di Elisa Fioriti – «Un mattino, aspettando il tram che lo portava alla ditta Sbav dov’era uomo di fatica, notò qualcosa d’insolito presso la fermata, nella striscia di terra sterile e incrostata che segue l’alberatura del viale: in certi punti, al ceppo degli alberi, sembrava si gonfiassero bernoccoli che qua e là s’aprivano e lasciavano affiorare tondeggianti corpi sotterranei. Si chinò a legarsi le scarpe e guardò meglio: erano funghi, veri funghi, che stavano spuntando proprio nel cuore della città! A Marcovaldo parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse tutt’a un tratto generoso di ricchezze nascoste, e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga oraria del salario contrattuale, la contingenza, gli assegni familiari e il caropane».
Non è poi così difficile da comprendere, né da condividere, quella nostalgia del mondo della natura, lontano, troppo a volte, dal nostro vivere quotidiano in un contesto moderno e per lo più urbano, che scuote l’animo del magazziniere Marcovaldo, protagonista d’intramontabili racconti firmati da Italo Calvino. Come questo, ad esempio, in cui Marcovaldo s’illude di trovare nella sua città un angolo di paradiso terrestre, disseminato di funghi a volontà…
E pensare che le belle foreste del Casentino pullulano di questi e altri tesori naturali: proviamo a guardare con occhi nuovi, guidati da Paolo Raggioli, un grande appassionato del bosco.
Come è nata la sua passione? «Ho sempre amato rifugiarmi nella pace del bosco. E da quando sono andato in pensione, tornando in Casentino, dopo aver trascorso una ventina d’anni a Lucca, dove mi ero trasferito per lavoro, ho preso l’abitudine di trascorrerci buona parte delle mie giornate, quei momenti in cui sono libero dagli altri impegni, famigliari e sociali, della vita quotidiana: oltre a essere un volontario della Croce Rossa, infatti, ho ben cinque nipoti, benché alcuni a Lucca».
Chissà che non si trasmetta pure a loro questa passione? «Be’, un mio nipote che vive a Lucca credo l’abbia già ereditata: ora ha dodici anni, ma fin da ragazzino, le volte in cui con la famiglia veniva in Casentino a trovarmi, specie in estate, non mancava di accompagnarmi nelle mie passeggiate nelle foreste del Parco, in cerca di un contatto più stretto con la natura… e magari di un po’ di funghi! Soltanto insieme a lui però, altrimenti vado da solo. Evito anche di andarci la mattina presto presto, per non incontrare troppe persone. Di solito parto dopo le dieci, con calma: un panino, acqua, frutta e così arrivo a sera».
Perché preferisce non avere compagnia? «È la compagnia delle creature del bosco, animali e piante, ciò di cui sento fondamentalmente il bisogno. In solitudine, riesco a godere appieno dei colori, dei profumi che segnano le diverse stagioni della foresta: una parentesi fuori dal tran tran cittadino, dai suoi ritmi concitati e veloci, dagli abituali frastuoni. Che meraviglia concedersi un po’ del silenzio che regna nei boschi, con la vita in natura in sottofondo! Non esiste concerto più dolce e armonico».
È in questa stagione, ideale per i cercatori di funghi, che concentra le sue uscite nel bosco? «No, in realtà ci vado pressoché tutto l’anno: interrompo le uscite giusto dopo la metà di novembre, per ripartire a gennaio, massimo i primi di febbraio, quando spuntano i cosiddetti “Funghi dormienti”, difficilissimi da avvistare perché indugiano, semi sotterrati, sotto la neve o il primo strato di humus e fogliame, senza vedere quasi mai la luce del sole».
Esperto in materia? «Ho maturato esperienza negli anni, sul campo. E il Web ci mette a disposizione un sapere infinito, a cui attingo, navigando da un sito all’altro in cerca di informazioni specifiche, per ampliare il mio orizzonte e soddisfare la curiosità».
Come la nostra a proposito dei “Funghi dormienti”? «Sono funghi di colore bianco i “Dormienti”, che sfumano verso il grigio, via via più scuro secondo la luce che prendono. Prediligono gli abeti e si trovano fino a marzo (tant’è vengono chiamati pure “Marzuoli”), ma solo in determinate fungaie: occorre conoscere i posti. Non che abbiano un sapore assai deciso: sono delicati, tra i funghi meno tossici; non si friggono, li consiglio invece per condirci la pasta. A me, comunque, diverte cercarli di per sé. Del fungo apprezzo la bellezza, l’aspetto estetico prima ancora del gusto: ogni fungo è diverso dall’altro nella forma, nei profili sinuosi, nei toni di colore. Mi emoziono appena ne scorgo uno. E mentre un qualsiasi fungaiolo avrebbe subito l’istinto di avvicinarsi e raccoglierlo, io aspetto a farlo: mi prendo tutto il tempo per vedere, che non significa semplicemente guardare, con passività, bensì osservare, studiare, ammirare la pennellata dell’artista per antonomasia, la Natura. Poi scatto. Immortalo “l’opera” con una foto. Con il telefonino, ormai, per comodità; anni fa portavo dietro la macchina fotografica».
