di Francesco Benucci – “Memento mori” è una locuzione in lingua latina che ricorda la fugacità riscontrabile nel trascorrere dei giorni ma, al contempo, andando oltre il mero significato letterale, la possiamo tramutare in un inno alla memoria, a quel patrimonio di personaggi, conoscenze, eventi, che sfuggono al carpe diem e si stagliano all’attenzione delle generazioni che, susseguendosi, si nutrono di queste reminiscenze. E se i citati elementi di crescita ed identità fossero tracciati sulla “pelle viva” delle comunità paesane, su quei muri che ne costituiscono anima ed ossatura, ecco allora che la nota espressione potrebbe assumere le sembianze di un “memento… muri”.
Ebbene, in Casentino, per l’esattezza a Stia, è nato un progetto i cui promotori, Domenico Russo, Fabrizio Goretti, Piero Bernabei, si pongono obiettivi similari a quelli indicati sopra, tramite la realizzazione di murales che, dipinti su alcune facciate e corredati da un pannello che racconti la scena ritratta, consentano di far rivivere il ricordo di vicende storiche, sociali, artistiche e aneddotiche.
Il quartiere di Borgo Vecchio e Stia sono costantemente attraversati da pellegrini italiani e stranieri, che percorrono il Cammino di San Francesco e da turisti che visitano il paese, perciò i nostri hanno pensato di accrescerne il richiamo, e così valorizzare ulteriormente il centro abitato, grazie ai suddetti murales, i cui temi sono presto detti: la presenza di Dante nell’Alto Casentino, che ritorna in più canti della Divina Commedia, è certamente il segno più rilevante della storia del nostro territorio e pertanto propongono di riprodurne alcuni episodi con i relativi versi; oltre alle scene dantesche sarebbero raffigurati altri autori entrati in contatto con la realtà valligiana, la drammatica epoca della Linea Gotica e il coraggio dei Resistenti, gli opifici che hanno dato benessere e progresso attraverso la dura fatica di operai, contadini e artigiani, i personaggi importanti e quelli aneddotici che con la loro originalità sono stati cari ai concittadini, il tutto magari con saltuari inserti in ferro battuto, in omaggio alla celebre manifestazione di arte fabbrile.
E se lo spunto concettuale che ha partorito l’iniziativa è ben radicato nei promotori, per cui in un tempo in cui la memoria si consuma rapidamente e superficialmente, e i social diventano «armi di distruzione di massa della identità collettiva» (Limes), per resistere alla tendenza ad uniformarsi sempre più a modelli consumistici e spersonalizzanti, dimenticando la propria storia e le proprie radici, e per conservare uno sguardo critico, è fondamentale tenere viva la memoria del proprio passato attraverso la conoscenza e il ricordo di quanto lo ha segnato, è altrettanto vero che questa proposta parte anche da riferimenti “concreti”.
Ad esempio, la conoscenza di tanti centri antichi valorizzati attraverso la riproduzione, sui muri delle case, delle caratteristiche storiche e culturali del territorio e, parimenti, l’esperienza del muro di Librino, un quartiere difficile di Catania, che con il contributo di un mecenate e il coinvolgimento degli asili, delle scuole, delle associazioni di cittadini volenterosi, con la partecipazione e la guida di artisti, ha visto realizzata la decorazione del lunghissimo muro intorno alla porta di accesso al quartiere con immagini, versi e frasi in terracotta. Un’esperienza, quest’ultima, diversa per alcune dinamiche rispetto a quanto si vorrebbe realizzare a Stia ma perfettamente corrispondente per quanto riguarda le finalità universali da perseguire: crescita condivisa, aggregazione e solidarietà dei cittadini, educazione alla bellezza, uscita dall’isolamento per decidere e compiere, con la partecipazione della comunità, le scelte che riguardano i paesi e il territorio e che ben rappresentano il circuito democratico.
In ossequio a questi principi il Casentino non dovrebbe diventare uno dei tanti luoghi per vacanze-evasione, aderendo a modelli prestampati ormai in circolazione né promuovere qualsiasi iniziativa che raggruppi un po’ di gente senza dare valore a chi vive nei nostri paesi e a chi li visita. Ogni comunità racchiude particolari esempi di lavoro, di arte, di storia, di cultura da valorizzare, da proteggere e da trasmettere al fine di dare alla memoria il suo ruolo fondamentale di identità collettiva, messa sempre più in pericolo da una cultura usa e getta invadente e precaria.
Ecco perché il progetto potrebbe essere esteso ai comuni di tutta la vallata, coinvolgendo, oltre alle amministrazioni, le scuole, le associazioni, i cittadini, così da partecipare all‘elaborazione e alla costruzione di quanto descritto, in modo tale da realizzare un «Libro di Storia del Casentino a cielo aperto». Tuttavia, ligi al vecchio adagio che consiglia di fare un passo alla volta, i nostri stanno compiendo le prime mosse concrete nella loro comunità stiana, innanzitutto raccogliendo le firme in modo da sottoporle al Comune e a possibili sponsor e, al contempo, per verificare l’eventuale riscontro positivo da parte dei cittadini (riscontro positivo che effettivamente c’è stato, come emerso anche da semplici dialoghi tra compaesani, con i fogli delle firme lasciati in vari esercizi commerciali del paese e tuttora presenti, per chi volesse aderire/partecipare, all’edicola e al tabacchino di piazza Tanucci, alla botteghina di Borgo Vecchio e al negozio Germano in piazza Mazzini).
Nella progettazione sono state coinvolte le sorelle Landi dell’Accademia Casentinese e, come testimoniano le menzionate firme, si spera in un futuro coinvolgimento dell’amministrazione comunale (con cui definire i dettagli del tutto e a cui è stata inviata una bozza del progetto, già protocollata) e magari di ulteriori partner che possano sostenere l’iniziativa. Non ultimo, sarebbe bello se la realizzazione dei murales fosse, almeno in parte, affidata ai ragazzi delle scuole, con artisti ad hoc che li istruiscano e li guidino, senza tralasciare infine l‘auspicabile contributo di associazioni locali e di volenterosi che vogliono partecipare al progetto e alla creazione delle opere, con suggerimenti, consigli, integrazioni.
Perché, mai come in questo caso, memoria è partecipazione, affinché i muri possano raccontarci tante storie da tramandare, in un flusso di ricordi e insegnamenti che ci rendono davvero umani.