di Gabriele Versari – Dopo quasi quindici anni dall’apertura, dopo aver affrontato mille insidie e la sfida “pandemica”, il celeberrimo bar bibbienese sito in Piazza Tarlati «Il Podestà» chiude una volta per tutte i battenti. Ma sarà veramente così? Per approfondire la questione si è sentito Franca Biancucci e Stefano Brami, ex proprietari del locale, i quali hanno raccontato la loro storia lavorativa e professionale, per poi passare all’”Era Podestà” e concludere con un cenno ai progetti futuri. Stefano Brami inizio raccontando del suo primo esercizio commerciale.
«Nel luglio del 1980 decisi di aprire il mio primo negozio, per la precisione un negozio di strumenti musicali, denominato Brami Strumenti e Musica, sito dove oggigiorno si trova il negozio di abbigliamento Blaze Shop, nel Centro Storico di Bibbiena. Ancora non conoscevo Franca, dovettero passare tre anni prima di incontrarci e metterci insieme. L’attività è però proseguita per molto più tempo, addirittura quindici anni! Al termine di quel periodo decidemmo di vendere l’attività per dedicarci ad altro. Tale scelta fu dettata dal fatto che si stava verificando una rivoluzione nell’ambito della fruizione della musica, che, con il venir meno dell’uso di cassette e vinili, passava ad essere sempre più digitale. Era il 1995 quando decidemmo di abbandonare il mondo musicale per intraprendere un’attività nel settore del turismo».
A proseguire il racconto è poi Franca Biancucci. «Dopo la nascita di due figlie optammo per il settore alberghiero, visto l’allargamento della famiglia e la possibilità di impiegare quattro mani in più. Acquistammo il famoso hotel Borgo Antico, appena ristrutturato e pronto ad accogliere nuovi turisti. Oltre all’albergo possedevamo in gestione un agriturismo nei pressi della frazione di Partina denominato Ventrina, nome derivante dal luogo dov’è tutt’ora situato, alcuni appartamenti nel borgo e un’agenzia di viaggi. Tramite quest’ultima ci occupavamo di turismo incoming, cioè volto ad attirare visitatori dal Casentino per il Casentino. L’attività dell’hotel e degli altri esercizi si perpetrò fino al 2011, quando ci rendemmo conto che quel tipo di business non stava rendendo come un tempo e anticipava troppo i tempi che correvano. Ci siamo dovuti reinventare, soprattutto per necessità. Mai avremmo pensato che la necessità si potesse fare virtù, come recita il famoso proverbio. Decidemmo di inaugurare un innovativo bar, nominandolo Il Podestà, dal nome del palazzo in cui era locato lo stabile. La nostra intenzione iniziale fu quella di aprire un caffè inusuale. In particolare, avremmo voluto specializzarci nella preparazione di prodotti affiliati al caffè e alla cioccolata ma più stravaganti, per così dire.
Ad oggi potrebbe sembrare un’idea non molto originale, ma quindici anni fa il servizio di queste particolari leccornie non era per niente diffuso. Potremmo definirla una specie di caffetteria evoluta. Lavorando senza giorni di pausa, l’attività sembrò fruttare alla grande fin dai primi mesi, a tal punto che solo tre anni dopo il locale era quasi sempre ricolmo di clienti. Spesso, soprattutto durante la stagione invernale, ci ritrovavamo ad aver problemi di spazio. Decidemmo dunque di allargare le nostre frontiere: ci trasferimmo dal Palazzo del Podestà all’edificio che lo affianca, quello cioè che tutti i casentinesi conoscono, dove poi la nostra permanenza si è perpetrata fino alla chiusura. Inizialmente abbiamo acquistato una parte di fondo, per poi acquisirne, nel corso degli anni, le due rimanenti, fino ad arrivare alle dimensioni attuali. Quando riuscimmo ad accaparrarci anche la parte di locale che dà verso il borgo, si può dire che l’attività raggiunse il suo picco. L’affluenza al locale non era mai stata così elevata. Il Podestà ci ha regalato tante soddisfazioni, soprattutto in termini di appartenenza e cittadinanza attiva.
Siamo due bibbienesi nati, cresciuti e vissuti nel Centro Storico; il fatto di aver dato vita ad un punto di riferimento per Bibbiena e per tutti i suoi concittadini è, senza ombra di dubbio, motivo di orgoglio per entrambi. Inoltre, l’aver vissuto a contatto stretto con i nostri clienti ci ha dato la possibilità di vederli cambiare e crescere insieme a noi, come ci fosse una sorta di sinergia permessa dal tempo passato dentro e fuori dal locale. Purtroppo, però, non possiamo non ammettere che, nel corso degli anni, non ci siano state note dolenti, legate soprattutto alla fatica e alla ripetitività del lavoro di barista». Stefano spiega i lati negativi di dover lavorare giorno e notte, sette giorni su sette, con pochissime pause durante l’anno. «Il nostro orario d’apertura era previsto alle 6:30 tutti i giorni, per poi terminare a volte anche all’una di notte. Avere questo tipo di routine, con il passare degli anni, è finito per diventare molto logorante. Nel frattempo, c’è da considerare il fatto che le nostre figlie hanno intrapreso strade che divergono completamente dal nostro percorso professionale, dunque siamo sempre stati solo noi due a prenderci cura del locale. Non appena ci si è presentata la possibilità di vendere l’attività ad un giovane grintoso e voglioso di portarla avanti con successo, abbiamo deciso di cedere senza pensarci troppo. La decisione è stata infatti presa in una settimana».
