sia oggi. Infatti, a causa sia di una società più fluida e individualista, che della cosiddetta “fine delle ideologie” determinata da un maggiore benessere generale, stiamo assistendo ad un fenomeno di disinteressamento da parte dei giovani verso le vicende della Resistenza e la politica in generale».

Gianmatteo: «Il disinteresse è generato, a parer mio, dai politici stessi, che ad ogni tornata elettorale sembrano presentarsi con l’unico scopo di acquisire il maggiore consenso possibile, invece di portare avanti i propri ideali. Assomigliano a influencer assetati di like e di visibilità più che a rappresentanti di determinati valori socioculturali. Tale dinamica è presumibilmente derivata dal cambio di paradigma che ha subito la comunicazione, che da analogica è passata ad essere in gran parte digitale. Dunque, il disinteresse è sì da imputare ai giovani, indifferenti alle vicende politiche, ma anche ai rappresentanti stessi, i quali sembrano essersi totalmente snaturati rispetto al passato per adattarsi alle logiche comunicative e informative odierne. Tutto ciò genera un astensionismo pericoloso, che favorisce quasi sempre le forze politiche più estremiste».

Riprendendo le parole di Viola, ad oggi l’ideale e l’ideologia fascista rappresenta nuovamente un pericolo? Viola: «L’idea che il fascismo non esista più è fuorviante. In numerose inchieste giornalistiche, effettuate anche all’interno di gruppi politici di estrema destra, è emerso chiaramente come anche tra i più giovani permanga un sentimento nostalgico verso il ‘Ventennio’».

Gianmatteo: «Se alle ultime elezioni nazionali, in un paese come la Germania, un movimento di estrema destra ottiene un quinto dei consensi totali è chiaro che sussista un problema, che per adesso può essere combattuto e arginato poiché si tratta comunque di un embrione. Non bisogna dimenticare, però, come andarono le cose all’incirca un secolo fa: le prime elezioni politiche a cui prese parte il Movimento dei Fasci di Combattimento furono un disastro per lo stesso, poi però tutti sappiamo com’è andata a finire. Quindi, la questione è sicuramente all’ordine del giorno, ma non si deve essere disfattisti o indifferenti, bensì consapevoli del fatto che la situazione possa eventualmente, e ci si augura il contrario, degenerare. Deve far riflettere il motivo per cui nel Paese che ha visto il più importante processo di epurazione – politica, sociale, culturale – dopo i fatti della Seconda Guerra Mondiale, ci si ritrovi ad avere un risultato elettorale quanto mai inatteso (ma non troppo, visto lo spettrometro politico internazionale odierno), dove una buona parte dei votanti sceglie deliberatamente di optare per il partito che rimanda maggiormente a quelle istanze politiche ormai da tempo dimenticate».

Eva: «Com’è già asserito da Gianpiero, in una società in cui imperversano l’individualismo e l’isolazionismo più assoluti, certi rappresentanti della destra possono far leva su determinati elementi propagandistici quali la paura del diverso e la necessità di imputare ad un capro espiatorio la colpa di questa o quell’altra emergenza. L’esempio dell’immigrazione clandestina è lampante: il cittadino, sommerso dal precariato lavorativo, è spaventato dalla possibilità che il proprio lavoro passa essere sottratto da chi arriva ‘da fuori’, perciò tale tipologia di argomentazione attecchisce facilmente».

Celebrare il 25 aprile e i partigiani rimane tutt’oggi un tabù per una certa fazione politica nel nostro Paese. Ciò deriva dal fatto che sia mancato un corrispettivo italiano rispetto a quello che in Germania è stato il Processo di Norimberga? Eva: “Mi viene a mente un tema assai controverso: quelle delle foibe. Non mi esimo dal definirla una tragedia immane, ma spesso viene strumentalizzata dalla destra, soprattutto estrema, per scagionare il fascismo e per vittimizzare i suoi cultori. Tale controversia è solo una delle tante conseguenze della mancanza, dopo la Seconda Guerra Mondiale, di una vera e propria epurazione nel nostro Paese. Non ci sono state grosse ripercussioni per la maggior parte dei gerarchi del regime. Il potere che aleggiava all’interno del contesto politico dell’epoca e l’appoggio agli alleati verso la vittoria finale della Guerra scagionarono diversi uomini chiave della stagione politica dittatoriale. Ciò ha fatto sì che oggi si metta in dubbio l’effettiva buona fede dei partigiani. Spesso, nel dibattito sul ruolo dei partigiani, questi vengono definiti assassini più che valorosi civili che hanno contribuito alla liberazione del Paese».

Viola: «Non mi spiego perché tutto ciò che è legato alla cultura partigiana, come il celeberrimo inno “Bella Ciao”, debba essere per forza additato come un rimando all’estrema sinistra, quando coloro che si impegnarono nella guerra di liberazione erano appartenenti a diverse fedi politiche, a dir la verità tutte fuorché quella fascista stessa. In tal senso, è chiaro come, in Italia, una definizione precisa di chi era dalla parte giusta non sia mai stata effettuata. La tipica frase “ha fatto anche cose buone” è figlia di un sottotesto culturale mai chiarito, che oggi presenta palesi ambiguità».

La vittoria della destra in Italia deriva esclusivamente da tale fattore o ne esistono altri? Gianpiero: «Ritengo che l’opposizione parlamentare si stia attenendo ad un approccio alquanto inadeguato. Sono diversi anni che la sinistra trova nei diritti civili il tema principale della propria azione. Personalmente, li ritengo sì importanti, ma non al punto da lasciar perdere tutto il resto, compresi i diritti sociali che vedono nel lavoro e nella sussistenza economica il proprio cardine. Sono fermamente convinto che entrambe le famiglie di diritti debbano essere tutelate di pari passo».

