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venerdì, 11 Aprile 2025

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La strada verso nostra figlia

Due telefonate cambieranno per sempre la vita di un genitore adottivo: la prima quando l’Agenzia per le Adozioni Internazionali comunica che un bambino è in attesa di essere amato e la seconda quando è il momento di partire per andare a prenderlo. Prima di tutto questo ci sono lunghi anni di attesa, di speranza, di tristezza, di preoccupazione, di sentimenti che si alternano in maniera vorticosa e che si intrecciano con le vite di quei futuri genitori che devono necessariamente vivere la propria quotidianità come se nulla dovesse accadere, ma che tra burocrazia, incontri di preparazione, visite mediche e rinnovo dei documenti, hanno costantemente chiaro il percorso da seguire e tutto ciò è alimentato solo ed esclusivamente dalla fortissima motivazione ad arrivare un giorno ad amare una meravigliosa creatura.

Ogni adozione però è una storia a sé, e per quanto ancora oggi si tenda a stereotipare questa forma di amore forse per un retaggio culturale o per l’insensata voglia tutta umana di etichettare e incasellare ogni esperienza, nessuna famiglia che si creerà in questo modo avrà gli stessi bisogni, affronterà l’esperienza nella stessa maniera e si troverà a dover rispondere agli stessi interrogativi.

Noi abbiamo parlato con Gemma la mamma di Sangita, una bambina di origini indiane che quest’anno come nelle migliori favole a lieto fine ha festeggiato il suo primo Natale con i suoi neogenitori, nell’amore e in un “nuovo inizio” tutto da vivere. Gemma e Sangita sono nomi di fantasia ma noi rispettiamo il desiderio dell’anonimato di questa famiglia che si è venuta a creare da poco.

Da dove partire quando si parla di adozione? «Io e mio marito siamo partiti da noi stessi. Erroneamente si pensa che il punto di partenza sia il bambino, ma in realtà sono i futuri genitori, il loro vissuto, i loro valori, il loro modo di vedere la vita e il significato che attribuiscono alle cose che accadono. Noi abbiamo da sempre una marcata spiritualità che non significa necessariamente professare una religione ed essere praticanti, ma significa attribuire un senso più grande a ciò che accade nel mondo. È importante credere che oltre al nostro modo razionale di vedere le cose che ci viene insegnato in parte anche dalla nostra cultura, esiste un senso più profondo che ridona ordine al caos e fa si che in maniera a volte incomprensibile le cose trovino la loro giusta collocazione. Cercare una risposta ad ogni domanda è umano ma non sempre ci aiuta a vivere una vita serena. A volte le cose accadono e basta».

Come avete iniziato il percorso verso vostra figlia? «Noi siamo degli appassionati viaggiatori. Sette anni fa facemmo il nostro primo viaggio in India, un viaggio alla scoperta della cultura e della spiritualità di questo Stato. All’epoca i figli non erano neanche nella nostra fantasia, ma quel viaggio ci cambiò la vita per sempre. Un viaggio in India non lo si fa mai solo per “turismo”, sembra un modo di dire ma in India si va aspettandosi di trovare qualcosa. È un luogo che in maniera molto potente sa smuovere i sentimenti più profondi dalla felicità al dolore e ognuno di noi può imparare qualcosa da tutto questo. Ricordo che il ragazzo indiano che ci accompagnò nel nostro primo viaggio si presentò e disse: “Ben tornati a casa”, una frase sibillina a cui chiesi spiegazioni. Lui mi disse che in qualche modo l’India era da sempre dentro di noi. Oggi sorrido ad un evento così particolare, ma mi tocca dargli ragione, in India sarebbe nata nostra figlia».

Poi cosa successe al vostro rientro in Italia? «Questo viaggio ci colpì profondamente, io da sempre appassionata di religioni iniziai ad interessarmi a Induismo, Yoga e a tutti i saperi antichi che caratterizzano l’India. Dopo due anni da quel viaggio decidemmo di dare inizio al viaggio più importante della nostra vita, quello verso nostra figlia, un viaggio difficile durato cinque lunghi anni, dove purtroppo la pandemia ha giocato a nostro sfavore, bloccando e successivamente rallentando i tempi di attesa. Abbiamo trascorso molti momenti di sofferenza perché le adozioni non sono mai scontate e sicure fino a quando non andrai a prendere il tuo bambino/a. L’Agenzia a cui per legge una coppia deve affidarsi per il percorso garantisce i mezzi ma non il risultato e, purtroppo, eventi come la pandemia, problemi interni al Paese di origine del bambino, cavilli burocratici in Italia, o le guerre, possono minare il buon esito e la riuscita».

