di Matteo Bertelli – Il Casentino, a chi sa apprezzare, ha sempre regalato gioie dal punto di vista musicale. Molti musicisti, cantanti e dj sono nati e cresciuti nelle nostre terre. Non famosi, non necessariamente. Ma per fare musica non serve essere conosciuti da milioni di persone: basta avere a fianco l’amico di una vita, uno strumento musicale – o, per chi vuole, un computer – e della sana voglia di divertirsi o trasmettere emozioni.
Nel primo caso nascono le serate più belle, nel secondo, forse le canzoni. Ma, senza voler discriminare nessun artista, scelta o genere musicale, bisogna rendere atto che in Casentino non è difficile trovare musica. Può non piacere, certo. Ma c’è. E questo grazie al lavoro di tanti, giovani e meno, che portano avanti la loro passione, organizzando eventi, creando canzoni, passando serate in compagnia degli amici di sempre con del vino e una chitarra, o un gin tonic, cento persone e un dj.
Solo in una terra così, con queste fertili prerogative, possono nascere dei gruppi musicali o degli artisti. Nascono o, magari, rinascono. Come è successo ai West Coast Unplugged, alias Francesco Fani e Gregorio Bartolucci, il gruppo di cui parliamo in queste pagine.
Diteci qualcosa di voi. Chi siete nella vita privata, probabilmente, molti lettori lo sapranno già, ma, forse, non tutti conoscono il gruppo che avete riformato. E, sempre ipoteticamente – starà a chi ascolta prendere una decisione –, ne vale maggiormente la pena… «Noi siamo i West Coast Unplugged, un gruppo rinato quasi per caso come duo acustico nella primavera del 2022. Io (Francesco) e il mio amico di sempre (Gregorio), al quale ho proposto di recuperare quel repertorio che, ormai quasi ventitre anni fa, avevano suonato insieme. L’obiettivo? Riportare un tributo giusto e sacrosanto a quella musica che, dalle lontane coste dell’ovest degli Stati Uniti d’America, è arrivata fin qui a cavallo tra gli Anni ’60 e ’70, facendo emozionare e battere le mani a ritmo a ben più di una generazione.»
State parlando di una reunion insomma. Ma avendo iniziato ad assaggiare un po’ chi sono i nuovi West Coast Unplugged viene da sé la domanda: chi e cosa erano prima? «Una band giovanile che aveva lo stesso medesimo obiettivo e gli stessi gusti musicali. Ci eravamo formati nel 1997 e sciolti circa due anni dopo, e, assieme a Gianluca Salvi, Riccardo Fani e Giulio Petri, proponevamo gli stessi brani che stiamo iniziando a riportare nelle piazze e nei locali dei dintorni».
Ci avete dato un immaginario, un richiamo a una belle epoque che, come voi, condividono in tanti. La West Coast, la musica dei bei tempi andati… Ma non tutti, magari, sanno veramente di cosa stiamo parlando. Quindi, nello specifico, cosa suonate? «Per dare giusto un’idea di cosa portiamo possiamo fare alcuni nomi. Nomi che anche ai più piccoli devono dire qualcosa, non voglio credere che sia possibile il contrario: gli Eagles, gli America, Crosby-Stills-Nash & Young, Neil Young, Bob Dylan, Jackson Browne. Ecco, questi sono i gruppi che io, cantando, suonando la chitarra e l’armonica a bocca, e Gregorio, con la sua voce e il suo pianoforte, portiamo sempre con noi nei nostri live».
Credo proprio che adesso sia più chiaro a tutti, anche senza avervi mai sentito suonare, quale lingua parliate. Ma come sono nati, o, meglio, rinati i West Coast Unplugged? «Ci siamo ritrovati a guardarci in faccia e ammettere che è facile dichiararsi grandi amici, anche e soprattutto col passare degli anni, ma è ben più difficile trovare del tempo da trascorrere assieme. Certo, a meno che non si abbia una passione in comune, un progetto da condividere, un’idea di come sfruttare quel, magari, poco ma sicuramente prezioso tempo. Ecco perché in primavera, dopo appena una manciata di prove, ci siamo buttati nuovamente nella mischia, girando per i locali casentinesi e partecipando ad un Festival, carichi per questa nuova, vecchia avventura. Il resto l’ha fatto il pubblico: non ci aspettavamo un riscontro tale per i nostri show. Almeno non l’affetto che ci siamo visti recapitare, sicuramente».
Quindi è a quel punto che avete capito di aver fatto la scelta giusta a tornare a esibirvi? «Esattamente! Noi credevamo di poter parlare solamente ad un pubblico più maturo, a persone che magari condividevano con noi la passione per quel genere di musica o che, al massimo, l’hanno sentita passare alla radio e nei bar nei bei tempi andati. E, invece, no! Ci siamo accorti che mescolando alla musica degli aneddoti raccontati, delle piccole storielle che narrano i retroscena di ciò che stavamo suonando, anche i giovani venivano maggiormente attratti dallo spettacolo. Rapiti dalla musica e incuriositi da ciò che ci sta dietro».
Abbiamo capito che la musica per voi più che un obiettivo di vita è un veicolo. Un veicolo per unire voi due, in primis; un veicolo per trasmettere a chi vi ascolta la vostra passione, più che i vostri sentimenti e i vostri pensieri. Un modo molto sano e genuino per stare insieme. Ma, prima di salutarvi tornando a terra da questi voli pindarici, quali sono i progetti futuri? «Al momento la testa è all’inverno che verrà. L’obiettivo è suonare nei vari locali della provincia di Arezzo, per portare questa nostra passione su più palchi possibili. E poi, essendo due sole persone, non occorrono spazi particolarmente grandi per ospitare i West Coast Unplugged!».