di Mauro Meschini – Riproponiamo l’articolo dello scorso mese sulla crisi MABO. Un argomento che ancora per molto continuerà a far parlare di se.
Della vicenda MABO si parla, non molto per la verità, ormai da qualche mese. Si sa qualcosa dei lavoratori in cassa integrazione, si sa qualcosa della creazione di una nuova società, ma non sappiamo niente di cosa sta succedendo a tutti gli altri, quelli che sono comunque rimasti penalizzati da questa vicenda: i tanti fornitori che costituivano l’indotto della Mabo Prefabbricati.
In pratica si tratta di tante altre centinaia di famiglie casentinesi che vivono oggi situazioni di difficoltà e che vedono addensarsi molte nubi sul loro futuro.
Sono tantissime aziende, tanti uomini e donne in carne ed ossa, ma di loro nessuno parla.
Certo la stessa MABO in un suo comunicato stampa (pubblicato sul “Corriere di Arezzo” il 18.08.2012) ha voluto precisare l’importanza, in questo momento, di “lavorare duro e in silenzio” e d’altra parte la stessa azienda ha ricordato la scelta del concordato preventivo per arrivare ad una proposta soddisfacente per i creditori della Mabo Prefabbricati.
Il problema è che non stiamo parlando semplicemente di numeri e bilanci, come spesso si è portati a pensare in economia, ma di persone, persone che hanno già lavorato duro e che devono ricevere mesi e mesi di arretrati. Soldi che, proprio con uno strumento come il concordato preventivo, rischiano di vedere drasticamente ridotti, rispetto alle cifre iniziali di cui sono creditori.
Non pensiamo che il silenzio sia sempre d’oro, anzi sarebbe bene in una situazione di così grande rilevanza la massima pubblicità e chiarezza su quello che si sta facendo e, soprattutto, sui motivi che hanno spinto a fare determinate scelte.
Abbiamo quindi deciso di dare la parola ad una delle realtà produttive che, suo malgrado, è rimasta coinvolta in questa ennesima crisi aziendale per presentare anche il punto di vista di chi non si è mai espresso, e che in Casentino sta vivendo con apprensione questi mesi.
Abbiamo voluto dare spazio ad una “voce nel deserto”, il deserto che caratterizza troppo spesso la nostra valle, dove le decisioni sono sempre esclusiva di pochi e dove la marginalizzazione di tutti gli altri è, purtroppo, un esito scontato.
Lo abbiamo fatto anche perché non è la prima volta che situazioni di crisi aziendale si verificano in questa vallata, e tutti dovrebbero sentire la necessità di aprire una discussione e una riflessione, serie e approfondite, sui motivi e le ragioni che hanno provocato e provocano vicende di questo tipo.
Anche la stessa azienda oggi coinvolata dovrebbe sentire lo stesso bisogno, accettando il confronto, i contributi e le idee che da tutti potrebbero giungere, senza nascondersi e minacciare, come ha fatto sempre nel suo comunicato già citato, le solite ripetitive azioni legali, che non aiutano certo a risolvere i problemi.
Riportiamo quindi di seguito la storia di un piccolo imprenditore casentinese, uno dei tanti che, in questa drammatica vicenda, rischiano di dover chiudere la propria attività.
«La mia famiglia ha iniziato la sua attività in questo settore alcuni anni fa, collaborando con una grande azienda del Casentino.
A quei tempi sembrava che fosse una scelta ottima e che il nostro settore non avrebbe mai potuto incontrare dei problemi, e in effetti per un po’ di tempo è stato così.
La collaborazione con la MABO è più o meno andata sempre bene, certo i pagamenti prevedevano tempi molto lunghi, a 150 giorni circa, e quindi alla fine si riusciva ad incassare un paio di volte l’anno. Però ci pagavano… qualche ritardo poteva esserci di qualche giorno, di una settimana, ma con qualche telefonata si risolveva tutto.
Poi a gennaio 2012 noi fornitori siamo stati tutti convocati dall’azienda. Avevamo qualche sentore che ci fossero dei problemi… ma solo a livello di voci, in quell’occasione abbiamo avuto la conferma.
Fu chiesto a tutti di dare una mano perché c’erano dei problemi a livello finanziario, la MABO non riusciva a incassare dei lavori già fatti e quindi era in difficoltà a soddisfare i propri creditori.
Questa richiesta è stata fatta a tutti i fornitori chiedendo di fermare i pagamenti per almeno tre mesi.
Non era una bella prospettiva e tra fornitori ci siamo consultati… ma non è che ci fossero molte alternative: in questi casi o bevi o affoghi.
Abbiamo quindi dovuto accettare cercando di porre qualche condizione. Potevamo prendere l’impegno… garantire un paio di mesi, ma dovevano essere consapevoli che anche per noi sarebbe stato difficile andare oltre.
