di Melissa Frulloni – Nello scorso numero di CASENTINO2000 vi abbiamo parlato anche noi della Scuola per Pastori, avviata nella nostra vallata con lo scopo di promuovere il pastoralismo nelle aree rurali e montane, per contribuire a contrastare lo scarso ricambio generazionale che affligge questo settore. Come vi avevamo detto, la ShepherdSchool in Casentino è stata realizzata all’interno del progetto LIFE (strumento di finanziamento dell’Unione Europea per l’ambiente e l’azione per il clima) e, come per altre esperienze simili sul territorio italiano, anche nella nostra vallata l’iniziativa ha visto nella SNAP, Scuola Nazionale di Pastorizia e in Rete Appia, i soggetti promotori. Le giornalate locali invece ci avevano raccontato che i principali ideatori di tutto il progetto fossero enti casentinesi, ma come detto non è esattamente così, trattandosi appunto di un’iniziativa prima europea e poi nazionale.
Per approfondire questo progetto che ci pare davvero interessante per un territorio come il nostro, in questo numero del giornale abbiamo raggiunto Nunzio Marcelli (nella foto), Presidente di Rete Appia. Ci siamo collegati con lui in videochiamata; ci ha risposto dall’Abruzzo, direttamente dal suo “ufficio”, un pascolo dal quale proveniva in sottofondo il rumore dei campanelli delle pecore e della campagna.
Nunzio, che cosa è Rete Appia? «Rete Appia nasce grazie all’iniziativa di alcuni accademici ed allevatori che (essendo già in collaborazione tra di loro per via di progetti realizzati con programmi della UE) hanno constatato che il settore della pastorizia nel nostro Paese era in progressivo abbandono e che, né da parte dello Stato, né da parte delle Regioni, questo problema vaniva tenuto in considerazione. Da qui è nata la necessità di creare una sorta di concertazione per poter formulare delle proposte indirizzate tanto agli enti locali quanto agli allevatori e operatori del settore e anche all’opinione pubblica. Tutto parte dalla costatazione che la perdita di un settore come la pastorizia avrebbe implicato delle gravi conseguenze ambientali, venendo meno tutta una serie di condizioni che il settore ha determinato, sia da un punto di vista di biodiversità che sociale, visto che sopravvive nelle aree meno intensamente popolate. L’eliminazione della pastorizia determinerebbe infatti un abbandono di queste stesse aree e, anche da un punto di vista occupazionale, causerebbe la perdita di posti di lavoro, dato che nelle sue pratiche impegna un discreto numero di addetti. Senza voler tornare ad una visione nostalgica del settore; le iniziative di Rete Appia voglio fare qualcosa di davvero concreto per la pastorizia in Italia. La mission è favorire azioni e stimolare la discussione sul tema, nonché sul futuro che questo settore ricopre per il nostro Paese.»
Cosa è la Scuola per Pastori? Perché decidere di dar vita a questa iniziativa? «Il sistema della formazione regionale e nazionale ha di fatto accantonato la preparazione di figure dedicate; sono rimasti attivi solo alcuni enti di ricerca che però non fanno formazione. Parallelamente le organizzazioni professionali sono state poco attente a questa esigenza; il risultato è stato che il settore non ha avuto quel ricambio generazionale di cui tutti i settori hanno bisogno e si è determinato un tasso di anzianità alto, con tutte le conseguenze del caso. In altri paesi europei si è invece andati nella direzione opposta, improntandosi sulla efficienza e sulla produttività del settore; in Francia ad esempio c’è un modello virtuoso e all’avanguardia in questo senso che è andato a favorire la stabilizzazione delle popolazioni rurali. La seconda Scuola per Pastori, promossa da Rete Appia, è proprio quella avviata in Casentino; prima era stata attivata in Piemonte, nel Cuneese. Mentre siamo in trattativa in Abruzzo e anche in Sardegna per farne partire delle altre.