È innegabile che sussista un divario esponenziale tra i giovani partigiani e quelli appartenenti alla nostra generazione, i cosiddetti “Gen Z”. Il principale fattore di divergenza è il futuro che ci attende: se per i primi ciò che sarebbe avvenuto dopo gli eventi della guerra sarebbe stato in ogni caso la cornice di uno scenario di maggiore benessere, oggi il futuro è incerto, soprattutto se si considerano le vicende internazionali (elezione di Trump, guerra in Europa e crisi economica globale). Quali speranze dovremmo coltivare? Gianmatteo: «È difficile trovare una risposta univoca alla domanda, poiché la stessa implica il fatto che non ci sia un’unica minaccia all’orizzonte, come poteva essere il Nazifascismo per i partigiani, bensì molteplici questioni che rendono il futuro a tratti spaventoso. Manca quell’ideale che porta ognuno di noi ad avere un’unica corrente di pensiero: di nuovo, siamo più individualisti, tendiamo ad essere maggiormente indifferenti verso la comunità. Sarebbe dunque complesso ingaggiare una battaglia per vincere le sfide che l’avvenire ci presenta».

Eva: «Per quanto mi riguarda, credo che un’iniziativa del genere sia realizzabile, adottando però strumenti differenti rispetto a quelli che hanno permesso ai partigiani di vincere la guerra. Occorre un rinnovato interesse per la comunità e per lo stare bene insieme. È vero, le prospettive future sono terrificanti in questo momento storico, ma riesco a rimanere abbastanza positiva poiché noto, sia all’interno delle mie cerchie sociali che nei social, la voglia di mettersi in gioco e fare gruppo tramite iniziative comunitarie e di reciproco aiuto. Percepisco che, in generale, le persone si stiano rendendo conto di quale futuro le attende se le cose non dovessero cambiare, e ciò le porta a mobilitarsi».

Gianpiero: «Sono sia ottimista sia preoccupato. È sotto gli occhi di tutti che la storia si ripete e, come un secolo fa, stiamo affrontando un momento di grande crisi internazionale. Dall’altro canto, però, ribadisco ciò che è stato asserito da Eva: mobilitarsi dal punto di vista civico e partecipativo è fondamentale per salvaguardare i singoli e la collettività. Vedo tale prospettiva come un metaforico antidoto ai veleni dell’individualismo e dell’isolazionismo prodotti dalla società moderna. Concludo sottolineando l’importanza dell’educare a e regolamentare l’utilizzo dei dispositivi digitali, poiché questi rappresentano inequivocabilmente il futuro dell’umanità».

I “piccoli geni” della matematica alle selezioni finali italiane

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Lorenzo Bendoni della seconda media dell’istituto Comprensivo Dovizi di Bibbiena, Beatrice Bonini della V primaria di Bibbiena, Francesco Griffini della II media di Soci, Thomas Giannini della I A dell’Isis Fermi di Bibbiena sono i giovani che tra pochi giorni saranno protagonisti delle finali dei giochi matematici che si terranno in varie parti d’Italia.

Vittoria Valentini, l’Assessora alla Pubblica istruzione, li ha voluti incontrare prima della loro partenza per un saluto e per ricordare loro l’importanza di coltivare le proprie passioni, ecco le sue parole: “Avevo già visto alcuni di loro, oggi però ho avuto il desiderio di incontrarli di nuovo prima della loro partenza per le finali di alcune sfide matematiche a livello nazionale che li ha visti in qualche modo emergere nelle fasi preliminari e portati con onore in finale. Ho voluto parlare con loro alla presenza dei genitori anche per riflettere sull’importanza delle passioni che, nella vita, sono quelle che ci portano fuori da noi stessi, ci mettono in contatto con il mondo e con gli altri e ci fanno crescere come persone. Credo che questi giovani rappresentino al meglio il lavoro che ogni giorno viene fatto da tanti insegnanti nelle nostre scuole. Per questo vorrei ringraziare proprio tutti gli insegnanti del nostro territorio per l’impegno che ogni giorno mettono nel portare i nostri giovani a coltivare i propri talenti”.

Lorenzo Bendoni ha un talento naturale per la matematica che dice di utilizzare in ogni momento della sua vita, anche per giocare al ristorante, quando si diverte a calcolare a mente il conto complessivo del tavolo.

Beatrice Bonini fin da piccola ha sviluppato un grande interesse per i numeri e la logica, si diverte a fare esercizi, espressioni e problemi anche utilizzando i libri spesso destinati agli insegnanti. Ma la matematica la applica anche quando suona il pianoforte, l’altra sua grande passione. Il suo sogno che coltiva per quando sarà grande è quello di “tenere i conti”.

Francesco Griffini si diverte ogni giorno a fare esercizi sempre più difficili e sfidanti, e i giochi matematici rappresentano per lui una nuova entusiasmante sfida per misurarsi con sé stesso e con tanti altri ragazzi e ragazze della sua età.

Il più grande del gruppo, ovvero Thomas Giannini, è un vero genio della matematica. Da quando era piccola partecipa con grandi soddisfazioni ai giochi matematici. Il suo obiettivo quest’anno è quello di ritentare il risultato ottenuto due anni fa ovvero un bellissimo 24esimo posto su 1700 alle finali.

Questi giovani sono solo la punta dell’iceberg di un bel fenomeno che sta conquistando molti giovani bibbienesi e non solo. Moltissimi ragazzi e tante ragazze anche quest’anno hanno a giochi e campionati internazionali.

Oggi l’amministrazione, nella persona dell’Assessora Vittoria Valentini, è andata a complimentarsi con coloro che hanno ottenuto delle belle qualificazioni a livello nazionale. I Campionati Internazionali di Giochi Matematici della Bocconi di Milano,

Giochi Matematici per la Scuola Premio “Aldo Morelli” XVIII edizione sono solo alcune delle manifestazioni a cui si sono iscritti con profitto i giovani del Casentino. Tra pochi giorni si disputeranno le finali e Vittoria Valentini commenta: “Felice di questi risultati che sono simbolo di un impegno che stiamo portando avanti nei loro confronti con grande entusiasmo. Adesso tocca a loro, ma noi saremo lì accanto a loro perché crediamo che ogni loro risultato, anche simbolico, sia un risultato di tutta la nostra comunità”.

