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Sabato la premiazione dei tre progetti meritevoli di Fare Impresa 2025

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Sabato 15 febbraio 2025 alle ore 17 presso la sede della Fondazione Baracchi, Bosco di Casina Bibbiena, si terranno le premiazioni del percorso “Fare Impresa 2025” promosso da Prospettiva Casentino e dall’Università di Siena nella persona del Professor Lorenzo Zanni Presidente della Commissione Spin Off dell’Ateneo.

Verrà premiata l’idea migliore di questo speciale contest che ha visto partecipare due istituti superiori e 40 ragazzi meritevoli degli stessi divisi per gruppi trasversali.

Il progetto ha offerto ai ragazzi e alle ragazze l’opportunità di conoscere meglio otto medie e piccole aziende del Casentino – Tacs, Ornina, Villamagra, Giardini di Toscana, Mulino Grifoni, Falegnameria Cecconi, Nocciole.it, Fattorie di Celli – e di definire percorsi innovativi con le stesse.

I ragazzi hanno partecipato sia alle lezioni che alle visite in azienda e poi alla redazione dei progetti innovativi rispetto il modello aziendale.

Il progetto è assolutamente innovativo perchè mette in contatto i giovani con il mondo delle imprese e le sfide del futuro. I testimonial sono docenti universitari e imprenditori così che i ragazzi possano avere delle lezioni diverse. Un’altra finalità è quella di conoscere meglio il loro territorio, entrare in contatto con varie realtà aziendali dove possono conoscere meglio le produzioni del territorio. La sfida che si pone l’associazione è quella di farli lavorare su idee innovative che siano in grado di aprire la strada a un Casentino diverso e più proiettato al futuro.

Conoscere il territorio produttivo del Casentino, dare nuove idee alle imprese dopo un’analisi delle stesse e del territorio, realizzare un’analisi di mercato e un piano marketing, ma anche valutarne la sostenibilità economico-finanziaria. Tutto questo ha rappresentato il percorso progettuale proposto ai 40 studenti di Isis Fermi di Bibbiena e IISS Galilei di Poppi, divisi in otto gruppi trasversali per provenienza e formazione. La presenza, come tutor con funzioni di mentoring, di molti imprenditori casentinesi che fanno parte dell’associazione Prospettiva Casentino, ha completato il quadro del percorso sull’alternanza scuola-università.

Sabato la commissione formata da università e imprenditori, riconoscerà alle prime tre idee ritenute meritevoli – rispetto ai temi trattati in aula e al concetto di innovazione e sostenibilità – un premio in denaro messo a disposizione dell’associazione stessa, dalla Fondazione Giuseppe e Adele Baracchi e da Dimitri Bonucci come Banca Mediolanum.

Saranno presenti alla presentazione pubblica gli imprenditori, l’amministrazione di Bibbiena e i dirigenti Elisabetta Batini e Maurizio Librizzi che hanno collaborato fattivamente al percorso.

 

 

 

L’ultimo mercato

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di Marco Alterini – Come sappiamo i nostri tradizionali mercati rionali sono in difficoltà e subiscono quella crisi che li accomuna ai negozi di vicinato, insieme ai quali contribuiscono a mantenere in vita i nostri borghi e il turismo, che vede nei centri storici il made in Italy più autentico, quando questi sono realtà vive e vitali con il loro commercio di prossimità, sia stanziale che ambulante.

Nel quinquennio 2018-2023 le imprese attive del settore in Toscana sono passate da 13.453 a 11.202, subendo un calo del 16,7%, lo 0,5% in più della media nazionale. Nel commercio ambulante alle problematiche oggettive della concorrenza della grande distribuzione e dell’e-commerce, insieme al ridotto potere di acquisto di stipendi e pensioni e alle cambiate abitudini sociali che portano un minore afflusso di persone nei centri storici, come accade anche per i negozi di vicinato, si somma l’incertezza determinata dalla Bolkestein, che mette in discussione il rinnovo delle concessioni.

