di Melissa Frulloni – La prima immagine che viene in mente ad ogni casentinese, quando si parla di Baraclit, sono i camion che lungo la statale trasportano i grandi pezzi di cemento prefabbricati, ma dietro c’è davvero tanto altro, tante storie di lavoro e di successi.
Siamo entrati in questa storica azienda della nostra vallata per realizzare un’esclusiva intervista a Luca Bernardini, classe 1978, Amministratore Delegato di Baraclit Spa; la lunga ed interessante chiacchierata ci ha permesso di scoprire molto di più sulla rinomata azienda di prefabbricati. Un’organizzazione complessa, un lavoro sfaccettato che si articola nelle diverse anime di Baraclit, un’impresa e una storia che sono parte integrante del tessuto sociale casentinese; Baraclit è in crescita e pronta a cavalcare nuovi business e altri mercati.
Quando è arrivato in Baraclit e quale è stato il suo percorso all’interno dell’azienda?
«Sono entrato il 1° febbraio 2009. In quel periodo lavoravo a Milano; avevo studiato economia aziendale alla Bocconi e per varie ragioni avevo deciso di restare nella città lombarda. Ero stato per diversi anni nel settore finanziario e poi ero entrato nel gruppo Eni. Nonostante fossi felice e soddisfatto del mio lavoro, aspiravo ad una carriera internazionale proprio all’interno di Eni, nel 2008 si presentarono le condizioni per il ritorno nell’azienda di famiglia. Per affetto, riconoscenza, ma anche per valorizzare ancora di più l’impresa a cui tutta la mia famiglia era ed è molto legata, decisi di lasciare quella vita e tornare in Casentino. Arrivai in Baraclit con un timing particolare; era appena fallita la Lehman Brothers, iniziavano gli anni della grande crisi. Questo non mi demoralizzò, anzi fu il pretesto per iniziare il mio percorso in azienda con più energia e voglia di fare.
In azienda ho ricoperto diverse mansioni; mi sono occupato di marketing, programmazione delle commesse, dell’area commerciale, ho creato la divisione delle energie rinnovabili, seguendo un percorso, secondo me giusto, di crescita e conoscenza di Baraclit. Venivo da un’esperienza completamente diversa ed era necessario comprendere a fondo tutte le anime e le sfaccettature dell’azienda.
Così sono diventato Direttore Generale, intraprendendo il percorso che era pensato affinché potessi succedere a mio padre Franco. A quel punto ero io il responsabile esecutivo della parte operativa, anche se il passaggio di testimone ufficiale c’è stato nel luglio 2019 quando lui è stato nominato Presidente Onorario. La sua figura è molto preziosa per Baraclit, è una carica di rappresentanza che ci permette di avere solidi ponti con le istituzioni, Confindustria, le banche, ecc.»
Il fondatore di Baraclit, suo nonno Giuseppe, e poi anche suo babbo Franco, erano fortemente legati al Casentino; che progetti ha il nuovo management per la vallata?
«Fu mio nonno Giuseppe, insieme ai suoi fratelli, a fondare l’azienda. Aveva acquisito conoscenze del mondo cementizio dopo che aver lavorato alla Italcementi di Bergamo; da lì decise di dare vita alla Fratelli Baracchi che diventerà Baraclit Spa solo successivamente. Fu uno sforzo di famiglia e furono i Baracchi a prendere le redini di questa avventura. Il mio babbo è arrivato in azienda negli anni ‘70 ed è stato per ben 40 anni Amministratore Delegato. La nostra famiglia è sempre stata alle spalle dell’azienda e sin dai suoi esordi la Baraclit ha avuto un legame fortissimo con il territorio. Mio nonno decise di tornare dal nord in Casentino proprio perché voleva fare qualcosa per la sua comunità e per il luogo in cui era nato e cresciuto. È questo forte senso di appartenenza che ci ha fatto restare in Casentino per tutti questi anni; è qui che abbiamo la nostra produzione, da sempre. Producendo manufatti voluminosi, pesanti, che necessitano di essere trasportati per lunghe distanze, è facile intuire che questo, negli anni ha comportato dei sacrifici e soprattutto ci ha portato a fare delle scelte legate ai problemi logistici.