L’insostenibile leggerezza della politica

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di Anselmo Fantoni – In questi giorni ad alcuni di noi pare scandaloso che si prospetti l’indebitamento del vecchio continente per una cosa sciocca quanto anacronistica: il riarmo. Avevamo lasciato dietro le spalle il secolo delle guerre mondiali, quello dei totalitarismi che oramai sembravano sopiti, le battaglie autarchiche oramai spazzate via dal mercato globale e senza frontiere, una finanza sempre più hi tech, fino a spingerci nel terreno della fluidità di genere cara a certa parte politica sempre attenta ai valori e ai diritti. Poi arriva il buon Vico e zac, corsi e ricorsi della storia, ci ritroviamo di nuovo al via, come al gioco dell’oca, con un bel passo dell’oca, tutti in fila per tre gomito a gomito e front destr. Via il globalismo, via il gender fluid, ma soprattutto all’armi! Ora manca solo la sottolineatura che Dio lo vuole e siamo ripiombati in pieno XX° secolo, e tutti a rincorrere la deterrenza nucleare.

Ma tranquilli, tutto questo solo e soltanto per salvare la pace, per difendere una democrazia che non ha saputo aiutare la Grecia o che decide quale candidato, scelto dal popolo e non dalla troika di turno, debba vincere le elezioni. Ma queste sono questioni di alto livello, difficili da comprendere da noi comuni mortali, a noi basta poco per essere felici, un pizzico di sanità, sempre meno pubblica, una manciata di ciclopista, una rotonda sul fiume e una diritta un po’ più diritta di prima. Voilà, il paradiso è servito, investimenti pubblici necessari per tante campagne elettorali dove si magnificano opere tanto faraoniche quanto inutili per la nostra vita da very normal people.

E il nostro trenino? Quanto ci costa? Che servizio dona alla cittadinanza? Oramai serve solo per portare i nostri ragazzi a scuola, infatti la domenica non c’è, alla faccia dell’infrastruttura che doveva sostenere un turismo eco friendly, del resto anche le ferrovie nazionali nei fine settimana, quando viaggiano soprattutto turisti, da oltre un anno quasi sempre sono vittime di scioperi, rendendo arduo muoversi sulle rotaie e costringendo a utilizzare le autovetture che però non possono avvicinarsi alle città se non vanno a pile. Già, le macchine a pile, altra scelta fatta per noi poveri consumatori costretti a spendere due, tre o quattro volte rispetto a quanto spendevamo prima per acquistare il diritto di fruire delle città.

Ma torniamo al nostro trenino, qualche anno fa, anzi qualche elezione fa, si è sbandierato il grande successo nella sicurezza, si sono fatte le consuete inaugurazioni di piccoli tratti dimostrativi dal politico di turno, e diciamocelo, eravamo tutti contenti che il treno che avrebbe trasportato i nostri ragazzi fosse dotato di un sistema che garantisse sicurezza, addirittura più dell’alta velocità, perché qui quando si fanno le cose mica si scherza, vedi il progetto del raddoppio dei binari e della metro di superficie Stia-Arezzo. Poi, dopo tante elezioni, oramai le opere pubbliche si contano non in anni ma in questi eventi, ti accorgi che 20.000.000 di € non sono stati sufficienti per questo ambizioso progetto, che forse arriveremo a spenderne circa 30.000.000 di €, ma tant’è mica vorrete fare i micragnosi per la sicurezza dei nostri ragazzi. Oramai i treni sono stati tutti aggiornati e sono quasi tutti nuovi, e giù milioni anche li, ma almeno il lungo viaggio verso Arezzo è più confortevole anche se a volte con una carrozza a cavalli si impiegherebbe lo stesso tempo.

Appare veramente marginale vedere in quel di Calbenzano decine, se non centinaia, di recinzioni in cemento armato abbandonate li da tempo immemore, mentre, in spregio alla sicurezza, ancora gran parte della linea, anche in centri abitati, è di libero accesso e non custodita come forse si dovrebbe. Ma i nostri giovani oramai giocano digitalmente e speriamo che a nessuno venga in mente di fare un’escursione sulle rotaie, a proposito, le rotaie sono all’altezza dei nuovi convogli? La manutenzione è regolare? Possono sopportare più convogli e velocità più alte?

L’importante è farle gestire da un’altra struttura che comunque avrà bisogno di un suo consiglio di amministrazione e un presidente che probabilmente sarà ricoperto da un politico locale. Sul nostro treno cominciano a verificarsi spiacevoli incidenti in cui controllori e macchinisti sono vittime di violenza da parte di alcuni viaggiatori poco inclini a pagare il biglietto, ma su questo lato le istituzioni e le forze dell’ordine sembrano aver cercato di arginare il fenomeno con azioni di controllo e contrasto che in alcuni casi sono state risolutive. Speriamo che gli eventi ci smentiscano, che il nostro treno diventi presto più sicuro e più veloce, con coincidenze per le destinazioni turistiche e che soprattutto non faccia la fine della piscina di Certomondo, più volte inaugurata e ahimé ancora tabù per i nostri concittadini che sono costretti ad andare ad Agazzi per le fisioterapie.

Per le nostre necessità i soldi non si trovano e quando si trovano si sprecano malamente, a volte non si può operare per i vincoli di bilancio, né assumere medici e infermieri, perché c’è troppo debito pubblico, ma poi, quando qualcuno dice che siamo in imminente pericolo di invasione, giù soldi per le armi come nel XIX° secolo. Nemmeno aver portato ai vertici europei le donne ci ha salvato da scelte scellerate, e come il mio bisnonno stiamo lasciando in eredità ai nostri figli un mondo con meno servizi socio sanitari, con una ricchezza mal distribuita e soprattutto un ritorno alla logica della via al riarmo, poco importa, se percorsa dai singoli stati imperiali o imperialisti o da un continente unito, per difendere i sacri confini che Dio ci donò.