A Ponte a Poppi abbiamo il nostro mercato storico del martedì che fino ad ora sembra resistere alla crisi e si presenta, con i suoi 30 banchi in grado di dare un’offerta commerciale ben variegata, come l’unico mercato della vallata che ancora funziona e come uno dei meglio riusciti a livello provinciale. Sono ancora tante le persone che il martedì si recano a fare spesa in piazza Garibaldi provenienti da tutto l’alto Casentino.

Tutto questo nell’indifferenza delle nostre Amministrazioni, diversamente come si spiega che oggi, quello che maggiormente mette in difficoltà questa area mercato, è il fatto di subire ancora le norme adottate contro l’epidemia di Covid, ufficialmente terminata il 5 maggio 2023. Il mercato di Ponte a Poppi occupava tradizionalmente l’intera piazza Garibaldi con i banchi dei generi alimentari amalgamati con quelli di generi diversi, come accade in tutti i mercati, in quanto, essendo questi considerati più attrattivi, devono spingere la clientela a visionare anche i banchi di altri settori commerciali.

La vecchia Amministrazione, per evitare il passaggio delle auto attraverso il mercato, giudicato potenzialmente pericoloso, aveva deciso di posizionare i banchi solo su metà piazza, utilizzando anche parte del piazzale antistante la casa della salute, fermo restando la diversificazione dei vari generi. Questo fu uno dei motivi, non il solo, che giustificarono l’abbattimento del vecchio e fatiscente cinema Dante.

L’ emergenza pandemica con l’obbligo di aumentare gli spazi tra i banchi per evitare che la clientela si accalcasse, costrinse l’Amministrazione a utilizzare tutta piazza Garibaldi insieme al piazzale dell’ex cinema, dove furono posizionati tutti i banchi di generi alimentari, che erano quelli che richiamavano più gente e lì si trovava più spazio per garantire il distanziamento. Tutto questo ha messo in crisi l’integrità del mercato e penalizzato i banchi di generi diversi dall’alimentare, che si sono visti tagliati fuori dal maggiore flusso di visitatori, ma purtroppo era necessario per proteggersi dalla diffusione del Covid.

Quello che non si capisce è perché a distanza di 2 anni dalla fine della pandemia non è stato ripristinato il mercato con i giusti criteri commerciali, riassegnando i posti secondo una graduatoria che può essere aggiornata, tanto più che tre postazioni hanno chiuso e una è in vendita e attualmente non presente. Questo poteva già essere stato fatto dalla vecchia Amministrazione e qui hanno una responsabilità anche le associazioni di categoria con i loro sindacati di riferimento, compreso noi di Confesercenti, che non abbiamo fatto abbastanza per sensibilizzarla su questo problema.

Oggi quello di Ponte a Poppi è l’unico mercato della provincia e forse dell’intera regione ancora bloccato dalle norme contro il Covid, con il disappunto, per non dire rabbia, degli ambulanti, che minacciano di non pagare più il suolo pubblico. In questo modo si sta uccidendo l’ultimo mercato funzionante, con un danno per tutto il Centro Commerciale Naturale di Ponte a Poppi e un disagio per tutti gli abitanti del comune, che vedono morire un riferimento storico che caratterizza l’intera area urbana di Poppi.

Arrivata la nuova Amministrazione sembrava che il problema si sarebbe velocemente risolto riposizionando il mercato nell’intera piazza Garibaldi con un equa distribuzione delle varie categorie merceologiche, questo per dichiarazione dello stesso sindaco, che è poi la soluzione preferita dagli stessi ambulanti. Successivamente l’Amministrazione ha poi cambiato idea ed è sembrata tornare alla vecchia soluzione delle due mezze piazze, per poi rimettere tutto in discussione e dichiarare che niente è stato ancora deciso.

Federico Bracciali (nella foto), storico ambulante del mercato settimanale di Ponte a Poppi, mi esprime il suo disappunto per quello che considera un delitto: in questo modo si uccide uno degli ultimi mercati rionali che ancora funzionano e lo si fa nell’indifferenza generale e di chi ci amministra. Sempre secondo Bracciali la soluzione sarebbe quella di riutilizzare l’intera piazza Garibaldi con una razionale distribuzione dei banchi e utilizzare il doppio senso di circolazione in via Nazario sauro solo per il martedì mattina, eliminando in questo modo l’attraversamento del mercato da parte delle auto, soluzione del resto già utilizzata in passato per la realizzazione di alcune fiere.

