di Andrea Ricci – Il Casentino oltre ad offrire foreste secolari, tradizioni millenarie e luoghi di culto, ha regalato alla storia uomini e donne di straordinario valore in grado di creare profondi cambiamenti delle nostre società e vere e proprie rivoluzioni socio-economiche e culturali. Tra questi vi è sicuramente l’amico e collega Ugo Biggeri che, seppur nato a Firenze, ha entrambi i genitori di Bibbiena e un fortissimo legame con il Casentino: “Dei miei 16 trisnonni, 14 sono sepolti nel cimitero di Bibbiena e gli altri due in un cimitero lì vicino. Sento fortissimo il legame con il territorio dove ho passato gran parte della mia vita e sento di aver ereditato tantissima della mia curiosità su come funziona il mondo e della mia voglia di stare con gli altri proprio dalle mie radici Casentinesi”.
Ugo è uno dei pionieri della Finanza Etica in Italia e nel mondo e da più di 30 anni sta promuovendo una vera e propria rivoluzione culturale e un nuovo modo di fare finanza ed economia. Attualmente è il presidente di Etica SRG, una società di gestione del risparmio nonché l’unica organizzazione italiana che offre solo fondi di investimento socialmente responsabili. Ugo inizia il suo percorso negli anni ’80, percorso che lo ha portato alla fondazione di Banca Etica dove ha fatto parte del consiglio amministrazione per 18 anni di cui 9 da presidente. Banca Etica è una realtà unica nel panorama bancario italiano perché finanzia esclusivamente ambiti di interesse collettivo: dalla cooperazione sociale, alla cooperazione internazionale, dalla tutela dell’ambiente alla promozione della cultura, dalle energie rinnovabili all’agricoltura biologica.
Ugo mi racconta il contesto, le esigenze e le motivazioni che hanno mosso quel percorso: “Banca Etica è arrivata apparentemente per caso nella mia vita. Fin dai tempi del liceo con l’amico Alessandro Preti ci siamo impegnati per rendere il mondo un posto migliore. Durante attività di volontariato con la ONG Mani Tese abbiamo avviato la campagna “Contro i mercanti di morte” per avere in Italia una legge che regolamentasse la vendita e l’invio di armi. Era la fine degli anni ‘80, il periodo della guerra Iran-Iraq che ha fatto almeno un milione di morti. L’Italia vendeva armi e sistemi di difesa a entrambi i contendenti, finanziando di fatto la guerra. Dopo una lunga battaglia e attività di sensibilizzazione la legge venne approvata nel 1990 (legge 185/90). Inoltre, in quel periodo eravamo i coordinatori e i tesorieri della campagna per la messa al bando delle Mine Antiuomo, una campagna che ha vinto il premio Nobel per la pace perché è riuscita a ottenere la messa al bando di quel tipo di mine fatte a farfalla e pensate perché i bambini ci giocassero e venissero mutilati. L’Italia produceva e vendeva questi ordigni. Il prodotto della legge 185/90 fu che le banche da allora erano costrette a dichiarare quando investivano nel commercio delle armi, creando così consapevolezza tra risparmiatori. Dopo l’entrata in vigore della legge mi venne chiesto di essere tra i fondatori di Banca Etica per continuare nel missione di creare un soluzioni economico-finanziario più etiche”.
Ugo accettò di far parte dei fondatori di Banca Etica per creare concrete soluzioni alla contraddizione in cui siamo immersi quando facciamo economia o qualsivoglia scelta economica: “pensiamo quasi sempre solo al valore economico delle scelte che facciamo ma dietro all’eventuale guadagno, al tasso di interesse, al risparmio c’è molto altro. Il denaro non puzza, ma ha delle storie che noi non vediamo proprio perché ha un’apparenza di neutralità. Farsi domande sul denaro su dove vanno a finire i nostri soldi è molto importante, soprattutto se si vuole essere efficaci nel migliorare il mondo in cui viviamo”. Così, nel contesto del consumo critico e del cittadino consapevole che si fa domande sui propri acquisti, investimenti e sul proprio risparmio, nacque Banca Etica, una novità assoluta in termini di attenzioni sociali ed ambientali nel fare banca. Per la prima volta una banca nasce dalla spinta dei risparmiatori. Proprio nei mercati finanziariamente maturi dove le banche sono ovunque, i cittadini iniziano a pretendere che queste dischiarino dove sono investiti i risparmi.
