di Sefora Giovannetti – Oggi incontriamo con grande piacere la professoressa Giovanna Madiai, insegnante di Scienze Umane presso il Liceo di Poppi con lei esploreremo il mondo dell’insegnamento da tutti spesso dibattuto, ma non sempre conosciuto.
Professoressa secondo lei quali caratteristiche dovrebbe avere un buon docente? «Un buon insegnante dovrebbe avere la capacità di destare curiosità, dovrebbe indurre i ragazzi a imparare, non solo nel periodo del liceo, ma per tutta la vita. Insomma dovrebbe essere capace di creare un habitus mentale attraverso cui ogni ragazzo sia capace di «autoeducarsi» in ogni circostanza che gli si presenta. Dovrebbe fornire una formazione, non solo culturale, ma integrale, sui valori della democrazia, della collaborazione, della sensibilità e della bellezza».
Lei nota delle differenze tra le prime classi che ha avuto e quelle di adesso? «Per quanto riguarda l’approccio dell’insegnante con la classe, potrei dire che adesso al docente vengono richieste cose diverse, come la cura di una parte burocratica, che prima era più leggera. Per quanto riguarda gli alunni il loro comportamento è pressoché il medesimo, forse è cambiato il ruolo delle famiglie, che prima collaboravano positivamente, invece adesso, sempre più spesso, si atteggiano in modo più invadente, tendendo a perdere l’oggettività nei confronti del figlio».
Se potesse cambiare degli elementi che costituiscono la struttura scolastica, cosa cambierebbe? «Forse la scuola dovrebbe tornare alle conoscenze, perché non vorrei che queste, con il tempo, vengano messe troppo in secondo piano. Vorrei, più che togliere qualcosa, modificarla in modo tale che gli alunni vengano in classe con piacere».
Prendo spunto dalla sua risposta per approfondire, invece, un’altra questione e cioè: cos’è che le piace della scuola? «A me della scuola piace l’obiettivo che ha da sempre, formare quelli che saranno i protagonisti della società di domani, vedo la scuola come una grande risorsa».
Cos’è che ogni anno la colpisce dei ragazzi? «Sicuramente negli ultimi anni direi, senza girarci tanto intorno, la simbiosi con il cellulare, l’appartenenza evidente ai social. La scuola ha dovuto addirittura intervenire, prevedendo sanzioni a riguardo. Sembra che l’adolescente medio non riesca a fare a meno dei dispositivi che sembrano delle appendici di questi giovani. Il fenomeno un po’ mi inquieta, in quanto sembra che la vita venga scissa tra reale e virtuale, penso che un tale fenomeno possa creare una certa confusione».
Che consiglio darebbe ad una/un giovane insegnante alle prime armi? «Anzitutto gli direi di avere una buona formazione, buone competenze e di essere autorevole. Deve porre delle regole essenziali nel rapporto con gli alunni, che non deve essere paritario. Gli direi di essere di sostegno ai propri discenti, cercare di renderli più forti e strutturati. In generale gli consiglierei di prendersi cura di loro».
Lei sicuramente ha conosciuto tanti ragazzi, le è rimasta nel cuore qualche storia? «Ho modo di rivedere molto spesso i miei alunni, vedo con piacere che mettono su famiglia, mi capita di rivedere i loro figli. Particolari storie che ricordo sono quelle di ragazzi che hanno avuto storie purtroppo tristi».
Esiste un argomento specifico che lei ha particolarmente a cuore e che ama insegnare più di altri? «Si, a me piace parlare di sociologi, pedagogisti, o movimenti che hanno cambiato un po’ il mondo. Mi piacciono i personaggi coraggiosi, pensiamo a don Lorenzo Milani, ma anche al periodo del ‘68. In sostanza amo parlare di come nel mondo avvengano e siano avvenuti eventi che hanno mutato, anche radicalmente, le strutture sociali e di come questi siano stati promossi da personaggi non sempre apprezzati all’epoca, ma che sono stati recuperati solo in un secondo momento».
Perche la società di oggi non può fare a meno dell’insegnate? «Perché se non ci fosse mancherebbe all’individuo una formazione formale. Certo fondamentali sono i gruppi sportivi, le attività ricreative di ogni genere, ma questi non possono sostituirsi al ruolo della scuola e dell’insegnante».
Se tornasse indietro farebbe di nuovo questa scelta? Farebbe sempre l’insegnante? «Assolutamente si!».
SCUOLA SOCIETA’ sognando futuri possibili è una rubrica di Sefora Giovannetti e Mauro Meschini