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sabato, 23 Novembre 2024

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Ex Sacci, a quando il dissequestro?

di Francesco Meola – Sono trascorsi quasi sei anni dal sequestro giudiziario che ha interessato l’ex Sacci e, nonostante gli annunci susseguitisi nel tempo, ci si continua ad interrogare sulle sorti di un’area che tiene “sotto scacco” il futuro urbanistico della zona a cavallo tra il comune di Chiusi della Verna e quello di Bibbiena.

E pensare che quando qualche anno fa la Regione decise di investire ben 21 milioni di euro nella realizzazione del nuovo tracciato della variante alla regionale 71, in località Corsalone, sembrava essere giunti ad un punto di svolta. Ma i progetti si infransero ben presto contro la realtà. Il disegno originario, infatti, prevedeva la realizzazione di una nuova viabilità dal Pollino a Fontechiara, che avrebbe attraversato l’area ex Sacci con l’abbattimento del rudere. Diverse anche le opere pensate per il miglioramento della circolazione locale in punti come per l’appunto quello del Pollino, nonché la costruzione di un viadotto nello svincolo sud, un ponte sul torrente Corsalone, un altro sul torrente Vessa e addirittura una nuova stazione ferroviaria con relativo parcheggio.

Opere, queste, concepite nella convinzione che dopo i sigilli del 2016 per la presenza nell’ex Sacci di rifiuti pericolosi, si sarebbe arrivati prima o poi alla bonifica e al conseguente dissequestro. E invece, a poco sono valse le ordinanze emesse dai Comuni interessati nelle quali si chiedeva alla proprietà la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti.

In realtà, se nel corso degli anni il comune di Chiusi della Verna è riuscito a far bonificare quanto di sua competenza, nulla è accaduto nella parte ricadente nel comune di Bibbiena, le cui prescrizioni sono state sistematicamente disattese con il manufatto che ha continuato a rimanere sotto sequestro. Un provvedimento, quello della magistratura, che ha reso dunque impossibile la realizzazione dei lavori secondo il masterplan iniziale, costringendo la Regione a individuare un percorso alternativo suddiviso in due lotti. Il primo, a nord della Sacci, per cui sono già stati affidati i lavori e che prevede la realizzazione della rotatoria del Pollino. Il secondo, a sud dell’ex fabbrica, per cui la Regione, non potendo attraversare la zona del manufatto, è ancora al lavoro per individuare un tracciato diverso.

Se la prima tranche dei lavori della cosiddetta “variante del Corsalone” è dunque in dirittura d’arrivo, per l’altra si è ancora alla ricerca di una soluzione. Una delle alternative, infatti, sarebbe passare all’interno di un terreno di proprietà dell’azienda TLF con grave danno per il privato, con il quale, difatti, non si è ancora trovata un’intesa (anzi, il titolare ha anche presentato ricorso al Tar, n.d.r).

Tuttavia, se il pericolo di vedere interrotta la realizzazione della variante sembra possa essere in qualche modo scongiurato, il futuro dell’ex Sacci rappresenta tutt’oggi un’enorme incognita. Difficile, infatti, stabilire quali possano essere le sorti di un’area il cui destino è strettamente legato all’evolversi della situazione giudiziaria che ne ha portato alla chiusura.
A tal proposito ci preme ricordare uno degli ultimi interventi pubblici del proprietario, l’imprenditore Marino Franceschi che, in un comunicato stampa del giugno 2021, lamentava come nel periodo intercorrente tra il 2002 e il 2016, avesse svolto sul sito unicamente attività richieste dagli organi preposti, sostenendo spese superiori al milione di euro e con la sospensione forzosa di qualsiasi attività imprenditoriale.

Una situazione al limite dell’assurdo considerato che, la data del 2002, rappresenta l’anno in cui la società “Marino fa Mercato” ha acquistato l’ex Sacci, trovandosi pertanto sin da subito nell’impossibilità di portare avanti qualsiasi iniziativa di tipo imprenditoriale. L’intento della proprietà, infatti, era quello di destinare 6.000 mq alla vendita al dettaglio, 2.000 ai magazzini ed una quota residuale alla costruzione di appartamenti. Un progetto da oltre 100 posti di lavoro stroncato sul nascere, schiacciato nella morsa delle solite lungaggini burocratiche all’italiana e di una politica locale incapace di dare risposte rapide e concrete alle esigenze del territorio. La vicenda si è dunque trasformata in un vero e proprio incubo dal momento che, dal proprietario dell’area, al sindaco di Bibbiena, quasi tutti i protagonisti coinvolti sono tuttora alle prese con problematiche di varia natura.

Se infatti l’imprenditore è implicato sul piano economico e legale, non se la passa meglio il primo cittadino di Bibbiena, Filippo Vagnoli, finito nelle maglie della giustizia con l’accusa di “falso ideologico” in seguito all’indagine della Forestale e della Procura di Arezzo circa la presenza di rifiuti nell’area in questione.

Ma naturalmente, come accade sempre in questi casi, a pagarne le conseguenze sono soprattutto i cittadini e non soltanto quelli di Bibbiena giacché l’ex Sacci rappresenta il biglietto da visita dell’intero Casentino e la presenza di quello che ormai è soltanto un ammasso di pietre cadenti stride terribilmente con l’immagine di un territorio che vorrebbe fare del turismo e della bellezza il suo biglietto da visita.

Ma cosa accadrà adesso? Chi o cosa impedisce che l’area venga dissequestrata?
A questi ed altri interrogativi avremmo voluto ci rispondessero le istituzioni preposte ma non possiamo fare a meno di sottolineare che, tutti i soggetti interpellati al riguardo, si sono mostrati tutt’altro che disponibili ad offrirci delle spiegazioni. Anzi, in taluni casi, abbiamo riscontrato un atteggiamento al limite della reticenza. Per carità, comprensibile che dinanzi ad un argomento così scottante si cerchi di muoversi con le dovute cautele ma, in più di un’occasione, i nostri interlocutori hanno palesato una vera e propria preoccupazione nell’essere interpellati in merito.

La vicenda assume pertanto contorni sempre più inquietanti, considerato che appare alquanto surreale che una struttura del genere, a distanza di anni, continui a rimanere nella disponibilità della magistratura senza che nessun organo dello Stato riesca a garantirne il dissequestro. Sulla base di quali irregolarità la Procura continua a mantenere i sigilli? Se il sequestro del 2016 fu dovuto alla presenza di materiale inquinante, come è possibile in questi sei anni l’Amministrazione comunale di Bibbiena non sia riuscita a far rispettare l’ordinanza di rimozione di questi rifiuti? Cosa si nasconde dietro al silenzio del sindaco Vagnoli? Perché la Regione non si è adoperata affinché le ordinanze comunali emesse a partire dal 2016, venissero ottemperate da chi di dovere? Che interesse può avere un imprenditore del calibro di Marino nel non provvedere ad una bonifica completa del sito in modo da agevolarne la riapertura?

Per quanto ci riguarda un’idea di tale immobilismo ce la siamo fatta ma naturalmente, in assenza di prove, non la esterneremo fino a quando i fatti non ci daranno ragione. Nell’attesa di ricevere delle risposte, ognuno potrà darsi quelle che riterrà più opportune. Per quanto ci riguarda continueremo a muoverci nel solco dell’oggettività, indagando affinché possa emergere quanto prima la realtà dei fatti.

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