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mercoledì, 5 Febbraio 2025

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It’s Christmas Time!

di Francesca Maggini – Il Casentino, si veste di rosso e si anima di fiere, mercatini, eventi tradizionali che conservano il segno inconfondibile del Natale creando quel tocco di autenticità e semplicità tipica della nostra terra. Sono tante le tradizioni che si tramandano nelle nostre famiglie, tutte ancora molte sentite e capaci di creare quell’atmosfera così dolce e soave tipica solo di questa festa. La prima ricorrenza celebrata in grande stile è la Vigilia di Natale. Questo giorno ha valenza per il mondo cristiano, poiché si celebra la nascita di Gesù Bambino. A questo significato originario si aggiunge quello della festa popolare, caratterizzata da una ricca cena, rigorosamente senza carne, detta appunto della vigilia e spesso dello scambio dei regali accompagnati da una tombola prima della Santa Messa di mezzanotte.

In Casentino, molte famiglie hanno ancora una particolare usanza per la Vigilia. Un tempo il capofamiglia, con una cerimonia di buon augurio, generalmente un brindisi, bruciava nel camino di casa un grosso ceppo di legno che veniva lasciato ardere per le successive dodici notti fino all’Epifania. I resti del ceppo venivano conservati, in quanto si attribuivano loro proprietà benefiche, si credeva favorissero il raccolto, l’allevamento, la salute, proteggessero dai fulmini e così venivano riutilizzati anche per accendere il ceppo dell’anno successivo. Era usanza intonare preghiere mentre dei bambini bendati, ricompensati con dolci e regali, colpivano il ceppo con delle tenaglie.

Oggi si sono persi i dettagli di questa tradizione, rimane, però, l’usanza di bruciare il ceppo e dare regali ai bimbi più piccoli. Il giorno di Natale, invece, testimonia la ricchezza delle nostre tradizioni culinarie. Presente su tutte le nostre tavole il brodo che veniva e viene tuttora fatto con un piatto toscano, il collo ripieno o il pollo in galantina, una ricetta laboriosa dove il pollo viene riempito con un misto di ingredienti che danno vita ad un brodo particolarmente delizioso e ad una sorta di polpettone servito il giorno di Santo Stefano. A ciò si uniscono gli inconfondibili crostini neri con pane tipicamente toscano tostato e imbevuto nel vinsanto. Il pranzo generalmente si concludeva con panforte e pepini fatti rigorosamente in casa, oggi a ciò si uniscono pandoro, panettone, frutta secca ed esotica. Nelle nostre case non mancano l’albero di Natale, gli addobbi e il presepe, ancora fatto da tanti casentinesi. Quest’ultimo è un classico della nostra tradizione voluto per la prima volta da San Francesco che nel 1223 realizzò la prima rappresentazione vivente nella notte di Natale.

In Casentino viene fatto con il muschio raccolto nelle nostre foreste, nelle zone più ombreggiate poiché più rigoglioso, vi si posizionano le icone tipiche, il laghetto fatto con pezzetti di specchio, le strade e la neve ottenute con una spolverata di farina bianca. Per quanto riguarda l’albero, la tradizione casentinese, racconta che proprio la vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare.

Calata la sera e caduta una fitta neve, non seppe ritrovare la strada di casa. Assalito dall’angoscia pensò a quanto aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare. Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero verdeggiante e decise di ripararsi lì sotto: era un abete. Il piccolo vinto dalla stanchezza e dal freddo si addormentò ai piedi del tronco e l’albero, per proteggerlo, abbassò i suoi rami fino al suolo. La mattina il bimbo si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che lo stavano cercando, solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta abbondante nella notte, posandosi sui rami frondosi, aveva formato delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole dell’alba, sembravano luci sfavillanti di uno splendore incomparabile. In ricordo di ciò, l’abete è stato adottato come simbolo del Natale e da allora addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti videro in quel giorno.

L’ultimo colpo di coda delle feste è affidato alla Befana. Nell’immaginario collettivo si tratta di una vecchietta con una gonna scura, un grembiule, uno scialle, un fazzoletto in testa che, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, sopra una scopa, volando sui tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate dai bimbi con doni, caramelle o carbone per quelli capricciosi.

La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani dove la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Re Magi. Secondo la leggenda, i Magi, diretti a Betlemme, non riuscendo a trovare la strada chiesero aiuto a una vecchietta che però non li accompagnò. Pentitasi di non averli aiutati, preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli, senza però ritrovarli. Lungo il cammino, si fermava, donando dolciumi ai bambini nella speranza che uno di loro fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bimbi.

Questa tradizione si unisce a quella popolare dove il termine Epifania, storpiato in Befana, ha assunto un significato diverso. Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il Natale, ossia dopo il solstizio d’inverno, si celebrava la morte e la rinascita della natura. La notte del 6 gennaio la figura pagana Madre Natura, stanca per aver donato tutte le energie durante l’anno, appariva come una vecchia strega, che volava con una scopa. Ormai sfinita, Madre Natura era pronta per essere bruciata come un ramo secco per far sì che dalle ceneri potesse rinascere una luna nuova. Prima però, passava a distribuire doni e dolci, in modo da piantare i semi che sarebbero nati durante l’anno successivo. Ancora oggi si costruiscono, anche in Casentino, fantocci di paglia a forma di Befana, per essere bruciati durante la notte dell’Epifania.

Se come vuole il proverbio, l’Epifania tutte le feste le porta via…il Natale rimane un periodo ricco di tradizioni, un’ottima ragione per trascorrere del tempo in compagnia, riscoprendo la bellezza del semplice stare insieme mettendo da parte la frenesia del mondo moderno.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 277 | Dicembre 2016)

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