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domenica, 2 Febbraio 2025

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Le piccole chiese del Casentino, tesori da custodire

di Francesco Benucci – Una croce, un campanile, un altare, una chiesetta: uscendo dalle realtà più urbane del Casentino, percorrendo le viuzze di minuscole frazioni pervicacemente abbarbicate ai declivi montani, addentrandosi nel verde incontrastato di qualche foresta, spingendosi sulla cima assolata di un’altura che domina la valle, ovunque, si possono scorgere questi avamposti della fede, queste tracce di memoria, questi segni tangibili di una mano umana propensa all’accoglienza, queste testimonianze di storia. E, varcando la soglia di una delle citate chiese “di montagna”, non si può che percepire un senso, forte, ancestrale, di comunità.

Ecco perché, in un’epoca sempre più accentratrice e al contempo disgregatrice, dei luoghi che custodiscono, tramite un messaggio religioso ma non solo, le vicende di intere generazioni, andrebbero salvaguardati e valorizzati. Ma, purtroppo, non si tratta di una mission semplice da realizzare. E il suddetto assunto è diventato ancor più chiaro ed evidente, in quel di Stia, quando don Isio Cecchini, all’inizio della stagione autunnale, è stato trasferito per motivi di salute.

Si è trattato di un duro colpo, in primis, perché fino a quel momento aveva svolto la funzione di parroco per ben quattro realtà dislocate nelle frazioni del paese dove nasce l’Arno: la chiesa di Sant’Andrea Corsini a Gaviserri, il Santuario di Santa Maria delle Grazie, la chiesa sacrario dei Santi Primo e Feliciano a Vallucciole, la chiesa di San Lorenzo a Porciano. E l’operosità generosa del prete menzionato sopra aveva portato numerosi benefici agli edifici sacri, ne citiamo alcuni: a Gaviserri ha fatto ristrutturare la canonica per poi risiedervi e ha promosso vari lavori nella chiesa stessa, dalla facciata alle catene per rinsaldare il muro, senza dimenticare il pavimento della sagrestia; a Vallucciole, grazie ai suoi input, sono stati effettuati numerosi interventi (sistemazione inferriate e altro); a Santa Maria si è preso carico di una delicata ristrutturazione che, anche grazie ai proventi di una lotteria ad hoc, ha consentito di riparare il porticato e di tutelare l’intero complesso.

A fronte di tutto ciò, i parrocchiani di Gaviserri in particolare, ancor prima della partenza di don Isio, parroco della suddetta chiesa dal 2005, si sono attivati parlando con il vescovo per sollecitare la presenza di un prete che, nell’eventualità di un trasferimento, potesse sostituire, anche saltuariamente, lo stesso don Isio preservando così l’esistenza di un piccolo ma prezioso cenacolo di fede. È iniziata la ricerca di una soluzione e, dopo che il trasferimento è divenuto realtà, altresì don Massimo, nella sua funzione di vicario, ha contattato il vescovo, il quale, constatata la crisi delle vocazioni, e pertanto la mancanza di parroci, non ha potuto far altro che prospettare l’eventuale, futuro invio di una persona, un laico, a fare la lettura della Parola.

A testimonianza della disponibilità e della sensibilità palesata per la questione, sempre il vescovo si è successivamente recato a un incontro in loco per confrontarsi direttamente coi parrocchiani di Gaviserri e cercare insieme possibili rimedi. Ribadite le criticità già evidenziate in precedenza, è stato comunque deciso di mandare un prete per celebrare la messa di Ognissanti nella chiesa in oggetto: inizialmente ad officiare doveva essere un curato di Firenze, poi la scelta è ricaduta sul “nostrano” don Bruno; l’auspicio è che si possa adottare una soluzione simile anche per Natale e per altre festività particolarmente sentite, in attesa magari di future evoluzioni che portino a una esito più “stabile”.

Perché, giusto sottolinearlo nuovamente, Gaviserri e le sue chiese “sorelle”, figlie care e devote delle comunità di fedeli, sono degli scrigni che racchiudono e dispensano religione, narrazione, cultura, ricordi: davvero non vogliamo salvaguardare il fervore caritatevole di Gaviserri, il miracolo dell’apparizione della Madonna a Santa Maria, la memoria del sacrario di Vallucciole, l’eco della storia che dalla torre di Porciano discende verso la chiesa sottostante, l’avvicendarsi delle generazioni simboleggiato dai vari edifici religioni sparsi nel nostro territorio?

Soluzioni facili sembrano non esserci al momento, ma è giusto non esimersi dal cercarle, per tutelare e valorizzare dei luoghi speciali, dei veri e propri tesori che, anche se talvolta non ce ne rendiamo conto, custodiscono molto di noi.

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