di Mauro Meschini – Non occorreva assistere al triste spettacolo degli ultimi anni per capire che le tanto pubblicizzate fusioni sono assolutamente rifiutate dai politici casentinesi. Era già stato sufficiente quanto già accaduto in occasione del referendum per il Comune Unico del Casentino contro il quale la casta di casa nostra si è scagliata senza indugio. È bene ricordare ancora la vergogna di quei manifesti affissi nei paesi in cui si gridava di voler rimanere “padroni a casa nostra” e le tante assurdità che si andavano raccontando: “con il Comune Unico chiuderanno l’ospedale, le poste e non ci daranno più la pensione…”.
Abbiamo poi visto come è andata, il Punto Nascita è chiuso davvero, così come qualche ufficio postale, e non per colpa del Comune Unico, ma di chi si è fatto in quattro per impedire che nascesse, con l’unico obiettivo di mantenere il Casentino al servizio di un viceré e di un gruppo di vassalli ossequiosi. Dopo le elezioni del 2014 si è ricominciato a parlare di “semplificazione” amministrativa soprattutto per iniziativa dell’inedito trio formato da Paolo Agostini, Daniele Bernardini e Nicolò Caleri. Una semplificazione che doveva passare dalla creazione prima di quattro comuni, poi forse di due e quindi magari di uno…, ma presto si è visto che “i tre moschettieri” avrebbero fatto ben poca strada insieme. Caleri si è subito defilato, probabilmente troppo impegnato a indebitare il proprio comune con progetti per improbabili grandi opere; mentre Bernardini è sembrato prima condividere la “rivoluzione scozzese” lanciata dal primo cittadino di Castel San Niccolò, ma ha poi scelto altri compagni di viaggio per raggiungere una fusione tra Bibbiena e Ortignano Raggiolo a cui poi si è aggiunto, grazie alla incredibile mobilitazione dei cittadini, il Comune di Chiusi della Verna. Questo ha permesso, dopo la raccolta del numero delle firme necessarie nei tre comuni, di presentare il 15 gennaio 2016 in Regione una proposta di legge che prevede la nascita del Comune di Casentino La Verna. La proposta di fusione tra i tre comuni avrebbe finalmente permesso la nascita in Casentino di un comune con più di 15.000 abitanti che avrebbe profondamente cambiato gli equilibri in tutto il territorio.
Sicuramente anche per questo, c’è stata subito la reazione dell’apparato politico locale, teleguidato dall’alto, che ha portato alla nascita, praticamente dal nulla, di una ulteriore proposta di fusione tra Chiusi della Verna, Castel Focognano e Chitignano portata avanti dai tre Consigli comunali che, in pochi giorni, hanno presentato in Regione un’analoga proposta di fusione. Naturalmente è chiaro a tutti che l’unico motivo che ha spinto i sindaci di questi comuni a svegliarsi momentaneamente dal sonno è soltanto il boicottaggio dell’iniziativa dei cittadini, ma purtroppo in Regione hanno trovato solidi appoggi e questo è stato sufficiente per far sì che ormai da mesi di queste proposte non si parli più. Il tempo che passa è amico di chi vuole mantenere la situazione attuale, e magari pensionare il sindaco di Bibbiena che, essendo al secondo mandato, non avrà altri spazi politici da percorrere a meno che non decida per la mossa a sorpresa di candidarsi a Chiusi della Verna sperando che la sua lista confermi il primato all’ombra della torre del Tarlati… ma sono tutte fantasie che lasciano il tempo che trovano, soprattutto dopo le recenti posizioni assunte proprio dalla Giunta di Bibbiena sull’ospedale e sulla chiusura del Punto Nascita che hanno, in pratica, fatto rientrare nei ranghi quella che, almeno all’inizio, si sperava fosse una vera novità per il Comune più popoloso del Casentino e per l’intero territorio.