Federico continua esprimendo il desiderio di incontrare in piazza l’altro Federico, che è il nostro primo cittadino, per spiegargli sul posto come lui vede la soluzione di un problema che non giudica difficile da attuare. Le difficoltà che incontra il mercato di Ponte a Poppi sono l’ennesima dimostrazione di come, almeno nell’alto Casentino, non si capisce che i mercati rionali, insieme ai negozi di prossimità, contribuiscono in modo determinante a salvare i nostri borghi dal degrado e dall’abbandono.

Come si può pensare che il turismo sarà quel settore che nel futuro prossimo sosterrà l’economia della vallata, senza capire che per fare questo bisogna salvare l’integrità e la vitalità dei nostri centri storici e di come questi siano strettamente legati alla sopravvivenza dei piccoli negozi e dei mercati. Nel 2024 solo a Soci hanno chiuso 5 attività commerciali confermando un trend nazionale dal quale purtroppo anche la nostra vallata non è esclusa e questo sembra non interessare nessuno, mentre si continua a dichiarare di dover sostenere lo sviluppo turistico del Casentino.

È vero che nella nostra vallata è aumentata la ricezione, grazie soprattutto ai numerosi agriturismi ed è anche vero che questi lavorano, ma è anche altrettanto vero che si tratta principalmente di pernottamenti brevi, 4-5 giorni, di una clientela che tende a non uscire dalle strutture e che quindi porta poco alle altre attività della zona. L’ultima novità sono i villaggi eco compatibili immersi in quella natura dove un tempo andavamo a funghi o al pascolo e dove non è rimasto molto altro da fare, non si capisce come possano portare ad un esito diverso dagli agriturismi.

Le stesse presenze al castello di Poppi, anche se numerose, sono presenze mordi e fuggi, di un turismo di passaggio che visita il castello e se ne va. Poppi centro storico è giustamente annoverato tra in “Borghi Più Belli D’Italia”, ma senza un articolato progetto di supporto e di sostegno, non fa la differenza. Quel faraonico e costoso progetto della ciclopista sull’Arno, dalla sorgente alla foce, che doveva portare in Toscana le presenze del cicloturismo internazionale non è ancora concluso, tanto meno in Casentino, dove primi tratti conclusi necessitano già di essere ristrutturati e del cicloturismo internazionale nemmeno l’ombra.

Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi poteva potenzialmente essere motore di turismo, ma non ha assolutamente centrato l’obiettivo. Il Golf Club di Poppi non ha ancora le 18 buche, che gli consentirebbero, in questo caso veramente, di portare turismo di qualità.

Nessuno ha il coraggio di affermare che, nonostante tutti i nuovi progetti, nella vallata abbiamo raggiunto l’apice turistico negli Anni ’70-’80 e dopo le cose sono solo peggiorate. A malincuore mi sorprendo, sempre più spesso, ad essere pessimista sul futuro della vallata.

Lanificio di Soci: suona il De Profundis?

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di Anselmo Fantoni – La nostra valle si regge sulla laboriosità dei suoi abitanti, piccola imprenditoria familiare che rimboccandosi le maniche, dando fondo alla fantasia e alla creatività, riesce spesso creare aziende di successo apprezzate in tutto il mondo. Qualche anno fa venne da oriente un sapiente e ci raccontò una storia diversa, ci disse che la nostra valle aveva una vocazione turistica, che si dovevano valorizzare i nostri patrimoni culturali, così da poter offrire ai visitatori prodotti unici e inimitabili così da farli innamorare di noi.

Certo di cose uniche e irripetibili ne abbiamo molte, Camaldoli, La Verna, il castello di Poppi e i manieri a lui collegati, pievi suggestive, anche un lago degli idoli. Prodotti caseari buonissimi, tradizioni di insaccati sopraffini, molini e allevamenti di trote e ultimamente anche interessanti vini prodotti sia da enologi che da imprenditori che ritornano alle proprie origini contadine.

