di Don Gianni Marmorini – Con la festa del Natale, o meglio, con la preparazione della festa del Natale, l’Avvento, ogni cristiano e la chiesa tutta intera è chiamata a ri-cominciare un cammino di rinnovamento e di trasformazione sulle tracce di Gesù di Nazareth. Si tratta di un invito a cambiare qualcosa, a cominciare qualcosa di nuovo o, molto più semplicemente, a cercare di essere un po’ più buoni e a pregare un po’ di più, a confessarsi…?
Già quando si dice “cambiare qualcosa… cominciare qualcosa di nuovo” c’è chi inizia a sentirsi male perché vede proprio nei cambiamenti la causa dell’allontanamento della gente da Dio e della perdita della fede. Eppure, come ha ricordato il vescovo Derio di Pinerolo: «Dobbiamo aiutarci a guardare avanti con fiducia… Io sono ciò che guardo, non ciò che mi sta alle spalle… siamo vivi fino a quando riusciamo a guardare avanti». Una fede morta sa guardare solo indietro, mentre una fede viva sa guardare in avanti, è capace di libertà che “non è sinonimo di autonomia, bensì di possibilità di ricerca, di fiducia”, in una parola è capace di creare cieli nuovi e terra nuova.
C’è chi crede che la pandemia di questo difficilissimo 2020 abbia allontanato uomini e donne dalla fede per aver bloccato le celebrazioni in chiesa, per la paura del contagio… ci sono molte persone che credono che i nostri vescovi e i cristiani in genere avrebbero dovuto essere più coraggiosi e difendere le nostre liturgie, i nostri sacramenti…
Sono però state tantissime le piccole comunità sparse ovunque che hanno cercato, in questa difficile situazione, di scoprire altre possibilità per vivere la propria religiosità perché «la fedeltà del discepolo a Gesù non può essere compromessa dalla temporanea mancanza della liturgia e dei sacramenti». Sono parole del futuro Cardinale Mario Grech, segretario del Sinodo dei vescovi, che in un articolo sulla Civiltà Cattolica (nr. 4087) afferma: «Sarà un suicidio se, dopo la pandemia, torneremo agli stessi modelli pastorali che abbiamo praticato fino a ora».
Abbiamo bisogno di un profondo rinnovamento e non è stato il covid-19 a mettere a rischio l’integrità della fede, in realtà, ed è davvero sciocco non riconoscerlo, la nostra gente aveva già smesso di santificare la domenica, così come diminuiva drasticamente la partecipazione ai sacramenti e a tante pratiche religiose.
Ma sono poi davvero questi i segni di una crisi di Dio? Chissà?
Altri potrebbero pensare che i segni della “morte di Dio” nel nostro tempo siano la costruzione di muri nei confini tra un paese e l’altro e quei barconi che invece di arrivare in porti sicuri portano nel fondo del mare; ma anche le condizioni di lavoro in molti paesi del mondo, la forbice sempre più larga tra i ricchi e i poveri, la mancanza del lavoro, di una casa, di una sanità che riesca a curare davvero tutti, la violenza sulle donne, l’omofobia e ogni altro genere di fobia, la rinascita dei nazionalismi e dei concetti di razza, di supremazia…
Sarà un Natale senza tante luci, senza feste, senza assembramenti, sarà forse un Natale come allora quando solo una manciata di persone si accorse della nascita di quel bambino.
Sarà un Natale per tornare alla grotta e sognare un mondo dove “il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso” (Is. 11,6-8).
Chiese piene, sacramenti, pratiche religiose… non sono alternative ad un mondo in pace, ma forse dobbiamo renderci conto che: «con molta probabilità nel passato recente la nostra attività pastorale ha cercato di iniziare ai sacramenti e non di iniziare – attraverso i sacramenti – alla vita cristiana». Il vescovo Grech ha terminato parlando di ”vita cristiana” ma forse si poteva solamente dire “vita”.
Il Natale, secondo la tradizione cristiana, dice prima di tutto che Dio non si è stancato degli uomini, che ancora e nonostante tutto continua a credere nella bontà della sua creatura. Certo, molti di noi vorrebbero che arrivasse l’ira di Dio sulla terra, la scure che taglia alla radice gli alberi cattivi, ma, sorpresa delle sorprese, arriva un neonato che sa solo piangere, succhiare il latte e dormire, che meravigliosa e sorprendente immagine di Dio!
Forse, allora, chi deve ri-nascere in questa notte del mondo sono gli uomini e le donne: “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Ap.7,9). Non c’è nessuna punizione di Dio, non c’è nessun complotto contro la religione, c’è solo da prendere sul serio le parole di Papa Francesco che ci ha ricordato più volte che «non si può essere sani in un mondo malato» e che non possiamo salvarci da soli perché siamo «Fratelli tutti».
(tratto da CASENTINO2000 | n. 325 | Dicembre 2020)