Ci hanno detto che vanno costruiti ponti e non muri ma pensano alla spesa bellica e non alla diplomazia, che la mobilità dev’essere green, ma le ferrovie per i poveri sono le terze classi dei transatlantici del secolo scorso, per chi i soldi ce l’ha c’è Italo, il trasporto passeggeri di prima classe. Qui invece il nostro povero trenino ancora arranca come un secolo fa e la colpa, forse, è proprio la nostra, perché ad ogni elezione crediamo alle bugie del politicante di turno, a volte lo stesso da decenni. Buon viaggio.

Leggeri Leggeri, un’iniziativa a Bibbiena per la giornata mondiale del libro

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Domani 23 aprile 2025 anche Bibbiena, festeggia la Giornata Mondiale del Libro con l’iniziativa “Leggere Leggeri”, un percorso itinerante di letture nel centro storico con inizio da Piazza Grande alle ore 17.00.

Francesca Nassini, Assessora alla Cultura commenta: “Per Bibbiena la lettura è diventata una pratica preziosa, a lei abbiamo dedicato tantissime iniziative prima il Festival del libro. Con questa iniziativa vorremmo celebrare la giornata istituita a livello mondiale, ma anche portare avanti nel tempo, ovvero nel corso di tutto l’anno, iniziative che ci legano al festival e ce lo fanno vivere ogni giorno. Ringrazio nuovamente anche tutte le attività commerciali del centro storico che hanno dato la loro gentile disponibilità a ospitare le varie tappe di lettura”.

L’iniziativa bibbienese è promossa dal Comune di Bibbiena, da Biblioteca Giovannini e da Nata Teatro i cui attori saranno impegnati nelle varie letture itineranti.

In Piazza Grande alle 17.00 si inizia dalle Logge dei Tarlati con “Lezioni americane” di Italo Calvino lette da Livio Valenti.

Nel contesto di Enigma Pub saranno lette pagine di “Bar Mario” di Christian Bigiarini letto da Livio valenti.

Da Art Gallery “Blonde” di Joyce Carol Oates con Alessandra Aricò.

Da Abbigliamento Brami “300 novelle” di Francesco Sacchetti letto da Iacopo Dicembrini.

Da Raggioli Store “Chiedi alla polvere” di John Fante con Lorenzo Bachini.

All’Edicola di Piazzolina “Il Conte di Montecristo” di A. Dumas letto da Alessandra Bracciali.

Da Dispensa Donati, “Felicità” di Trilussa con Livio Valenti.

Si chiude con Blaze Shop “Non mi ricordo niente” di Nora Ephron letto da Alessandra Aricò.

Alle ore 21.00 le letture itineranti entreranno come uno spettacolo unico sul palco del Teatro Dovizi.

 Nassini conclude: “Camminare e leggere, leggere e ascoltare in un percorso di grande bellezza e profondità che stiamo cercando di sostenere ampiamente in tanti modi. La stessa riorganizzazione della Biblioteca comunale, con l’introduzione di nuove opportunità, la nascita dei club del libro adulti e bambini, l’ampliamento delle sezioni e le attività collaterali, portano la comunità di Bibbiena a porsi davanti alla lettura come un momento di grande valore per la vita stessa del territorio. Ringrazio Nata e gli attori per la professionalità e per il modo in cui hanno organizzato questa bellissima camminata per le lastre del centro storico, con le scelte dei brami, la bravura della loro capacità scenica e il coinvolgimento delle persone”.

 Ogni anno il 23 aprile ricorre la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore, nata per valorizzare l’importanza della lettura come elemento di creatività e crescita personale e collettiva. Per gli adulti il libro diventa un mezzo di conoscenza del mondo e del proprio essere interiore, ma per i bimbi, anche molto piccoli, è addirittura fondamentale per il loro sviluppo.

Un giro di Pasquetta per ciclisti esperti e ben attrezzati

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di Marcello Bartolini – Le giornate si allungano e le temperature finalmente diventano più miti, se durante la stagione invernale abbiamo mantenuto un minimo di allenamento possiamo finalmente affrontare giri un po’ più impegnativi. Consiglio, comunque, di non esagerare e di partire in ogni caso bene attrezzati anche per eventuali acquazzoni che in questa stagione potrebbero arrivare all’improvviso e rendere la giornata poco piacevole. Direi che adesso è arrivato il momento di spingere un po’ di più, per questa ragione il giro, sebbene non sia particolarmente lungo, è decisamente impegnativo, sia per il dislivello da affrontare che per la natura del percorso, per questa ragione è consigliato per ciclisti esperti e ben attrezzati ed è d’obbligo la mountain bike.

Partenza da Bibbiena, piazzale d’Ettore, ampio e comodo parcheggio, si procede sulla sinistra verso Santa Maria del Sasso, da qui si inizia una breve salita che ci porta sino a Querceto e, superato il paese sulla strada della Verna che attraversiamo per dirigerci verso Banzena, dopo poche centinaia di metri va preso lo sterrato sulla sinistra che porta alla Fragaiola, strada sterrata ma ancora percorsa da automobili, quindi fare comunque attenzione. Dopo un paio di chilometri, poco prima di arrivare alla Fragaiola, un sentiero sulla sinistra ci porta sul fianco del monte, qui un tratturo abbastanza largo ed in falsopiano arriva sino ai ruderi di Campodonico, un podere abbandonato.