Non ci manca nulla e nel passato avevamo, grazie all’energia green dei nostri torrenti, due importanti lanifici, uno oramai destinato ad altre attività e l’altro che con vicende alterne è arrivato fino a noi. In questi opifici nasceva il “povero” panno Casentino, destinato ai lavoratori agricoli, agli autisti di carrozze, divenuto nel tempo emblema di eleganza fino alla gloria cinematografica indossato addirittura da Audry Hepburn nel mitico Colazione da Tiffany.

Eppure la produzione di questo prodotto che fa parte della nostra storia rischia di scomparire, politiche industriali sbagliate? Congiunture di mercato disastrose? Le cause sono molteplici e la vicenda molto sfaccettata. Nel secondo dopoguerra del secolo scorso il Lanificio di Soci ha attraversato crisi anche importanti fino poi a rinascere verso la fine del novecento diventando un punto importante per la produzione di cachemire, finanziariamente andava a gonfie vele e grazie a importanti investimenti pubblici mise mano a una massiccia riqualificazione architettonica, mai portata a termine in verità, che cambiò l’aspetto del paese di Soci.

Poi la politica, abile a succhiare il sangue delle aziende che a lei si rivolgono, impose che il patrimonio del Lanificio dovesse essere sacrificato per il salvataggio della Stimet, ma purtroppo nella voragine dell’azienda di prefabbricati fu trascinato anche lo storico opificio. Cercando di non perdere la sua anima, si abbandonò il cachemire e si puntò a mantenere solo il reparto di rifinitura cercando di tenere in vita la produzione del Panno Casentino che sostiene due realtà di produzione di manufatti con questo magico tessuto: TACS e TESSILNOVA, proprio in quel di Stia mantenendo lo storico legame tra i due paesi.

Se il Lanificio chiuderà, le due storiche aziende dell’alto Casentino, dovranno trovare il “panno” fuori dalla nostra valle. Ma con la delocalizzazione Prato ha abdicato la sua vocazione produttiva ai paesi del terzo mondo e alla Cina, Soci, armai satellite di Prato, soffriva più di tutti. Poi le ultime vicende, il Covid e il rilancio del prodotto a cui si sono interessati Gucci, il Re Carlo d’Inghilterra, la vestizione del Menneken Pis a Bruxelles, il cortometraggio su Sisto Bocci presentato al festival del Cinema di Venezia; tutto lasciava ben sperare per un futuro roseo.

Poi l’ultima crisi del settore tessile ha riportato il Lanificio nel baratro, a nulla sono serviti gli sforzi degli attuali imprenditori, tutte le porte a cui hanno bussato sono rimaste chiuse. Pensate che durante il Covid un’azienda pratese ha ricevuto prestiti garantiti dallo Stato per ben 8 milioni di euro, ma per il lanificio non si riescono a trovare 200.000 euro di finanziamenti per il suo rilancio, e non stiamo parlando di fondi perduti come furono per la ristrutturazione del secolo scorso.

In effetti tutte le aziende vanno salvaguardate e sostenute soprattutto mettendole nelle migliori condizioni per prosperare e svilupparsi anche con politiche industriali supportate dalla collettività, ma in questo caso salvare quel che resta del Panno Casentino è come salvare dal degrado i nostri castelli e le nostre pievi, ma pare che tutti coloro a cui è stato chiesto aiuto abbiano declinato il sostegno, chi per difficoltà di congiuntura come la grande crisi del settore alta moda, chi per difficoltà burocratiche, chi ancora per rimbalzi di competenze istituzionali.

Ricordo da bambino, quando seguivo i miei genitori alle feste danzanti dei partiti una malinconica canzone che mi colpì moltissimo, parlava di una disgrazia in una miniera e una frase diceva pressappoco così: “manca soltanto quello dal baffo bruno, ma per salvare lui non c’è nessuno”. Pare quasi che ci sia qualche avvoltoio che non aspetti altro che il lanificio muoia per cibarsi della sua carcassa, come però abbiamo detto altre volte il Panno Casentino è magico e pare di essere stretto parente dell’araba fenice, riuscirà a risorgere anche questa volta?