Due passioni che s’intrecciano… «La sera, al rientro, salvo le foto sul computer e le carico sui Social. Ho amici sparsi qua e là in Italia con cui ci scambiamo “like” e commenti, condividendo le nostre esperienze, uniti nella passione per il bosco e i funghi. Prevalentemente porcini! Quando sono fuori stagione, poche altre varietà di funghi catturano la mia attenzione».
Ad esempio? «I prugnoli, così profumati, che crescono a ferro di cavallo: se ne scorgi uno, basta girargli attorno per scoprire l’intera famiglia».
Qual è il periodo in cui si dedica alla ricerca dei porcini? «Tenendo conto degli andamenti stagionali, i porcini fanno capolino a metà maggio. I primi a nascere sono i “Porcini rossi”, dolciastri, perfetti a crudo, in una semplice insalata con olio, sale, pepe e parmigiano! Raccolgo i rossi di faggio, di rado quelli al castagno, che hanno un gusto differente».
Come ha imparato a riconoscere le fungaie migliori? «Mi sono sposato a Fiume d’Isola: seguendo i consigli e le indicazioni, preziose, di suocero e cognati ho imparato a conoscere la zona di Badia e i dintorni. Non è mia abitudine spostarmi altrove, oltre i confini del Parco delle Foreste Casentinesi: qua sta il mio cuore… A Lucca non andavo per boschi a funghi. Del resto, non saprei come muovermi nella ricerca in territori mai frequentati o visti. Sono sempre stato selettivo nella scelta dei posti: conoscerò una cinquantina di fungaie, dislocate in un’area vasta a sufficienza; tendenzialmente frequento faggete e abetine, tra i 1.200 e i 1.400 metri. E purtroppo, per quanto in alto salga, m’imbatto spesso nelle tracce di tali incivili… chi abbandona rifiuti nel verde, chi, raspando e spezzando i funghi con furia di arraffarli, guasta le fungaie, o le spopola interamente, senza curarsi di rispettare l’ambiente che ci circonda e ci sta ospitando! I funghi, invece, quei porcini tanto ambiti, andrebbero vegliati nella loro crescita: controllando il terreno e monitorandoli, a costo d’un paio di viaggi a vuoto, diventa più facile intuire l’avvicinarsi della sfungata. Con occhio rivolto su alla Luna».
Perché? La sfungata è legata al ciclo lunare? «Si tratta di scienza. Ho sperimentato che il momento in cui la fungaia raggiunge l’exploit ci viene indicato dalla Luna, quando entra in fase crescente. Tipo so che per questo settembre ci sarà la sfungata pressappoco a metà mese: adesso siamo nel periodo dei “Porcini bianchi”; gli “Estatini” non si trovano più».
È una varietà tipica dell’estate, come suggerisce il nome? «Esatto. Con l’arrivo del caldo, i “Porcini rossi” cedono il passo agli “Estatini”, che vanno da giugno ad agosto, benché il caldo eccessivo rappresenti una minaccia: rischiano di bacarsi e screpolarsi! La neve invernale non è così dannosa: il fungo resiste sotto la neve, se non capita una tremenda ghiacciata. Ricordo le annate del 2012 e 2013: la settimana dopo quelle nevicate, allo sciogliersi della neve, scovai funghi eccezionali!».
In che annate ha fatto le maggiori raccolte? «Nel 2004, 2005 mi sembra, ripensandoci. Sono riuscito a raggiungere nel corso di un anno 300-400 kg. Funghi di grandi dimensioni, che pesavano un chilo e cento-duecento grammi. Ma non ho proprio interesse a gareggiare su quantità e dimensioni. I funghi grossi, poi, hanno un sapore meno intenso».
Si diletta a cucinarli? «Diciamo che fra parenti e amici è famosa la mia zuppa di funghi…».
Non è un segreto la sua ricetta? «È una ricetta assolutamente semplice. In una pentola, faccio cuocere le verdure: sedano, cipolla, carota. Poi aggiungo i funghi tagliati a tocchetti non molto piccoli, e li lascio bollire, affinché il brodo condensi un po’. Dopo un’ora e mezzo, tolgo le verdure e scolo i funghi, per tritarli più finemente prima di aggiungerli di nuovo al brodo. Intanto preparo le bruschette di pane, con una passata d’aglio. Non resta che impiattare. Sentirete, anche al palato, tutto il buono del bosco!».
(tratto da CASENTINO2000 | n. 311 | Ottobre 2019)