di Anselmo Fantoni – Questo mese conosciamo un giovane chef di 40 anni, felicemente non sposato, diplomato ragioniere e Cordon bleu Firenze (scuola per cuochi privata), fra i suoi hobby c’è sicuramente la cucina che è la sua passione principale che non considera un lavoro ma un divertimento. Nel tempo libero legge cammina e viaggia spesso alla ricerca di nuove tecniche sapori ed ingredienti. Lui è Maurizio Brilli dell’Ospitale dei Brilli a Stia.
Cosa pensi quando sei ai fornelli? «Quando sono ai fornelli sparisce tutto, per me la cucina è zen mi rilassa, mi scrolla di dosso i problemi, riesce ad arrivare al mio io interiore, mi sento felice.»
Preferisci cucinare da solo o in squadra? «Da solo sono bravo, ma senza una squadra non si arriva a niente, fortunatamente ho una delle migliori squadre che si possa desiderare sia in sala che in cucina.»
Cosa ti ha spinto a fare della cucina il tuo lavoro? «In cucina ci sono arrivato per passione, dopo 10 anni passati a fare l’operaio, ho deciso di inseguire i miei sogni e fare quello che più mi piaceva, la cucina e tutti i sapori ed emozioni che ne scaturiscono, scoprendo un mondo difficile e duro ma pieno di grandi soddisfazioni, cucinare per la gente è una missione più che un lavoro, devi rendere felice la gente quando festeggia, devi essere la ciliegina sulla torta, nel piatto metti non solo ingredienti ma tutte le tue passioni, tutte le tue conoscenze.»
Quando raggiungi il massimo della soddisfazione? «Quando vedo la gente andare via felice, con un grande sorriso sapendo di avere regalato alcuni momenti di svago e felicità.»
Perché mettersi in gioco in Casentino e non in piazze più famose? «Il Casentino è solo all’inizio della sua storia sia culinaria che turistica, fortunatamente è ancora vergine ed incontaminato, le persone sono vere, nel bene e nel male, poi è casa mia, io lo vedo come un’eccellenza da far conoscere in giro per l’Italia ed il mondo, con la mia cucina spero di poter fare una piccola parte trasmettendo le emozioni e l’amore che provo per la mia terra, i suoi prodotti e i suoi abitanti.»
SCOTTIGLIA Ingredienti 1 pollo ruspante, 1 faraona, 1 coniglio, ali di tacchina vino, conserva di pomodoro, brodo rosmarino, salvia, finocchietto, aglio, olio, sale e pepe. La scottiglia è un piatto segreto per cui le quantità non possono essere svelate… Preparazione Condire con olio, sale, pepe, rosmarino, salvia e finocchietto le carni, poi iniziate ad arrostirle partendo dalle più coriacee, tacchino, pollo, faraona, coniglio, fate cuocere fino che le carni siamo ben rosolate, quasi arrosto. Aggiungete la conserva di pomodoro e fatela “caramellare” un po’, dopodiché sfumate con abbondante vino rosso. Fate ritirare il vino che si insaporisca ed insaporisca la carne. A questo punto aggiungete il brodo a coprire e raggiungete la completa cottura della carne. Per impiattare stendete del pane secco sul fondo di una scodella (abbondate pure è questo il valore aggiunto della Scottiglia) adagiatevi sopra la carne e poi annaffiate con l’intingolo, abbondate pure. Io non metto peperoncino ma gli amanti di questa spezia possono pure osare.
Vino suggerito in abbinamento: Morellino di Scansano DOCG 2020 Podere 414 La scottiglia è un piatto toscano, forse maremmano, forse casentinese o forse frutto della contaminante transumanza. La leggenda narra che in autunno ci si ritrovasse a veglia nelle case di campagna, per ascoltare le novelle della nonna o le “paure” per far crescere i ragazzi, non c’erano i telefonini, ne la talevisione, faceva buio presto e allora ognuno portava qualche pezzo di volatile, soprattutto ali e zampe, le si metteva nel paiolo del focolare e mentre cuocevano si rideva, si fumava un po’ di bettonica, si socializzava, poi una volta cotta la scottiglia una fetta di pane raffermo, quella non mancava mai, un po’ di brodo e poi tutti a nanna pronti per un nuovo giorno di fatica. Il piatto è oggi invece molto più elaborato, con carni saporite di grande succulenza e sapore, come per i tortelli ognuno ha la sua ricetta che ovviamente è la migliore in assoluto, una particolarità di questo piatto? Deve essere cucinato in grandi quantità, più se ne fa e meglio viene, forse in ossequio alla sua leggenda. Per questo piatto siamo andati in Maremma al Podere 414 in Magliano in Toscana. 414 è il numero che l’Ente Maremma ha dato a questo podere per l’assegnazione ad un colono nel periodo della riforma terriera. Dal 1998 Simone Castelli cura i vigneti cercando di dare al Morellino un tratto originale e classico al tempo stesso. Il vino si presenta di un rosso rubino intenso e vivo e ci regala sentori di marasca e arancia rossa, iris e violetta noce moscata e sbuffi di tabacco. La bocca è elegante e corposa equilibrata e persistente con ritorni di rabarbaro. Ottimo l’abbinamento. L’azienda è maremmana, l’aria è maremmana, l’accoglienza è maremmana. Qui le mani sono ruvide di fatica, l’accoglienza non è da nobiltà francese, qui si respira il valore toscano della fatica, del lavoro e della concretezza. Poche reverenze, semplici e diretti nello spiegare il progetto concreto quanto onirico. Non si sbaglia, siamo nella vera Toscana, lontani dai fiorentini raffinati, si fa per dire, non lontana da noi e possibile meta di una domenica di primavera per assaporare vini interessanti e pluripremiati. Se poi volete portarvi a casa una bottiglia da abbinare alla scottiglia non esitate, ricordate che essa ha bisogno di quantità, non solo di ingredienti ma anche di commensali, per cui anche se in gioiosa comitiva attenti alle quantità di cibo e bevande per la vostra ed altrui salute.