Quando siete partiti per andare a prendere vostra figlia? «Il 15 settembre scorso è arrivata la fatidica telefonata che era tutto pronto e potevamo prenotare i biglietti aerei. Il primo di ottobre decollavamo da Roma Fiumicino verso New Delhi. Molte persone ci hanno chiesto e ci chiedono come ci sentiamo, quali sono i nostri stati d’animo e a volte rispondere che siamo felici suona quasi riduttivo, ma è così. La nostra bambina che oggi ha 2 anni è il dono più grande che la vita e gli oltre 6 milioni di dei induisti potevano farci! Strano a dirsi ma è come se fosse sempre stata con noi. Ovviamente la vita cambia e non di poco perché io e mio marito, abituati da sempre ad una vita di coppia, ci siamo trovati all’improvviso con una creaturina dolcissima e ai bisogni di un bambino della sua età e questo ha modificato la nostra routine giornaliera e le nostre visioni, ma ne siamo enormemente felici perché era quello che desideravamo ormai da tanti anni».

Raccontateci qualcosa del vostro viaggio in India… «I nostri dodici giorni a New Delhi sono stati come un film. Il secondo giorno che eravamo in India già ci era stata “consegnata” la nostra bambina. Avevamo un referente locale, una persona estremamente professionale e di una umanità rara, ma vero è che a parte le necessità pratiche e logistiche, ce la siamo dovuta cavare da soli perché non sapevamo granché delle abitudini della bambina e i suoi gusti in fatto di cibo erano limitati al latte artificiale e qualche pappa pronta. Certo eravamo in contatto giornaliero con l’Associazione per le Adozioni Internazionali in Italia, ma devo dire che l’esperienza maturata nei viaggi mia e di mio marito si è rivelata essenziale per il buon esito della permanenza unita ad una innata voglia di farcela! Si, ora posso dirlo che diventare genitori sprigiona una energia estremamente forte che onestamente pensavo di non avere. Se mi guardo indietro quella che vedo non so neanche se sono io, tanto ho trovato risorse che pensavo di non avere! E poi io e mio marito non siamo tipi “pantofolai” e quindi, compatibilmente con i bisogni di una bambina piccola, abbiamo deciso di perlustrare le zone intorno al nostro albergo, per immortalare quanto più possibile ricordi di questa esperienza».

Dove siete stati? «Come ho già accennato io e mio marito abbiamo sempre dato molta cura alla nostra spiritualità e oltre al Battesimo cattolico che faremo in Italia, siamo andati alla ricerca di un tempio induista che potesse fare una piccola preghiera o cerimonia di benvenuto alla nostra nuova famiglia. Abbiamo trovato il responsabile di un tempio che ci ha mostrato tutte le divinità presenti all’interno dell’edificio e ci ha fatto soffermare di fronte alla statua del Dio Ganesh, o Dio Elefante. Questa divinità è invocata quando avviene una nascita, o c’è un inizio molto importante che può essere un viaggio o un grosso cambiamento. Dopodiché il cerimoniere ci ha fatto un dono preziosissimo: un quaderno decorato di immagini, scritto in sanscrito (e tradotto in inglese per noi) dove viene celebrata la nascita della nostra bambina, di noi genitori, il tutto sotto la buona stella delle influenze astrali. Notoriamente in India l’astrologia è ancora molto importante come disciplina, al pari di una scienza».

Cosa consiglierebbe di avere nel “bagaglio mentale” di un genitore adottivo? «Una domanda molto difficile! Nel corso degli anni a noi sono arrivati una valanga di consigli, anche non richiesti, e con il senno di poi molto fuorvianti per come si è rivelata sino ad oggi la nostra esperienza. Per tutto ciò l’unica cosa che mi sento di dire è di seguire l’istinto, quella sana parte di incoscienza e di follia che non può mai mancare quando si decide di intraprendere viaggi di questo tipo! Purtroppo spesso le adozioni si focalizzano sulle difficoltà, ma essere consapevoli non significa approcciarsi alle cose con paura e diffidenza. Anche una giovane coppia che si sposa non potrà mai immaginare realmente il proprio futuro. Potrebbe essere dolorosissimo o ricco di successi e felicità. Ma ciò che la vita mi ha insegnato è quanto conti la motivazione e la solidità della persona che affronterà con te il cammino di ogni giorno. C’è un tempo (molto lungo!) per riflettere se l’adozione sia o meno il percorso giusto per chi decide di affrontarlo, ma successivamente bisogna imparare anche a lasciarsi andare a ciò che succederà. Io e mio marito possiamo solo dire che le emozioni che ci sta facendo provare la nostra bambina non le avevamo mai provate in tutta la nostra vita e che nostra figlia è oltre qualsiasi fantasia che potevamo avere prima del suo arrivo! Questa è ovviamente solo la nostra esperienza e come abbiamo già detto nessuna adozione sarà mai uguale ad un’altra, ma oltre le convenzioni l’amore resta sempre il motore più potente che darà senso al nostro esistere».

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