Vincono un concorso pubblico al parco nazionale Foreste casentinesi, monte Falterona e Campigna. Non vengono assunti e vengono attivate collaborazioni con altri professionisti per alcuni dei ruoli previsti. Il giudice del lavoro di Arezzo ordina l’assunzione dei vincitori e definisce in circa 150.000 euro il loro risarcimento.
Tra il settembre 2011 e il febbraio 2012 erano risultati primi in tre graduatorie di concorso al parco nazionale Foreste casentinesi, monte Falterona e Campigna. Nonostante che si fossero immediatamente posti a disposizione dell’amministrazione che aveva bandito i concorsi la loro assunzione non era mai stata formalizzata. L’amministrazione del Parco aveva addotto a fondamento del rifiuto all’assunzione un presunto – poi dichiarato infondato dal giudice – divieto a tal fine contenuto nel D.L. 138/2011, convertito in L. 148/2011.
Nonostante la ferma opposizione all’assunzione dei vincitori il Parco aveva provveduto ad attivare, per far fronte alle esigenze di tale personale, convenzioni professionali esterne.
In realtà il giudice, con ordinanza n. 1705, del 2 aprile 2013, condividendo le ragioni di uno dei ricorrenti, aveva accertato il suo diritto all’assunzione a seguito del concorso, condannando l’ente di conseguenza. Quest’ultimo si era opposto e aveva evitato di conformarsi anche agli esiti del suo stesso ricorso: l’ordinanza emessa dal Collegio del tribunale di Arezzo in sede di reclamo non ha mai prodotto alcun effetto nonostante proprio negli stessi giorni un ente disciplinato dalla stessa normativa e sottoposto ai medesimi organi di vigilanza (il parco nazionale del Gran Paradiso) procedesse regolarmente alle assunzioni.
A fronte delle esplicite richieste e diffide inoltrate l’ente ha caparbiamente continuato a perseverare nella propria inerzia e, con nota datata 3 ottobre 2013, ha comunicato che i posti oggetto di concorso erano stati soppressi.
Con sentenza 45/2014, dispositivo il 18 febbraio e motivazione depositata il 10 aprile presso il tribunale di Arezzo, il giudice De Renzis ha proceduto al “riconoscimento del diritto all’assunzione a seguito di superamento di concorso con relativa richiesta di condanna al risarcimento danni”. Ha quindi condannato l’ente al pagamento in favore dei ricorrenti di tutte le retribuzioni mensili maturate dalla data di approvazione della graduatoria fino al conferimento dell’incarico (data che, a segnalare una assolutamente inspiegabile “tranquillità”, non è stata ancora comunicata) e delle spese legali.
Va anche detto che la resistenza finora palesata non ha prodotto neppure risultati di razionalizzazione o di risparmio, perchè, come si diceva, sono state attivate collaborazioni esterne in sostituzione di alcune professionalità individuate dai concorsi.
La Costituzione italiana, all’articolo 28, fa esplicito alla responsabilità personale dei dirigenti pubblici: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.
Resta da vedere se l’organo che ha la responsabilità legale dell’ente deciderà di avvalersi di questa facoltà nei confronti di chi ha compiuto le scelte che hanno portato alla sentenza o se farne gravare le conseguenze sull’esiguo bilancio dell’ente di protezione ambientale.