Abbiamo allora cercato di tirare la cinghia per due mesi, poi le necessità economiche si sono fatte sentire, occorrevano soldi e le banche ci pressavano.
Abbiamo ricontattato l’azienda e ancora ci è stato detto di tenere duro, di aspettare una settimana perchè avrebbero messo tutto in mano ad una agenzia esterna, specializzata in gestione amministrativa. In effetti poi abbiamo avuto contatti anche con questa agenzia, riuscendo a trovare un accordo per la fatturazione, relativa ai nuovi lavori, ogni 15 giorni: si consegnava e dopo due settimane veniva eseguito il pagamento.
Abbiamo avuto più incontri con questa agenzia anche perché, più il tempo passava, più la preoccupazione cresceva, considerato che per i vecchi lavori, ormai ultimati e/o consegnati da mesi, almeno io dovevo avere circa mezzo milione di euro.
Ogni volta le risposte erano le stesse… rassicurazioni, promesse… ma si vedeva che c’era qualcosa che non andava anche per le voci di crisi che si andavano moltiplicando.
L’agenzia, di cui parlavo sopra, ci ha rassicurato che presto si sarebbe ripartiti alla grande e che tutto il vecchio sarebbe stato saldato. Dopo l’accordo i pagamenti a 15 giorni sono arrivati puntuali per un paio di volte… poi, già dalla terza volta, tutto di nuovo fermo… ed è scoppiato il casino.
A fine maggio è venuto fuori che la situazione era ormai al collasso. Quindi anche aver dato all’esterno questo lavoro di gestione amministrativa è risultato inutile, solo fumo negli occhi, che magari ha comportato anche ulteriori spese… In azienda non sapevano più come andare avanti e fino all’ultimo hanno tentato il tutto per tutto.
Poi è scomparsa la MABO Prefabbricati ed è nata la MABO Edilizia Energia e tutto doveva ripartire… ma molti fornitori non hanno accettato di riprendere la consegna della merce e solo in alcuni casi l’azienda è riuscita ad avere materiali, ma solo pagandoli in contanti alla consegna, in particolare il cemento.
Comunque già dopo 15 giorni anche la nuova azienda ha cominciato con le modalità di lavoro della precedente: con pagamenti a 30-60-90 giorni.
Così sono ripartiti come se niente fosse. Ma devono fare i conti con fornitori che attendono di ricevere quanto dovuto per lavori già fatti. Senza i loro servizi e materiali il lavori si ferma.
L’azienda ha preso contatto con qualche nuovo fornitore e qualcosa viene fatto in proprio, ma la produzione è a ritmo ridotto.
Quello che più dovrebbe preoccupare è che l’indotto intorno alla MABO è immenso, grandissimo, e comprende tante aziende piccole e medie… per chi ci lavora questa situazione è una cosa spaventosa, senza contare poi chi è stato messo in cassa integrazione direttamente dall’azienda. In alcune famiglie più di una persona ci lavorava e per loro la situazione è molto dura.
Per quanto mi riguarda mi hanno messo quasi in mezzo ad una strada perché devo avere veramente molti soldi, per ora sto lavorando per altri ma non so se basterà. Ho dei dipendenti, a cui ho raccontato tutto, dei fornitori, a cui sto chiedendo anch’io di dilazionare i pagamenti e altre spese da sostenere.
Non ho le spalle grosse e capitali che possono permettere di fare fronte a tutte le spese, sarò costretto a vendere qualcosa per cercare di salvare il salvabile…
Le banche per ora mi danno una mano e non mi sono saltate addosso chiedendo subito di rientrare dai crediti ricevuti, anche se ha volte lo fanno davvero. Altri che avevano un lavoro esclusivo sono ancora più in difficoltà, c’è chi ha comprato anche nuovi macchinari per garantire le forniture e adesso si ritrova senza lavoro, senza soldi e con le rate del mutuo da pagare.
Quello che è stato più vergognoso è che non hanno fatto sapere niente fino alla fine… tutto è stato tenuto nascosto e sono state inventate un sacco di balle vergognose.
Ci dicevano di non preoccuparci perché il mese successivo tutto sarebbe ripartito, ma sapevano benissimo le cose come stavano e che non c’era niente da fare.
Le domande che ci facciamo tutti sono: perché hanno avuto questo comportamento?
Perché non hanno ricapitalizzato l’azienda con risorse fresche?
Forse perché volevano beneficiare di risorse pubbliche attraverso la cassa integrazione e altri contributi regionali?
Hanno riaperto la nuova società con un capitale sociale irrisorio, mentre la vecchia lo aveva di qualche milione di euro….
