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sabato, 19 Aprile 2025

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Gli Amanti di Piazza Tarlati. Puntata 1

Genesi di un amore. Le assi del palcoscenico. Lei entrò in scena insieme a lui. Si scambiarono uno sguardo e con un breve cenno del mento riprese la recitazione:
LEI Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri?
LUI Con un nome non so dirti chi sono: il mio nome, sacra creatura, mi è odioso in quanto tuo nemico. L’avessi qui scritto, strapperei la parola.
LEI Ancora le mie orecchie non hanno bevuto cento parole della tua voce, e già ne riconoscono il suono. Non sei tu Romeo, un Montecchi?
LUI Né Romeo né Montecchi, amor mio, se ti dispiacciono.
LEI Dimmi come sei arrivato qui, e perché? I muri del giardino sono alti, difficili da scalare, e questo posto, col nome che porti, significa morte per te, se mai ti trovassero.
LUI Sulle ali leggere dell’amore ho superato queste mura: non ci sono limiti di pietra che possano impedire il passo all’amore, e ciò che l’amore può fare, l’amore ossa tentarlo. Ecco perché i tuoi parenti non mi possono fermare.
LEI Se ti vedono ti uccideranno.
LUI Ahimè, c’è più pericolo nei tuoi occhi che in venti delle loro spade. Guardami con dolcezza e sarò corazzato contro il loro odio.
LEI Per tutto il mondo, non vorrei ti vedessero qui.
LUI Ho il mantello della notte per nascondermi ai loro occhi, ma se tu non mi ami, lascia pure che mi trovino qui. Preferirei che la mia vita finisse per il loro odio che prorogare la morte senza il tuo amore…”
– Bravi!!! Bravi!!! Braviiii!!!
Gli applausi scrosciarono fragorosi al teatro Dovizi quando finì il secondo atto. Era la terza rappresentazione della rivisitazione del dramma di Shakespeare che la locale compagnia stava mettendo in scena in quel periodo.
Il sipario si chiuse e gli attori sparirono dietro le quinte giusto il tempo di cambiarsi e ripassare mentalmente le battute prima di rientrare in scena.
– Sei bravissima anche stasera, disse Paride.
– Grazie anche tu mi sembri molto ispirato, rispose Elena.
– Ci avrà fatto bene aver ripassato insieme la parte, precisò l’attore.
– Si, lo penso anche io, confermò la donna.
I due condividevano la passione per la recitazione ma il tempo per studiare non era facile da trovare perciò, talvolta sfruttavano la pausa pranzo oppure si trattenevano di più allo studio.
Questo si trovava nel centro storico di Bibbiena, nei pressi del Podestà, la nota caffetteria.
Certe giornate era Franca, la titolare, ad ascoltare brani di Ibsen, Strindberg, oppure del teatro popolare mentre consumavano un toast.
Si stava sistemando le calze quando alzò gli occhi incontrando quelli di Paride, che, inequivocabilmente, erano stati catturati da quel gesto seducente.
Lo sguardo di Elena lo fulminò. Con un movimento repentino buttò giù la gonna e scattò verso di lui, mescolandosi nell’andirivieni concitato dietro le quinte.
Quando gli fu vicinissima però, le sue labbra abbozzarono un sorriso con una nota di malizia che lo atterrò.
Anche quella sera la commedia fu un successo e, come di consueto, a fine spettacolo si apprestavano ad andare al ristorante.
Avevano i tavoli prenotati alla Tavernetta ma quando fu il momento di andare i coniugi dei due teatranti preferirono rientrare a casa.
Lui guardò lei ed entrambi sorrisero luminosamente.
Ci fu solo un accenno formale di insistenza:
– Perché non vieni anche tu? Chiese Paride alla moglie Lucia.
– No dai io sono stanca, torno a casa dai ragazzi.

A parti invertite, nell’altra coppia, il copione propose battute analoghe:
– Andiamo? Disse la donna con la gonna.
– E’ tardi per me lo sai. Affermò il marito Rinaldo.
Fin troppo facile essere contenti per due che già sapevano di piacersi, nonostante non osassero confessarlo neppure a loro stessi.