Una volta superato questo punto inizia una breve discesa che sbocca su un altro sentiero scosceso. La tentazione di andare a sinistra, in discesa, potrebbe essere forte per chi fosse già stanco anche perché a destra la salita appare dura; non vi fate scoraggiare, è una salita breve che quasi immediatamente si trasforma in pianura. Proseguiamo sino a quando non si incrocia il sentiero che scende da Poggio Baralla, si gira a sinistra e finalmente si scende, la fatica maggiore è terminata anche se la discesa è comunque piuttosto impegnativa, quindi prudenza almeno sino a quando non si giunge in prossimità sulla riva dell’Archiano.

Andiamo a sinistra seguendo il corso del fiume, a Partina si prosegue sulla ciclabile verso Soci dove, una volta attraversato il ponte, imbocchiamo immediatamente la ciclabile sulla sinistra in direzione di Bibbiena. A metà percorso, all’altezza di Candolesi, prendiamo la strada sulla destra, costeggiamo la fabbrica e torniamo sulla strada asfaltata che porta a Soci, prendiamo a destra e ne percorriamo un breve tratto, imbocchiamo sulla sinistra via Casa Silli, proseguiamo per Casa Marco e, una volta attraversato il fosso, saliamo verso le “Paline” e da qui andiamo verso le Pescine.

Continuando a seguire lo sterrato verso destra arriviamo sino a Memmenano, qui una breve discesa asfaltata ci porta all’incrocio sulla strada di fondovalle, direzione Bibbiena per poco più di 100 metri e poi, subito a destra attraverso un tratturo, siamo sulla ciclabile dell’Arno che percorriamo verso sinistra sino a Bibbiena da dove, proseguendo sempre sul percorso ciclabile, andiamo a Corsalone, giriamo a sinistra e ci aspetta solo un ultimo sforzo: la salita di Pollino che ci riporta sino al punto di partenza. Mi raccomando in quest’ultimo tratto di fare molta attenzione, ci sono i lavori di ammodernamento della SR71 ed il traffico è abbastanza intenso per cui regolatevi di conseguenza.

Giro particolarmente impegnativo anche se decisamente immerso nei nostri paesaggi casentinesi, fatti di foreste, campi coltivati e fiumi, insomma un paesaggio decisamente affascinante per chi ama le attività all’aria aperta.

La colazione di Pasqua

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di Lara Vannini – Spesso ci lamentiamo perché abbiamo come la sensazione che in questa epoca di tecnologia, razionalità ed intelligenza artificiale, null’altro sembra avere più un senso e in fondo la cultura occidentale moderna si fonda proprio sul metodo scientifico e la razionalità.

Ma è proprio così? A ben guardare ogni epoca ha avuto i propri riti e le proprie credenze e nonostante oggi sentiamo che tutto sia già stato scoperto o sia scopribile cercando su qualche motore di ricerca, l’animo umano ancora nel 2025 sente che il sogno gli appartiene, che le antiche tradizioni di famiglia danno ancora un senso al nostro esistere e che è sempre piacevole abbandonarsi a qualche credenza forse strampalata ma di grande fascino.

Come recita l’antico detto “non è vero ma ci credo”, perché in fondo soprattutto al sopraggiungere delle festività quando abbandonati per pochi giorni i “panni da lavoro”, ci immergiamo negli affetti più sinceri e nei luoghi del cuore, torniamo tutti un po’ bambini e ci fa piacere trovare in tavola il dolce che ci preparava la nonna, o scoprire in un cassetto abbandonato un vecchio ricettario che a suon di dolci prelibatezze scandiva i mesi e le festività. Ancora ci meravigliamo nel preparare il cestino con le uova da benedire il giorno di Pasqua, o ci sentiamo rinascere di una nuova vitalità quando per il giorno della festa decidiamo di acquistare qualche nuovo capo di abbigliamento.

Onorare il tempo e le stagioni ci fa sentire più umani e pacifica il nostro cuore. Molti sono i simboli che ieri come oggi caratterizzano la Pasqua contadina. Molti dolci rappresentano questo importante periodo dell’anno, prelibatezze che non solo ci raccontano cosa preparavano i nostri nonni per Pasqua, ma che si fanno portavoce di vere e proprie simbologie, credenze ormai tramandate da un lontanissimo passato dove la religione, un pizzico di superstizione e l’arte di arrangiarsi erano i “saperi da cui attingere”.

Panina e Pan di Ramerino Prima il suonare gioioso di campane a festa, poi la lenta processione dei nostri nonni che dalla casa colonica o dalla tipica casina in pietra, si incamminava verso la Chiesa dove il giorno di Pasqua potevano essere esonerati solo gli infermi e chi fosse colpito da grave malattia. Terminata la funzione religiosa, tutto doveva essere pronto per la ricca colazione e, apparecchiata la tavola con la tovaglia più bella, le donne si apprestavano ad offrire i dolci più tipici di questo importante giorno del calendario contadino. Dal colore brunito, soffice e profumata, la Panina, è ancora oggi una prelibatezza tutta casentinese. Pane semi-dolce composto da uvetta, spezie, strutto e a volte un pizzico di zafferano, era un dolce estremamente versatile perché riusciva ad accompagnarsi a pietanze salate come il prosciutto o l’uovo benedetto. L’uvetta che andava ad impreziosire di gusto l’impasto della Panina, era generalmente la rimanenza di quella usata per fare il Vinsanto. Ogni ingrediente così si legava all’altro con un filo segreto, e raccontava la storia di tutto l’anno.

Pensandoci adesso, il bello della cucina contadina era anche questo, ogni piatto si legava indissolubilmente alla stagione e quindi solo in alcuni periodi dell’anno si potevano gustare determinate pietanze. Un tempo ad esempio mettere lo zafferano era un lusso perché non era facilmente reperibile e costava molto. Proprio per questo portare in tavola la Panina allo zafferano significava dare la massima importanza a tutti i commensali.

