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mercoledì, 5 Febbraio 2025

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A cena con “Doctor X” 2: chi gestirà la sanità pubblica?

di Giancarlo Zavagli – Continua il nostro viaggio nel futuro della sanità, attraverso il punto di vista di chi la vive in prima linea ogni giorno. Il tema principale è su chi governerà la sanità locale. Nel giornale di settembre avevamo concluso l’articolo con queste parole: “…L’argomento successivo preso in considerazione dal “Doctor X” è stato la gestione degli ospedali, un sistema operativo complesso fatto di collaborazioni interne ed esterne, dentro il quale ci sono ben 32 figure professionali. Chi governerà queste realtà? -Un politico? -Un laureato in Ingegneria Gestionale? -Un dirigente Medico, oppure un dirigente Infermieristico?”

Andiamo avanti con la seconda parte delle oltre due ore di ascolto e di conversazione con il “Doctor X”, per capire dove andremo in futuro e chi sta guidando oppure guiderà le scelte della nostra sanità locale. Un intreccio difficile da dipanare con posizioni eticamente legittime da rivendicare e posti occupati altrettanto legalmente. Ma non sempre la legge abita per forza la parte della ragione, a volte il prodotto del legislatore, ad ogni livello, è condizionato dal peso politico di alcune forze sul campo, da lobby consolidate e sindacati forti. Uno dei paradossi della legge di Murphy afferma: “Se esiste un modo sbagliato di fare qualcosa, qualcuno lo farà.” (Edward A. Murphy)

La questione dirigenziale: chi governerà la sanità locale? “Il problema del sistema sanitario pubblico locale e regionale sono le persone, i politici, gli amministratori, i dirigenti di azienda ed i professionisti, ma nel nostro caso, tra la direzione e i professionisti, dobbiamo tener conto dei quadri (definizione di quadro: “La categoria dei quadri è costituita dai prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa”) che di fronte al cambiamento del modello organizzativo del Sistema Sanitario Regionale hanno difficoltà per la loro cultura, la formazione e la disponibilità ad arrivare celermente a centrare il risultato di un budget “attribuito”.

Anche la Regione Toscana per la continua riduzione della disponibilità del fondo sanitario “assegnato”, da tempo viaggia ad un pelo dal rischio di default. Dobbiamo fare alla svelta “a riorganizzare e passare al nuovo modello”: abbiamo ridotto i dirigenti “sanitari” apicali, non mi sembra. Sono state ridotte le aziende, ma i dirigenti “amministrativi” no. Abbiamo ridotto il numero delle strutture complesse dove c’erano i primari, perché il nuovo modello si basa su percorsi “clinico assistenziali” che legano e rendono unico il sistema e non strutture fisiche chiuse che non collaborano l’una con l’altra. Oltre a questi macro problemi da risolvere nella pratica, nel nuovo modello di ospedale fatto di servizi e percorsi integrati, il vero problema sarà chi governerà questi processi. Il coinvolgimento dei professionisti e rapporti tra di loro. Cosa succederà?

I medici stanno avendo un cambio di ruolo, forse anche un travaglio, una volta erano il centro, il punto di riferimento, l’uomo a cui dare fiducia, poi veniva l’infermiere, il tecnico sanitario, quindi l’operatore socio sanitario. Ma la persona che si vuol far curare va nella sostanza dal medico. Oggi nel sistema Sistema Sanitario Nazionale e Regionale e negli Ospedali non è più così, ci sono più di trenta figure professionali a garantire i servizi e queste figure chi le mette d’accordo, chi le governa?

Il politico? Un laureato in Ingegneria Gestionale? Un dirigente Medico, oppure un dirigente Infermieristico?

La confusione dei ruoli e delle funzioni dei sanitari, oggi, è un ulteriore punto di criticità che condiziona il cambiamento. Se dobbiamo pianificare un servizio in percorsi a garanzia di diagnosi e cura, questo riferimento di responsabilità passa necessariamente dal “Medico”. Ci deve essere un Dirigente medico, insieme agli infermieri e agli altri professionisti a garantire i servizi. Tutti i “percorsi” devono essere organizzati, eseguiti e verificati sotto la responsabilità di un Medico. E’ vero che oggi gli infermieri, così come le altre professioni sanitarie, sono cresciuti in cultura professionale e dirigenziale ed è vero che in certe attività le loro competenze superano le abilità dei medici, ma le lotte sindacali cruente in atto oggi fra la Dirigenza medica e la Dirigenza infermieristica non aiuteranno lo sviluppo e il cambiamento del servizio in Ospedale.

Perché, vedete, un conto è che parliamo del medico o dell’infermiere che svolgono l’attività assistenziale nel loro luogo di servizio, lì i ruoli ed i compiti sono definiti, il medico è responsabile della diagnosi e terapia, l’infermiere è responsabile sulla assistenza clinica, e non ci sono conflitti. I problemi nascono, e questi devono essere compresi e chiariti, quando devi gestire un sistema complesso di rete di persone, di processi e di servizi fra Dirigenti medici e infermieristici.

Questo nuovo modo di garantire nel SSR la prevenzione e le cure, sia a livello territoriale che ospedaliero deve essere governato responsabilmente, perché andrà ad incidere sulla salute dei cittadini, sugli esiti delle prestazioni erogate e sul gradimento della gente. Oggi, e questo può creare perplessità, un Dirigente infermieristico afferma: noi siamo indubbiamente più bravi dei medici. Riflettiamo un attimo su questa dichiarazione che credo sia il vero nodo della questione.