Come si siano ritrovati in questa situazione non è possibile saperlo… Forse investimenti sbagliati… forse prodotti non di grande successo…
Quello che ha anche meravigliato è il comportamento dei sindacati…
Abbiamo visto proteste e manifestazioni molto maggiori per vertenze irrisorie, mentre adesso che ci sarebbe veramente bisogno di fare qualcosa, non solo per i fornitori ma anche per gli stessi dipendenti, i sindacati non sembrano così attivi…
Qualcosa è stato detto all’inizio poi sembra che tutto sia stato messo a tacere.
Purtroppo quello che è sbagliato sono anche le leggi in Italia… qui è possibile fare operazioni di questo tipo… non è la prima e non sarà l’ultima.
Il Casentino insegna, si possono fare vari nomi… in tanti hanno chiuso, riaperto… ed erano sempre le stesse persone.
Mi hanno anche richiamato per riprendere le forniture, ma io come tanti altri, non accetterò più lavori, mi hanno già fregato… e poi dove sono andati i soldi che hanno ricevuto per i lavori che sono stati da tempo consegnati?
Purtroppo uno sbaglio dei creditori è stato anche quello di non aver costruito un forte fronte comune…
Ci era stato suggerito, ma poi alla fine ognuno pensa al suo… questo comunque è stato lo sbaglio più grande, anche perché, come già sottolineato, questa vicenda interessa davvero tante realtà produttive e tanti fornitori…
Tutti hanno da avere qualcosa e c’è chi deve avere molto più di me. Adesso non sappiamo come potrà andare a finire, anche dal pubblico c’è da sperare poco… quella è una fonte di risorse che è stata già esaurita… forse politicamente poteva esser fatto qualcosa… in altre situazioni di crisi la presenza della politica si è fatta sentire ed era palese… ma certo quello che è successo veramente anche in quei casi non si verrà mai a sapere.
Per il Casentino comunque questa è stata una gran botta. L’economia del Casentino si basa su poche aziende, alcuni settori vanno un po’ meglio, come l’elettronica e l’informatica, ma l’indotto è limitato…
Una volta c’erano cartiere, lanifici, prefabbricati… oggi tutto è ridotto o non c’è rimasto praticamente niente, o quasi. Ci sono molte persone disperate… e poi quello che in questa situazione è veramente curioso, forse assurdo, è che tra i fornitori ci siano anche aziende che operano in settori che non sono direttamente legati con la produzione, come se fossero state inserite in carico all’azienda anche spese che si potrebbero considerare extra… tipo ristoranti, carrozzieri, elettricisti…
C’è quindi tutto un mondo che è coinvolto in questa vicenda, e il fatto che in questa situazione si possano leggere articoli che dicono che va tutto bene, senza che nessuno senta la necessità di alzare la voce e dire che non è vero, è davvero incredibile.
Questo silenzio veramente colpisce… come se fosse quasi naturale dover accettare tutto, abbassare la testa e stare muti…
Questo fa davvero pensare.
In Casentino ci si conosce tutti, ma si sta anche parecchio zitti…
Forse in un’altra zona qualcuno si sarebbe mosso prima e per tempo e avrebbe portato a conoscenza di tutti la reale situazione, chiedendo anche pubblicamente il perché ci si stava comportando in un certo modo.
Così, ancora prima di arrivare a mettere nei guai tante persone, si avrebbe avuto la forza di imporre interventi e comportamenti diversi…
Insomma se qualcuno aveva sbagliato avrebbe dovuto trovare il modo di riparare agli sbagli di tasca propria…
Il problema è che qui nessuno ha fatto niente.
Guardando al futuro dovremo anche ripensare cosa e come produrre in Casentino,… a differenza di altre vallate siamo rimasti veramente indietro, senza una strada adeguata, e si è voluto creare un’oasi verde senza sviluppo industriale, anche se non si è fatto niente per valorizzare davvero il territorio, l’agricoltura e il turismo.
Stiamo diventando un luogo adatto solo ai pensionati, fino a quando le pensioni verranno pagate… io non vedo un futuro per questa vallata e spero che i miei figli se ne vadano da qui…».
Siamo convinti che un racconto come quello che abbiamo proposto, garantendo la riservatezza del nostro interlocutore, non dovrebbe lasciare indifferenti. E non servirebbe assolutamente a niente se portasse solo alle querele di rito o all’accanità ricerca di chi ha voluto, per una volta, dare voce al suo profondo disagio.
Anche solo quello che qui viene amaramente detto in chiusura dell’intervento dovrebbe spingere tutti: politici, amministratori, imprenditori, sindacati, cittadini a interrogarsi sulle prospettive di futuro di questa vallata.
Il compito di un giornale è contribuire a squarciare il silenzio, a stimolare il dibattito, a sviluppare la discussione e il confronto. Speriamo che questa opportunità di aperta discussione non venga perduta e che altri, tanti altri, trovino la forza per esprimere le loro idee e per partecipare attivamente alla costruzione di un altro Casentino.