Accanto al tagliere dove veniva posizionata la Panina era possibile trovare il Pan di Ramerino o anche detto “Pane santo di devozione”. Dolce tipico toscano poteva essere già preparato il Giovedì Santo in previsione della Pasqua. Il rosmarino è una pianta aromatica dalle mille virtù, dall’odore inconfondibile era facilmente reperibile e si prestava per arricchire di sapore pietanze dolci e salate come ad esempio la cottura della carne. La storia del Rosmarino o Ramerino, si lega anche alle tradizioni religiose. Infatti la leggenda narra che durante la fuga in Egitto della Sacra Famiglia, il mantello della Madonna scivolasse su una pianta di rosmarino rendendo i fiori dell’arbusto di color azzurro come il manto di Maria.

Tra i preparati erboristici si credeva che l’infuso dei suoi fiori potesse riportare alla mente avvenimenti remoti e che un rametto sotto il cuscino potesse essere un ottimo scacciapensieri. Ogni ingrediente dei pani dolci tipici della cultura toscana come la Panina o il Pan di Ramerino, richiama a qualcosa di simbolico e devozionale: il ramerino scaccia le malvagità presenti e dell’ignoto, il grano e l’uvetta come il pane e vino eucaristici, richiamano alla sacralità dell’Ultima Cena. I dolci pasquali si legano alla religione anche perché in tempi antichi era proprio la Chiesa che distribuiva gli alimenti al popolo e non è un caso che molti dolci si originino dal pane simbolo di vita e fonte primaria di nutrimento. Spesso oltre agli ingredienti e agli impasti fatti da mani sapienti, erano i forni a legna che davano sapore ai dolci e li rendevano gustosi e inimitabili.

Ciambellone e Pasta Reale Tra le torte da forno immancabili sulle tavole dei nonni c’erano anche: il Ciambellone e la Pasta Reale. Il Ciambellone si accompagnava al Vin Santo ed era un dolce anche estremamente energetico perché preparato con molte uova. Morbido e fragrante poteva durare anche per più giorni ed essere il compagno ideale per molte colazioni. La Pasta Reale oggi nota come torta Margherita è il dolce che richiama alla memoria i mestoli sbattuti con grande energia per montare le chiare o albumi. Da non confondere con la pasta reale siciliana che è una pasta di mandorle.

La Pasta Reale è la regina delle torte da inzuppo per la consistenza corposa e morbida ed è ideale come dolce da farcire. Prelibatezza delle feste, i suoi ingredienti sono estremamente semplici, uova, farina, zucchero e scorza di limone, un impasto morbido, giallo e consistente che con una spolverata di zucchero a velo regalava momenti di felicità a grandi e piccini. E oggi sulle nostre tavole a festa non può mancare l’uovo di cioccolata anche se un tempo l’uovo era solo di gallina ed era un elemento simbolico importantissimo.

Per ringraziare qualcuno di un servigio offerto, veniva generalmente regalata una coppia d’uova, oppure quando una persona era stata per molto tempo malata, per rimetterla in forze le veniva fortemente consigliato di mangiare cibi con le uova o bere direttamente l’uovo da crudo. Le uova erano anche un gradito regalo di nozze e venivano offerte dai compaesani.

In ogni epoca storica la simbologia è qualcosa che ha dato senso alla quotidianità dell’uomo, antichi saperi che ci fanno sentire uniti e parte di una realtà a volte ancora oggi misteriosa e indecifrabile.

Buona Pasqua a tutti!

Il mistero del dodecaedro

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di Federica Andretta – Quando pensiamo al dodecaedro la prima cosa che ci viene subito in mente è il mondo della geometria solida: il dodecaedro è un poliedro con dodici facce (nel caso di un dodecaedro regolare queste sono pentagoni regolari di uguale lato). Tuttavia, dietro questa figura geometrica dal design tanto affascinante quanto curioso si nasconde molto di più. Quando parliamo del dodecaedro intendiamo anche un oggetto dall’aspetto misterioso appartenente all’antichità, costruito principalmente in metallo (ferro, bronzo) ma anche in pietra (come testimoniano alcuni ritrovamenti).

L’oggetto in questione è composto appunto da dodici facce, ciascuna delle quali è costituita da un foro circolare e da dei pomelli sporgenti che gli donano una forma piuttosto singolare. Questo importante pezzo di storia, dalla lavorazione elaborata, ancora oggi suscita tra i vari studiosi numerosi interrogativi riguardo alla sua specifica funzione. C’è chi dice che fosse un dado da gioco, chi invece un utensile di uso quotidiano, altri ancora uno strumento di misurazione del tempo (e non solo) oppure un amuleto utilizzato per qualche rito o pratica religiosa… queste sono solo alcune delle tante teorie e ipotesi che ruotano attorno all’uso di questo antico manufatto.

Dal XVIII° secolo ad oggi ne sono stati rinvenuti circa 130 esemplari di cui l’ultimo è stato scoperto nel 2023 durante uno scavo archeologico nel villaggio di Norton Disney nella contea del Lincolnshire in Inghilterra grazie ad un’organizzazione archeologica amatoriale locale denominata Norton Disney History and Archaeology Group che si occupa di raccontare la storia dell’Età del Ferro, del patrimonio romano e medievale del Lincolnshire. Il reperto, preservato in splendide condizioni e presumibilmente lasciato lì circa 1.700 anni fa, è alto circa 8 centimetri e pesa all’incirca 245 grammi. Tale scoperta è stata resa nota al pubblico solo all’inizio del 2024 grazie ad un programma televisivo della BBC intitolato “Digging for Britain”. Attualmente è esposto al National Civil War Center presso il Newark Museum of Art in Inghilterra.

