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sabato, 23 Novembre 2024

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Casa-famiglia di Partina, struttura in crescita

di Francesco Meola – Collocata dapprima a Stia, la Casa-famiglia di Partina è una struttura residenziale socio riabilitativa per adulti, con assistenza continuativa, che da tempo offre le proprie cure a diversi utenti della zona, i quali trovano in questo contesto abitativo le risorse necessarie per condurre una vita il più normale possibile.

A tal proposito abbiamo intervistato la dottoressa Katia Paolini, responsabile dell’Unità funzionale salute mentale adulti dell’Asl Toscana Sud Est, la quale ci ha spiegato nel dettaglio non soltanto quelli che sono i servizi e l’organizzazione offerta dalla residenza ma anche quelli che sono gli obiettivi della struttura, senza far mancare un commento sul futuro della sanità casentinese alla luce delle difficoltà in cui versa il locale ospedale.

Dottoressa, innanzitutto grazie per la disponibilità. Può dirci cosa rappresenta Casa-Partina per la comunità locale e come si presenta attualmente la struttura in termini di spazi? «La Casa-famiglia di Partina è una struttura residenziale per adulti della Salute Mentale della nostra zona. Essa ha una finalità socio riabilitativa e possiede le caratteristiche della civile abitazione, con un’organizzazione interna che garantisce gli spazi e i ritmi della normale vita quotidiana ai quali si aggiungono aree dedicate alle attività sanitarie. Attualmente la struttura ospita 7 utenti residenti nel territorio, di un’età compresa tra i 18 e 65 anni, che trovano in questo luogo un adeguato contesto abitativo per attività socio riabilitative fortemente integrato con l’area urbana circostante. I vasti spazi favoriscono i processi riabilitativi e di socializzazione e l’area è circondata da un’ampia macchia di verde».

Di che tipo di personale dispone e quali attività e servizi vengono offerti? «Gli ospiti godono di una assistenza 24 ore su 24. Le prestazioni sono garantite da personale Oss per funzioni di assistenza di base/comfort alberghiero, assistenza alla persona nelle attività di vita quotidiana e di igiene personale, nonché di supporto all’utente nei progetti educativi e riabilitativi rivolti al recupero delle abilità legate alla cura del sé. Vengono garantite inoltre l’assistenza infermieristica e la somministrazione delle terapie psicofarmacologiche e mediche, anche con il coinvolgimento di psichiatra, psicologo, educatore e assistente sociale. L’assistenza di tipo medico generale è invece erogata dal medico di famiglia assegnato ad ogni assistito e dal medico psichiatra per le competenze psicosociali. La psichiatra referente clinica della struttura è la dottoressa Sara Batini e l’organizzazione del personale è affidata alla coordinatrice infermieristica della Salute Mentale, Valentina Mencherini».

Di recente è stato inaugurato anche un nuovo spazio verde a disposizione degli ospiti. Come si è arrivati alla sua realizzazione e in che modo verrà impiegato? «Il nuovo spazio verde è un regalo della comunità locale, che sta dimostrando grande sensibilità e inclusività. L’orto di Martino, infatti, deve il suo nome al bambino che ha reso possibile tutto questo preferendo, in occasione della comunione, insieme alla sua famiglia, fare una donazione piuttosto che acquistare le bomboniere per la festa. Questo bellissimo e inaspettato gesto ha messo in moto una catena spontanea di solidarietà con un artigiano che ha costruito gratuitamente la vasca per l’orto e gli operatori che hanno acquistato personalmente semi e piantine. Gli utenti, dal canto loro, stanno rispondendo positivamente impegnandosi nella nuova attività con interesse. Qui piantano semi, manipolano la terra, curano e coltivano piante a scopo alimentare e allo stesso tempo trascorrono del tempo all’aria aperta, stimolando i sensi e riducendo lo stress. Questa attività, ricreativa e riabilitativa al tempo stesso, ha un grande valore nella sua semplicità e sta dando letteralmente buoni frutti! A tal proposito, vi invito a passare dal nostro orto per dare un’occhiata e salutare le persone che se ne prendono cura, affinché la Casa Famiglia sia sempre più un luogo che appartiene alla comunità tutta, passando da gesti autentici come quello del piccolo Martino e della sua famiglia, che hanno in sé il messaggio potente della lotta allo stigma e della speranza».

Quali sono gli obiettivi e i progetti futuri della struttura e come possono, le istituzioni, contribuire a migliorarne il livello qualitativo? «L’obiettivo principale è offrire un ambiente protetto che rispetti le esigenze di ogni utente, ne supporti e ne favorisca sia iniziative di tipo autonomo che attività comunitarie e accompagni la persona nel raggiungere il miglior livello di autonomia possibile sul piano fisico, funzionale, sociale, intellettivo e relazionale, anche tenendo conto della vulnerabilità individuale. Naturalmente questo traguardo richiede una sinergia di interventi nei quali il ruolo delle Istituzioni è centrale, partendo dai reali bisogni di salute fino a arrivare alla restituzione dei nostri ospiti a una vita abile nel proprio territorio. Questo sia in ambito relazionale che lavorativo, laddove possibile. Mantenere l’integrazione e abbattere il grado di istituzionalizzazione, rappresentano le sfide quotidiane sulle quali non possiamo né vogliamo abbassare la guardia, grazie ad una comunità coesa, sensibile e all’aiuto costante degli enti».

L’assenza di un’adeguata struttura ospedaliera rappresenta uno dei punti dolenti della sanità casentinese. Pensa che in futuro si possa riuscire ad avere nuovamente un nosocomio in grado di offrire tutti i servizi essenziali di cui il territorio necessiterebbe? «Posso rispondere alla domanda che mi pone per quanto riguarda il mio ambito professionale, ricordando che negli ultimi anni c’è stata una riorganizzazione della rete ospedaliera dei ricoveri psichiatrici. Per la precisione, dall’ottobre 2019, i pazienti casentinesi che necessitano di ricovero in SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) vengono ricoverati nell’Ospedale Provinciale di Arezzo, dove ricevono le cure del caso e viene garantita la presenza h24 del medico specialista in guardia attiva, oltre alla assistenza infermieristica necessaria. Nella nuova organizzazione, ormai rodata da tempo, gli specialisti psichiatri che operano in Casentino partecipano al pool ospedaliero aretino con turni prestabiliti, garantendo in tal modo la continuità della presa in carico per i pazienti del proprio territorio di competenza. I pazienti hanno inoltre la possibilità di partecipare, durante la degenza, al gruppo di psicoeducazione, migliorando la conoscenza e la gestione del proprio disturbo. In merito alla questione generale del nostro ospedale, credo sia importante non dimenticare e continuare a valorizzare il grande lavoro che i colleghi svolgono ogni giorno, come ho modo di constatare quotidianamente quando coinvolta in consulenze sia ospedaliere che di pronto soccorso, pur nella situazione non ideale nella quale ci troviamo. Questa domanda parte da un assunto che è piuttosto lontano dal mio punto di vista.

È da molti anni, infatti, che viaggio su e giù per la Casentinese, ma l’amore e la dedizione che questo territorio ha saputo suscitare in me fa sì che non riesca a lasciarmi andare a pessimismi quanto piuttosto cerco di concentrarmi e impegnarmi a lavorare sul presente».

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