Le leve del tempo La sera profuma d’autunno nella piazza carezzata da una falce di luna.
I palazzi del borgo hanno le finestre illuminate. Sono rimaste poche persone in giro; è quasi ora di cena.
La notte, lentamente, prende possesso di tutte le cose.
Le luci si spengono. Nello studio vuoto, una resta accesa.
È un vetro ruvido su cui stanno scaglie d’argento che scintillano.
In principio non si può comprendere da dove prendano energia, anche osservando quella particolarità che sembra anticipare il Natale.
Ma riflettendoci sopra si può capire quello che accade nell’aria.
Forse, prima di chiudere, due amanti si sono scambiati sguardi furtivi di passione ed un poco di quel sentimento è restato nell’aria.
Deve essere rimasto sospeso per un attimo, prima di aggrapparsi a quel vetro.
Avrebbe voluto seguire i due innamorati ma non ha potuto: sono clandestini.
I loro occhi si sono cercati tutto il giorno in mezzo ad altri.
Da sopra il monitor del computer, l’iride di Elena ha incrociato le pupille dilatate di Paride senza un attimo di pace.
– La relazione è finita? Chiede un collega.
– Si, quasi – risponde l’altro – che neppure l’ha iniziata.
I loro cervelli hanno emesso vibrazioni talmente forti da far impazzire gli elettroni.
Questi, a loro volta, hanno prodotto una nuvola d’energia così intensa da creare quelle scaglie luminose.

I due cuori si sono desiderati continuamente, ripensando a quando si erano presi nell’androne del palazzo, una notte.
Quella era stata la prima volta.
Si erano ritrovati con la scusa del lavoro ma non avevano fatto in tempo a raggiungere l’ufficio.
Lui l’aveva afferrata per i capelli baciandola con violenza.
Lei gli aveva strappato la camicia, facendo saltare tutti i bottoni, per leccare il suo ventre.
Poi l’uomo l’aveva sollevata contro la parete, aprendole le gambe per possederla.
Nella foga erano scivolati sul piantito ed avevano continuato a farlo quasi senza spogliarsi.
Erano restati così, ansimanti e sudati, fino a che la donna non era risalita sopra il suo bacino per ricominciare da capo.
Il fuoco era durato fino a notte fonda.
Lui, rientrando a casa, aveva bruciato la camicia prima di lavarsi il viso ed il petto.
Ma l’odore della pelle era divenuto indelebile. Egli l’aveva respirato come fosse ossigeno.
Da quel momento il loro tempo era divenuto uguale ad infinito.
Quel vetro è d’argento e non d’oro perché è la luna a compiacersi degli amanti e non il sole.
Da quella sera iniziarono le notti bianche. Il petto gli scoppiava dall’emozione. Per un paio d’ore si rigirò nel letto ma non ce la fece a prendere sonno. Guardò un attimo la moglie addormentata. Poi mise la testa dentro la camera dei ragazzi. Nessun senso di colpa. Sudato ed ansimante, ancora ubriaco d’amore e di sessualità, prese la rincorsa e con un balzo si lanciò fuori dal balcone. Sfiorò la farmacia ed il market fino quasi a schiantarsi. Poi puntò dritto verso la ciminiera del tannino fermandosi sulla cima. Aveva gli occhi lucidi e l’anima sorridente mentre guardava le luci del paese addormentato. Quindi si rimise in volo infilandosi dentro i borghi del centro come una freccia incendiaria. Finalmente sbucò nella piazza che lo aveva reso pazzo. Fece uno, due, tre giri radenti le mura dei palazzi, soffermandosi sospeso davanti alle scaglie d’argento della loro finestra. Infine fece una virata secca ed arrivò sulla torre dell’orologio. Da lassù, senza emettere un decibel, gridò il suo amore a tutta Bibbiena.

(Fine puntata 1)

Marco Roselli, Gli Amanti di Piazza Tarlati, Fruska

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