Questo più che mai è attuale oggi, ora che ci rendiamo conto che i temi della sostenibilità ambientale e sociale dipendono moltissimo dalle nostre scelte economiche. Ugo da decenni lavora per rimettere dentro l’equazione che fa funzionare l’economia anche i fattori ambientali e sociali, consapevole del fatto che risolvere l’equazione soltanto da un punto di vista del rendimento finanziario può portare alla distruzione del pianeta. Oggi sperimentiamo sulla nostra pelle gli effetti dei cambiamenti climatici. Le necessità che hanno fatto nascere la banca stanno diventando critiche. 25 anni fa quando è nata Banca Etica veniva vista come un’idea di anime belle, oggi qualunque banca cerca di darsi una patina di green: “Può essere vista come una cosa negativa; lo è quando si fa solo Green Washing e si utilizza 2 o 3 progetti in campo ambientale per pulirsi l’apparenza aziendale, oppure può essere una vera attività di cambiamento. L’importante è che se ne parli e che le nuove generazioni abbiano molte più attenzioni di quelle passate su questi temi. Il mondo bancario sa che i giovani di oggi saranno i clienti del futuro che terranno in piedi il sistema e quelli che chiederanno sempre crescenti attenzioni sociali e ambientali”.
Da qui nasce la vera rivoluzione culturale, che si riflette sul modo di fare economia e finanza. Quando mettiamo i soldi in banca o facciamo un investimento abbiamo la responsabilità, oltre che il diritto, di chiedere informazioni sugli impatti sociali e ambientali di tali operazioni. Sulla spinta del cambiamento creato da Banca Etica oggi è possibile avere questi dati e avere misure là dove qualche anno fa si poteva avere soltanto delle stime: “Si tratta di decidere si vuole mettere al primo posto la solidarietà tra le persone e la salvaguardia del pianeta oppure l’egoismo di pochi che vogliono massimizzare il loro profitto”.
Parlando di Casentino Ugo lascia trapelare un grande amore e conoscenza del territorio: “il Casentino è un messaggio di sostenibilità, non quella dell’ultima ora, ma quella che si sviluppa lungo secoli, con tradizioni, capacità di vivere in armonia con la natura e con un forte tessuto produttivo artigianale. Ovunque si volge lo sguardo è una sensazione piacevole. Ad esclusione di qualche capannone, questo paesaggio è probabilmente lo stesso che si vedeva ai tempi della battaglia di Campaldino o anche prima. Eppure è un paesaggio in cui l’opera dell’uomo è sempre stata presente, mantiene la sua bellezza e la sua naturalezza e offre opportunità di uno stile di vita molto più vicino alla natura e ai veri bisogni delle persone”.
Banca Etica ha dei finanziamenti nel territorio e sul loro sito si può vedere cosa viene finanziato. A partire da questi esempi, si può intuire quanto di bello ancora si può fare. Il messaggio è che se ci sono dei bei progetti bisogna valorizzarli e tirarne fuori il plus ambientale e sociale: “una cosa assolutamente da valorizzare in Casentino è la qualità Artigiana, la capacità di saper fare, caratteristica non più così apprezzata. Oggi se un ragazzo non studia all’università per poter lavorare seduto su una sedia davanti al computer sembra che non abbia avuto successo. Non bisogna assolutamente perdere la capacità di saper fare con le mani, di saper estrarre dalla natura attraverso la nostra creatività. Credo che questo sia il tema su cui si può ragionare per valorizzare il Casentino.”
Oggi c’è una necessità impellente di rivedere il nostro stile di vita, l’approvvigionamento energetico in primis e questo si può fare a partire dalle piccole comunità: “C’è da fare uno sforzo per capire cosa possiamo fare per diventare anche delle comunità energetiche che sanno produrre le risorse che servono. Credo che questo sia la sfida per il mondo e anche per il nostro territorio”. È proprio questo che Ugo suggerisce ai Casentinesi: “partire dalla genuinità del territorio, valorizzarla e trasformarla in una narrazione di uno stile di vita diverso che è alla portata di tutti, lavorando in concerto. Abbiamo l’idea che le scelte siano sempre individuali, in realtà si vive meglio se si condividono con altri. Scegliere come sviluppare una comunità e un territorio non può prescindere dal pensare di viverlo insieme. In Casentino ancora ci sono valori comunitari, ma credo che andrebbero rafforzati. Bisognerebbe avere forza di far valere ancora di più il fatto di vivere in una stessa valle, di avere di avere un destino comune e puntare sulle specificità del territorio e del fare insieme, cosa che è difficile perché il campanilismo è forte e perché ognuno tende a pensare per sé o che sia l’ente pubblico che deve fare per noi. Siamo noi che facciamo comunità”.
E Ugo di questo ne ha fatto uno stile di vita, da molti anni vive con la sua ad altre famiglie in una comunità familiare che fa accoglienza di persone in difficoltà: “C’è sempre qualcosa da fare a casa. E in questa comunità dove viviamo che cerco, insieme alla mia e alle altre famiglie, di riprodurre quella convivialità che ho vissuto da ragazzo in Casentino in occasione delle grandi feste con tutti i parenti.”