di Francesco Meola – Si fa sempre più cupo il futuro della HSG di Castel San Niccolò. La nota azienda tessile, rinomata per la sua eccellenza nella produzione di filati di alta qualità, sta attraversando un periodo di grande incertezza e nonostante la solidità economica e la capacità di mantenere nel tempo la produzione senza mai ricorrere ad ammortizzatori sociali, questa volta sembrerebbe correre il rischio di chiudere definitivamente.
In seguito all’asta tenutasi lo scorso 28 dicembre, infatti, lo stabilimento e le attività dell’azienda sono state assegnate a un’altra impresa, la Toro Wood Invest Hdp Srl, operante nel settore dei combustibili, dalla quale non sono giunte rassicurazioni sul prosieguo dell’attività. Una situazione che ha subito allarmato i 14 dipendenti della HSG, sempre più preoccupati per il loro futuro. Ma come si è arrivati a tutto questo? Ce lo spiega il responsabile della produzione, Giovanni Vignali, un tempo a capo dell’attuale HSG.
Ripercorriamo le tappe più importanti della vostra azienda. Come si è evoluta nel tempo? «L’azienda è nata con i miei genitori nel 1963 con il nome di Tessitura Vignali e ha avuto una produzione conto terzi fino al 2000. A partire da quell’anno, la società si è progressivamente evoluta e da azienda artigianale quale era, l’abbiamo trasformata in una società a responsabilità limitata entrando nei quadri societari sia io che mio fratello. Di pari passo alla nuova strutturazione societaria, vi è stato anche un notevole sviluppo industriale e da semplici contoterzisti, siamo divenuti produttori di greggi fino al 2011. Con il trascorrere del tempo siamo arrivati ad avere anche una linea di produzione destinata alla produzione del tessuto finito, per toccare l’apice nel 2015 attraverso un processo di internazionalizzazione che ha spinto il nostro mercato in Paesi quali l’Inghilterra, la Spagna, gli Stati Uniti e la Corea».
Non sono ovviamente mancati anche i momenti difficili, come quello vissuto nel 2015…
«Sì, nel 2015 abbiamo dovuto misurarci con quello che forse resta il momento più difficile della nostra storia, escludendo ovviamente questi ultimi mesi. All’epoca subimmo infatti una grossa perdita su crediti inerenti a un cliente importante che era fallito causandoci un danno di quasi un milione e mezzo di euro. In seguito a questo avvenimento, fummo chiamati ad aprire una procedura di concordato in continuità che, almeno fino all’arrivo del Covid, non ci creò grossi problemi. Con la pandemia, però, la presenza del concordato ci ha impedito di accedere a qualsiasi forma di ristoro pubblico e se a questo si aggiunge lo stop forzato delle attività per circa cinque mesi, si comprende come la nostra situazione finanziaria si sia ulteriormente appesantita».
Nonostante tutto siete riusciti a risollevarvi… «Si, sebbene la situazione non fosse delle migliori il lavoro non ci è mai mancato e infatti abbiamo trovato nella HSG di Brescia un’azienda solida che ci consentisse di portare avanti la nostra attività. Questa società, all’epoca, presentò una prima offerta d’acquisto al tribunale che però, non si sa per quale motivo, fu respinta; proposta, tra l’altro, piuttosto importante, dato che la cifra si aggirava intorno ai 2.200.000 euro. Visto il diniego del tribunale, si optò così per un affitto d’azienda da parte dell’HSG a Tessitura Vignali. In questo modo l’HSG si faceva carico di tutti i nostri dipendenti e il debito di quest’ultimi veniva eliminato da quello della procedura di concordato. La durata dell’affitto d’azienda era stata stabilita in tre anni, da maggio del 2022 a maggio di quest’anno. Stipulato l’accordo di fitto, furono portati i libri in tribunale e la Tessitura Vignali fu dichiarata ufficialmente fallita continuando così a lavorare mediante l’affitto d’azienda. Fortunatamente i numeri ci hanno sempre aiutato e infatti, nonostante tutto, l’azienda ha continuato a far registrare degli utili piuttosto significativi. A testimonianza di tutto questo, a luglio dello scorso anno, c’è stato un incontro nei nostri uffici tra la CGIL, la curatrice fallimentare e i rappresentanti della HSG: una riunione resasi necessaria dal momento che, avvicinandosi la fine dell’affitto, il sindacato voleva garanzie sul futuro dell’azienda e dei lavoratori. In quella sede, quindi, si raggiunse un accordo con il quale la HSG si impegnava a realizzare formalmente un’offerta inderogabile d’acquisto per un importo pari a 1.130.000 euro; una proposta che la curatrice fallimentare, dott.ssa Passerotti, sembrò salutare di buon grado ma quando tutto lasciava presagire una risoluzione definitiva del problema, qualcosa non deve essere andata nel verso giusto».
