di Riccardo Buffetti – Tutto è pronto per l’avvio della 41° edizione del Rally del Casentino, celebre gara automobilistica che si svolge nel nostro territorio e appuntamento valido per il terzo percorso dell’International Rally Cup 2021 e per la Mitropa Rally Cup. Desideroso di riallacciare il casco e riaccendere i motori anche Roberto Cresci (a sinistra nella foto), casentinese doc, grande appassionato di motori e veterano della manifestazione.
«Quest’anno sarà la mia venticinquesima partecipazione al “Rally del Casentino”, anche se gareggio nelle competizioni automobilistiche da oltre 30 anni, – esordisce Cresci, con gli occhi colmi di una particolare luce mentre ripercorrono insieme alla sua mente le imprese del passato. – Il mio esordio in questo rally è avvenuto nel 1997. Sono stati 25 anni di emozioni, non solo in questo evento ma con i motori in generale: ci sono stati dei periodi dove ho partecipato anche a 8-10 gare in un anno. La Scuderia Etruria di Bibbiena è da sempre uno degli organizzatori dell’International Rally Cup, ed io facendone parte riesco a partecipare alle varie competizioni. Solo due mesi fa ero in Friuli alla prima gara del campionato IRC, il “Rally del Piancavallo”. Nelle scorse settimane sarei dovuto andare in provincia di Parma per la seconda prova, ma il Coronavirus è passato a farmi visita: tanto spavento, ma ne sono uscito vittorioso».
Come sta adesso che il virus è passato, e quanto è stato importante avere alle spalle l’allenamento fisico che richiede il suo ruolo da pilota per affrontare il Covid-19?
«Adesso mi sento spossato, ma ho già ripreso ad allenarmi in vista dell’evento. Sicuramente la preparazione a cui siamo sottoposti noi piloti, seppur “gentleman” e non professionisti, è molto intensa e fondamentale perché dobbiamo essere in grado di controllare l’auto e le prestazioni della stessa in un percorso che solitamente conduce ad un forte stress, sia fisico che emotivo. La preparazione fisica porta ad avere lucidità mentale alla guida, riflessi pronti e in questa attività dove la velocità è la parte dominante avere i riflessi al 100%, se non oltre, è indispensabile. Anche perché guidiamo per molti chilometri dentro i veicoli con tuta, casco e tutto l’abbigliamento ignifugo dove si raggiungono temperature altissime; al Rally del Casentino, per esempio, influisce molto la temperatura e l’allenamento aiuta a terminare la gara in modo costante. Infatti, una delle differenze sostanziali tra il dilettante e il professionista è proprio la costanza: senza di essa, ogni volta devi ricominciare da capo, ritrovare il ritmo gara e il rischio è quello di crollare o avere alti e bassi durante il percorso».
La condizione negativa può portare a non far valer la candela, nel gioco?
«Noi corriamo per divertirci. Quando vediamo che il rischio supera il gioco, allora ci fermiamo a ragionare. Personalmente ho un forte senso di responsabilità per la mia famiglia e per il lavoro, per questo cerco sempre di non far eccedere l’agonismo durante la gara».
Il divertimento deve essere al primo posto, anche se perdere non piace a nessuno.
«Chi guida a livelli non professionistici, come noi, lo fa per divertirsi. E per me lo è lottare e provare a vincere in ogni gara: gli stimoli non devono mancare. Cerco di far comprendere il mio punto di vista con una frase: preferisco arrivare decimo ma a trenta secondi di distanza dal primo, che terzo a tre minuti. Anche perché è statisticamente provato (e testato) che quando non lotto faccio i danni (sorride, ndr). È l’istinto che caratterizza questo sport e ti permette di ottenere delle belle soddisfazioni».
Arriviamo ai momenti più belli in questi venticinque anni di Rally del Casentino: quali sono quelli che ricorda con maggior piacere?
«Le soddisfazioni sono state molte fin dai primi anni: dal 1997, mia prima edizione con cui ho esordito guidando una Mitsubishi Lancer Evo 3, per 7 anni consecutivi ho vinto sempre la categoria del Gruppo N, la Classe e sono entrato sempre nei dieci assoluti. In sintesi, tornavo a casa ogni volta con tre coppe (tutte conservate, ed alcune esposte nel salone della concessionaria Cresci & Ciabatti). Ogni risultato è sempre stato una soddisfazione perché il Rally del Casentino, oltre ad essere considerato una delle gare più belle d’Italia, è continuamente meta dei piloti italiani ed esteri più forti.