Ricordiamoci che perderlo sarebbe una sciagura non solo per i lavoratori del lanificio ma di tutta la valle e allora speriamo che tutti e a tutti i livelli possano rendersi conto che la battaglia per sostenere il Panno è una battaglia per sostenere la Valle e i suoi valligiani. Chi sa cosa penserà di queste vicende il buon Sisto.

La piazzetta di Giampereta

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di Terenzio Biondi – È per me diventata ormai consuetudine: quando, dopo una mattinata di pesca nel Fosso del Baccio, ritorno all’auto passando per Giampereta, faccio sempre una sosta nella piazzetta. Ad eccezione del periodo estivo, Giampereta è quasi deserta. Silenzio assoluto e un panorama unico, fantastico.

Dalla piazzetta domini tutta la Vallesanta: al centro Monte Fatucchio con la sua cima perfettamente conica; proprio di fronte a te l’altipiano verdissimo di Montesilvestre con l’omonimo incantevole paesino abbandonato dal dopoguerra e i bianchi calanchi che vanno a formare il canjon del Fosso Sodaccio; alla tua sinistra i piccoli borghi della Vallesanta (Biforco, Rimbocchi, Corezzo…); e all’estremo orizzonte l’Alpe di Serra che con le sue cime sembra quasi toccare il cielo azzurro.

Ma le emozioni più forti ti vengono proprio dalla piazzetta. La chiesina, ricostruita dal popolo di Giampereta nel dopoguerra, dopo che era stata totalmente distrutta da un bombardamento (sopra il portale della facciata è scritto, in latino: “Quod bellum diruit populus aedificavit”), circondata dagli alberi, sembra invitarti a sedere sui gradini davanti alla porta. E lì accanto una targa in pietra, posta dall’Amministrazione Comunale di Chiusi della Verna nel 2002, ricorda con parole semplici e commoventi l’aiuto dato dal popolo di Giampereta durante i tempi bui delle persecuzioni razziali a una famiglia di ebrei fiorentini: Umberto Franchetti, la moglie Anny e le tre giovani figlie.

Già, in Vallesanta tanti ebrei fiorentini si nascosero durante le persecuzioni razziali dell’ultima guerra. Ma la storia di Umberto Franchetti è unica e bellissima. Era stato tanti anni prima, per pochi mesi, medico condotto a Chiusi della Verna, per poi tornare a esercitare la sua professione a Firenze. Quando nel 1943 iniziò la caccia agli ebrei, il dottor Franchetti non ebbe dubbi: con la moglie e le tre figlie raggiunse la Vallesanta e chiese ospitalità e aiuto alla famiglia Ciuccoli di Giampereta.

Per quasi un lungo, lunghissimo anno, la famigliola di ebrei fiorentini fu nascosta, sfamata, protetta. Tutti sapevano, in paese, ma nessuno parlò. Sapeva anche il brigadiere di Chiusi della Verna, e il Franchetti sapeva che il brigadiere sapeva. Si presentò il brigadiere un giorno a Giampereta e proprio nella piazzetta incontrò il Franchetti.

“Tempi duri per gli ebrei – disse a Umberto – È arrivato proprio in questi giorni l’ordine di schedarli tutti. Per fortuna in questa zona non ce ne sono, non ce n’è nemmeno uno”.

E se ne andò, dopo avergli stretto la mano. Cinquantott’anni dopo, quando fu posta la targa-ricordo, c’era anche una delle figlie salvate, credo Luisa, a ringraziare il popolo di Giampereta.

Una storia bellissima che, insieme ad altre storie di ebrei fiorentini nascosti in Vallesanta, ha ispirato anche un commovente romanzo di Anna Maria Vignali, scrittrice casentinese (“Salta Baruffo”). Quando passi da Giampereta fermati nella piazzetta.

