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sabato, 19 Aprile 2025

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Il mistero del dodecaedro

di Federica Andretta – Quando pensiamo al dodecaedro la prima cosa che ci viene subito in mente è il mondo della geometria solida: il dodecaedro è un poliedro con dodici facce (nel caso di un dodecaedro regolare queste sono pentagoni regolari di uguale lato). Tuttavia, dietro questa figura geometrica dal design tanto affascinante quanto curioso si nasconde molto di più. Quando parliamo del dodecaedro intendiamo anche un oggetto dall’aspetto misterioso appartenente all’antichità, costruito principalmente in metallo (ferro, bronzo) ma anche in pietra (come testimoniano alcuni ritrovamenti).

L’oggetto in questione è composto appunto da dodici facce, ciascuna delle quali è costituita da un foro circolare e da dei pomelli sporgenti che gli donano una forma piuttosto singolare. Questo importante pezzo di storia, dalla lavorazione elaborata, ancora oggi suscita tra i vari studiosi numerosi interrogativi riguardo alla sua specifica funzione. C’è chi dice che fosse un dado da gioco, chi invece un utensile di uso quotidiano, altri ancora uno strumento di misurazione del tempo (e non solo) oppure un amuleto utilizzato per qualche rito o pratica religiosa… queste sono solo alcune delle tante teorie e ipotesi che ruotano attorno all’uso di questo antico manufatto.

Dal XVIII° secolo ad oggi ne sono stati rinvenuti circa 130 esemplari di cui l’ultimo è stato scoperto nel 2023 durante uno scavo archeologico nel villaggio di Norton Disney nella contea del Lincolnshire in Inghilterra grazie ad un’organizzazione archeologica amatoriale locale denominata Norton Disney History and Archaeology Group che si occupa di raccontare la storia dell’Età del Ferro, del patrimonio romano e medievale del Lincolnshire. Il reperto, preservato in splendide condizioni e presumibilmente lasciato lì circa 1.700 anni fa, è alto circa 8 centimetri e pesa all’incirca 245 grammi. Tale scoperta è stata resa nota al pubblico solo all’inizio del 2024 grazie ad un programma televisivo della BBC intitolato “Digging for Britain”. Attualmente è esposto al National Civil War Center presso il Newark Museum of Art in Inghilterra.

Dopo questo breve “viaggio inglese” torniamo di nuovo “dalle nostre parti” e più precisamente in Casentino dove abbiamo incontrato Marcello Atzeni (in arte Linos) che sul dodecaedro sa tutto, ma proprio tutto. In base agli studi da lui condotti è arrivato alla conclusione che i dodecaedri non siano reperti di origine romana bensì degli oggetti etruschi romanizzati, ponendo inoltre l’attenzione sul loro grande valore spirituale. Secondo Marcello questo oggetto, ritrovato non solo in Europa ma anche in Italia nelle città etrusche, è stato ripreso successivamente da vari artisti come lo stesso Leonardo Da Vinci. Secondo Marcello senza gli Etruschi l’Impero Romano non sarebbe mai esistito (ciò per quanto riguarda l’architettura, l’ingegneria, la vita sociale e familiare; da notare che per gli Etruschi la donna era considerata al pari dell’uomo).

Non a caso, gli Etruschi erano molto abili nella lavorazione dei metalli. Marcello è inoltre convinto della discendenza etrusca dello stesso Da Vinci, di Galileo Galilei e di altri importanti personaggi che hanno contribuito alla creazione e allo sviluppo della nostra tecnologia e del benessere in tutti i campi della conoscenza. Sicuramente, come lui stesso ci fa presente, di dodecaedri di fattura romana ce ne saranno stati sicuramente altri, ma che hanno pur sempre preso spunto dalla maestria del popolo etrusco. Ma scopriamone di più direttamente dalle parole del nostro intervistato.

Marcello, prima di parlare delle sue scoperte ci racconti qualcosa di Lei, della sua vita e dei suoi interessi. «Ho sempre dipinto e realizzato anche qualche scultura fino a qualche anno fa. Negli ultimi anni, ora che sono in pensione, mi occupo di disegno e sono interessato al mondo dell’antichità come i Nuraghe e gli Etruschi; sono un autodidatta. Durante il mio lungo “vagabondare” ho avuto l’opportunità di instaurare relazioni sociali (anche di estrazione contadina) dalle quali ho potuto apprendere molto. Ho scoperto che i contadini facevano cose che anche i loro antenati etruschi erano soliti fare: avevano infatti l’abitudine di posizionare degli oggetti sul davanzale della finestra o accanto alla porta di casa ad indicare il loro tipo di professione. Ho conosciuto personaggi come Giovanni Lilliu, esperto di Nuraghe e di Etruschi, che ha collaborato con l’archeologo Massimo Pallottino per la stesura di un libro sugli scavi etruschi. Mi piace il mistero e amo Leonardo Da Vinci. Adoro leggere, documentarmi e risolvere tutto ciò che è misterios».

Che cosa ha scoperto sulle origini storiche e sulle funzioni del dodecaedro? «Questo come altri dodecaedri (vedi foto 1), che sono stati ritrovati in vari scavi romani, in passato venivano posizionati in prossimità delle case. I fori e le facce pentagonali di questi curiosi e affascinanti oggetti rappresentano i volti stilizzati di canidi come i molossi, cioè dei mastini. Questo oggetto, grande quanto il palmo d’una mano, veniva posizionato in prossimità delle case per indicare la presenza o la morte del proprio animale domestico e del padrone. È dunque un oggetto principalmente spirituale, una sorta di portale verso l’oltretomba per aiutare il cane a ricongiungersi con il padrone. A tal proposito, nella cultura etrusca il cane rappresentava il difensore della casa e del padrone e nel trapasso verso l’oltretomba diventava il guardiano degli inferi e il protettore del defunto; il cane che gli era sempre stato fedele in vita lo sarebbe stato anche nella morte. Da non sottovalutare altre possibili ipotesi: le dodici facce pentagonali del dodecaedro possono rappresentare inoltre le dodici città etrusche. Gli Etruschi erano anche molto attenti alla natura; per la realizzazione del dodecaedro (vedi foto 1) avrebbero infatti preso spunto dal fungo lanterna, detto anche fungo delle mosche (fungo allucinogeno maleodorante che emana un odore cadaverico), di cui ne ricorda un po’ la forma. Possiamo dire che gli Etruschi fossero un popolo misterioso ma che però lasciavano intendere molto delle varie utilità di questo particolare tipo di oggetto».

E quest’altro dodecaedro? «Questo dodecaedro (vedi foto 2) raffigura un modellino realizzato dai Romani, ma il filo conduttore è etrusco, almeno all’inizio, anche se c’entrano i Greci attraverso la filosofia platonica. Possiede dunque un forte significato: i suoi fori piccoli, medi e grandi rappresentano le galassie mentre l’entrata a forma di serratura è la porta che permette di avere una visione geometrica dell’universo. La galassia più grande che è estesa orizzontalmente sotto la porta/serratura rappresenta la Via Lattea».

E chissà quanti altri misteri si nascondono dietro questo antico dodecaedro. E chissà che da nuovi misteri non nascano nuove risposte e nuove rivelazioni!

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