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sabato, 19 Aprile 2025

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La decadenza del castello di Chiusi

di Francesca Corsetti – Da qualche mese il castello del Conte Orlando di Chiusi della Verna versa in uno stato critico, segnando il culmine di anni di incuria e degrado. La questione è sospesa da oltre dieci anni in un limbo di eterne trattative di compravendita, clausole e rischi concreti per la sicurezza pubblica. Oltre a essere pericolante, il simbolo storico che sancisce il legame di Chiusi della Verna con il suo Santuario, non appartiene ancora alla comunità, ma è una proprietà privata. E di questo è giunto il momento di parlare.

Tra gli ultimi documenti in cui si fa menzione del castello di Chiusi, ce n’è uno che risale al 14 novembre 2023. Si tratta dell’approvazione del progetto di fattibilità tecnico-economica con il fine di “recupero e rifunzionalizzazione, in occasione delle celebrazioni dell’ottocentenario, degli spazi aperti e delle strutture del Castello”. La deliberazione specifica che “la copertura finanziaria sarà individuata a seguito della pubblicazione dell’esito del bando a valere sui fondi del Piano Nazionale”, riferendosi al Bando piccoli comuni.

È notizia del 2 agosto 2024 l’esclusione dalla graduatoria secondo il testo del DPCM. A ogni modo, il progetto contava una richiesta di finanziamento di ben 696.488,22 euro, di cui cento mila è la somma da destinare all’acquisto dell’immobile. Si tratta dell’ennesima delibera di fattibilità, in realtà l’acquisto dell’immobile sembra essere tuttora lontano. Ancora più lontano nel tempo è l’inizio di questa vicenda: trattasi, infatti, di una questione cominciata quasi vent’anni fa.

Nel 2006, il Consiglio Comunale deliberò l’acquisizione a titolo gratuito dell’area su cui sorgono i ruderi del castello di proprietà della famiglia Montini, vincolando l’efficacia del contratto all’erogazione di uno specifico finanziamento per il suo ripristino da parte della Regione Toscana. Per esattezza, la convenzione risale al 29 novembre 2006, e la condizione prevedeva che la Regione erogasse il finanziamento entro il 31 dicembre 2009. Quindi, se il finanziamento non fosse stato ottenuto dal Comune, l’accordo prevedeva che il castello sarebbe dovuto tornare ai legittimi proprietari. Così è stato e, vista la mancata concessione del finanziamento, la Giunta Comunale deliberò la rescissione della convenzione con decorrenza dal 1° giugno 2012.

Un riepilogo di quello che successe dopo si trova nella deliberazione del 16 aprile 2024, dove si specifica che nel 2012 i legittimi proprietari non risposero entro i termini previsti alla notifica che dichiarava la cessazione dell’accordo, effettuata dal Comune. La stessa deliberazione menziona anche che, nel 2020, non sottoscrissero neppure il “contratto di constatazione di superamento dell’efficacia della convenzione” del 2006. Di conseguenza, si riporta che, “non per volontà del Comune”, questo risulta ancora titolare del diritto di superficie, seppur ormai decaduto.

La deliberazione, emanata a circa due mesi dalle scorse elezioni amministrative, ne richiama una precedente che prevedeva l’acquisto dell’immobile tramite finanziamenti ottenuti con contratti di sponsorizzazione. Al contempo, delibera l’acquisto del castello solo ed esclusivamente in caso di assegnazione del contributo da parte della Regione Toscana. Contributo che, quasi vent’anni dopo il primo tentativo, ragionevolmente si fatica a immaginare.

Viene da chiedersi, dunque, se l’Amministrazione abbia veramente la volontà di procedere a questo acquisto pur citando nello stesso documento: “le condizioni gravissime di degrado, lo stato totale di abbandono, […] l’inesorabile ed inarrestabile disfacimento e con esso la perdita delle radici storiche di questo comune”.

Parole che ormai suonano vuote, che decantano un valore storico trascurato e disperso. Tra tanti atti e interessi, è ora fondamentale riportarlo alla luce, rinfrescando la memoria di alcuni con qualche cenno storico significativo. Oltre ad aver rappresentato la residenza del signore di Chiusi, secondo quanto si legge nel libro Sotto fatale e felice stella nel Casentino (2016), fu proprio il castello a dare origine all’antica podesteria, la vera “Podesteria di Michelangelo”.

Documenti del tardo Cinquecento citano più volte l’abitazione del podestà, descrivendola in uno stato di rovina. Dalle descrizioni giunte a noi, si ritiene probabile che si tratti dello stesso edificio ricavato dal “palagio” della famiglia Cattani, di cui possediamo informazioni risalenti già al 1390. Solo nel XVII secolo verrà costruita la podesteria che possiamo ammirare ancora oggi. Insomma, il Cassero non è solo un luogo che testimonia il legame con San Francesco, ma verosimilmente anche con lo stesso Michelangelo.

Eppure, a riprova dell’improrogabile bisogno di un intervento e dell’assenza dell’Amministrazione anche sul fronte sicurezza, c’è anche una comunicazione urgente del Comando dei Vigili del Fuoco di Arezzo. Questa, datata 30 aprile 2024, segnalava la caduta di una pietra di circa 15 kg e di altri frammenti nel giardino di una proprietà privata sottostante il castello. Inoltre, dichiarando una preesistente delimitazione con transenne insufficiente a un’idonea protezione, sollecitava l’esecuzione delle dovute opere di ripristino e la chiusura di un tratto di strada di circa 50 metri a rischio, per la quale l’Amministrazione non è mai intervenuta.

Il documento, inoltre, segnalava la pericolosità di alcuni blocchi di pietra sulla sommità delle mura, l’accessibilità all’interno del rudere tramite una porta non debitamente chiusa e l’instabilità di altri tratti di muro che richiederebbero verifiche approfondite. Ad oggi, vicino allo spigolo da cui sono crollati i primi frammenti vediamo installato un ponteggio, con ogni probabilità su intervento del legittimo proprietario, per scongiurare la caduta di altre pietre. Per tutto il resto, la situazione sembra essere nuovamente in una fase di stallo.

Non resta che ribadire che la mancata acquisizione da parte del Comune e i ritardi negli interventi necessari continuano a mettere a rischio questo patrimonio, il cui ripristino arrecherebbe grandi benefici alla comunità. Oltre a ciò, l’ambiguità giuridica solleva inevitabilmente dei dubbi sulle responsabilità effettive. Ora più che mai, è fondamentale che si diano risposte concrete e si mettano in pratica scelte decisive per salvaguardare ciò che resta di questo luogo, prima che sia troppo tardi.

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