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sabato, 26 Aprile 2025

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«Come ho aperto una gelateria in California»

di Cristina Li – Come fa una persona a lasciare tutto e partire, ricominciare, costruire qualcosa di nuovo? Conosceva già i passi da fare? Ma quello è forte, non lo ferma nessuno. Eppure, avete mai pensato che un primo passo verso una giornata che non sappiamo come andrà, un luogo che non sappiamo se sarà uguale al giorno prima, una persona che non sappiamo come reagirà al nostro incontro è quello che facciamo tutti, sempre? Quello stesso passo è solo un po’ più grande o un po’ più piccolo in base al momento, alle esigenze, alle contingenze.
Il passo qui raccontato è quello di Simone Acciai, nato e cresciuto a Firenze, ma le cui estati trascorse a Corezzo, paese natio del padre, hanno maturato in lui un profondo senso di appartenenza al Casentino: «Ogni volta che valico il Passo della Consuma e soprattutto nel momento in cui, dopo Val della Meta, iniziano i tornanti in discesa verso Corezzo, sento che sto tornando a casa».
Simone ha deciso di dirigere i suoi passi, nove anni fa, verso gli USA, più precisamente a Santa Monica (LA, California), dove ha dato vita a Dolcenero. Gelateria Artigianale.
Com’è nato Dolcenero? «Nel 2011, dopo la laurea in Governo e Direzione di Impresa all’Università di Firenze, ho deciso di andare all’estero per imparare l’inglese. Scelsi, un po’ a caso, Los Angeles; non ero mai stato negli USA, ma le luci di Hollywood e le spiagge della California mi hanno sempre affascinato. In quel periodo, ho conosciuto molte persone, tra cui Tyler, che è oggi mio socio e grande amico. Terminati i sei mesi del corso di lingua, sono tornato in Italia sperando, con una laurea in mano e sapendo bene l’inglese, di trovare un buon lavoro. Non è stato così. Ho iniziato quindi a studiare le leggi d’immigrazione per capire come potermi trasferire negli USA. Aprire un’attività era l’unica strada per ottenere un visto, così l’idea della gelateria cominciò a prendere forma. Chiamai Tyler che, entusiasta del mio progetto, decise di investirci (pochissimo). Il suo appoggio mi è bastato per trovare il coraggio di intraprendere quest’avventura e aprire una gelateria in California. Così è nato Dolcenero. Dopo il primo anno, trascorso passando sedici ore al giorno da solo in negozio a fare gelato, servire i clienti, gestire la cassa e le pratiche burocratiche, ho assunto i primi due dipendenti. È stata una scelta rischiosa ma giusta: grazie al tempo libero guadagnato, ho potuto promuovere il mio gelato a una clientela sempre più ampia, dai ristoranti alle fiere, mettendoci la faccia e questo ha ripagato a pieno. Adesso che Dolcenero va bene e ho molti contatti, vorrei provare ad aprire un nuovo business, basato sull’aperitivo e lo street food toscano. Se non ci riuscirò, inventerò qualcos’altro, perché come dicono qui: sky is the limit!».
Dal Casentino a Santa Monica: hai trovato un legame tra queste due realtà? «Per anni sono stato membro volontario della Proloco di Corezzo: ho fatto del mio meglio per contribuire alla registrazione del marchio ‘Tortello alla Lastra’, alla creazione del sito internet e all’organizzazione della Sagra. L’ho sempre considerato come il modo migliore per aiutare il territorio e per sentirmi parte attiva della comunità e del suo successo. Sono sicuro che i Corezzini capiranno! La cosa incredibile è che ho trovato la mia Proloco a migliaia di chilometri da casa. Poco dopo aver aperto la gelateria, ho scoperto un’associazione di volontari che mi è sembrata subito molto vicina a quella di Corezzo e ho voluto parteciparvi come ospite. Non è stato facile, perché a nessuno importava dell’opinione di un giovane immigrato che sbagliava l’uso dei verbi. Non mi sono però perso d’animo, ho continuato a partecipare attivamente e l’anno scorso sono stato eletto membro del consiglio di amministrazione. È stata un’immensa soddisfazione: essere accolto come parte attiva della comunità, in un Paese straniero, mi aiuta a trovare la forza di andare avanti e a considerare Santa Monica la mia seconda casa. La Main Street Business Improvement Association ha il doppio obiettivo di promuovere la nostra strada come un luogo di ritrovo accogliente e sicuro e di costruire relazioni tra i commercianti, con gli organi comunali e con gli abitanti della zona, per migliorare la qualità della vita e del lavoro nella nostra comunità. Main Street è lunga un chilometro e mezzo e conta circa 200 attività commerciali. Ogni anno, parte delle tasse versate dalle attività sono messe a nostra disposizione. È bello pagare le tasse sapendo che saremo noi, i diretti interessati che ne vivono la realtà quotidiana, a decidere come spendere quei soldi per il bene della comunità. Cerchiamo di tenere la strada pulita, la decoriamo per Natale, coinvolgiamo i bambini della scuola elementare in varie attività e organizziamo eventi per far conoscere il nostro territorio. È splendido sapere che dall’altra parte del mondo sto facendo proprio quello che la Proloco fa per Corezzo!».
