di Anselmo Fantoni – Questo mese ai fornelli abbiamo Cinzia Chiarion, nata a Rovigo qualche anno fa, si trasferisce in Toscana all’età di 16 anni. Si laurea in medicina nel 1993 e nel 1995 si unisce all’eclettico Lorenzo Massart che la fa innamorare anche del bel Casentino. La sua vita è divisa tra Firenze, dove lavora, e Poggiotondo di Subbiano dove si ritira col marito tutti i fine settimana per coltivare, oltre la vigna e l’oliveta, la grande passione per la pittura. Gli fanno compagnia i due pastori tedeschi Mina e Leone e altri animali domestici. Nell’azienda agricola segue soprattutto la produzione dell’olio EVO e ha dato vita al sito www.oliosalute.it in cui collaborare coordina un’equipe di medici e veterinari nella divulgazione delle qualità salutistiche di questo elisir vegetale. Produce anche un vino, in affettuosa sfida col marito “inquinando” il sangiovese toscano con una piccola percentuale di merlot veneto. C66 ovviamente sta per Cinzia e….non si può dire.
Quanto ami la cucina? «Moltissimo, a Poggiotondo mi diletto nella preparazione di piatti che possano far risaltare la materia prima, semplici, poco elaborati proprio per esaltare gli ingredienti principali.»
Quando cucini preferisci essere sola o non disdegni l’aiuto di altri? «La cucina è arte e l’artista deve obbligatoriamente lavorare da solo, concentratissimo e senza distrazioni che potrebbero essere fatali. Tollero soltanto le incursioni di mio marito che in cucina è un vero pasticcione.»
C’è un tuo piatto preferito o più importante? «Non esistono piatti ricchi o poveri, fare un tagliolino con il tartufo è più facile che fare un uovo al tegame. Spesso i cuochi non si cimentano con i piatti quotidiani perchè temono di essere giudicati, non trovo mai nel menù dei ristoranti stellati uno spaghetto al pomodoro ma piatti elaborati con una decina di componenti tra dolci e salati ed alla fine non si riesce a capire cosa hai mangiato. Sono convinta che per essere grandi chef devi fare della semplicità il tuo punto di arrivo.»
Sei autodidatta? «Si, ho imparato però tanto dalla mamma e dalla nonna, i miei corsi li ho fatti con materie prime prodotte in campagna e rigorosamente cotte sulla stufa a legna alla ricerca della semplicità e dei sapori schietti, pochi ingredienti e ben bilanciati soprattutto dove l’ingrediente principale deve essere esaltato.»
Cosa pensi quando sei ai fornelli? «Mi concentro molto sul da farsi, mi scarico di tutte le tensioni accumulate in settimana e mi ricarico per quella a venire, una sorta di training autogeno molto corroborante.»
Filetto al pepe verde
Ingredienti filetto di manzo (4 medaglioni) pepe verde in grani in salamoia panna fresca liquida 200 gr burro 20 gr, senape 2 cucchiai, brandy 30 gr, sale
Preparazione Per prima cosa, i filetti di manzo vanno tolti dal frigo 30 minuti prima della preparazione, perché la cottura della carne deve essere fatta al sangue e non devono essere freddi al loro interno Lego i filetti di manzo con lo spago per mantenere meglio la forma durante la cottura. Li passo nel pepe verde facendolo aderire alla carne. Sciolgo il burro in una padella, non appena sarà ben caldo rosolo a fiamma vivace i medaglioni per un paio di minuti su entrambi i lati senza bucarli (utilizzo 2 cucchiai di legno), devono prendere un bel colore dorato. Metto il sale. Abbasso la fiamma e proseguo la cottura per 5 minuti. Se preferite la carne un po’ più cotta prolungate la cottura. A questo punto sfumo con il brandy che farà una fiamma, lascio consumare la fiamma e li tolgo dal tegame mettendoli su un piatto, rimuovo lo spago e li copro con un foglio di carta alluminio cosi si mantengono caldi. Nel fondo di cottura dei filetti aggiungo la panna e la senape lasciando restringere la salsa per alcuni minuti. Una volta addensata la salsa rimetto i medaglioni nel tegame per raggiungere la giusta temperatura. Trasferisco i filetti nel piatto di portata facendo colare la salsa senza coprire interamente la carne.
Vino consigliato in abbinamento
C66 2015 IGT Toscana Rosso Poggiotondo Il filetto è ritenuto la parte nobile, il boccon ghiotto, e non a torto. Ovviamente necessita di una frollatura non troppo prolungata e una cottura delicata e attenta per non disturbare la dolcissima tenerezza. Un piatto apparentemente facile e veloce, con miliardi di sfumature. La ricetta di oggi , toscana al punto giusto, ha un bagliore veneto e regala un’esperienza ammaliante. Il vino scelto non poteva che essere quello prodotto dalla chef; C66 è un sangiovese leggermente arrotondato con un 10% di merlot, sosta in cantina ben 48 mesi, due anni in botte e due anni in bottiglia, prima di solleticare il palato dei consumatori. Il colore è granato vivo, i profumi di melograno ciliegia e viola presentano sbuffi balsamici e tostati. In bocca la sua entrata è decisa ed elegante col sangiovese inginocchiato a sua maestà il merlot con un finale fruttato di media persistenza.
Un vino fatto da una Dama per le dame del Casentino e oltre, spina nel fianco del marito che è costretto a spingere sulla qualità dei suoi vini, così da innescare una affettuosa competizione interna all’azienda che ha portato Le Rancole e Poggiotondo, gli altri vini aziendali, ai vertici del panorama vitivinicolo nazionale. Vini sinceri, con caratteristiche diverse nelle varie annate a dimostrazione del rispetto del territorio e dell’andamento stagionale che caratterizza le uve. Altre perle sono il Vinsanto Collefresco, tipicamente casentinese che mette d’accordo tutti nel riconoscerne l’eccellenza; gli olii EVO, anch’essi frutto di un’attenta pratica agronomica, di cui si occupa Cinzia, da medico infatti non si stanca di promuovere le qualità dell’olio per il nostro benessere. Visitare Poggiotondo non è cosa per tutti, insieme alla delicatezza veneta di Cinzia c’è la toscanità del marito Lorenzo, entrambi come distrazione hanno quella della pittura che a volte raggiunge risultati piacevolissimi, con opere ammalianti a volte di lui e a volte di lei, sempre alla ricerca di un’originale bellezza.
Vivere e bere Poggiotondo non è un’esperienza neutra, non può lasciarti indifferente, puoi godere sia dei sorrisi da bambina di Cinzia che dall’umorismo pungente di Lorenzo, che se, annaffiati dai loro vini diventano amichevoli ricordi. Se siete fortunati e rientrate nella loro stretta cerchia di amici allora essere a Poggiotondo diventa una magia. Non è lontana e questa realtà pervicacemente casentinese può regalarvi momenti davvero simpatici. Naturalmente come sempre moderazione per la nostra e altrui salute e questa volta vale il motto: “Venite a Poggiotondo, come ospiti e non come enoturisti”. Neque irasci, neque admirari, sed intelligere.