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mercoledì, 2 Aprile 2025

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Castelli, pievi e monasteri

di Anselmo Fantoni – Lontani i tempi i cui cavalieri frequentavano i nostri Castelli, i pievani erano punti di riferimento per le popolazioni ricadenti sotto il controllo delle Pievi, i conventi e i monasteri pullulavano di religiosi più o meno seguaci di vocazioni giovanili. Qualche anno fa fece scalpore la costruzione di un nuovo convento in quel di Pratovecchio, un progetto ambizioso sia dal punto di vista architettonico che da quello finanziario ma che è stato portato a compimento con successo pieno, grazie alla caparbietà delle suore Domenicane e alla competenza del tecnico incaricato della realizzazione. Non tutti erano contenti dell’abbandono del centro del paese da parte di una comunità comunque amata e seguita con affetto dai fedeli.

Poi qualche mese fa la triste notizia: il convento dei Cappuccini di Certomondo chiude i battenti. Per chi ha frequentato la gioiosa spiritualità francescana un vero colpo al cuore, una notizia inaspettata.

Ancora qualche settimana e inizia lo stillicidio della storia del fratelli Serrotti di Santa Maria del Sasso a Bibbiena di cui tanto si è parlato sulla stampa locale che gettano ombre sul futuro del Santuario a cui Bibbienesi e non sono molto legati. Non vivono momenti facili nemmeno le comunità di Contra e Poppi, dove le monache camaldolesi non riescono a trovare nuova linfa e che vedono un futuro precario.

Anche le camaldolesi di Pratovecchio non hanno grandi prospettive ma li le suore francescane di Santa Elisabetta del Casalino sono pronte a sostituirsi a loro garantendo una continuità spirituale alla struttura che ha dato origine al paese stesso.

Che cosa succederà ai nostri conventi, cosa ne sarà delle conoscenze conservate al loro interno? Monasteri e conventi hanno difeso opere letterarie, pratiche farmacologiche e prodotti agricoli, la vite e la birra, è anche grazie a loro che il rinascimento ha potuto attingere a spiritualità, arte cultura divenendo quel periodo così osannato e ammirato. Ma cosa sta succedendo? Il periodo è complicato, quasi intorcinato, tecnologicamente il futuro è già presente, le nostre vite sono molto frenetiche, le conoscenze di dominio pubblico e immediatamente disponibili, il benessere economico sempre in crescita, nonostante lamentele e situazioni delicate la stragrande maggioranza degli italiani può essere considerata ricca o benestante.

Eppure sembra che l’egoismo stia dilagando, pare che non ci sia più solidarietà, poco amore per il prossimo, qualcuno azzarda a indicare che il primo effetto è la denatalità, di conseguenza mancano giovani ben formati e culturalmente preparati per affrontare le sfide di un mondo che cambia, dove trovare collaboratori diventa uno dei maggiori problemi per le varie attività produttive. Ma la mancanza di vocazioni ha risvolti più profondi, da una parte persone disincantate, poco disposte a credere in religioni tentennanti e ondivaghe, poco propensi a scelte di vita impegnative, soprattutto ad impegnare la propria vita “per sempre”, sia esso un matrimonio, una scelta consacrata a Dio o anche alla Patria.

Che senso hanno petizioni per evitare lo spostamento di religiosi da un convento all’altro? Eppure la cosa succede di frequente, ma cosa succede a Santa Maria? Certo i due fratelli bibbienesi sono vissuti quasi sempre li, li abbiamo sempre visti tra quelle mura, sempre disponibili ad accogliere, aiutare, confortare. Ma cercare di contrastare l’inesorabile scorrere del tempo non porta nessun frutto, nessun risultato, dovremmo focalizzarci su cosa sarà il Santuario dopo i fratelli Serrotti, abbandonati dalla comunità femminile già qualche anno fa. Dovremmo riconsiderare le funzioni e le organizzazioni dei conventi e monasteri, magari con un coinvolgimento di attività culturali e spirituali coadiuvate da noi laici. Sapremo cogliere queste opportunità? Sapremo trovare da alcuni segnali negativi la forza di effettuare una “conversione” di modi di vita? Sapremo riscoprire un senso di comunità attaccata a valori condivisi riscoprendo le nostre radici cristiane?

Gli interrogativi sono molti e complicati da elaborare tanto che non sarebbe male iniziare a confrontarsi su come affrontare il futuro dei nostri conventi e monasteri, i castelli e le Pievi le abbiamo salvate, forse perché più semplici da gestire, riusciremo a salvare la cultura e la spiritualità di questi centri che hanno difeso nei tempi difficili del medioevo le nostre radici? Tutti aspettiamo Zorro a risolvere i problemi, forse è giunto il momento di fare qualcosa tutti insieme per ricostruire le nostre comunità, familiari, paesane, spirituali.

Dopo i periodi di decadenza ci saranno sempre tempi di rinascita. Questa è una certezza. Per ora possiamo solo dire grazie a Giovanni e Giuseppe per quanto hanno fatto e faranno ancora per tutti noi. Il contadino semina, il padrone raccoglie.

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