di Gabriele Versari – “L’argento tondo compra tutto il mondo” è un proverbio con cui si intende sottolineare come il denaro (metaforicamente rappresentato dall’argento) sia un mezzo con cui si può acquisire tutto ciò che si desidera (il mondo). Sembrerebbe però che nel caso del giovane Francesco Maestrini, ventottenne residente a Bibbiena, il proverbiale aforisma sia stato preso alla lettera nella sua interezza. Sui suoi social è possibile prendere visione di alcune sue splendide opere (pagina Instagram “mr_gestalt_”).
Francesco si diletta infatti nella realizzazione di collane, bracciali e anelli artigianali in diversi materiali, prediligendo comunque l’argento. Andando con ordine e ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita, abbiamo sviscerato quella che è una passione ormai sconfinata, sintetizzabile in un unico imperativo: restituire alla natura ciò che ci ha regalato attraverso l’interiorizzazione di esperienze e conoscenze, lasciando un segno indelebile e quanto più longevo possibile.
«Mi è sempre piaciuto utilizzare la manualità come forma di espressione personale, partendo addirittura da quand’ero un alunno delle elementari. Ricordo che i miei genitori, nonostante non abbiano mai influenzato le mie scelte di vita e quindi anche i miei svaghi, in occasione di compleanni, cerimonie e festività mi regalavano i famosi giocattoli di costruzioni “Lego”. Sfruttavo le infinite possibilità che queste particolari tipologie di giochi mettono a disposizione per tramutare l’idea dell’oggetto o utensile di turno in qualcosa di concreto e tangibile. Amavo tutto ciò che richiedeva manualità e fantasia: anche il pongo, plastilina e la pasta di sale rientravano certamente tra i miei hobby preferiti. Lo stesso vale per il disegno artistico, altra dilezione dove potevo sfogare le mie ispirazioni e fantasie di fanciullo. Credo che quando siamo piccoli mostriamo in maniera inequivocabile le nostre predisposizioni, gli adulti dovrebbero essere eccellenti osservatori nel coglierle; di qui l’importanza di seguire i bambini nelle loro attività preferite senza svalutarle.
Dalle medie il mio cammino si è fatto più tortuoso. Non ero interessato allo studio e non sapevo verso quale strada condurre la mia vita né dove questa mi avrebbe portato. Ero in balia degli eventi, bocciai il mio primo anno di superiori, mentre frequentavo il liceo scientifico. Il fallimento mi portò a cambiare rotta, ma sempre con scarsi risultati e poche soddisfazioni personali. Decisi infatti di frequentare la scuola per geometri, riuscendo a diplomarmi ma comunque riscontrando grandi difficoltà. In quegli anni trovavo l’unica ispirazione nella filosofia, in particolare Nietzsche, e nel restauro di piccoli tavoli in legno che avevo in soffitta, dato che stavo iniziando ad appassionarmi all’antiquariato. Mi piaceva e mi piace tutt’ora l’idea di riesumare qualcosa che ha ormai esaurito la sua funzione e riportarlo all’uso, magari anche sotto una nuova veste, conferendogli una nuova utilità. Una volta diplomato si affacciarono davanti a me due strade: da un lato proseguire gli studi presso un’università privata IED (Istituto Europeo di Design), dall’altro tentare da subito di buttarmi a capo fitto nell’impervio mondo del lavoro.
Tentai il percorso occupazionale. Dopo alcune prime esperienze fallimentari, ma comunque utili per la mia formazione, decisi di cambiare rotta ed iscrivermi all’università, frequentando per un anno la facoltà di architettura. Qui scoprii la passione per la progettazione grazie ad un corso universitario omonimo: trasformare, tradurre un’idea, un concetto in una struttura fisica mi piaceva e tutt’ora è uno degli aspetti che preferisco della mia attività. Realizzavamo plastici di edifici attraverso lavori di gruppo con i miei colleghi, trasferendo ciò che avevo appreso in aula in un oggetto tangibile e concreto. Questo ciclo di assimilazione e manifestazione attraverso la creazione di modelli e oggetti, che poi saranno a loro volta fonte di conoscenza ed esempi di lavorazione per gli altri è sempre stato alla base di ogni mio lavoro ed è tutt’oggi la chiave della mia ispirazione. Anche se conclusi l’esperienza universitaria dopo solo pochi mesi, questa fu di fondamentale importanza per il mio cammino personale e professionale.
