di Melissa Frulloni – Donne e Arma dei Carabinieri; fino a qualche decennio fa un binomio inesistente e per alcuni anche impensabile, ma che invece oggi, dopo ben 22 anni che anche le donne possono indossare questa divisa, è diventata un’unione forte e inossidabile.
Le donne sono ancora ovviamente in minoranza nell’Arma così come nelle altre forze di polizia, ma il loro numero sta velocemente aumentando. Nella Compagnia dei Carabinieri di Bibbiena si contano ben 4 donne in divisa; le abbiamo incontrate per farci raccontare la loro esperienza di militari e come vivono il rapporto con il Casentino.
Davanti a noi c’è Maria Domenica Capuano, originaria della Basilicata: “Sono arrivata a Bibbiena lo scorso 25 luglio, ho 24 anni e sono Maresciallo. Dopo gli studi ho fatto il concorso e ho frequentato la Scuola per Marescialli e Brigadieri di Firenze.” Serena Prugnoli, invece ha 27 anni ed è originaria di Viterbo. È un Carabiniere Semplice ed è arrivata a Bibbiena poco dopo il Maresciallo Capuano. Prima era a Palermo, città in cui ha prestato servizio per 4 anni: “Mi trovo nella Stazione di Chiusi della Verna. Sono stata nell’esercito per 2 anni e la mia carriera militare è iniziata quando ero giovanissima; mi sono arruolata a 20 anni!”
“Carabiniere Semplice Laura Scalora, ho 30 anni e sono originaria di Siracusa. Anche io sono entrata nell’esercito dopo gli studi e ci sono rimasta per 1 anno; poi ho fatto il concorso per carabinieri e successivamente la scuola in Sardegna. Sono a Bibbiena dal 2019. Dopo il diploma mi sono laureata e per un anno sono stata ad Udine, in un centro antiviolenza per donne. È stata un’esperienza molto tosta però davvero bella e formativa, sia dal punto di vista professionale, che personale ed emotivo.”
E poi c’è Michela Sestini, Carabiniere Scelto di 37 anni, originaria del Casentino: “Dopo le superiori ho fatto l’università; avrei dovuto dare gli ultimi esami, ma a 25 anni ho lasciato gli studi per realizzare il mio grande sogno: mi sono arruolata nell’esercito. Per un anno sono stata a Treviso nelle Trasmissioni, poi negli Alpini. Successivamente ho fatto due concorsi per carabinieri, ma per vari motivi non sono entrata. Così ho deciso di congedarmi e terminare gli studi (promessa che avevo fatto ai miei genitori e che volevo assolutamente onorare). Il giorno della laurea mi arrivò una mail in cui mi veniva comunicato che il concorso era stato sbloccato e che ero finalmente entrata nell’Arma. Da lì ho frequentato la Scuola Allievi di Roma e poi sono andata a Modena nel Nucleo Investigativo, in cui sono rimasta 6 anni. È stato davvero un percorso costruttivo che mi ha fatto crescere tanto… In Casentino sono arrivata il 1 settembre e adesso sono operativa a Strada.”
Che cosa ha significato per voi essere donne in un mondo prettamente maschile? Vi ha ostacolate, aiutate oppure non ha pesato nella vostra carriera militare? Michela: «Quando mi sono arruolata mi sono detta; adesso sei un militare. Ed ho sempre sperato che anche gli altri mi vedessero così, che non vedessero Michela, ma una collega. Non ho mai avuto problemi in questo senso e non mi sono mai sentita dire, non puoi fare questo servizio perché sei donna, oppure fai questo altro perché non sei un uomo. Non mi sono stati fatti torti, così come concessioni o sconti. Sono stata trattata alla pari; oneri e onori, come si dice. Pensa che io ho seguito un addestramento con sole donne, perché ancora non era stato istituito quello misto… Sinceramente la trovavo una cosa assurda visto che, di lì a poco, sarei stata trasferita in una caserma mista, in cui avrei prestato servizio con colleghi uomini. Per fortuna poi questa cosa è cambiata; adesso ci si addestra uomini e donne insieme.»
Serena: «Io, invece ho seguito un addestramento misto. Inizialmente gli uomini erano in imbarazzo; non sapevano come comportarsi. Avevano un occhio di riguardo e cercavano di capire se riuscivamo a stare al loro passo. Eravamo comunque una minoranza; su 800 militari si contavano 16 donne. Come dicevano le mie colleghe, credo che sia importante far prevalere le professionalità prima del genere, dall’addestramento fino a tutti i gradi di servizio.»
