Recentemente è cresciuta l’attenzione nei confronti del dibattito sui diritti da riconoscere ai “grandi minori”, cioè le ragazze e i ragazzi con un’età compresa tra sedici e diciotto anni. In particolare i casi che hanno visto il sorgere di conflitti tra minori che volevano vaccinarsi contro il Covid- 19 e uno o entrambi i genitori contrari hanno catalizzato l’attenzione e hanno visto i tribunali emettere sentenze a favore delle ragazze e dei ragazzi. L’avvocato Gianni Baldini ha seguito direttamente alcune cause e/o situazioni in cui si sono manifestati questi contrasti, a lui abbiamo chiesto di spiegarci meglio cosa è accaduto e come il tema dei diritti dei “grandi minori” è affrontato nel nostro Paese.
La possibilità di un sedicenne di rivolgersi ad un avvocato per far valere una propria volontà è un cammino per i diritti del “grande minore”. Ci può dire qual é la situazione in Italia in merito? In quali circostanze e situazioni il minore può far valere una volontà che può divenire diritto?
«Purtroppo in Italia gli spazi di autonomia sul proprio corpo per il c.d “grande minore” (ragazzi di età compresa tra 16 e 18 anni) sono molto stretti. Infatti il Codice civile consente al minore infrasedicenne di sposarsi, di avviare un tirocinio lavorativo o di aprire una impresa (previa autorizzazione dei genitori) ma non gli consente di assumere decisioni sanitarie riguardo la propria salute, come ad esempio la decisione di vaccinarsi o di accedere ad altro trattamento sanitario rilevante per la propria salute. In questo caso tutto passa per il necessario consenso preventivo espresso da entrambi i genitori. E in caso di contrasto tra i genitori ovvero tra questi e il figlio che succede? In mancanza di accordo occorrerà in tutti i casi rivolgersi al Giudice. Per il minore questo è tutt’altro che agevole perchè allo stesso è precluso dare un incarico formale all’avvocato per tutelare i propri diritti senza che almeno uno dei genitori sia d’accordo ovvero che si attivi il servizio sociale… dunque è un cane che si morde la coda…».
Nello specifico della volontà di vaccinarsi quali sono state le motivazioni del minore e i presupposti giuridici che lo hanno sostenuto?
«I ragazzi che si sono rivolti all’AMI (Associazione Avvocati matrimonialisti e di tutela dei minori di cui io sono il Presidente della Toscana), ad oggi circa una trentina, segnalati dalla scuola o per propria iniziativa, dopo il tam tam mediatico del caso di Matteo del luglio scorso, il giovane fiorentino con entrambi i genitori no vax che poi siamo riusciti a far vaccinare, avevano anche età inferiore a 16 anni (il più giovane aveva addirittura 13 anni!) e hanno mostrato notevole consapevolezza e determinazione rispetto alla scelta vaccinale. Tre gli argomenti principali: 1) Tutela della propria salute comparando i rischi (della vaccinazione) con i suoi benefici sulla base dei dati scientifici. 2) Responsabilità sociale per non essere veicolo di contagio per i propri cari. 3) Ritorno alla propria vita normale (scuola, sport, amici). Da questo punto di vista i Giudici chiamati a valutare le due opzioni di autorizzazione o diniego alla vaccinazione si sono sino a questo momento sempre pronunciati a favore della scelta vaccinale fondata sul presupposto del grave rischio pandemico e della scelta vaccinale quale decisione più adeguata alla tutela della salute individuale e collettiva».
E quali contrarietà hanno manifestato i genitori e su quali elementi giuridici è stato avviato un dialogo?
«Gli elementi di contrarietà dei genitori non sono per tutti gli stessi: si passa da chi per ragioni di prudenza era contrario ma con disponibilità a ragionare, e poi valutando i dati medico scientifici ha infine acconsentito, a chi pone un rifiuto ‘irrazionale’ e fortemente ideologico al vaccino in sé, fondando le proprie convinzioni su notizie quasi sempre acquisite nel web… spesso fake news a cui i ragazzi che con il web sono nati e cresciuti, non dico che sono immuni ma sanno certamente riconoscere meglio degli adulti. Quasi tutti i ragazzi che abbiamo conosciuto ci hanno riferito che la convinzione del proprio genitore che i vaccini fossero ‘veleno’ era fondata su notizie acquisite dalla rete».
Su quali assunti si è basata la mediazione familiare? È stata sufficiente oppure è stato necessario avviare una causa legale?
«Negli oltre 30 casi, la maggior parte si sono risolti da sé talvolta consigliando i ragazzi (e il genitore favorevole) su come porre la questione al genitore contrario, talaltra avviando un meccanismo stragiudiziale di diffida a consentire la vaccinazione e conseguente liberatoria da sottoscrivere esimendosi dalla responsabilità (morale) riguardo alle temute reazioni avverse gravi (che è bene ricordare non risultano secondo i dati a disposizione dell’ISS, aver interessato ad oggi alcun ragazzo). In una minoranza di casi si sono dovute avviare delle cause innanzi al Giudice Tutelare e il risultano al momento è sempre stato favorevole a chi chiedeva di vaccinarsi, fino alla clamorosa decisione del Tribunale di Arezzo che ha addirittura previsto per la prima volta che il medico vaccinatore avrebbe dovuto acquisire il consenso diretto del minore».
Quali sono state le difficoltà più comuni nei giovani e nei genitori nel trovare un accordo?
«Quello che ho notato è il vero e proprio conflitto tra generazioni dove lo spartiacque fondamentale è in primis l’approccio e l’uso del web. Da un lato una sacca significativa di genitori tra i 45 e i 60 anni che nutrito principalmente di notizie che circolano nella rete è restio al confronto, con il perverso meccanismo della ‘profilazione’ dei social è destinatario di informazioni a senso unico e dunque vive in un mondo virtuale di persone che la pensano allo stesso modo e che si alimentano dello stesso tipo di informazioni. Dall’altra i ragazzi come si diceva, nati col web e quindi molto più in grado di gestirne anche le insidie, con un rapporto con la scienza e la medicina molto più ‘sereno’ e pragmatico. Mi colpisce infatti l’approccio di questi ragazzi “Avvocato i numeri sono numeri: i rischi di complicanze sono pressoché inesistenti e se vogliamo uscire da questa situazione e tornare ad una vita normale altre alternative non ci sono che non vaccinarsi… io da quando sono nato ne avrò fatti 10 di vaccini…”».
Quale futuro è previsto per i diritti del grande minore?
«Per l’AMI questo tema è molto importante: un bambino di 6 anni non può essere trattato come uno di 17… questo è il punto. Quindi non si tratta di limitare la responsabilità genitoriale o i vincoli di solidarietà che devono permanere nella famiglia quanto di valorizzare su aspetti fondamentali che riguardano decisioni esistenziali e sulla propria salute la volontà della persona in misura proporzionata al suo effettivo grado di sviluppo psicofisico. Così affermato tutte le carte internazionali e le dichiarazioni di principi a tutela del minore sottoscritte anche dal nostro Paese. E ciò comporta anche la possibilità di rivolgersi all’avvocato, ove necessario, per far valere i propri diritti ove questi risultino, come in questo caso, irragionevolmente violati».