A cosa si riferisce? «Al fatto che nella procedura d’asta, per chi acquistava, non è stato posto nessun vincolo di garanzia sulla continuità aziendale, cosa alquanto insolita per un’azienda della nostra tipologia al punto che ancora oggi non ci è chiaro il motivo di questa decisione. Siamo stati messi in vendita senza alcuna considerazione per quanto concerne il nostro capitale umano, mentre il valore dell’azienda dipendeva anche dal fatto che aveva continuato a operare proprio grazie al contributo dei suoi dipendenti».
E adesso cosa succederà? «Al momento, purtroppo, l’unica certezza è che dal 6 maggio subentrerà il nuovo acquirente, rappresentato dalla Toro Wood, un’azienda di Stia. Un soggetto probabilmente mosso dal puro interesse immobiliare, magari allettato dalla possibilità di aggiudicarsi a un prezzo vantaggioso un manufatto con dei macchinari al suo interno facilmente rivendibili. Inoltre, mi sembra strano che la curatela non abbia preso in considerazione l’esiguo ‘spessore economico’ dell’acquirente, il cui ultimo fatturato reperibile (al 2023) è di appena 97.000 euro. La speranza, comunque, è che ci sia ancora il tempo per trovare una soluzione che salvaguardi la nostra azienda e i suoi dipendenti ma affinché ci si possa riuscire, è necessario che tutti gli attori in gioco utilizzino un’adeguata dose di buon senso. In particolare, mi aspetto che l’amministratore delegato della Toro Wood, Tommaso Francalanci, si faccia finalmente vivo, considerato che, da quando si è aggiudicato l’asta lo scorso novembre, non abbiamo avuto ancora modo di parlarci. Né tanto meno si è messo in contatto con il sindacato o i lavoratori, i quali attualmente non hanno nessuna certezza su quello che sarà il loro futuro. L’unico che ha avuto modo di dialogare con questo soggetto è il Prefetto di Arezzo, al quale avrebbe confermato di essere interessato al nostro immobile ma soltanto per trasformarlo in un luogo di stoccaggio. Ora, non so a voi, ma personalmente mi sembra strano che qualcuno interessato a un capannone da destinare a magazzino punti su un’azienda sapendo di doversi fare carico delle maestranze e di quanto si trova al suo interno. Non sarebbe stato più semplice acquistare una struttura vuota? Perché proprio noi? Non dimentichiamo che questa persona ha investito qualcosa come 1.500.000 di euro quando con una cifra, forse anche inferiore, poteva costruirsi un capannone ex novo. Una cosa è certa, ci adopereremo fino all’ultimo giorno disponibile per cercare di salvare la nostra azienda che è stata, e avrebbe tutte le carte in regola per continuare a esserlo, un’impresa tra le più importanti nel panorama tessile nazionale. Non dimentichiamoci che ci sono stati tempi in cui, oltre a quella di Castel San Niccolò, avevamo un’altra azienda anche a Prato, per un fatturato complessivo di oltre 16.000.000 di euro e circa 40 dipendenti a libro paga. Numeri importanti che soltanto la procedura di concordato era riuscita a intaccare ma avevamo già pronti dei progetti industriali per ringrandire l’attività una volta ultimato l’acquisto da parte della HSG».
Quindi HSG avrebbe addirittura le carte in regola per un progetto ancor più ambizioso? «Esattamente, ecco perché c’è tanto rammarico per quanto stiamo vivendo. Non siamo un’azienda in crisi, anzi. Non soltanto il lavoro non ci è mai mancato ma continua a esserci e potenzialmente potrebbe svilupparsi ulteriormente. Allo stato attuale, però, al 6 di maggio, sia i dipendenti che i macchinari passeranno alla Toro Wood e pertanto si rischia l’anno zero. Per questo la CGIL ha chiesto un consiglio comunale aperto che si terrà il prossimo 15 marzo (lo scorso per chi legge, n.d.r.) alla presenza di tutti i sindaci del Casentino e del Prefetto ma non so se potrà essere determinante».
Qual è la cosa che più la infastidisce di tutta questa vicenda? «Il dispiacere principale è che sia stata proprio un’altra azienda del territorio a farci uno sgarbo del genere. Non me lo sarei mai aspettato e vi posso assicurare che non sono pochi gli imprenditori della vallata con i quali mi sono confrontato che, nonostante fossero stati nella possibilità di farlo, mi hanno riferito di non essersela sentiti di acquistare un’azienda con tutti i suoi dipendenti per poi chiuderla».
