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mercoledì, 5 Febbraio 2025

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Giorno della Memoria: visita obbligatoria ad Auschwitz

di Giorgio Renzi – Nel gennaio 2009 per la prima volta sono andato ad Auschwitz con il treno della memoria organizzato dalla Regione Toscana. E’ stata per me una esperienza scioccante, una occasione di profonda riflessione. Oggi, nel clima di rinascita di rigurgiti neofascisti e neonazisti, credo che le visite ai campi di concentramento dovrebbero far parte dei programmi educativi di tutte le scuole. Niente più di una tal visita può far capire la degenerazione umana operata dal nazifascismo e la perversione delle leggi razziali. Tanto più nell’anniversario anche delle leggi razziali emanate dal governo fascista. Per questo mi sembra ancora attuale la riflessione che ho fatto al ritorno da quel viaggio e che ripropongo, anche per sottolineare come il negazionismo ed il giustificazionismo vengano da lontano e da più parti, senza che si siano attivati anticorpi adeguati.

Tornare da Auschwitz… diversi

Domenica 25 gennaio, poco dopo le 12, sono partito per Auschwitz, con il treno della memoria, organizzato (egregiamente, va detto) dalla Regione Toscana. Saluto ufficiale delle autorità e…tutti in treno, circa 700 persone, per lo più allievi delle scuole superiori toscane.

Era un’esperienza che volevo fare. Sono partito con uno stato d’animo strano, con un certo disagio, più inconscio che razionale. La sera prima avevo sentito al telegiornale che il Papa aveva riabilitato ed aveva tolto la scomunica ai seguaci di Lefebvre ed avevo ascoltato un intervista ad uno dei loro più importanti esponenti che, alla domanda del cronista “Lei crede che l’olocausto sia esistito”, rispondeva “diplomaticamente”: “non sono uno storico, quindi non posso esprimermi” .

In treno, nella stessa carrozza, incontro due signore, dall’aspetto naturalmente aristocratico, nel senso positivo del termine: affabili, riservate, disponibili, con gli occhi sereni, ma velati di malinconia, proprio di chi ha sofferto tanto ma si è ricostruito una vita. Ho chiesto chi erano, visto che erano ospiti. Erano le sorelle Andra e Tatiana Bucci, due delle sopravvissute ad Auschwitz-Birkenau. Accanto, un’altra signora, capelli biondi, occhi chiari, dall’aspetto più popolare, meno aristocratico, ma con lo stesso tipo di sguardo, con gli occhi che parlavano lo stesso linguaggio. Ho saputo che era Maria Rudolf, altra scampata dal lager, non perché ebrea, ma perché staffetta partigiana, a 17 anni.

Dovendo fare un lungo viaggio (almeno 18 ore di treno) ho cominciato a leggere i giornali. Pagine intere dedicata alla riabilitazione del lefebvriani, dichiarazioni dei loro rappresentanti sulla inesistenza della shoa, distinzioni bizantine delle autorità vaticane per giustificare la scelta, direi la gaffe, se non altro per i tempi. Senza volerlo, un po’ istintivamente ho commentato: ma proprio un papa tedesco, nel giorno della memoria, doveva riabilitare chi nega l’evidenza della storia, dei fatti?!

Quegli articoli, quelle dichiarazioni lette (sconvolgente quella del vescovo Richard Williamson «neppure un ebreo è stato ucciso nelle camere a gas») avendo accanto i testimoni viventi della tragedia, aumentavano il mio disagio, che diventava sempre più rabbia, sconcerto.

Con questo stato d’animo sono arrivato a Birkenau, prima tappa del nostro pellegrinaggio.

In un freddo che “pelava” abbiamo percorso chilometri tra resti di forni crematori, baracche con le diverse funzioni e gradi di sofferenza, ognuna testimone di una tipo di depravazione dell’umanità al massimo della sua diabolica efficienza. La nostra guida snocciolava i dati dei morti, le cremazioni giornaliere, le camere di gassificazione, l’ossessione progressiva dei tedeschi per aumentare la quantità dei detenuti da cremare, le varie forme di tortura fisica e psichica.