(I RACCONTI DEL TORRENTE Storie vere, leggende, incontri… nei torrenti del Casentino è una rubrica a cura di Terenzio Biondi)

Un Giro in Bici all’insegna dei Guidi: Poppi-Ortignano-Poppi

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di Marcello Bartolini – Siamo nel pieno dell’inverno, sono ancora lontane le giornate di primavera e la tentazione di starsene a casa al calduccio sinceramente è molto allettante. Nonostante le rigide temperature del periodo, il Casentino offre comunque la possibilità di fare movimento in mezzo alla natura ed al suo paesaggio unico, consente anche di farlo abbastanza in sicurezza grazie alla rete di sentieri, strade secondarie e pista ciclabile dell’Arno che permettono, tutte assieme, di evitare i pericoli di una strada di fondovalle sempre più trafficata e di godere appieno il territorio.

Usando l’accortezza di essere ben equipaggiati e non salire troppo in altitudine, si possono sfruttare le giornate asciutte di questo periodo per delle belle escursioni, soprattutto in mountain bike, mezzo che ci permette di percorrere tutti gli itinerari privi di traffico evitando il più possibile spiacevoli incontri con mezzi a motore.

Per iniziare il nostro giro abbiamo scelto il “Porto” di Poppi, luogo dove un tempo partivano i carichi di legname delle foreste casentinesi destinati alla costruzione del Duomo di Firenze. Abbiamo a disposizione un ampio parcheggio se arriviamo in auto e, a breve distanza, possiamo trovare luoghi dove prendere una bevanda calda a fine giro per scaldarsi un po’ viste le temperature del periodo. Primo breve tratto sulla trafficata strada principale per poi svoltare sulla sinistra in prossimità dei giardini pubblici, seguendo le indicazioni per Poppi e Pratomagno, arrivati in prossimità del ponte si svolta a destra per attraversare il fiume e, all’incrocio sul primo tornante, ancora a destra in direzione del Pratomagno ci aspetta qualche chilometro in salita.

Giunti sul tratto pianeggiante, uno spiazzo sulla sinistra, dove si domina la valle sottostante, ci invita ad imboccare un tratturo in discesa che ci conduce sino al piccolo villaggio di Sambrona. Poco dopo, superato l’abitato, ci ritroviamo di nuovo su un tratto in asfalto, giriamo a destra dirigendoci verso San Martino in Tremoleto, giunti all’incrocio in paese si svolta a sinistra e, con una facile discesa asfaltata, arriviamo ad Ortignano.

Da Ortignano andiamo verso Bibbiena, oltrepassiamo San Piero in Frassino e proseguiamo ancora verso Bibbiena, poco prima della rotonda sulla sinistra e ben segnalata, entriamo nella ciclabile dell’Arno, costeggiando il fiume dopo pochi chilometri saremo di nuovo a Ponte a Poppi, terminando il nostro giro.

Non ci resta che riporre la nostra attrezzatura ed archiviare una bella giornata trascorsa immersi nella natura e nel paesaggio casentinese portando con noi i paesaggi invernali che hanno certamente il loro fascino con i colori tenui che la stagione offre. Un paesaggio diverso, con gli alberi spogli che, a volte, ci mostrano luoghi nascosti negli altri periodi dell’anno dalla vegetazione rigogliosa.

Il Casentino a volte è un po’ così: tende a nascondere le proprie bellezze, quasi ne fosse geloso oltre che orgoglioso, riservato; magari queste caratteristiche che potrebbero essere classificate come difetti, sono il motivo per cui ancora esistono angoli incontaminati anche fuori dall’area protetta, capaci di stupire non solo i turisti, ma spesso anche noi autoctoni che non sempre conosciamo a fondo il luogo in cui viviamo.

Lo stesso ragionamento potrebbe essere applicato ai centri storici ed agli edifici disseminati nel nostro territorio. Dovremmo essere più fieri della bellezza che ci circonda, del nostro territorio e della storia che trasuda dai nostri borghi e dalle nostre campagne, necessita da parte di ognuno di noi una maggiore consapevolezza del nostro territorio, magari dedicando un po’ del nostro tempo per visitare a fondo i luoghi in cui viviamo e, perché no, farlo in bici.