Esiste ormai, in Casentino, un ecosistema di fornitori, maestranze, competenze che hanno fatto della nostra vallata un distretto della prefabbricazione in cemento. La testa e il cuore di Baraclit sono in Casentino e qui resteranno.
Il piano è piuttosto quello di riqualificare lo stabilimento di vallata, per rimanere al passo con i tempi. Inoltre, sono stato proprio io ad aprire l’azienda all’idea di avere degli hub produttivi decentrati che ci possano aiutare ad arrivare più facilmente in zone di interesse. A tal proposito, la notizia è di poche settimane fa; abbiamo acquisito una partecipazione in uno stabilimento di Brescia. Abbiamo deciso di fare questo upgrade per aumentare la nostra presenza nel nord Italia e ci stiamo guardando intorno per avere un sito satellite anche al centro-sud così da ampliare la nostra possibilità di essere competitivi. Come detto, i temi delle distanze e della viabilità si fanno sentire, ma, nonostante questo, c’è la voglia e la volontà di rimanere in Casentino, con l’ambizione di crescere con la testa e il cuore qui, ma con alcuni “bracci” produttivi, dislocati sul territorio italiano.»
Anni fa fu il tempo dei tronchetti; secondo lei fu una scelta lungimirante?
«Sulla carta la reputo una scelta giusta. Pensando anche al tema della transizione ecologica e all’abbattimento delle emissioni di CO2, la rotaia è considerata in tutta Europa l’alternativa al trasporto su gomma. Però negli anni, mio padre ha sempre denunciato l’assenza di infrastrutture in Italia che potessero garantire questo tipo di trasporto. Nel nostro paese non c’è mai stato un investimento sul trasporto merci e il problema dei tronchetti è stato proprio questo; non abbiamo stazioni sul territorio, vicine ai nostri cantieri. Mancando gli scali merci, non riusciamo ad utilizzare questa infrastruttura che invece sarebbe molto preziosa. Per una commessa in Italia abbiamo utilizzato il trasporto su rotaia circa una decina di anni fa. Mentre, per l’estero lo abbiamo usato l’ultima volta due anni fa. Avevamo riunito in Svizzera tre grosse commesse; lì ci sono stazioni strategiche e molti scali merci che ci hanno permesso di sfruttare questo tipo di trasporto. Inoltre, nel nostro Paese, ci sono tutta una serie di lungaggini, pratiche burocratiche, difficoltà di dialogare con i vari interlocutori, come ad esempio Trenitalia, che dilatano i tempi in maniera impressionante; questo è insostenibile per un’azienda come la nostra che deve essere dinamica, competitiva e rispondere velocemente alle richieste del mercato. Quindi ancora siamo costretti ad usare i camion con tutti i problemi che il trasporto su strada comporta. Dopo la vicenda del ponte Morandi è esplosa la necessità di controllare strade e viadotti, in più la viabilità toscana e anche quella autostradale sono sempre più problematiche. I camion hanno limitazioni notturne, di carico ed organizzare la logistica è davvero complesso. Il problema, come detto, non riguarda soltanto il Casentino e la strada che da Bibbiena arriva ad Arezzo, ma anche tutte le altre strade d’Italia, in cui i problemi che abbiamo qui nel nostro territorio, si moltiplicano e si ingigantiscono.»
L’azienda ha da poco raggiunto l’importante traguardo dei 75 anni di attività. Con il suo arrivo si è parlato di un cambio generazionale che investirà Baraclit a tutti i livelli, ma è davvero così difficile trovare giovani in gamba su cui investire?
«Sento imprenditori che si lamentano del fatto che non si trovano professionalità valide; per me è un’esagerazione, così come lo è il contrario quando c’è chi si lamenta perché “non c’è lavoro”… In Baraclit abbiamo avuto un grande ricambio negli uffici, l’età media è intorno ai 40 anni.
Ci sono molte donne, a differenza di qualche anno fa in cui c’erano solamente due impiegate. La massiccia presenza femminile non è stata voluta, ma si è realizzata grazie alle molte professionalità che si sono presentate in azienda. Abbiamo due donne ingegnere che gestiscono il team di progettazione; ricoprono quel ruolo ovviamente per le loro competenze e capacità. Ne sono veramente contento, anche se inizialmente la cosa ha fatto scalpore, essendo il nostro un ambiente di lavoro prettamente maschile. Abbiamo trovato delle persone molto valide in questi anni che ci hanno permesso di sostituire i tanti pensionamenti che abbiamo avuto. Sicuramente abbiamo attinto da un bacino importante; c’erano tutte le persone che si erano liberate da altre aziende come la Mabo, già avviate e in cerca di un’occupazione, ma ci sono state anche molte altre figure che abbiamo formato in azienda da zero.