Certamente, il momento più emozionante è stato nel 2007 quando sono stato il primo aretino e casentinese a vincere la competizione. Anche se sono trascorsi 14 anni, e che nel frattempo abbia vinto anche altri rally, “Città di Pistoia” o “Arretium Rally” di Arezzo, penso che quel trionfo sia memorabile. Ricordo di aver provato una sensazione particolare, è stato come se oltre all’equipaggio e ai due piloti, avesse vinto tutto il Casentino. Custodisco con grande gelosia la targa che ci conferì la Scuderia Etruria per quella vittoria: “a Roberto, vincitore del 27° Rally del Casentino, per le emozioni che ci hai regalato”, così recita. Quella vittoria, al di là della gioia e della felicità, la considero il successo di tutti gli appassionati di rally, di amici e staff, condita dal record di esser stato il primo pilota locale a vincere. La corsa fu incredibile, finimmo la giornata della gara a pari tempo con il secondo ma vincemmo grazie alla discriminante delle prove. Mi permetto anche di raccontare un aneddoto, che difficilmente scorderò: al momento del passaggio intermedio, ovvero quel momento della gara in cui ti viene riferito il tempo di vantaggio o distacco dal secondo, i miei amici che mi aspettavano a Talla riportarono un cronometro di -7 secondi… quando invece ero indietro a +7. Alla fine arrivammo a pari tempo, e anche questo è incredibile. Si vede che dovevo vincere!
Di contro, l’anno in cui Robert Kubica ha partecipato al Rally (2014) mi sono visto sfumare una grande lotta. Dopo la prima prova ero nelle primissime posizioni, mentre nella seconda riuscii a passare in testa con Kubica che fu costretto a cambiare una ruota per foratura. Rimasi in testa per altre 2-3 prove. Una grandissima gratificazione essere davanti ad un grande pilota come Robert. Fino al turno successivo, quando a Ponte Nano si scatenò il diluvio. Raggiunsi l’auto davanti a me che invece di farmi passare mi tenne incollato al suo posteriore, facendomi scendere di molte posizioni. Nella prova successiva cercai di recuperare… ma capitombolai fuori strada. Rimane comunque il bellissimo ricordo di quell’anno. Mentre un altro piacevole ricordo è quando partimmo da Chiusi della Verna e tra i partecipanti c’era un certo Franco Cunico. In quell’anno furono veramente tanti i piloti di prima classe presenti. Vinsi la prova e mi ritrovai in mezzo ai “grandi”. Queste emozioni non si scordano mai».
Ma quando nasce la passione per la guida? E quali sono stati i suoi punti di riferimento in questi anni?
«“Da grande correrò” era una delle frasi che più ripetevo. Mi sono infilato il casco per la prima volta a 19-20 anni e anche il lavoro che oggi porto avanti viaggia in parallelo con la mia passione, forse trasmessa da mio babbo: correva con il padre di Fabio Ciabatti, mio navigatore, ma a ruoli invertiti. Fabio è uno di quei punti, importanti: il clima che vivi dentro l’abitacolo con la persona che è alla tua destra è più che fondamentale. Siamo nati insieme e cresciuti quasi come fratelli. In macchina non ci parliamo ne guardiamo, solo dal respiro riusciamo a capire lo stato d’animo l’uno dell’altro. Vorrei citare anche mio padre, che da sempre è la mia ombra. Prima di partire mi ricorda sempre le cose veramente importanti della vita e non può mai mancare il rituale con il suo abbraccio e il suo bacio».
Stiamo ancora vivendo un momento particolare della pandemia che ci ha colpiti nel 2020. Com’è stato gareggiare lo scorso anno senza pubblico e cosa si aspetta dall’avventura del 2021?
«Nello scorso anno, causa lockdown, è stato molto diverso correre il rally. La manifestazione in sé per sé, per noi piloti che viviamo la gara, rimane comunque bella, ma al contempo la mancanza del pubblico lungo le prove, nel parco assistenza e i timori ancora presenti per le normative, si sono fatte sentire. Alla fine, facciamo qualcosa di sportivo che deve coinvolgere tutti: dalla parata di presentazione al saluto del pubblico prima della partenza. Ripensandoci oggi è stato triste, ma ovviamente non dipeso dalla volontà di nessuno. Anzi, c’è da sottolineare che la Scuderia Etruria aveva tutti gli occhi del mondo puntati addosso perché il Rally del Casentino è stato il primo evento a livello mondiale di questo genere post-lockdown. Da premiare sicuramente il coraggio degli organizzatori di andare avanti e cercare di ripartire.
Per quanto riguarda quest’anno, almeno le prove dovrebbero essere aperte. Personalmente la mia preparazione è iniziata e si è fermata a causa del Coronavirus. Mi ritengo fortunato, perché in dieci giorni sono guarito, però sento di non essere al 100% fisicamente. Non basta per la performance che vorrei, però ho altri giorni davanti e cercherò di fare il possibile per arrivare al top. Quando ho scoperto di essere positivo al Covid-19 i miei primi tre pensieri fissi sono stati: la famiglia, il lavoro e.… ora con il rally come faccio? Scherzi a parte, la grande vittoria di oggi per me è già poter indossare tuta e casco».
Insomma, 25 anni di soddisfazioni e grandi gare. Non starà cercando di emulare Valentino Rossi per cercare di battere anche le generazioni più giovani?
«I giovani di 20-25 anni vanno fortissimo, ma questo fatto non lo prendo mica tanto bene sai! Io e il mio fido Ciabatti cercheremo di dare il massimo e qualcosa in più per rimanere competitivi, ma soprattutto per divertirci anche in questa edizione».