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domenica, 24 Novembre 2024

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La leggenda del Rio Cantalupo

di Terenzio Biondi – Confesso che ho sempre avuto un debole per il piccolo Rio Cantalupo, fin da quando – eravamo a fine anni settanta – abitavo a Chitignano e frequentavo i torrenti della zona a pesca di trote. E il Cantalupo, conosciuto anche come Fosso di Valenzano, era uno dei miei preferiti.

Col mio fuoristrada raggiungevo Poggio d’Acona passando da Notteto, prendevo poi la strada sterrata che rasenta il cimitero e s’immette, subito a monte del castello di Valenzano, nel sentiero 016 che porta alla Casina della Burraia. Parcheggiavo l’auto presso la Fonte di Valenzano, bevevo qualche sorsata di quell’acqua fantastica e così fresca che pareva conservata in frigorifero, prendevo poi il sentiero 020 e raggiungevo il vicinissimo Rio Cantalupo attraversando una bellissima selva di castagni secolari. Castagni enormi che arrivavano fin sulle rive del fosso e che in autunno riuscivano quasi a coprire con i loro ricci e le tantissime castagne tutto il terreno del bosco. Ed era bello tornare a casa con qualche grossa trota e lo zaino pieno di marroni e pistolesi per passare serate indimenticabili mangiando davanti alla televisione squisite “brici” e dolcissime “ballotte”.

Il mio amore per il Cantalupo crebbe poi a dismisura quando un vecchio pescatore del basso Casentino (il mitico “Nanina”) mi raccontò l’origine di un nome così singolare.
In tempi lontani un lupo che abitava nell’Alpe di Catenaia tutte le notti veniva a bere l’acqua del torrente poco a monte di Valenzano. Un grande lupo che arrivava per i boschi fino al piccolo borgo di Casale, rasentava zitto zitto le case dei contadini e dei pastori con enormi stalle piene di pecore, cavalli e bestie bianche al piano terra, poi prendeva il sentiero che scende fino al torrente e lo attraversa per raggiungere Valenzano.

Beveva calmo calmo, gustandosi l’acqua freschissima del torrente, poi volgeva gli occhi in alto alla ricerca della luna e delle stelle e cominciava a ululare, a lungo. Ma più che un ululato sembrava un canto, un canto bellissimo, quasi un ringraziamento al cielo per l’acqua che aveva bevuto. Poi se ne tornava, in silenzio, nei boschi dell’Alpe di Catenaia, per rifarsi vivo la sera successiva.

Lui, il “Nanina”, questo lupo non l’aveva mai visto né sentito, per cui mi diceva che potevo andare a pesca tranquillo nel Rio Cantalupo. E io ci andavo, ma solo la mattina o nel primo pomeriggio, evitando assolutamente le prime ombre della sera. E ancora oggi, a distanza di tanti anni, la storia del lupo del Fosso di Valenzano mi torna alla mente tutte le volte che vado a pesca nel tratto a monte del castello e percorro il sentiero che porta a Casale.

Lì il Cantalupo è veramente un torrentello piccolo e bellissimo, specie all’inizio dell’autunno, quando dai castagni che circondano il torrente è tutto un cadere di ricci pieni di marroni e pistolesi che arrivano letteralmente a coprire le rive, sì che in dei momenti non sai cosa fare: se pescare nelle pozzette oppure raccogliere castagne sulla riva.

Io faccio entrambe le cose: prima pesco, nei brevi tratti pianeggianti e nelle tante pozzette profonde sotto piccole cascate abitate da fantastiche trote; poi raccolgo marroni lungo le rive e riempio lo zaino che porto a tracolla.

Chissà se un discendente del lupo che un tempo viveva nei boschi a monte di Casale mi spia nascosto dietro qualche castagno secolare?

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