Nella produzione invece abbiamo un po’ più di problemi a fare questo ricambio generazionale ed a inserire nuove persone. Le mansioni in questo caso sono sicuramente più maschili; si tratta di lavorare all’aperto, in un ambiente dove c’è polvere, rumore, in cui si movimentano pesi ingombranti. Sicuramente sono lavori abbastanza gravosi, trattandosi di edilizia prefabbricata, sono mansioni più impegnative a livello fisico. Il ricambio sta iniziando anche in produzione, ma è più difficile trovare giovani che si interessano a questo ambito; molti ragazzi provenienti dagli istituti tecnici vogliono provare a continuare gli studi e andare all’Università. Credo che sul lavoro manuale ci sia un po’ di pregiudizio e molti siano portati a cercare lavori più comodi. Inoltre, molti, pensando a Baraclit, si immaginano solo mansioni legate alla lavorazione del cemento, ma non è così, qui c’è molto di più; io dico sempre che abbiamo tanto piccole fabbriche all’interno dell’azienda, quindi le professionalità richieste e i lavori da fare sono davvero molti e anche differenti tra loro. Forse anche noi dovremmo avvicinarci di più agli istituti della zona, dialogare con la scuola per creare sinergie, sia per generare maggiore interesse nella nostra azienda da parte dei futuri lavoratori, sia per indirizzare gli istituti verso corsi di studio più professionalizzanti e richiesti dal mondo del lavoro. Mio nonno che, lo ricordo, non era laureato diceva che l’azienda l’avevano fatta i periti ed oggi effettivamente sono figure che mancano; servono persone curiose, attive, che hanno voglia di fare.
Il lavoro sicuramente non manca perché è un momento di grande richiesta e di ripresa dopo il Covid. Baraclit è attualmente alla ricerca di persone che principalmente sia stimolate e stimolanti, le professionalità poi le creiamo anche noi in azienda, l’importante è che ci sia l’attitudine.
Abbiamo bisogno di diverse figure, necessarie per rimpiazzare dei pensionamenti, ma anche per espanderci e rispondere alle esigenze del mercato che è in forte crescita. Il nostro recruiting è permanente e ogni curriculum che arriva al nostro ufficio del personale lo valutiamo con grande piacere; fatevi avanti!»
Gli anni della pandemia sono stati complicati; come li avete affrontati?
«Ci fermammo ancora prima che venisse indetto il lockdown generale. In quel momento la produzione e la logistica erano difficili da gestire, con le prime zone rosse che partivano al nord… Inoltre eravamo molto preoccupati da un punto di vista sanitario; in Baraclit lavorano 350 persone, parliamo quindi di 350 famiglie, oltre a tutte quelle dell’indotto e a chi gravita intorno all’azienda, quindi non potevamo assolutamente permetterci che qualche caso partisse proprio da qui, il rischio era che si moltiplicassero esponenzialmente in tutto il Casentino.
Siamo stati fermi per otto settimane e per la prima volta nella nostra storia dell’azienda, abbiamo dovuto attivare la cassa integrazione.
Sapevamo che la situazione era molto delicata, per questo abbiamo sempre pagato i fornitori, anticipato la cassa integrazione e tutti i nostri interlocutori hanno sempre ricevuto le loro spettanze. Per noi era doveroso, visto quello che l’azienda rappresenta per molte famiglie casentinesi e per il territorio in generale.
Poi è arrivato il momento della riapertura, ma l’incertezza era davvero tanta ed erano poche le commesse che ripartivano; i nostri clienti erano restii a riaprire i cantieri e preferivano aspettare per vedere come si sarebbero evolute le cose. Così, per un periodo, abbiamo lavorato ad intermittenza e in quelle settimane abbiamo avuto delle grossissime difficoltà a relazionarci con le amministrazioni e gli uffici pubblici a livello nazionale. Con la scusa dello smart working, abbiamo assistito ad un “no working”!
