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domenica, 20 Aprile 2025

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Non è il mondo di ieri che va ricostruito, ma quello di domani che deve essere inventato

di Don Gianni Marmorini – Stiamo correndo verso il futuro che in questo momento ha assunto un nome identificativo davvero particolare: fase due! Una corsa un po’ troppo veloce, forse, ma necessaria non solo per la nostra economia, ma anche per la nostra salute mentale e non solo. Tra le tante sorprese di questo periodo c’è quella della nostalgia. Chi l’avrebbe detto che avremmo avuto nostalgia del 2019, del 2018, del 2017… Probabilmente, a parte rarissime eccezioni, credo che sia difficilissimo trovare un articolo negli anni passati che affermi di un mondo in cui è bello essere, di scuole che funzionano, di lavoro per tutti, di giustizia, di rispetto per l’ambiente… ma oggi, incredibile, quel mondo, che era difficile sopportare, è diventato un paradiso rimpianto e agognato! Da non credere! Sfogliate anche le pagine dei vecchi numeri della nostra rivista, specializzata forse anche un po’ troppo nel rilevare problematiche e contraddizioni, di che cosa possiamo avere nostalgia? Se la fase due significa ricostruire il mondo che era, potrebbe essere il caso di preoccuparsi!

Per quanto riguarda il mondo della chiesa siamo abituati alla presenza dei nostalgici, di quelli che credono che la perfezione sia nel passato e vedono in ogni cambiamento un tradimento della verità. Eppure l’accadere del nuovo ha sempre contrassegnato le tappe della storia della salvezza. Scrisse Isaia poco più di 2500 anni fa: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43, 18-19). E quale realtà più nuova e inimmaginabile della Resurrezione! Vorrei tanto che i lettori della Bibbia non si facessero confondere dalle riletture teologiche dei racconti evangelici, nessuno si aspettava la resurrezione di Gesù, nessuno! Forse qualcuno si aspettava che scendesse dalla croce con un effetto scenico straordinario, come tutti gli chiedevano, ma nessuno credeva che sarebbe risorto! Ed è risorto di notte, nel silenzio, nessuno se ne è accorto, questo sì è straordinario! Non ha cercato nessuna forma spettacolare, l’unica prova della resurrezione è una tomba vuota! Cosa significhi questa resurrezione io non lo so (come ho compreso, dopo circa sessanta anni, di non aver capito molte altre cose), ma so che quella notte in cui tutti dormirono qualcosa è cambiato. Quegli uomini e quelle donne (un po’ più sveglie rispetto ai maschietti!) compresero che la resurrezione li obbligava a non “tollerare un mondo le cui meccaniche sono quelle della divisione tra gli uomini” e “a modellare un mondo secondo una prospettiva di pace”, di condivisione, di giustizia, senza più alcun muro di separazione. Molti credenti invece “credono di salvare il mondo riunendosi a pregare e lasciando che il mondo si divida, anzi contribuendo alla divisione… Ma l’esigenza di mutare il mondo è un’espressione necessaria della fede” (E. Balducci).

Mutare il mondo: sono parole che ogni uomo dovrebbe ridirsi ancor prima di alzarsi dal letto, ma specialmente quelli che credono nella resurrezione di Gesù. Non è il mondo di ieri che va ricostruito, ma quello di domani che deve essere inventato. Nella sua lettera di auguri agli associati di Libera don Luigi Ciotti ha scritto: “È necessario mettersi in ascolto del futuro, leggere le linee di tendenza per intuire quale tipo di servizio siamo chiamati a svolgere, quali politiche sociali ed economiche richiedere, quale avvenire esigere per i giovani, le famiglie, i lavoratori, i migranti, le persone detenute, il popolo della strada. Quali iniziative culturali realizzare e come stimolare una nuova coscienza ecologica affinché la “conversione” a cui esorta la Laudato sì non si riduca a una generica “transizione”, ma sia mutazione di cuori, coscienze, condotte”.

Mi chiedo spesso, in questi giorni, quale contributo posso dare io per il mondo di domani. Il primo credo proprio che sia quello di dare voce e spazio proprio a questa domanda: “cosa possiamo e dobbiamo fare per un mondo migliore? Quale potrebbe essere il mio impegno, la mia responsabilità”. Sto usando tutte le vie di comunicazione possibili, da Facebook, a Zoom, agli articoli… dobbiamo farci queste domande e provare a rispondere. Da soli possiamo fare poco, insieme tanto, ne sono sicuro.

Poi, come sacerdote, mi piacerebbe continuare a cercare di aiutare la gente a leggere le Scritture. Soprattutto “in questi tempi” che le nostre chiese sono aperte, ma non possiamo celebrare liturgie con il popolo. Io sono sempre stato poco liturgico e le mie liturgie lasciano molto a desiderare (per essere gentile con me stesso), ma ho sempre dato invece molta attenzione e cura alla parola di Dio e soprattutto al modo di intenderla e leggerla. Cerco cioè una lettura che liberi la nostra mente “da tutte le interpretazioni sedimentatesi nei secoli e che hanno fatto di Gesù qualcosa di diverso da quello che realmente Egli fu”. Il terzo contributo che voglio continuare a dare lo estraggo dall’ultima parabola di Gesù nel vangelo di Matteo: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere, ero nudo e mi hai vestito, straniero e mi hai accolto, malato e in carcere e sei venuto a trovarmi”. Ecco, il resto non mi interessa.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 318 | Maggio 2020)

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