Decisi nuovamente di cercare lavoro, e qui ci fu la svolta: presso il centro dell’impiego mi fu detto della possibilità di frequentare un corso in oreficeria di 600 ore ad Arezzo. Colsi la palla al balzo, e mai scelta fu più azzeccata: dopo i primi mesi di frequenza, in cui ripresi a disegnare e appresi alcune nozioni teoriche, iniziammo il lavoro pratico, e di lì in poi fu amore a prima vista. Riuscivo a dar vita a ciò che avevo in testa con maestria quasi introiettiva, che stupiva anche il nostro docente di corso di nome Roberto Baragli, artigiano orafo di Sansepolcro con il quale sono ancora in contatto. Galvanizzato dalla varietà delle creazioni che era possibile partorire attraverso la messa in pratica delle tecniche orafe, presi furtivamente i vecchi cucchiai in argento di mia nonna e li fusi, per poi adoperare il metallo sbizzarrendomi e dando sfogo alla mia vena artistica. Con la fine del corso in oreficeria arrivò il 2020, l’anno della pandemia, e, contrariamente a quanto si possa pensare, fu un anno molto produttivo dal mio punto di vista. Iniziai a lavorare la cera, in particolare a scolpirla, apprendendo le tecniche da autodidatta. Tutt’oggi la lavorazione della cera è un’operazione fondamentale della mia attività, poiché dà forma ai modelli che creo. In contemporanea cominciai a curare anche il comparto fotografico, postando gli scatti su Instagram con l’aiuto di Federico Braccini (autore delle foto presenti in queste pagine, la sua pagina Instagram è “federicobraccini.photo”), da sempre mio amico.
L’anno successivo sono stato contattato da un ex compagna del corso di Arezzo che mi ha suggerito un’offerta di lavoro proposta da una ragazza ceca, artigiana orafa come il sottoscritto, chiamata Iva Mladenovova, la quale era in cerca di un collaboratore. Dopo aver superato la selezione dei colloqui, a settembre 2021 partii per la Repubblica Ceca, dove sono rimasto fino a luglio dell’anno scorso. Lavoravo insieme a Iva presso la gioielleria di sua proprietà, chiamata Secret Forest Jewerly. Ci dilettavamo principalmente nella produzione di anelli, fabbricandone 15/20 al giorno. Purtroppo, però, durante quell’esperienza scoprii che la Repubblica Ceca non è avanzata quanto l’Italia per ciò che concerne l’industria orafa: mancavano le fonderie le cui strumentazioni erano fondamentali a trasformare i miei lavori in cera in oggetti d’argento; dunque, a luglio di un anno fa, fui costretto a tornare.
Dopo il mio rientro in Italia avevo ormai le idee chiare: portare la mia passione ad un livello superiore tramutandola in un lavoro, mettendomi in proprio: decisi di dedicarmi ad apprendere nuove tecniche di scultura e di lavorazione del materiale, alimentando nuova creatività; di aumentare la produttività e ottimizzare i processi; di curare maggiormente la comunicazione, soprattutto quella social, per poi passare, in futuro, ad esporre i miei pezzi principali, con misure standard, in un vero e proprio e-commerce piuttosto che in un negozio fisico, vista la direzione in cui sta volgendo il mercato. Inoltre, un giorno vorrei fornire la possibilità ad un ipotetico cliente di acquistare su commissione, cioè un pezzo su misura specifico per la persona richiedente, personalizzato, con un costo ovviamente maggiorato. Punto a curare tutti questi aspetti da solo in modo da apprendere quelle “skill”, inerenti soprattutto all’ambito della comunicazione artistica (immagini e video), utili a ricoprire il ruolo di art director all’interno di un’azienda orafa, se non dovessi riuscire a portare avanti un progetto del tutto personale. Se si conoscono tutti i vari passaggi del proprio lavoro si comprendono anche le necessità dei vari reparti e degli addetti ai lavori; è importante avere dunque un quadro completo della propria attività, di qualunque essa si tratti.»
Francesco ci fa sapere la sua anche sulla questione dei potenziali giovani artigiani odierni. «Dal mio punto di vista ci sarà una riscoperta di questo mestiere, poiché l’industrializzazione renderà sempre più simili i prodotti commerciali e si tenderà maggiormente ad acquistare il pezzo artigianale, proprio per la sua unicità, preferita al “preconfezionamento”. In relazione anche al cambiamento climatico e alle tematiche ambientali, tanti giovani stanno riscoprendo l’arte del recupero e del lavoro manuale. Per adattarsi sono indispensabili fantasia e creatività! Nonostante le molteplici “strade sbagliate” intraprese lungo il mio percorso, credo che ognuna di esse sia servita ad aggiungere l’esperienza e la conoscenza che nutrono la mia persona odierna; una crescita interiore che non è costellata di inciampi o addirittura di fallimenti non può essere considerata tale, dato che questi sono necessari per capire la propria natura e per intraprendere la via che ci riporta a noi stessi. La mia visione del lavoro resta quella di trasformare le mie esperienze, positive e negative, in qualcosa che rimanga potenzialmente per sempre, di modo che, in generale, tutto sia legato nella vita».