di Giorgio Innocenti Ghiaccini – È noto che chi visita il Casentino rimane colpito dalla bellezza dei luoghi, dalla flora che colora la natura di mille colori, dall’azzurro del cielo, dalle paurose e magnifiche foreste, dalla severità dei castelli e in molti casi dai loro ruderi che ne ricordano l’antica e superba storia guerresca, dalle pievi romaniche e dai conventi che ne conservano gelosamente la storia nelle loro biblioteche.
Quando un politico intende valorizzare il Casentino, dice sempre che è pieno di storia, ma pochissimi, forse nemmeno lui, la conoscono e la storia rimane una ricchezza inutilizzata e sterile. Mi ricordo che tanti anni fa sentii parlare il grande Indro Montanelli che disse: “Un popolo, che non conosce la propria storia, non è un popolo, al massimo è una tribù”.
Io mi dedicai convintamente allo studio del susseguirsi delle vicende storiche della nostra valle e cominciai a frugare anche tra polverosi archivi e mi si aprì un mondo che non conoscevo. Cercai di imparare a leggere quello che i nostri avi, quasi sempre amanuensi, ci avevano tramandato anche facendo copie di tutto ciò che capitava nelle loro mani. Tutto mi riportava a vedere quello che esisteva secoli prima nelle nostre pianure, lungo le vie antiche, presso qualche fonte o in cima ad un poggio.
Mi pareva di vedere le casae, che erano di legno con i tetti di paglia, le antiche sterrate piste etrusche, le perfette e magnificamente lastricate stratae romane che valicavano i nostri passi appenninici con i milites sub sarcinis in marcia con lo scutum e il pilum usato come bastone.
Negli anni, ho capito che molta della nostra storia è stata dimenticata, trasformata, modificata e resa adatta solo per essere raccontata la sera a veglia quasi come un insieme di novelle. Questa trasformazione, che fatalmente è inutile tentare di fermare, ci viene evidenziata da scalpellature di spirali che sono frequenti nelle nostre chiese più antiche. Queste pietre, così incise, vogliono farci capire come tutte le cose si modifichino col passare del tempo, crescendo o diminuendo, a seconda di come si segua la spirale…
Alcuni anni fa, io e l’amico Guido Lacrimini (che ebbe l’idea), ponemmo alla foce dell’Archiano, un piccolo cartello (30 cm x 50) che ricordava, lungo la ciclopedonale, la morte fantastica di Bonconte da Montefeltro nel purgatorio della Divina Commedia. Quel cartellino l’ho rivisto un paio di volte sui giornali, segno che a qualcuno interessava.
Credo che tutti quelli che sono passati di lì, ammiratori di Dante o no, l’abbiano veduto e letto e con ciò, se ci fosse stato bisogno, abbiano imparato qualcosa. Per questo per alcune delle importanti vie antiche (prima etrusche, poi romane) avevo deciso di fare dei cartelli (che ho già fatto da anni) simili a quello, da mettere lungo quegli itinerari per rendere note molte notizie, a chi cammina, su quei percorsi. In questo modo anche i viandanti, amanti del viaggiare a piedi, avrebbero potuto avere la possibilità di conoscere e apprezzare l’importanza antica del Casentino che ho scrupolosamente documentata … facendo una sosta di 5 minuti!
I politici, ai quali avevo proposto la mia idea che avrei messa a disposizione gratuitamente in una “chiavetta” con quei cartelli, si sono dimostrati insensibili a questo tipo di comunicazioni, forse perché incapaci di gestire una cultura più seria che vada oltre quella delle sagre delle lumache o dei fichi secchi, che hanno il lodevole scopo di procurare introiti alle Pro Loco, ma animano le loro località solo per il tempo che durano.
Per l’amore che ho per la nostra valle tenterò di far conoscere un po’ di questa storia attraverso le pagine di CASENTINO2000. Comincerei col primo cartello che sarebbe riportato nelle pagine del mensile come se fosse idealmente piantato e affisso all’entrata in Casentino della Romea sull’Alpe di Serra. Naturalmente vi si spiegherà (nello spazio disponibile) anche quale sia la documentazione materiale che la indica in uso già da prima del V sec. a. C. e nell’Alto medioevo.
Per dare un’idea i cartelli fino all’Arno sarebbero idealmente affissi a: Serra, Chiesa di Serra, Corezzo con il ricordo dell’ospedale di S. Giuliano e la sua antica Misericordia, Frassineta depredata nel 1277, Pezza con l’ospedale di Vernaccio, Banzena, Campi con l’ospedale di S. Caterina col suo spedaliere tedesco Bastiano e giù, giù fino almeno all’ospedale dello Spirito Santo del Cafaggio nel territorio di Capolona.