Dopo questo breve “viaggio inglese” torniamo di nuovo “dalle nostre parti” e più precisamente in Casentino dove abbiamo incontrato Marcello Atzeni (in arte Linos) che sul dodecaedro sa tutto, ma proprio tutto. In base agli studi da lui condotti è arrivato alla conclusione che i dodecaedri non siano reperti di origine romana bensì degli oggetti etruschi romanizzati, ponendo inoltre l’attenzione sul loro grande valore spirituale. Secondo Marcello questo oggetto, ritrovato non solo in Europa ma anche in Italia nelle città etrusche, è stato ripreso successivamente da vari artisti come lo stesso Leonardo Da Vinci. Secondo Marcello senza gli Etruschi l’Impero Romano non sarebbe mai esistito (ciò per quanto riguarda l’architettura, l’ingegneria, la vita sociale e familiare; da notare che per gli Etruschi la donna era considerata al pari dell’uomo).

Non a caso, gli Etruschi erano molto abili nella lavorazione dei metalli. Marcello è inoltre convinto della discendenza etrusca dello stesso Da Vinci, di Galileo Galilei e di altri importanti personaggi che hanno contribuito alla creazione e allo sviluppo della nostra tecnologia e del benessere in tutti i campi della conoscenza. Sicuramente, come lui stesso ci fa presente, di dodecaedri di fattura romana ce ne saranno stati sicuramente altri, ma che hanno pur sempre preso spunto dalla maestria del popolo etrusco. Ma scopriamone di più direttamente dalle parole del nostro intervistato.

Marcello, prima di parlare delle sue scoperte ci racconti qualcosa di Lei, della sua vita e dei suoi interessi. «Ho sempre dipinto e realizzato anche qualche scultura fino a qualche anno fa. Negli ultimi anni, ora che sono in pensione, mi occupo di disegno e sono interessato al mondo dell’antichità come i Nuraghe e gli Etruschi; sono un autodidatta. Durante il mio lungo “vagabondare” ho avuto l’opportunità di instaurare relazioni sociali (anche di estrazione contadina) dalle quali ho potuto apprendere molto. Ho scoperto che i contadini facevano cose che anche i loro antenati etruschi erano soliti fare: avevano infatti l’abitudine di posizionare degli oggetti sul davanzale della finestra o accanto alla porta di casa ad indicare il loro tipo di professione. Ho conosciuto personaggi come Giovanni Lilliu, esperto di Nuraghe e di Etruschi, che ha collaborato con l’archeologo Massimo Pallottino per la stesura di un libro sugli scavi etruschi. Mi piace il mistero e amo Leonardo Da Vinci. Adoro leggere, documentarmi e risolvere tutto ciò che è misterios».

Che cosa ha scoperto sulle origini storiche e sulle funzioni del dodecaedro? «Questo come altri dodecaedri (vedi foto 1), che sono stati ritrovati in vari scavi romani, in passato venivano posizionati in prossimità delle case. I fori e le facce pentagonali di questi curiosi e affascinanti oggetti rappresentano i volti stilizzati di canidi come i molossi, cioè dei mastini. Questo oggetto, grande quanto il palmo d’una mano, veniva posizionato in prossimità delle case per indicare la presenza o la morte del proprio animale domestico e del padrone. È dunque un oggetto principalmente spirituale, una sorta di portale verso l’oltretomba per aiutare il cane a ricongiungersi con il padrone. A tal proposito, nella cultura etrusca il cane rappresentava il difensore della casa e del padrone e nel trapasso verso l’oltretomba diventava il guardiano degli inferi e il protettore del defunto; il cane che gli era sempre stato fedele in vita lo sarebbe stato anche nella morte. Da non sottovalutare altre possibili ipotesi: le dodici facce pentagonali del dodecaedro possono rappresentare inoltre le dodici città etrusche. Gli Etruschi erano anche molto attenti alla natura; per la realizzazione del dodecaedro (vedi foto 1) avrebbero infatti preso spunto dal fungo lanterna, detto anche fungo delle mosche (fungo allucinogeno maleodorante che emana un odore cadaverico), di cui ne ricorda un po’ la forma. Possiamo dire che gli Etruschi fossero un popolo misterioso ma che però lasciavano intendere molto delle varie utilità di questo particolare tipo di oggetto».

E quest’altro dodecaedro? «Questo dodecaedro (vedi foto 2) raffigura un modellino realizzato dai Romani, ma il filo conduttore è etrusco, almeno all’inizio, anche se c’entrano i Greci attraverso la filosofia platonica. Possiede dunque un forte significato: i suoi fori piccoli, medi e grandi rappresentano le galassie mentre l’entrata a forma di serratura è la porta che permette di avere una visione geometrica dell’universo. La galassia più grande che è estesa orizzontalmente sotto la porta/serratura rappresenta la Via Lattea».

E chissà quanti altri misteri si nascondono dietro questo antico dodecaedro. E chissà che da nuovi misteri non nascano nuove risposte e nuove rivelazioni!

Le offerte di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego

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Le nuove offerte settimanali di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego. Anche questa settimana gli incentivi e le opportunità regionali per i datori di lavoro e le persone fisiche, oltre le chiamate dirette al lavoro. I tirocini curriculari retribuiti 2023/24. Gli Avvisi Pubblici per la concessione di contributi a imprese e/o datori di lavoro finalizzati a garantire incentivi all’assunzione degli iscritti alla legge 68/1999 con disabilità di natura psichica. Il bando per servizi innovativi delle imprese di GiovaniSì. E l’avviso pubblico per il finanziamento di piani di Welfare Aziendale per la conciliazione di vita-lavoro 2023-2025.