Per poter costruire abbiamo bisogno del rilascio di diversi permessi e autorizzazioni che non ci venivano consegnati proprio per la chiusura, causa Covid, di molti uffici. I clienti che volevano ripartire spesso si scontravano con la lentezza o addirittura l’assenza degli enti pubblici. È stata davvero dura.
La seconda parte dell’anno poi è stata caratterizzata dall’ansia, dalla paura di tornare indietro, di nuovi lockdown. Poi, quando è arrivato il vaccino, c’è stata più fiducia, si è capito che seguendo quella strada si sarebbe potuto superare il momento e uscire dalla pandemia.
In primavera, ma soprattutto dopo Pasqua, abbiamo assistito ad una vera e propria esplosione; tutto è ripartito, il mondo è stato colto da una frenesia incredibile, come in un dopoguerra. Abbiamo avuto il boom di richieste e tutti i clienti si sono riattivati, sia fuori che in Casentino.
La ripartenza così accelerata però ha generato uno squilibrio tra offerta e domanda e i prezzi delle materie prime sono schizzati alle stelle. Quindi si è presentata la difficoltà di approvvigionamento, della gestione del magazzino, con i materiali che arrivano last minute e ritardi nelle consegne. Molte aziende si sono dovute fermare nuovamente perché non hanno le materie per lavorare. A noi per fortuna non è successo, anche se è un momento complicato; sono le due facce della medaglia di questa ripartenza velocissima. Il momento comunque è davvero buono; noi siamo qua, siamo sopravvissuti e sono ottimista che si stia andando verso una vera ripresa. In Baraclit la produzione è tornata ai livelli pre-Covid, quindi siamo davvero soddisfatti.»
Le istituzioni casentinesi sono all’altezza di supportare un’azienda come Baraclit?
«Abbiamo più rapporti con l’amministrazione di Bibbiena perché la nostra azienda si trova in questo Comune e dobbiamo dire che stiamo andando verso una buona collaborazione. L’amministrazione è venuta in azienda e ci ha chiesto quali sono le nostre esigenze, l’ho apprezzato molto perché credo che le amministrazioni locali debbano essere proattive verso le aziende più virtuose del territorio.
Dovremmo essere in cima ai pensieri degli amministratori perché diamo lavoro, creiamo reddito, supportiamo la comunità e, nel nostro caso, proprio perché produciamo qui in Casentino.
Comunque staremo a vedere se le cose dette si concretizzeranno e se effettivamente l’amministrazione verrà incontro alle nostre richieste.
Venendo da Milano e avendo conosciuto realtà internazionali, mi sembra incredibile non parlare di “Casentino”, come un solo ente. Dovremmo dialogare con tutte le amministrazioni ed avere a livello territoriale un coordinamento unico. Questo lo trovo davvero inconcepibile e per me sarebbe davvero auspicabile per la nostra vallata. Il Casentino ha tanto potenziale, non solo turistico, anche produttivo, ci sono professionalità importanti e quindi non ragionare come un unico territorio, mi sembra un grande spreco. Speriamo di avere amministrazioni all’altezza della comunità che rappresentano.
Vorrei concludere dicendo che per la nostra azienda è in corso una sfida, quella di “Baraclit 2.0”, legata agli investimenti fatti su nuovi business. Sono felice di traghettarla in questa fase e in questo periodo così delicato; quello che voglio riuscire a sfatare è il detto secondo cui la prima generazione fonda le aziende, la seconda le fa crescere, la terza le fa fallire. Sarò l’eccezione perché stiamo guardando avanti, sfidando altri mercati. Oltre ad essere stati pionieri sul tema delle rinnovabili, con cui lavoriamo da più di 10 anni, abbiamo dato vita anche ad una nuova divisione, Baraclit BEST; un acronimo che racchiude le quattro anime dell’azienda: Building, Energy, Service, Technology, che messe insieme ottimizzano per il cliente il valore in una gestione integrata del progetto di costruzione. Si tratta di un’edilizia chiavi in mano. Questa è sicuramente un realtà di grande successo che ci sta trainando e ci ha permesso di ottenere commesse importanti di nomi e brand conosciuti a livello internazionale, con progetti complessi e davvero interessanti.
Per questo crediamo che in prospettiva, questa divisione sarà il fulcro della nostra strategia. Perché come diciamo sempre qui in Baraclit: il meglio deve ancora venire!»