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giovedì, 10 Aprile 2025

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Eolico sì, ma no alle pale alte 200 metri…

di Francesco Meola – Che l’eolico rappresenti da anni una delle energie alternative più gettonate non vi è dubbio ma, da un po’ di tempo a questa parte, l’installazione indiscriminata di impianti del genere fa discutere. Non sta a noi, naturalmente, stabilirne l’utilità o meno ma la cronaca è concorde nell’affermare che così come strutturato attualmente, l’eolico in Italia ha fatto registrare più problemi che benefici.

Emblematico, a tal proposito, il caso della Puglia che, pur essendo seconda fra le regioni italiane per nuovi impianti eolici, ha ricevuto dal Governo gli stessi incentivi economici delle altre regioni per fronteggiare il caro bollette. Tutto questo in un territorio che produce energia da fonti rinnovabili in quantità superiore al suo fabbisogno e che, pertanto, se si realizzasse il federalismo energetico (in base al quale ogni regione sarebbe tenuta a contribuire alla produzione del fabbisogno energetico del Paese in quota parte), avrebbe già dato più di quanto dovuto.

A questo va ad aggiungersi il danno ambientale prodotto dal deturpamento estetico e ambientale di interi territori a vocazione turistica e agricola, anche la più recente introduzione di pale eoliche in mare aperto non ha migliorato la situazione dal momento che, in molti casi, si sono registrate deviazioni delle rotte migratorie di uccelli e cetacei, distruzione dei fondali marini per favorire gli ancoraggi delle turbine e divieti a largo raggio per l’attività di pesca.

Ma veniamo alla situazione della Toscana, regione che al momento conta almeno una decina di parchi eolici. Anche in questo caso non sono poche le polemiche sollevatesi in seguito alla loro realizzazione, soprattutto per quanto concerne quello del Mugello, in provincia di Firenze. Mentre per quello di Badia Tedalda, nell’aretino, le diatribe sono sorte ancor prima della sua costruzione.

Nel primo caso il Comitato per la tutela del crinale mugellano si è battuto sin dall’inizio contro la prospettiva di un impianto che, a suo avviso, “ha già comportato la realizzazione di piste forestali ampliate, alberi tagliati e profondi solchi creati dal passaggio dei mezzi pesanti”. Per non parlare delle larghe pozze di fango che “hanno creato enormi difficoltà a camminatori e cicloturisti”.

Per quanto riguarda Badia Tedalda, invece, la struttura non è stata ancora realizzata ma le rimostranze non si contano e alcuni dei primi cittadini, le associazioni e taluni esponenti dei vari schieramenti politici, l’hanno già etichettata con il termine “ecomostro”. Il progetto, denominato “Badia del Vento”, prevede infatti l’istallazione di sette pale eoliche alte quasi 200 metri al confine con il comune emiliano di Casteldelci, ad un’altezza compresa tra i 1045 e i 1147 metri e per una lunghezza di quasi tre chilometri.

Insomma, un impianto decisamente impattante nel suo genere, al punto da scatenare l’ira del sindaco di Casteldelci, Fabiano Tonielli, il quale ha bollato la scelta come inaccettabile e devastante per l’economia del proprio territorio, dal momento che le pale andrebbero a deturpare il paesaggio con conseguenze negative per l’intera Valmarecchia. Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Confcommercio di Rimini, il comitato Appennino Sostenibile e l’associazione ecologista Gruppo d’intervento Giuridico. Quest’ultima, al riguardo, lo scorso giugno ha inviato un atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento di valutazione d’impatto ambientale concernente il suddetto progetto, considerato di “pura speculazione energetica, nell’ottica di snaturamento dell’ambiente e della identità stessa dei luoghi, in un tratto di Appennino tuttora integro e di grande valore naturalistico”. 

E sul tema è intervenuto anche il capogruppo di Forza Italia in Regione Toscana, Marco Stella, affinché l’Ente blocchi e non conceda l’ok alla valutazione di impatto ambientale per la struttura: “Questi impianti – afferma il consigliere regionale – andrebbero a impattare negativamente sul territorio, danneggiandone gli aspetti naturalistici e paesaggistici, limitando fortemente ogni prospettiva di sviluppo e valorizzazione di un territorio in cui il turismo escursionistico, ambientale e storico-culturale ha fatto registrare un significativo aumento in termini quantitativi. Senza contare che l’impianto previsto non rispetta i sette chilometri di distanza da numerosi beni architettonici, nuclei storici tutelati e aree naturali protette. Non è violentando i beni paesaggistici che si può pensare di risolvere la questione del fabbisogno energetico, la cui produzione in questo caso sarebbe, oltretutto, irrisoria”.

Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che vorremmo soffermarci, dal momento che sul tema abbiamo ascoltato il sindaco di Montemignaio, Roberto Pertichini, il quale rispetto all’impianto esistente nel proprio comune (sul crinale del Monte Secchieta), ammette che non comporta alcun beneficio per la cittadinanza dal momento che l’energia prodotta non serve la comunità locale e che per il Comune, la presenza del parco eolico, frutta soltanto il versamento da parte dell’azienda di un piccolo ristoro economico.

Poca roba, dunque, rispetto a quanto ci si attenderebbe da opere così invasive anche se, nel caso specifico, a suo tempo la decisione di costruire l’impianto di Poggio della Risala non ha comportato levate di scudi.

Ma cosa succederebbe se la voce che vuole la realizzazione di un altro impianto eolico in Casentino diventasse realtà? Al momento si tratta soltanto di indiscrezioni, tra l’altro smentite anche da diversi amministratori locali, ma la questione resta aperta.

L’impressione è che stavolta in molti potrebbero storcere il naso, considerato che gli attuali parchi eolici richiedono l’occupazione di spazi sempre più vasti, con pesanti ricadute sia in termini di impatto visivo che di inquinamento acustico prodotto, senza dimenticare il disturbo arrecato agli animali e l’eventualità di dover ricorrere all’abbattimento di svariati ettari di bosco.

Quegli stessi boschi che hanno reso il Casentino, nel corso della storia, una delle mete turistiche tra le più conosciute non soltanto in Italia e per i quali, stando alle informazioni da noi raccolte, le associazioni ambientaliste sarebbero già pronte ad alzare le barricate.

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