Stessa scena, con ulteriori testimonianze, anche visive, il giorno dopo, ad Auschwitz 1, dove, nelle baracche già caserme dell’esercito polacco, i nazisti avevano dato avvio al loro progetto di sterminio di ebrei, omosessuali, zingari, oppositori politici.

Confesso, lì per lì, in questo girovagare per i luoghi della disumanità, mi sembrava più di assistere ad un film che a qualcosa di reale, facevo fatica ad immedesimarmi i n quella situazione, quasi una inconscia resistenza a credere. Il problema è arrivato dopo, la sera, la notte ed i giorni seguenti. Quei luoghi, quelle cifre, quelle vicende, quei volti immortalati nelle foto e quelli in carne ed ossa dei testimoni ancora in vita, hanno continuato a rullare nella mia testa, a crearmi uno stato di angoscia. Mi sono reso conto che nessun libro di storia, nessuna testimonianza scritta poteva suscitare quelle sensazioni che la vista dei luoghi (e delle persone) può suscitare, anche in chi si è sempre impegnato contro ogni forma di razzismo, di fanatismo, a difesa dei valori dell’antifascismo.

In treno ho completato la lettura delle memorie delle sorelle Bucci raccolte da Titti Marone (“Meglio non sapere”, ed. Laterza), e di quelle di Maria Rudolf, raccolte da Gabriella Nocentini (“Tutto questo va detto”, ed. Nuova dimensione). Due volumi che ci completano il quadro della barbarie e che uniscono il lager alle cliniche degli orrori del dr. Mengele e del dr. Heissmeyer, dove i bambini venivano utilizzati per strampalati esperimenti scientifici, con sofferenze disumane, peggio che se fossero bestie.

Son tornato in Italia; leggo ancora sui giornali altre dichiarazioni dei negazionisti!

Arrivo a casa a Bibbiena, trovo nella posta tutti i depliant dei candidati alle primarie del PD al Comune di Bibbiena ed alla Provincia. Bei colori, grandi dichiarazioni di intento, idee programmatiche ecc.ecc. Non una parola sui valori della Resistenza, dell’antifascismo. Non una dichiarazione dei candidati, in occasione del giorno della memoria per ribadire un impegno morale prima ancora che politico. In Casentino non una iniziativa pubblica di rilievo (eppure sono tutte amministrazioni di centrosinistra, tutti sindaci del PD)

La sera, tra il sonno della stanchezza, seguo qualche spezzone di Anno Zero, sul problema degli immigrati a Lampedusa. Ascolto dichiarazioni di eminenti politici, sul problema della “accoglienza“ degli immigrati, che, ancora sotto l’incubo di Auschwitz, mi fa venire i brividi. La mattina dopo un servizio, sempre alla RAI, sulle cliniche degli orrori in diverse parti del mondo (India, Africa), in cui si seviziano e si uccidono bambini per venderne gli organi.

Mi domando: siamo nel 2009 o nel 1945 alle cliniche del dr. Heissmeyer o del dr. Mengele?

Sul blog di CASENTINO2000, leggo tra i vari commenti, quello di un certo Anselmo che vorrebbe spiegare, utilizzando la tragedia di Gaza, perché non “ama” Israele e la guerra sionista. E mi vengono ancora i brividi!

Intanto in Italia i partiti, almeno quelli che sono in Parlamento, anche quelli cosiddetti riformisti o progressisti, parlano di leggi elettorali con sbarramento, di semplificazione del quadro politico (o della democrazia?), di autorità,di governabilità, di sicurezza, di esercito nelle strade, di leggi severe, di modifiche della Costituzione, di pacificazione, di memorie condivise!

Per favore: una seduta del parlamento, e del governo, ad Auschwitz-Birkenau!

Tornerete diversi.

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