di Denise Pantuso – Il titolo prende spunto dal testo di Maurizio Balistreri, ricercatore in filosofia morale all’università di Torino e autore del testo “Sex Robot. L’amore al tempo delle macchine”. La mia idea in questo articolo è quella di poter mettere un po’ di parole sul tema dell’amore nella contemporaneità visto e considerato che culturalmente, e di riflesso nelle manifestazioni psicopatologiche, è sempre sotto i riflettori ma con modalità tipiche di questa epoca. È ormai da anni che nel discorso comune il tema dell’amore per l’altra donna o per l’altro uomo è diventato obsoleto, passato di moda, quasi un discorso per poveri di spirito poiché l’umanità va sempre più incontro all’amore per se stessi ossia ad un amore prevalentemente narcisistico. Oggi c’è una parte di società che sente la mancanza dei discorsi d’amore e sull’amore, c’è ancora il tormento nel cercare di comprendere cos’è l’amore per l’altro ma non c’è più l’autorizzazione a condividere tutto questo e a soffrirne.
Dall’altro lato nelle giovani generazioni l’amore è prevalentemente narcisistico, necessita di uno specchio che riflette la luce della perfezione evidenziandosi così uno scollamento tra generazioni. Appare sempre più presente la caduta del sentimento di amore come desiderio di continuità affettiva, unione nelle conflittualità, co-costruzione del senso della vita e tanto altro rovesciando il discorso in termini particolarmente soggettivi: “Cosa mi fa stare bene?”, “Come posso essere felice?”, “L’altro facilità la mia scalata per la felicità?”. È come se nel discorso comune le persone fossero diventate un pezzo dell’ingranaggio di una macchina e che, se il pezzo funziona bene viene tenuto altrimenti viene buttato prendendone un altro. I legami diventano inevitabilmente brevi, conflittuali e digitali poiché in questo scenario non si può dimenticare che molte relazioni nascono, crescono e finiscono su internet.
Allo stesso tempo l’incontro sessuale nelle giovani generazioni non è più il segno di un incontro con una persona che piace ma sta diventando sempre più spesso una prestazione genitale, un modo per sapere se si piace, un baciare per valutare l’igiene di chi si bacia; c’è una tendenza a rimanere ancorati all’organo negando l’esistenza di valori umani e spirituali nell’incontro. Se una volta venivano silenziosamente sognati gli incontri erotici oggi si chiedono direttamente al primo incontro o via chat anche attraverso provocazioni fotografiche. Se allarghiamo un po’ la visuale possiamo sostenere come tutto questo vada a facilitare l’ingresso della robotica nei rapporti affettivo-sessuali. Infatti alcune indagini statistiche sottolineano come nell’arco di quattro anni l’acquisto di sexrobot sia aumentato.
Maurizio Balistreri nel testo si domanda “Cosa c’è di male a fare sesso con un robot?”. È un po’ come dire cosa c’è di male a fare a meno di un abbraccio? Di un bacio e di un incontro a cena? Del tenersi per mano e del desiderarsi? Cosa c’è di male a fare a meno delle difficoltà insite in ogni rapporto amoroso e sessuale? Cosa c’è di male a voler sperimentare nuove forme di piacere sessuale? Se ci svincoliamo dal fatto se sia etico o non etico avere rapporti sessuali con un robot il fatto di averli con un robot significa non saper più amare? I robot sono semplicemente l’apice di un cambiamento già insito nell’uomo contemporaneo e cioè che è già una macchina del godimento? Forse la visione del film “Lars è una ragazza tutta sua”, film che ho già citato in altri articoli, ci può aiutare per trovare una possibile risposta.