di Martina Naccarato – Livio Valenti, casentinese classe 1961, è da anni coordinatore e operatore della NATA (Nuova Accademia del Teatro d’Arte) associazione che progetta e realizza spettacoli teatrali che si svolgono nelle e con le scuole medie della nostra vallata, questo mese ci racconta la sua esperienza pre e post pandemia.
Da quanto tempo la NATA organizza spettacoli teatrali rivolti a bambini e ragazzi degli asili e delle scuole? Quanti ne sono stati realizzati?
«La NATA è stata fondata nel 1988 e fin dall’inizio si è sviluppato all’interno della compagnia teatrale stessa un interesse specifico per il pubblico dei giovanissimi, questa “vocazione” è cresciuta nel corso del tempo e ha fatto sì che la NATA diventasse una delle formazioni artistiche più apprezzate nel settore del teatro per le nuove generazioni. Ciò non significa che facciamo solo questo, il nostro impegno ad organizzare eventi e spettacoli per il pubblico adulto è per la nostra compagnia teatrale altrettanto importante, è difficile dire quanti spettacoli o eventi abbiamo prodotto negli anni. Essendo il nostro un lavoro creativo per noi non valgono solo i numeri. Facciamo un paragone: nello sport i numeri sono importantissimi, i tempi che segnano i record, le presenze in nazionale, i gol fatti e quelli subiti, i falli, ecc… insomma, tutto viene contato, mentre il teatro è più un susseguirsi di eventi creativi e magici. Anche se alla base ci sono un lavoro artigianale e azioni concrete. I sogni vanno toccati con mano. Comunque, anche senza calcolatrice, possiamo dire che ogni anno la NATA realizza dai quattro ai sei spettacoli all’anno, salvo pandemie e casi eccezionali, va in scena più di cento volte in tutti i teatri d’Italia».
Quali sono gli aspetti principali di cui tenere conto quando si progettano eventi come i vostri?
«Innanzitutto, secondo me, è fondamentale avere una buona idea che susciti passione e condivisione. Una buona storia da raccontare è sempre un buon punto di partenza. Altrettanto importante però è mettere a frutto le caratteristiche dei singoli artisti coinvolti e, a mio avviso, tener sempre conto della percezione che il pubblico avrà del tuo lavoro. Noi facciamo spettacolo dal vivo e quello che realizziamo esiste nel momento in cui va in scena, la nostra arte non è per i posteri. Inoltre, ci sono una serie di aspetti organizzativi e gestionali piuttosto rilevanti con i quali dobbiamo necessariamente fare i conti ogni volta. La NATA è un organismo che fa politica culturale, quindi, tutti i nostri spettacoli fanno parte di un’ampia e complessa progettazione che ha dei macro-obiettivi. Insomma, cerchiamo di creare cultura per far sì che tutti siano liberi. Direi che tutto ciò è qualcosa di molto concreto che ha a che fare con i sorrisi della gente».
Il Covid-19 ha senz’altro cambiato il vostro modo di operare, ci spieghi brevemente in che maniera l’ha fatto, magari anche attraverso esempi concreti.
«Te la racconto come se fosse la telecronaca di un evento sportivo. Arriva il Covid-19: tutti i teatri vengono chiusi. Siamo sbigottiti e attoniti. Che fare? Prima c’è stato un grande silenzio e poi abbiamo cominciato a navigare tutti on-line, migliaia di soggetti creativi alle prese con nuovi linguaggi, insomma, una vera e propria esplosione, un’invasione. Personaggi fantastici che comparivano da tutte le parti, ma sempre dentro le mura di casa, attraverso il web. Allora abbiamo pensato che, ad ogni costo, dovevamo trovare un modo sicuro per esibirsi nuovamente dal vivo. Abbiamo pensato soprattutto ai ragazzi ed ai bambini che vanno a scuola, ma non possono uscire. Loro non possono venire a teatro e noi attori non possiamo entrare dentro la scuola. Ecco che proprio in quel momento abbiamo pensato di andare a fare teatro fuori dalle finestre della loro classe, cosicché loro potessero vederci e noi potessimo vederli attraverso i vetri. Che bella la trasparenza! E che nessuno apra quella finestra, perché, bisogna essere creativi in sicurezza. Lo abbiamo fatto e ci siamo inventati il “Teatro alla finestra – parole trasparenti”. È stata un’emozione fortissima».
In che modo questa pandemia ha cambiato le sensazioni che si provano durante la pianificazione e la messa in scena di uno dei vostri spettacoli?
«La pianificazione è stata un disastro, perché, le regole cambiavano in continuazione, perciò, quello che progettavi oggi non certamente domani sarebbe stato realizzabile. La prima sensazione che abbiamo provato è stata quella dello smarrimento, ma subito dopo è arrivata in nostro soccorso la creatività e poi la gioia, ovviamente, solo quando qualcosa è diventato spettacolo e quando è arrivato l’incontro con il pubblico. Beh, che dire, senza dubbio abbiamo cercato di fare ciò che era possibile e di farlo al più presto, consapevoli del fatto che la situazione sarebbe cambiata più volte e che l’avrebbe fatto velocemente. Alla luce di quanto appena affermato, consentitemi di dire che, secondo la mia modesta opinione, siamo stati piuttosto resilienti».
In conclusione di questo articolo ci sembra tanto giusto quanto doveroso complimentarci con Livio Valenti e tutta la NATA per il modo sicuro, straordinario e fuori dal comune in cui ha operato in momento storico così difficile.