Prendiamo ad esempio un Direttore di chirurgia, del suo orario di lavoro quante ore dedica alla gestione del processo clinico-assistenziale chirurgico e quante ne dedica alla sala operatoria? E dove vorresti che lavorasse di più? A fare il Dirigente o a fare il Chirurgo? Dato che è un top dei chirurghi, competente ed abile, credo che la risposta sia che il suo orario lo debba dedicare prevalentemente in sala operatoria. Oggi però mi devo chiedere, chi lavora prima e dopo l’intervento chirurgico, chi fa tutto questo? E secondo voi dietro un buon intervento chirurgico c’è solo un bravo chirurgo o ci sono tutta una serie di operazioni, la preparazione, la prevenzione, il post intervento, la rianimazione, la cura di altre patologie, perché non tutti i pazienti che si operano sono sani, ci sono i cardiopatici, i diabetici e tutto questo processo di assistenza chi lo governa?

Se cambi il sistema, dove non ci sono più reparti di chirurgia, ma processi chirurgici, dentro un percorso che non è più solo Bibbiena, ma anche Sansepolcro, Arezzo e altre realtà, chi li governa e chi ne ha la responsabilità? E’ questo lo sforzo culturale e di cambiamento che dobbiamo affrontare ed è qui dove i quadri non riescono a governare, e quindi non si capisce quale dirigente sanitario presieda i processi clinico assistenziali in un sistema compatto dove tutto deve funzionare con ritmo, con frequenza, con sicurezza e qualità. Ma se la testa non sa cosa fa la coda e viceversa e le parti non si parlano perché io sono chirurgo, tu internista, io cardiologo, tu infermiere, lui tecnico di laboratorio,… prima bisogna aver sentito il radiologo,… è essenziale il parere della coordinatrice infermieristica, ecc…

Perché un chirurgo oggi opera? Nel sistema attuale un chirurgo ha più possibilità di operare perché è un direttore, cioè un dirigente, perché se fosse un professionista “colto, competente ed abile” e non un direttore avrebbe poche opportunità di operare. Oggi la carriera di un professionista è vincolata al fatto che sia un dirigente, più sei in alto come dirigente e più hai la possibilità di gestire risorse, personale, tecnologia, professionisti e avere disponibilità di sale operatorie. Quindi il chirurgo dentro il vecchio sistema era direttore e padrone di un reparto e del suo budget, in totale autonomia. Oggi con la riorganizzazione del lavoro dovrà gestire i percorsi chirurgici, valorizzare i suoi professionisti e non pensare soltanto alla propria sala operatoria. Allora a tutti questi dirigenti, direttori, quadri di alto livello, il sistema che cambia, impone che non possono tenere aperta una sala operatoria ventiquattro ore su ventiquattro con chirurghi reperibili, infermieri, rianimatori, ecc… quindi fare interventi in urgenza dove le competenze chirurgiche e le abilità non possono essere garantite 24/24 ore. C’è un modo diverso di dare una risposta tempestiva e competente dagli esiti soddisfacenti, sicuri e di qualità, se il sistema emergenza-urgenza ti può garantire la tempestività, le competenze così da inviare un paziente chirurgico che ha una urgenza nell’Ospedale opportuno (distanza massimo trenta, quaranta minuti di ambulanza e può capitare che sia la stessa lontananza dall’ospedale territoriale dell’abitazione di uno o più medici reperibili) con disponibilità di più sale chirurgiche ed una abilità operatoria di alto profilo, mentre negli ospedali di riferimento territoriale saranno garantiti interventi chirurgici programmati e proporzionati ai reali bisogni quotidiani.

Comunque nella nuova sanità non sarà il chirurgo-dirigente a pianificare l’attività, ma un gruppo di sanitari, ed è evidente che il medico non accetti questa situazione. Un conto essere un medico e un conto essere dirigente sanitario. Solo il medico clinico può e deve coordinare e coadiuvare le professioni sanitarie, al fine di omogenizzare le attività in modo più appropriato ai bisogni. Se vai negli uffici dove si programma, dove si pianificano i servizi, dove si decidono modalità e tempi, mica ci trovi i medici, ci trovi altre professioni sanitarie e non sanitarie, figure che l’attività clinica e i bisogni della salute li valuta dai macro dati e dalle statistiche e dalle proiezioni per i prossimi anni.

Quindi coloro che creano questa situazione di ulteriore disagio non sono i medici e gli infermieri che stanno a testa bassa e lavorano sul pezzo vicino alla gente. La frase ricorrente è questa: Tu dottore prescrivi e opera, ma come gestire l’assistenza lo decido io, sono io il dirigente e non tu. Ma io che sono medico gli dico: va bene, però visto che delle conseguenze delle cure, positive o negative, degli esiti, della soddisfazione della gente, ne rispondo io, credo che sia opportuno che almeno come ridurre il rischio e come migliorare la qualità si possa e si debba coinvolgere i professionisti in prima linea ed in particolare il medico, quel bravo professionista, che non lavora più da solo, ma non deve essere lasciato solo.

Ora è il momento dei saluti, anche se probabilmente nei prossimi mesi avremo ancora la possibilità di parlare con il Doctor “X” della nostra sanità. Un tentativo per comprendere fatti e dinamiche di un pianeta che, prima o poi, tutti di sicuro visiteremo per un periodo di forzata permanenza. Un arrivederci ad un simpatico e stimato dottore con la frase che l’astronauta Jack Swiger inviò dallo spazio alla NASA : “Ok, Houston abbiamo avuto un problema, qui”. (13 aprile 1970 – Apollo 13)

(tratto da CASENTINO2000 | n. 276 | Novembre 2016)

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