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sabato, 21 Dicembre 2024

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L’amore rinato del Casentino per l’olio

di Anselmo Fantoni – Ricordo che nel 1973, quando la mia famiglia tornò in Casentino dopo la cattività romana, facemmo due litri d’olio con le olive raccolte dai pochi olivi che avevano resistito all’abbandono; andammo ad un frantoio a Chitignano, ne portammo un liquido denso dal colore verde oliva intenso e dal profumo ammaliante. Il sapore deciso e piccante come mai avevo gustato, molto diverso da quello dei Castelli romani, più giallo e meno aggressivo.

Si può vivere senza vino, vivendo una vita magra e triste, ma non si può vivere senza olio EVO. Per noi toscanacci l’olio è necessario come l’ossigeno su Marte, cosa sarebbero le schiacciate di Scarpaccia senza olio, cosa la pappa al pomodoro, la minestra di pane, i crostini col cavolo nero o coi fagiolini, le bruschette coi fagioli, le rape cor sarsiccio… nel nostro sangue scorre vivificante il sangiovese, ma anche i polifenoli del succo delle olive.

L’olivo è stata una pianta mediterranea di cui le antiche civiltà, da Micene a Roma, hanno tratto non solo sostentamento alimentare, si ungevano i Re e gli Imperatori, i Vescovi e i Papi, gli atleti e gli sposi. L’olio alimentava le sacre lanterne dei templi e le semplici case dei servi. Un prodotto per la salute e per il gusto, conservante e condimento, medicina e panacea per molti malanni. Curava dolori articolari, patologie della pelle, problemi intestinali. Attorno all’oro verde leggende e credenze si sono moltiplicate, il primo ramo scoperto dalla colomba dopo il diluvio universale, simbolo mondiale di pace.

Dopo il boom economico degli Anni ’60 sono stati abbandonati nelle campagne, ma l’olivo è pianta tenace, capace di resistere al fuoco e al gelo; ricordo l’inverno del 1985, temperature glaciali e olivi spaccati dal grande freddo. Ma dopo qualche anno dai ceppi morti hanno sviluppato nuove piante e la magia della frangitura si è ripetuta. Oggi anche in alcuni giardini possiamo ammirare piante di olivo, in realtà più per decorazione che per produrre olio, ma crescono realtà impensabili qualche decennio fa.

Cosi molti hanno qualche decina o anche qualche centinaio di olivi da cui traggono olio per amici e parenti, non è difficile scoprire scorci di oliveti ben curati, giardini fantastici che oltre a soddisfare la bellezza dei paesaggi e degli scorci ci regalano un prodotto che va oltre alla gradevolezza culinaria. Ancora in Casentino non ci sono realtà che producono in maniera economica per trarre dall’olivo una rendita, ma fra qualche anno sicuramente nasceranno frantoi, o meglio rinasceranno, alcuni hanno già impiantato migliaia di piante per avere un ritorno economico a breve, altri hanno realizzato piccoli oliveti per consumo familiare.

Il Casentino oltre ad aver intrapreso una via enologica sta cominciando a impiantare o recuperare ulivete, sia a livello familiare che come recupero di terreni marginali difficilmente utilizzabili per altre colture redditizie. Condurre un uliveto non è cosa ardua ma è cosa difficile, le piante esigono una manutenzione costante e la produzione non sempre è generosa, negli ultimi anni infatti la produzione ha dovuto combattere con attacchi di parassiti e condizioni meteorologiche avverse, tanto che alcuni hanno riconsiderato il loro impegno; ci vuole tanta caparbietà e impegno per avere risultati costanti: trattamenti e contrasto dei parassiti e malattie, irrigazione di soccorso e pratiche agronomiche efficaci.

La nostra valle, soprattutto nell’alto Casentino, è abbastanza difesa dai parassiti ma più vulnerabile ai freddi degli inverni e dalle gelate tardive. Nonostante il clima al limite sempre più, anno dopo anno, assistiamo ad un aumento delle piante non solo nei nostri giardini ma anche in terreni fino ad oggi lasciati a se stessi. Un rinascimento delle nostre radici, una voglia di tornare ai nostri trascorsi etruschi, romani, così che anche alcuni ristoranti offrano ai propri ospiti la carta degli oli, presentando in abbinamento ai cibi l’elisir migliore.

In attesa di nuovi impianti e nuovi frantoi gustiamoci il nettare verde di amici e parenti perché oramai la strada è tracciata e i nostri figli potranno godere sia dell’oro verde che di vini eccelsi. Le radici non possono essere totalmente sradicate, e anche alcuni giovani hanno scelto di sporcarsi le mani, di accettare di durare fatica in cambio di prodotti d’eccellenza, la terra dimostrerà di essere generosa e fornitrice di salute e soddisfazione.

Piantare un olivo è come innalzare la bandiera a Okinawa, con una differenza: per innalzare una bandiera si devono uccidere tanti soldati, per piantare un olivo no. In questo momento storico, la pace, passa anche dalla realizzazione di un’uliveta. Chi ha terra e a cuore il futuro dei propri figli pianti olivi, non tutti gli anni avranno olio abbondante, ma chi pianta olivi pianta la pace, solo per questo val la pena provarci.

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