Ma torniamo alle fusioni perché, tra l’altro, l’entusiasmo dei sindaci nel seguire con sollecitudine quanto loro indicato dall’ideatore del progetto di fusione bis, li ha portati ad inserire nelle delibere fatte approvare nei rispettivi Consigli comunali anche motivazioni ed impegni a dir poco “curiosi”, come per esempio: “che l’esperienza “Unione dei comuni”, a seguito dell’evoluzione normativa nazionale e regionale che impone processi aggregativi in funzione del riordino e della semplificazione istituzionale segnatamente per i comuni obbligati all’esercizio associato delle funzioni fondamentali, si è rivelato essere un modello organizzativo poco funzionale rispetto all’esigenza di rispondere in modo celere ed efficace alle istanze locali in quanto lo svolgimento in associato delle funzioni fondamentali tra Comuni si sta dimostrando più complesso del previsto mentre lascia inalterato il peso politico dei piccoli enti”.
Non avremmo saputo descrivere meglio l’inutilità totale del “carrozzone”, ancora in vita solo perché “funzionale” agli interessi di qualche dirigente che al suo interno fa il bello e cattivo tempo, complicando anche il lavoro dei dipendenti, tanto che è veramente incredibile che nessuna organizzazione sindacale abbia ancora preso posizione sulla situazione che si vive all’interno del palazzo di Ponte a Poppi. In pratica si tratta di una stroncatura totale della loro creatura, dopo che per mesi hanno impedito a Paolo Agostini di ricoprire il ruolo a lui dovuto di Presidente dell’Unione solo perché era chiaro che molte cose, in modo a loro non gradito, sarebbero cambiate.
Ma oltre a questo c’è anche altro: “che il procedimento di fusione prevede lo svolgimento di un referendum consultivo fra le popolazioni coinvolte e che pertanto da questo momento i tre Enti avviano una fase più ampia del processo partecipativo tendente ad informare e coinvolgere in maniera attiva la popolazione delle comunità…”. Cioè, “fino ad ora non ne abbiamo parlato neppure al bar, ora ci hanno detto di farlo e scriviamo queste due righe, poi magari lo facciamo sapere a tutti”.
Insomma la conferma che si tratta di un’improvvisata, anche perché nessuno dei primi cittadini potrebbe allegare la lunga lista degli incontri e delle iniziative svolte per preparare una decisione così importante. Ma non si preoccupano certo di questo, sanno già che non se ne farà di niente, lo stallo politico che si è creato in Regione, a seguito della presentazione di queste due proposte alternative, è destinato a rimanere tale, la normativa non poteva certo prevedere una situazione così assurda e quindi l’unica via di uscita sarebbe il buon senso e la volontà di perseguire davvero la via per il bene del Casentino. Ma questo è tutto da vedere.
Però a questo punto ci chiediamo se questo territorio può davvero ancora aspettare che qualcuno decida di decidere per lui, se davvero si può ancora rimanere appesi al capriccio di questo o quello. Le fusioni; la nascita del Comune Unico, che anche questo giornale auspicava; non sono un fine, ma strumenti che possono aiutare a creare un contesto più efficiente e solido che permetta a questa terra di provare a risollevarsi dal baratro in cui viene fatta sprofondare.
Quanto diverso sarebbe potuto essere già oggi il presente e quante decisioni sarebbe state altre, se ci fosse stato un sistema amministrativo più forte e più strettamente vincolato alla volontà dei cittadini! Adesso abbiamo comuni troppo piccoli; una Unione su cui nessuno può decidere e in cui non sappiamo cosa succede; un sistema politico frammentato che non consente la creazione di luoghi di discussione, confronto, proposta che coinvolgano i cittadini. Per questa ragione riteniamo che sarebbe necessario, senza aspettare input dall’alto o lo sblocco di situazioni incancrenite, che il Casentino riprendesse in mano il suo destino, che gli uomini e le donne di questo territorio decidessero finalmente del loro futuro.
Ci sono imprenditori, artigiani, agricoltori, lavoratori, giovani, anziani, associazioni, Proloco e tanti altri ancora si possono aggiungere, che sono disposti a parlare seriamente di come organizzare questo territorio? Che sono disposti a ipotizzare insieme una struttura amministrativa, un progetto di sviluppo, un elenco di servizi irrinunciabili che devono caratterizzare il Casentino del domani? Se ci sono è questo il momento di farsi avanti, troppe aziende sono già chiuse, troppi servizi essenziali sono scomparsi o a rischio, troppi giovani fuggono da questa terra, ormai non c’è più tempo!
(tratto da CASENTINO2000 | n. 276 | Novembre 2016)