Cosa vuol dire essere italiano a Santa Monica e condividere con i clienti una parte della tua Italia? «Per rispondere, non posso non pensare a quanto Dolcenero sia stata ed è un’avventura incredibile. È stato un passo con cui sono ripartito da zero. Ho lasciato il mio Paese e le mie certezze per tuffarmi in un oceano in tempesta, cosa che mi ha posto davanti a un bivio: imparare a nuotare o affogare. Ho dovuto imparare a usare l’inglese per farmi capire, per ottenere documenti come patente, codice fiscale, assistenza sanitaria che diamo per scontato in Italia e della cui importanza ti accorgi solo quando non li hai. Ho dovuto lottare contro un sistema d’immigrazione incredibilmente rigido, che mi ha bloccato qui per tre anni per ottenere il visto e per altri tre per ottenere la Green Card. Negli ultimi otto anni sono riuscito a tornare a casa solo tre volte, l’ultima lo scorso Natale ed è stato bellissimo. Quando manchi per tanto tempo, apprezzi cose che hai sempre dato per scontato, come la bellezza del Duomo di Firenze e dei vicoli intorno a Santa Croce, così come il vento, gli odori e i sapori dei monti casentinesi. Qui a LA, ho vissuto tanti periodi bui e a volte ho pensato di lasciare tutto, ma trovando la forza di rialzarmi, con impegno e perseveranza, ho raggiunto grandi soddisfazioni. Al riguardo, quest’anno festeggiamo il quinto compleanno di Dolcenero. Oggi, ho cinque dipendenti che coprono tutti i turni del negozio: siamo aperti 12 ore al giorno, 7 giorni su 7. Io mi occupo della produzione del gelato e della gestione della mia piccola impresa. Fare gelato è semplice, ma la sua qualità dipende soprattutto dagli ingredienti ed io importo sempre il meglio che possa trovare da aziende italiane, come le nocciole dal Piemonte e il pistacchio dalla Sicilia. Per sopravvivere a LA bisogna essere il top del top, offrire la Lamborghini del cibo italiano. I vecchi ristoranti con le tovaglie a quadri bianchi e rossi non funzionano più, soprattutto in una città ricca come Santa Monica, abitata e frequentata da gente che viaggia, va in Italia, mangia il cibo autentico e si aspetta di trovare la stessa qualità e soprattutto la stessa ospitalità italiana quando è qui. Per questo motivo, i clienti ci adorano e il nostro gelato è nel menù di alcuni tra i più rinomati ristoranti della città. Non solo: abbiamo vinto il premio ‘Miglior Gelato di Santa Monica’ per tre anni e il premio ‘Miglior Business di Main Street’ per quattro anni; se vinciamo anche quest’anno, sarà un record!».
Da Casentinese che ha lasciato il proprio nido, vorresti dire qualcosa a chi vi rimane? «Credo che lasciare il proprio Paese e trasferirsi all’estero sia una scelta difficile e coraggiosa, che implica alcune rinunce e numerose sfide da affrontare. Per noi italiani, lo è ancora di più: siamo poco aperti di mente e poco inclini all’adattamento, poiché abituati a vivere in un Paese che, malgrado tutti i suoi difetti, è il più bello del mondo. Perché fare un’esperienza all’estero? Perché ti cambia e migliora la vita. Io, dopo nove anni, sento di essere una persona diversa, con una maggiore flessibilità mentale: misurarsi in un contesto diverso mette alla prova le tue capacità e ti aiuta a sviluppare nuovi modi creativi per affrontare la vita quotidiana. Aiuta anche a superare i pregiudizi: una cosa che adoro di LA è che nessuno è di LA. La prima domanda che fai quando incontri qualcuno è where are you from?, perché qui siamo tutti ugualmente diversi. Per comprendere e accettare le diversità, credo che il modo migliore sia proprio entrare in contatto e confrontarsi con altre comunità del mondo, così da migliorarci e avere sempre un approccio positivo nei confronti degli altri. Sono fiero di essere nato in Italia e ho molta nostalgia della mia terra e dei miei cari, ma penso di aiutare l’Italia molto di più da qui: ad esempio, comprando circa mille dollari di prodotti italiani a settimana e, soprattutto, portando con me la parte migliore di un’Italia che, nonostante tutto, può ancora essere il top in una città così incredibilmente competitiva come LA».

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(tratto da CASENTINO2000 | n. 317 | Aprile 2020)

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