di Melissa Frulloni – È sempre bello quando un’intervista diventa uno scambio di idee, situazioni, vissuti. È sicuramente quello che ci è successo facendo una chiacchierata (via mail, vista la distanza) con Gabriele Fioravanti, casentinese nato a Bagno a Ripoli, ma cresciuto a Pratovecchio. “E meno male! – Ci dice – Perché il Casentino è un posto fantastico in cui vivere e crescere.”
Ci siamo ritrovati molto nelle sue parole che così bene hanno saputo descrivere la nostra vallata; bellissima da un punto di vista naturalistico, ma anche tanto complessa da quello delle opportunità lavorative e non solo; un territorio complicato per ogni giovane casentinese che nella vita abbia avuto voglia di fare esperienze e di conoscere nuove dinamiche e situazioni. “Durante l’adolescenza volevo scappare, ma ogni anno che passava mi accorgevo di quanto fosse bello il Casentino e ad oggi, che vivo a Firenze per lavoro, facendo anche trasferte lunghe mesi, quando valico la consuma e vedo il castello di Romena mi sento a casa…”
La sua ultima trasferta lavorativa è il motivo che ci ha spinto a conoscerlo e soprattutto a farci raccontare la sua storia. Anche lui fa parte dei tanti casentinesi che, grazie alle loro abilità, si sono distinti in diversi ambiti e le loro capacità li hanno portati lontano. In questo caso molto lontano… Gabriele si trova ad Auckland, in Nuova Zelanda, come ingegnere per A.M.E. – Advanced Microwave Enginnering S.r.l., che sviluppa e produce soluzioni di sicurezza, logistica e controllo dei processi industriali, facendo anche consulenza per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Gabriele come sei arrivato ad Auckland?
«Non è stato di certo immediato arrivare in Nuova Zelanda; questa è una bella domanda! Scusatemi, ma vorrei partire un po’ da lontano; dalle vecchie scuole medie di Pratovecchio-Stia, che ora non esistono più. Mi preme parlarne perché è lì che ho iniziato veramente a formarmi. All’epoca i paesi erano divisi ed è stato molto bello andare in una scuola nella quale confluivano bambini che avevano frequentato le elementari in posti diversi e che non si conoscevano tra loro; il pratovecchino stava a Pratovecchio e lo stiano a Stia e per me era come andare a scuola con persone che vivevano in un’altra provincia!
Il vero inizio del mio percorso, comunque, è stato all’Istituto Tecnico “Enrico Fermi”, di Bibbiena, dove mi sono indirizzato verso Elettronica e Telecomunicazioni, nonostante avessi qualche debito e un pessimo rapporto con la matematica. In quarta e quinta però mi sono applicato di più e sono uscito dalle superiori con un buon voto, così mi sono detto, perché non provare ad andare all’università?
Mi sono iscritto ad Ingegneria Robotica e dell’Automazione, ad Arezzo, un corso che oggi non esiste più; non è stato facile, ma sono grato di aver resistito e di aver intrapreso un percorso che mi ha formato sia da un punto di vista tecnico che umano.
Finiti gli studi ero davvero molto disorientato… Non volevo finire in un ufficio a progettare, ogni giorno, davanti ad un PC, cosa che rispetto, ma che non fa per me. Per questo, per un anno e mezzo, ho fatto il cameriere a Firenze; ho imparato l’inglese e ad essere autonomo sul lavoro, ma ho sempre saputo che quella era solo una “pausa” dal lavoro per cui avevo studiato e che, prima o poi, l’occasione giusta sarebbe arrivata. Stavo solo acquisendo quello che il percorso di studi non mi aveva dato e che mi è stato davvero utilissimo. Poi c’è stato il colloquio presso A.M.E. ed è andato benissimo, mi hanno preso!
Questa azienda, per cui tutt’oggi lavoro, si occupa di sistemi di sicurezza applicati alle aziende e ai grandi cantieri; il mio compito si focalizza sui sistemi di sicurezza all’interno delle gallerie in costruzione; questo mi permette di non stare sempre in ufficio come temevo, ma di potermi muovere tra vari cantieri.
La prima opera alla quale ho lavorato è stata la Galleria di base del Brennero, la più lunga del mondo al momento, quindi diciamo che sono partito con il botto!
Con A.M.E. forniamo vari sistemi di sicurezza e comunicazione; la nostra principale tecnologia all’interno delle gallerie in costruzione è il Tracking delle persone, che ci permette di conoscerne sempre il numero e la posizione, che è fondamentale in caso di una qualunque emergenza, insieme alla possibilità di poter comunicare con l’esterno grazie ad altri impianti da noi forniti. Auckland è un lavoro arrivato più di un anno fa, quando per la prima volta sono andato in Nuova Zelanda assieme ad altri colleghi per presentare i nostri sistemi.»
Nello specifico di cosa ti occupi in Nuova Zelanda?