Ai due viene chiesto se nelle loro intenzioni c’è mai stata la volontà di assumere un apprendista che potesse portare avanti il lavoro…è Stefano Brami a rispondere. «Mentre le varie stagioni del locale passavano, ci sono state occasioni in cui abbiamo pensato a questa possibilità. Poi però ci si deve scontrare con la realtà dei fatti: è difficile trovare personale disponibile a reggere i ritmi del bar e disposto a lavorare nei fine settimana e durante le festività, cioè quando gli altri si divertono. La pretenziosità della richiesta è comprensibile, si tratta di un impiego davvero complesso dal punto di vista degli orari. Oltretutto, nonostante alcuni rari tentativi di inserimento di nuovo personale, non è mai scattata la scintilla, probabilmente perché abbiamo sempre considerato la nostra attività in maniera esclusivamente familiare. D’altronde, in questi casi, occorre stare quasi sempre a contatto con i colleghi, dunque l’intesa deve essere necessariamente totale». Franca Biancucci spiega come sia stata la pandemia e la forzata limitazione di libertà ad aver aperto gli occhi alla coppia sulla propria situazione lavorativa.
«Con l’arrivo del Covid e degli annessi lockdown è forse arrivata anche la consapevolezza. La consapevolezza di avere un impiego ormai non più gestibile, vista la nostra età e vista la stanchezza accumulata negli anni. Avendo lavorato sempre in maniera continuativa da quando abbiamo aperto il locale, ci siamo come dimenticati il significato profondo del tempo libero e della cura di sé. La forzata permanenza in casa ci ha permesso di riscoprire il piacere di fermarsi, di leggere un libro, di stare con le figlie, di passare una domenica in famiglia come fanno quelle i cui membri non lavorano nel fine settimana. Riuscimmo addirittura a passare la Pasqua insieme, tutti e quattro. Non era forse mai successo. A quel punto ci siamo detti: «cosa abbiamo fatto di male per non avere diritto a tutto ciò?».
Così, alla riapertura delle varie attività, abbiamo fin da subito ridotto l’orario serale, non modificando solo quello del venerdì e del sabato. Abbiamo proseguito con tale organizzazione del lavoro fino alla vendita, avvenuta poche settimane fa, dopo aver raggiunto, negli ultimi tempi, il livello massimo di sopportazione della fatica. Siamo contenti di essere riusciti a cogliere l’occasione al volo, tra lo stupore dei nostri clienti, i quali non erano stati avvertiti, poiché neanche noi avevamo previsto la cessione. Se però si presentano persone con una longeva esperienza nel settore alle spalle come è avvenuto, la convinzione dell’aver scelto di vendere è ancora più forte».
Per concludere si arriva a parlare dei futuri progetti lavorativi. «La nostra attuale volontà è quello di tornare alle origini riprendendo il tema musicale, sempre presente anche nell’ambiente del bar. Il progetto si chiamerà «Il Podestà per l’Arte e per la Cultura». Ci tenevamo a mantenere il nome del nostro locale per una questione di affetto, com’è comprensibile, e sarà indirizzato ad un pubblico prettamente adulto, quantomeno maggiorenne. Una specie di salotto e punto di incontro per chi, nel dopocena, ha voglia di ascoltare un po’ di buona musica e divertirsi con diverse tipologie di intrattenimento, che spaziano dal comico al ludico. Lo spazio sarà sempre locato nel Centro Storico bibbienese. L’apertura è prevista per fine maggio. L’idea è ripresa dall’associazione omonima con cui eravamo soliti organizzare eventi culturali all’interno del bar, tra cui presentazioni di libri, concerti, conferenze. Intendiamo rendere autonome tali attività attraverso questa iniziativa, che includerà gli elementi che hanno caratterizzato il negozio di musica, l’hotel, il bar. Visto che il Centro Storico ci ha regalato così tanto, soprattutto in termini umani, puntiamo a restituire il favore portando in auge un’attività prettamente artistica, che possa togliere le soddisfazioni a cui abbiamo sempre aspirato.
Per chi avesse intenzione di seguire le future evoluzioni del progetto, è già presente un sito dedicato chiamato brami.com. Non vediamo l’ora di ri-cominciare!»