Nonostante tutto ci pare di capire che continua a mantenere un minimo di ottimismo… «Per quanto possibile sì, anche se trovare le parole giuste per descrivere lo stato d’animo che stiamo vivendo non è semplice. Ciononostante, penso che ad oggi ci siano ancora gli strumenti per poter riportare la situazione a quella di qualche tempo fa; resta soltanto da capire se vi sia la volontà di farlo, dal momento che il comportamento di chi si è aggiudicato l’asta lascia pensare ben altro. Ad ogni modo l’HSG ha dimostrato di essere ancora disponibile a sostenerci. Anzi, come dicevo pocanzi, è pronta laddove le venga data la possibilità, a compiere ulteriori investimenti».
Ma come accennavamo prima, la possibilità di una chiusura imminente ha sollevato timori e domande anche tra gli operai. Ne abbiamo pertanto avvicinato alcuni per comprendere meglio il loro stato d’animo, le preoccupazioni che li affliggono, ma anche per ascoltarne speranze e richieste.
Il primo a parlare con noi è Mohamed, lavora qui dal 2007, fa il meccanico e stenta a contenere il proprio dolore per quanto sta accadendo: “Da quando c’è stato questo passaggio di proprietà non riesco più a dormire pensando che non si sa ancora quale sarà il nostro futuro. Delle volte mi domando: “Che faccio, mi metto da subito a cercare altro?”. Con questo stato d’animo mi diventa difficile anche continuare a lavorare con la giusta concentrazione. Sono davvero arrabbiato, che ci diano risposte certe…”.
A seguire, Samuele Ferrini, dispositore tessile in azienda dal 2015: “Il mio compito è quello di organizzare il lavoro secondo i tempi delle consegne e del controllo qualità. Spero che con l’intervento delle istituzioni ed eventuali ricorsi, si riesca in qualche modo a sbrogliare questa faccenda anche perché è paradossale che un’azienda in salute come la nostra debba chiudere i battenti. A differenza del collega che mi ha preceduto non voglio essere pessimista ma sono consapevole delle difficoltà del caso”.
L’ultimo a intervenire è Andrea Renzetti, anch’egli meccanico e da diverso tempo in servizio nello stabilimento: “Le sensazioni non sono tanto positive ma, ciononostante, voglio continuare a sperare che la situazione si possa risolvere. Personalmente, quello che mi lascia particolarmente perplesso, è il fatto che nessuno tra giudice e curatore fallimentare si sia preoccupato che la proprietà del capannone e i nostri contratti venissero trasferiti a un soggetto che non ha intenzione di proseguire nell’attuale attività. Io invece penso che alla base di un’operazione del genere ci dovrebbe essere un progetto industriale. Al di là di quello che dice la legge, infatti, mi sembra assurdo dare la possibilità a qualcuno di acquistare un’azienda all’asta mandando tutti noi allo sbaraglio”.
Ma mentre sta concludendo il suo pensiero, il collega Ferrini lo interrompe per aggiungere altri importanti dettagli rispetto a una vicenda che suscita numerosi dubbi: “Ancora adesso non capisco per quale motivo, prima del fallimento, la proposta di HSG per un ramo d’affitto d’azienda di tre anni, sia stata rifiutata. Perché non è stato imposto un vincolo di continuità per il potenziale acquirente? In questi tre anni di ramo d’affitto d’azienda abbiamo ampiamente dimostrato di essere un’azienda affidabile; non è un caso se veniamo da tre anni di utili nei quali non si è fatto neanche un giorno di cassa integrazione quando in giro, oramai, sono più le aziende che chiudono che quelle che aprono. In ogni caso noi non molliamo. Innanzitutto, avremo un altro incontro con il Prefetto (previsto per giovedì 20 marzo, ndr), sperando si presenti, poi spingeremo anche in consiglio comunale affinché la politica locale apra gli occhi a questo signore o trovi lui stesso, a prescindere dall’intervento del pubblico, delle soluzioni. Anche se si dovesse provvedere a un allungamento del contratto d’affitto disponendo lo spostamento dell’azienda in un altro capannone, andrebbe fatto tutto in tempi ristrettissimi, dal momento che, per ragioni tecniche, spostare altrove un’azienda come la nostra richiederebbe tanto tempo. E oggi giorno, per com’è il mercato attuale, non è facile trovare un cliente disposto ad aspettare i tempi di cui necessiteremmo. In ogni caso abbiamo un bel po’ di dubbi su come si sono sviluppate le vicende che hanno portato all’aggiudicazione da parte della Toro Wood. In tanti di noi, ad esempio, ci chiediamo perché questo signore abbia rilanciato più volte per assicurarsi un’azienda soltanto con l’intento di svuotarla. Perché ad oggi, checché se ne dica, queste sembrano essere le intenzioni…”.