«Ad Auckland stanno costruendo un acquedotto di 13 km che attraversa tutta la città da sud a nord e che migliorerà notevolmente l’abitabilità del luogo andando ad ottimizzare un vecchio sistema di raccolta di acque reflue che oramai non è più sufficiente per la città, oltre a provocare vari disagi quali, ad esempio, sversamenti. Ad Auckland hanno richiesto il nostro intervento per incrementare la sicurezza nel cantiere ed avere più linee di comunicazione possibili tra l’interno della galleria e la superficie; ho quindi inizialmente progettato e poi seguito startup e commisioning di vari impianti, quali comunicazioni radio, reti di fibra ottica ridondata, WiFi, quadri, SOS, Tracking, telefonia di emergenza e controllo accessi. Tutto questo è stato fatto sia per la galleria che per l’esterno, in quanto il progetto, oltre al tunnel, ha circa 20 siti esterni di superficie sparsi per la città.»
La Nuova Zelanda è molto lontana dall’Italia, ancor di più dal Casentino… Come ti trovi in un Paese così distante, non solo geograficamente, dal tuo?
«La Nuova Zelanda credo sia il posto più lontano nel quale un italiano possa andare, ma, nonostante questo, devo dire con sorpresa che sia il territorio sia le persone non sono molto distanti da quello che abbiamo in Italia. Da toscano posso dirti che fanno un ottimo vino e un ottimo olio, e solo questo potrebbe bastare a farti capire che non siamo poi così diversi! C’è molta campagna, riserve naturali, boschi, la vegetazione è sì diversa da quella casentinese, ma più di una volta, mentre camminavo mi sono aspettato di veder spuntare il castello di Romena da dietro la collina.
Inoltre, una cosa che mi ha colpito molto è l’assoluto rispetto che qui esiste per le persone provenienti da tutto il mondo: la Nuova Zelanda è la patria dei Mahori, un popolo che si è integrato benissimo con tutti gli altri che sono arrivati nella loro terra. Se avessi studiato qui mi avrebbero insegnato l’Haka a scuola, il loro ballo tradizionale, reso famoso dal Rugby; in TV, invece, danno programmi che ti insegnano a parlare il Mahori, che per noi italiani è relativamente facile dato che usiamo le stesse vocali, con la stessa pronuncia. È bellissimo vedere come alcuni problemi sociali, che ci poniamo noi oggi nel nostro Paese, qui non siano minimamente contemplati. La sensazione è che tutti gli abitanti del mondo siano, o possano essere, un po’ neozelandesi; questa mescolanza di culture permette al paese di essere uno dei più avanzati al mondo dal punto di vista sociale. Qui investono molto in noi giovani e sul lavoro nessuno ha paura di affidarci responsabilità; renderci indipendenti permette di mostrare il nostro valore.
Il rispetto è assoluto, senza nessuna barriera. Non contano etnia, religione, sesso o età e questo, da italiano mi ha colpito molto.»
Dopo tutte queste esperienze, lavorative e di vita, torneresti a vivere in Casentino?
«Tornerei a viverci per il semplice fatto che credo sia un posto ideale dove far crescere dei bambini, poterli far uscire a giocare senza troppi pensieri, educarli al contatto con la natura e quindi con la parte più vera del mondo, fatta anche di rapporti umani semplici, come quelli che si possono avere in posti tranquilli come il Casentino. Amo anche Firenze, è il posto che ho scelto, ma non baratterei mai la mia infanzia e la mia adolescenza in Casentino con una passata in città.
Fondamentalmente il pregio di Auckland è il mare, che il Casentino non ha e il pregio del Casentino è la sua storia e, quindi, tutti i luoghi favolosi che possiamo andare a visitare e che qui ad Auckland non ci sono.
In realtà è facile paragonarli: se guadi sulla mappa Auckland ha un centro urbano molto piccolo, chiamato CBD, dove si trova il porto; ma fuori da questo la città si estende in ogni direzione con casette terratetto e parchi. Il Casentino ha il suo centro che, ahimè tocca dirlo, è Bibbiena e si estende in ogni direzione, allo stesso modo, alternando paesi e natura. Al massimo servirebbe un po’ di mare al Casentino, e qualche castello ad Auckland!»
Le esperienze fatte fino ad ora, permettono a Gabriele di trovare nelle cose similitudini anziché differenze, vicinanza anziché lontananza, uguaglianza e libertà, anziché paura per il diverso; riconoscendo nella mescolanza di popoli e culture un grandissimo valore. È il modo giusto di guardare il mondo e di approcciarsi alla vita e, proprio su questo, Gabriele ci lascia con un consiglio, che vuole dare a tutti i giovani casentinesi: “Ricordatevi che tutti abbiamo bisogno di tutti per diventare le persone che vogliamo essere. Non vi fate condizionare o abbattere da qualche insuccesso, dall’andamento scolastico… La persona che siete e che diventerete è fatta di tante esperienze positive e negative, spesso condivise con altre persone. Non abbiate paura delle nuove sfide; affrontare ciò che non conosciamo è il modo più efficace per imparare cose nuove!”