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Gli orari dei Centri per l’Impiego della Toscana sono i seguenti:

lunedì 9:00 – 13:00

martedì 9:00 – 13:00 pomeriggio 15:00 – 17:00

mercoledì 9:00 – 13:00

giovedì: (dalle 9 alle 13 su appuntamento) e 15:00 – 17:00

venerdì 9:00 – 13:00

Nasce il comitato popolare “Ripuliamo la Sacci”

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“Ripuliamo la Sacci”: nasce un comitato popolare per chiedere la bonifica e il recupero dell’area dell’ex cementificio posto tra i territori di Chiusi della Verna e Bibbiena. L’iniziativa è nata da un gruppo di cittadini di Corsalone che hanno unito le forze in un movimento per sensibilizzare e mantenere alta l’attenzione sull’urgenza di trovare una soluzione definitiva per restituire alla comunità un’area abbandonata e degradata, trasformandola in uno spazio sicuro, pulito e fruibile per tutti. La Sacci, sviluppata su circa otto ettari, è un ecomostro che configura un pessimo biglietto da visita per la vallata del Casentino e che genera preoccupazione per i rischi per la salute pubblica e per l’ambiente collegati ai residui di materiali pericolosi e cancerogeni, dunque l’obiettivo è di fare pressione sui soggetti pubblici e privati per porre rimedio a questa situazione.

Il comitato “Ripuliamo la Sacci” sarà costituito con la volontà di aggregare cittadini di tutta la vallata e con l’ambizione futura di rappresentarne il pensiero e la voce nei tavoli istituzionali. Il punto di partenza di questo percorso sarà proprio rappresentato dalla richiesta di un’urgente azione di bonifica del sito e di smaltimento di ogni elemento contenente amianto, poi dovrà essere valutata una nuova destinazione d’utilizzo dell’area in linea con la posizione strategica nel cuore del Casentino e con la realizzazione della nuova variante stradale. Tra le possibili proposte rientra, ad esempio, la realizzazione di un’area verde coerente con l’identità della vallata o di spazi polifunzionali dedicati ad attività aggregative, sociali, culturali o artistiche capaci anche di coinvolgere le nuove generazioni e valorizzare le risorse locali. L’auspicio è non solo di rimarginare l’attuale ferita ambientale e urbanistica, ma anche di trasformarla in un’opportunità di ulteriore sviluppo sostenibile e partecipato del territorio che metta al centro il benessere della comunità casentinese.

Presi per la gola, un progetto per l’inclusione che passa dalla cucina collaborativa

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Metti una giornata tutti insieme – alunni, docenti, volontari – nella cucina della Bocciofila di Bibbiena per cucinare in allegria i piatti della tradizione casentinese; metti un gruppo di insegnanti di sostegno che vogliono “fare” l’inclusione; metti un’amministratrice che insieme ad alcune associazioni di volontariato offre il proprio sostegno.

Questo è Presi per la gola, un progetto di inclusione nato dalla volontà di un gruppo di insegnanti di sostegno dell’Isis Fermi di Bibbiena, rappresentate da una storica docente esperta Elisa Bartolini. Il percorso, iniziato grazie alla collaborazione di Comune di Bibbiena, Associazione Bocciofila, Pro Loco Partina – è iniziato lo scorso 19 febbraio e si è svolto ogni mercoledì dalle 14,30 alle 17,00, con la partecipazione di insegnanti e ragazzi e ragazze con disabilità e tantissimi loro compagni di scuola.

L’insegnante Elisa Bartolini commenta: “Come insegnanti di sostegno volevamo proporre un’attività che fosse davvero inclusiva e abbiamo pensato che, metterci tutti insieme attorno ai fornelli, fosse un modo molto creativo di farlo. E così è stato, ma onestamente non pensavamo che questi laboratori con le mani in pasta, coinvolgessero così tanti studenti e studentesse. Insieme ai nostri alunni con disabilità, si sono uniti tanti alunni delle varie classi e indirizzi dal professionale, al socio sanitario, a elettronica, meccanica e informatica provenienti da tutto il Casentino. La cosa straordinaria è che, la maggioranza, è stata sempre maschile. Vedere ogni mercoledì pomeriggio questa grande affluenza – 32 iscritti – ci ha fatto capire una cosa: i giovani hanno bisogno di momenti diversi per stare insieme e questo significa anche creare ponti e unire persone. Ringrazio il Comune di Bibbiena e la Bocciofila per averci dato la possibilità di utilizzare gratuitamente i locali, la Pro Loco di Partina per averci ogni volta acquistato le materie prime e tutti coloro che hanno voluto partecipare”.

Tagliatelle, gnocchi, dolci della tradizione casentinese, pizza e panini fritti, ciambelle e berlingozzi per la Pasqua. In ogni incontro le insegnanti di sostegno Cecilia Bertelli, Raffaella Vezzosi, Martina Ricci coordinate da Elisa Bartolini hanno condotto i ragazzi alla scoperta di una ricetta diversa, che poi è stata preparata e soprattutto mangiata sul posto insieme ai volontari della Bocciofila. A conclusione di questa bella esperienza sarà realizzato un ricettario – perché alle ricette ogni volta è stato aggiunto un tocco di originalità, di differenza – e un pranzo sociale collettivo preparato da tutti loro. Il ricettario sarà corredato da fotografie realizzate da Gianluca Donati, anch’esso insegnate, con la passione per la fotografia.

L’Assessora alle Associazioni Francesca Nassini commenta: “Poter partecipare a questo momento di inclusione vera, reso possibile grazie alla collaborazione di tante persone, rappresenta per me come persona e come amministratore, un qualcosa di prezioso. Siamo onorati di aver potuto partecipare attivamente e di averlo reso possibile perché sono persuasa che, solo così, possiamo davvero andare oltre le parole e far essere la realtà che volgiamo. L’altra riflessione che voglio fare è legata alla necessità dei nostri giovani di luoghi e occasioni per ritrovarsi davvero. A questo proposito faremo come amministrazione un questionario dedicato alle superiori per avere dai giovani delle indicazioni che noi come comune cercheremo di sostenere. Ringrazio la scuola e il gruppo delle insegnanti di sostegno”.

La Bocciofila, un luogo di aggregazione soprattutto dedicato alla terza età, è diventato così anche un luogo di collegamento intergenerazionale di valore dove le differenze si sono unite per creare la ricetta più bella: la comunità.

 

 

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