di Elisa Mugnai – In un’epoca che tutto scorre molto velocemente, le nostre dita sono abituate fin dai primi anni di vita a scorrere sopra tablet. La velocità del pensiero è in aumento e spesso con fatica si trovano momenti da dedicarsi con tempi lenti. Così come scrivere in corsivo che occupa lentezza nella manualità e capacità di concentrazione sull’atto grafico. I risultati di una recente ricerca durata 10 anni su un campione di 1000 studenti sulla modalità di scrittura da parte dei giovani, attestano che un’alta percentuale di studenti tra i 14-19 anni, circa il 45% non scrive in corsivo, ma preferisce farlo in stampatello. Scegliendo lo stampatello minuscolo il ragazzo si esprime parzialmente, non sa rappresentarsi il suo spazio segno grafico e perde la sua unicità del tratto.
La ricerca ha evidenziato che a scrivere “script” sono i giovani più fragili, i ragazzi che hanno maggiore timore di insicurezze, quelli che si perdono nel “si dice tu sei “ della massa, quelli che si copiano fra di loro, che non riescono ad interagire nel gruppo classe e con gli insegnanti, quelli che non sanno manifestare la loro personalità (tratto dalla rivista di pedagogia clinica).
Gli studi portati avanti dalle neuroscienze dimostrano come l’abilità della scrittura manuale ha delle conseguenze sul funzionamento del cervello umano. La penna, anche per il suo non poter essere cancellata, costringe il cervello ad operare scelte veloci dei vocaboli da utilizzare, allo stesso tempo è necessario prestare massima attenzione a scrivere bene la frase. La scienza ci dice che il corsivo dà risultati migliori, a differenza dello stampatello, obbliga a non staccare la mano dal foglio. Il corsivo richiede uno sforzo che stimola il pensiero logico lineare, quello che permette di associare le idee in modo lineare. Anche Maria Montessori era d’accordo, riferendo che “è più semplice capire quelle lettere che formano una parola perché sono legate con il corsivo”.
In più il corsivo è un movimento naturale, circolare che spesso viene utilizzato anche nelle attività pratiche e nelle attività grafico pittoriche. Pensiamo al disegno del cerchio che fa il bambino. La neurologa Carla Hannaford sostiene l’importanza del corsivo poiché: il corsivo permette al cervello di collegare i due emisferi fra di loro e perché le ossa delle mani dei bambini non sono pronte per lo stampatello fino all’età di 7 anni. Infatti lo sviluppo delle ossa carpali della mano è molto lento, e lo stampatello richiede un maggior sviluppo di quelle ossa rispetto al corsivo. Inoltre essa sostiene che le risposte motorie che non vengono interrotte si conservano più a lungo nella memoria. È più facile memorizzare il corsivo che lo stampatello. Inoltre essa afferma che le persone che scrivono in corsivo, essendo un gesto fluido, non interrompono il flusso di idee come quelli che scrivono in stampatello. Così gli studenti ottengono maggiori punteggi negli esami universitari.
Secondo i libri dello scienziato Norman Doidge, scrivendo in corsivo il cervello deve fare uno sforzo maggiore e processare dei movimenti più complessi. Così vengono stimolati i neuroni dell’area pre-motoria. Di conseguenza migliora la scrittura, la lettura e il parlato. Imparare il corsivo aiuta allo sviluppo cognitivo. Questo perché integra le sensazioni, il movimento, il controllo e il pensiero. Occorre inoltre considerare la scrittura come una comunicazione specifica individuale e unica che contraddistingue quella che è la personalità dell’individuo, il quale manifesta la sua unicità.
Il corsivo significa arte, creatività e fantasia, caratteristiche che hanno accompagnato i nostri più grandi artisti nel corso dei secoli. Dobbiamo porre l’accento sull’importanza della scrittura in corsivo per un ritorno ad un’epoca che rispetta gli sviluppi del bambino e del ragazzo, rafforzando così la propria espressione di unicità e la personalità.
Dott.SSA ELISA MUGNAI
Pedagogista Clinico® iscritta ANPEC
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