Laura: «Sono assolutamente d’accordo! Voglio che l’appartenenza di genere sia un dettaglio indifferente; la cosa importante è quanto ci impegniamo per la divisa che indossiamo. Per questo non mi interessa essere chiamata “carabiniera”, perché credo che sia soltanto un vezzo di forma che non va al nocciolo della questione. Contano le capacità di ognuno di noi e come le mettiamo al servizio dei cittadini.»
Quindi, secondo voi, non esistono professioni prettamente maschili o prettamente femminili… Laura: «Per me non esistono, ma credo che una determinata professione non sia per tutti; conta la qualità della persona, le sue capacità. Anche tra noi c’è chi è più portato a stare sul campo, in strada, a contatto con la gente e chi invece sta molto meglio dietro ad una scrivania. Anche in un comando è tutta una questione di equilibri, un gioco di squadra che si vince se ognuno mette in campo le proprie peculiarità.»
Michela: «Quando parliamo di primo intervento ci riferiamo ad esempio, ad un anziano che non riesce a tornare a casa, ad un bambino in difficoltà, ad una persona che sta per compiere un gesto estremo… Le situazioni possono essere diverse e non è certo detto che una carabiniera sia più portata ad aiutare l’anziano o il bambino. Magari sarà un collega uomo a farlo mentre lei sarà più portata, ad esempio, a sedare una lite. Tutto dipende dalle nostre competenze e non dal genere di appartenenza.»
Che percezione pensate abbiano i casentinesi di voi? Vi è mai capitato qualche episodio in cui un cittadino abbia posto l’accento sul fatto che siete carabinieri donna? Maria Domenica: «Sinceramente ho ricevuto solo complimenti sul fatto che si vedono più donne nell’Arma e sul fatto che nella Compagnia di Bibbiena ci sia una presenza femminile più importante rispetto al passato; i casentinesi sembrano molto contenti del nostro ingresso in caserma.»
Michela: «Racconto un aneddoto che prendo con il sorriso; quando rispondo al telefono: “Pronto, Carabinieri di Strada”, mi sento dire: “Salve, posso parlare con un carabiniere?”…»
Cosa consigliereste alle ragazze che vogliono intraprendere questa strada? Serena: «Ho un’amica, appena ventenne, che mi ha chiesto proprio qualche giorno fa consigli sulla carriera militare, affascinata dal percorso che ho fatto io nell’esercito… Le ho detto che se è appassionata fa bene a seguire questa strada, ma deve sentirlo davvero, crederci fino in fondo, avere la voglia e la volontà di farlo.»
Laura: «Non è un lavoro è una vocazione. Devi avere qualcosa dentro che ti muove visto che è una vita di sacrifici, investi molto tempo su questo lavoro e la lontananza da casa a volte si sente… Ti arruoli, ti allontani da amici e parenti, lasci alle spalle tutta la tua comfort zone; poi arrivi in un paesino che non sai neppure dove si trova, non conosci il territorio, le situazioni che ti ritroverai ad dover affrontare, i colleghi, tutto è nuovo e può fare paura… Ma se lo fai per amore della divisa e della professione tutti i sacrifici passano in secondo piano.»
Michela: «Per me è stata la realizzazione di un sogno che avevo fin da piccola; dicevo che volevo fare la poliziotta perché allora non c’erano ancora donne nell’Arma. Sicuramente non bisogna farsi spaventare dagli ostacoli o vedere il traguardo lontanissimo; testa bassa, tanti sacrifici, ma se vuoi puoi e poi lo devi amare perché questo è un lavoro che avrà sempre a che fare anche con la tua vita privata. Un grazie particolare poi lo dobbiamo dire tutte e tutti alle nostre famiglie, che ci supportano in questa strada dura e in salita, ma ricca di grandi soddisfazioni.»
Una cosa su cui concordano le nostre carabiniere è che più che di un lavoro, quando si parla della carriera militare, si parla di una vocazione, di un sentimento forte che ti spinge ad andare avanti da dentro ed ad affrontare ogni difficoltà con tenacia e determinazione.
La loro presenza in Casentino sicuramente sarà molto importante perché permetterà di accendere una luce su un tema cruciale. Come hanno detto le militari è importante lavorare affinché essere uomo o donna sia solo un dettaglio, come lo è (almeno nella nostra società) professare una religione o non professarla, credere in una fede politica piuttosto che un’altra. Un sogno che loro, ma anche noi, ci impegneremo senza dubbio a far diventare realtà, partendo proprio dal nostro Casentino.
(Foto di Giuseppe Barbato)