È importante specificare che, prima di dar vita a Scuole di questo tipo, è essenziale fare una buona indagine del territorio in questione; non è possibile adottare un modello unico per tutta Italia, perché ogni Regione, ma ancor più ogni vallata ha le sue specificità, geografiche, ma anche sociali, tradizioni diverse; unico punto in comune la pecora. L’Abruzzo, ad esempio, si è distinto sempre perché ha consentito la conservazione di tantissime specie e il loro sviluppo. O la Sardegna che ha fatto della produzione di latte un punto di forza della sua economia, ottenendo grandi risultati. Tutte queste iniziative però hanno bisogno di essere consolidate, dando più certezze e strumenti alle nuove generazioni che vogliono intraprendere questo mestiere e questa vita.»
Quale è il vero ruolo delle istituzioni e degli enti casentinesi nel progetto della Scuola per Pastori? «Consideriamo il Casentino un fiore all’occhiello di questo progetto, perché proprio qui si è voluto riconoscere la pastorizia come elemento di protezione e tutela dell’ambiente. È importante infatti capire che gli Appennini, come le Alpi, si sono gradualmente trasformati in modo da creare un equilibrio ecologico, utile anche alla nostra sopravvivenza. Quell’equilibrio è frutto e conseguenza anche della presenza del patrimonio ovino sui territori; eliminando queste specie o comunque un settore come la pastorizia che punta a preservarle e riprodurle, si rischia di mettere in discussione ogni cosa… Per questo crediamo che al di là delle rivendicazioni su chi abbia fatto cosa, è importante favorire progetti come la Scuola per preservare questo importantissimo settore per l’ambiente e i territori che ci circondano.
Per questo siamo molto felici che il Parco abbia sposato la nostra causa; se puoi vuole mettere la sua bandierina a questo progetto per noi va bene, l’importante è che si facciano azioni concrete e che questa non sia solo “un’infatuazione” per l’intero settore o una sorta di pubblicità per il proprio ente o la propria associazione… Dobbiamo fornire ai giovani che vogliono davvero abbracciare la pastorizia gli strumenti giusti; la formazione in primis, ma anche dei piani economici e politici che gli permettano di sviluppare i loro mercati. Creare nuovi pastori è la base, il punto di partenza, una battaglia che combattiamo da anni come Rete Appia perché come detto manca quel fondamentale ricambio generazionale, ma poi occorre che possano vivere della pastorizia e dei loro prodotti e per farlo la società deve essere pronta a farglielo fare, sia a livello locale che nazionale.»
Tra i giovani quindi c’è davvero un interesse crescente per il mondo agricolo e anche per la pastorizia? «Non ho partecipato direttamente alle selezioni per la Scuola, ma so che ci sono state moltissime richieste, molte di più rispetto ai posti disponibili. Questo dato mi fa ben sperare e testimonia che tra i giovani c’è davvero il desiderio di ricostituire questo settore con le loro idee e le loro forze. Ma come ho già detto sta a noi e agli enti territoriali e nazionali dargli delle certezze, strumenti, strategie adeguate, politiche di mercato in grado di accogliere le loro produzioni. Che non sia solo un’esaltazione del momento, ribadisco, ma un serio tentativo di ridare al settore l’importanza che merita.»
Ringraziamo Nunzio e tutta Rete Appia per il lavoro svolto, ma soprattutto per la battaglia che portano avanti da anni; abbiamo capito l’importanza di un settore come la pastorizia che, forse, in molti, considerano marginale, ma che invece potrebbe essere trainante per territori come quello casentinese, montano e marginale.
Speriamo anche di aver reso giustizia a questa organizzazione spiegando a tutti i nostri lettori quanto sia stata fondamentale e decisiva nel dar vita alla Scuola per Pastori e di quanto ogni giorno faccia per far sì che un mestiere nobile e antico come la pastorizia non muoia per sempre…