testo e foto di Andrea Barghi Goaskim – Cosa sarebbe il Natale senza la Stella Cometa che avverte della nascita di Gesù?… Senza fare la “Capannuccia”, come mio padre chiamava il presepe? Ma il vero simbolo del Natale per i più è l’abete. Addobbato con palline colorate e filamenti argentati e dorati ci permette di leggere la meraviglia negli occhi dei più piccoli, nel vedere i regali che “Babbo Natale” ha portato, depositandoli ai piedi del Principe dei Boschi.
Il Casentino e le sue foreste ne sono cosparsi, i più autoctoni, cioè nati sul suolo che oggi è Parco nazionale, cingono come una corona, l’Eremo di Camaldoli; forse per questo motivo l’Abies alba è chiamato Il Principe dei Boschi? Non è dato saperlo, noi vogliamo crederlo. Questo solenne albero, dispensa magia quando tra le antiche abetaie, la candida materia ne cosparge la chioma dissolvendola. È facile incontrarla nel periodo autunnale, se ci incamminiamo all’alba tra quelle ancestrali e solenni abetaie che, silenziose e rispettose, abitano da secoli quelle antiche selve.
I più fortunati possono incontrare forme strane, apparizioni improvvise, che ai nostri occhi, a volte, appaiono come animali antichi, figure oscure e addirittura mostri… ma niente di tutto questo vive tra quei romiti. Nel periodo che il gigante di ghiaccio abita la foresta, “gettarsi” a capofitto dentro un’abetina, con le racchette da neve, e sostare in un luogo imprecisato della Giogana durante il tramonto, ci dipinge il cuore di gioia. L’abetina si riveste di colori inusitati, bagnando il nostro Principe che, attonito, accetta con gioia e noi con lui. Il nostro Principe, non si dà delle arie, non ha la puzza sotto il naso come certi nobili, ma ama la compagnia di altri, anche se non hanno, come la sua specie “Linfa Blu”. Lui ama condividere gli spazi silvani con Faggi, Aceri, Ontani… e animali selvatici che, spesso, si riparano sotto la sua chioma.
Condividere con soggetti diversi lo aiuta a conoscere il mondo silvano e capire che la diversità è una ricchezza. È sinonimo di crescita interiore interagire con innumerevoli forme come la natura ha sempre insegnato. La consanguineità, che qui permettetemi di chiamarla “Linfanguineità” produce malattie, e da quando il nostro Principe l’ha scoperto, evita di vivere solo con suoi simili. C’è però una élite che, forse, per cause di forza maggiore, ancora vive con i suoi simili. Non è per nulla ricoperta di superbia, il tempo a lavorato per lei aiutato dai monaci camaldolesi; si tratta degli abeti che cingono l’Eremo.
Un giorno di primavera di tanti anni fa, ebbero la fortuna di assistere al passaggio, sopra la Corona che cinge il sacro luogo, della cometa Hale-Boop, mentre luna e stelle stavano a guardare. Non si sono montati la testa perché quel grande evento fu ricordato anche dagli umani ma sempre immoti e attoniti hanno continuato a salvaguardare quel mistico luogo.
A questo punto, a noi non rimane che incamminarci attraverso le stagioni tra quelle selve, dove il Principe dei Boschi è lieto di darci il benvenuto e mostrarci l’incredibile varietà di suoi consimili che abitano, dall’inizio del mondo, questo luogo appenninico. Ha un solo motivo di rimprovero per gli umani; è una cosa che lo fa star davvero male. Il taglio dei suoi simili per farne legname e, ancor peggio, tagliare giovani virgulti per addobbarli nelle case, con palline colorate e nastri variopinti, e divertire per pochi giorni, bambini inconsapevoli del male che gli hanno fatto e dopo, esser gettati nel bidone dell’immondizia.
Spero che questo Natale addobberete Abeti ancora vivi e vegeti che abbelliscono le nostre foreste.