Le offerte di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego

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Le nuove offerte settimanali di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego. Anche questa settimana gli incentivi e le opportunità regionali per i datori di lavoro e le persone fisiche, oltre le chiamate dirette al lavoro. I tirocini curriculari retribuiti 2023/24. Gli Avvisi Pubblici per la concessione di contributi a imprese e/o datori di lavoro finalizzati a garantire incentivi all’assunzione degli iscritti alla legge 68/1999 con disabilità di natura psichica. Il bando per servizi innovativi delle imprese di GiovaniSì. E l’avviso pubblico per il finanziamento di piani di Welfare Aziendale per la conciliazione di vita-lavoro 2023-2025.

Scarica la newsletter: Offerte Lavoro Casentino 07 02

Gli orari dei Centri per l’Impiego della Toscana sono i seguenti:

lunedì 9:00 – 13:00

martedì 9:00 – 13:00 pomeriggio 15:00 – 17:00

mercoledì 9:00 – 13:00

giovedì 9:00 – 13:00 (su appuntamento), pomeriggio 15:00 17:00

venerdì 9:00 – 13:00

La birra e le ciaspole

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di Fiorenzo Rossetti – Inverno, neve, escursioni tra i boschi con ciaspole ai piedi e… Birra! Nulla in contrario ad una birretta tra amici per carità, ma quando è lo stesso Ente Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi a metterla in programma, in inverno, dopo una ciaspolata, come tema trainante per una escursione nei territori innevati del Parco, beh, la cosa si fa interessante.

Siamo abituati a vedere reclamizzate, nei mesi invernali, una moltitudine di attività di accompagnamento sulla neve proposte da Guide ambientali escursionistiche; tutte offrono la possibilità di visitare con ciaspole (o racchette da neve come sinonimo) ai piedi alcune zone del Parco “vestito” in abito bianco. Diverse sono le modalità gestionali e di conduzione di queste tipologie di escursioni, a volte di stampo naturalistico, altre più fisiche e spensierate, ma quelle che più si distinguono, a mio avviso, sono quelle contenute nel calendario degli eventi proposti, ufficialmente, dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

Tra queste iniziative spiccano attività di accompagnamento, curate da Guide, che offrono la possibilità di fare ciaspolate in alcune aree innevate del Parco (fin qui tutto normale), ma che stupiscono perché il messaggio che scaturisce dal programma offerto è quello non tanto sull’invitare a fruire dell’attività per favorire la conoscenza dei temi naturalistici del Parco, ma piuttosto mettendo il consumo di birra come richiamo turistico. Nulla di più affascinante è la scoperta della natura d’inverno del Parco con l’utilizzo delle racchette da neve. Fui tra i precursori, tra la fine degli Anni ’90 e inizio 2000, a coinvolgere cittadini, enti e addetti al turismo, in innumerevoli escursioni guidate e corsi di formazione utilizzando le racchette da neve.

Alla base di ogni attività vi era il racconto della natura d’inverno e le strategie di adattamento di piante e animali alle basse temperature, le tecniche escursionistiche e per la sicurezza in ambiente innevato, il tutto condito da tanta fisicità connessa all’attività, allegria e una sapiente diffusione della cultura ed etica della montagna e del vivere con rispetto. Le racchette da neve rappresentavano l’alternativa alla monocultura dello sci e alle attività chiassose che trasformano aree delicate e importanti di montagna in disco bar.

Eppure, nella programmazione degli eventi curata dall’Ente Parco qualcuno si deve essere dimenticato della mission di un’area naturale protetta e di cosa significhi amministrare un certo tipo di comunicazione a favore della conservazione e della nascita di una consapevolezza collettiva verso i temi del rispetto e della cultura delle aree interne e montane. Il livello di questa programmazione è talmente imbarazzante da fare invidia allo stile di promozione turistica da pensioncina Anni ’60 di riviera o della associazione della sagra della porchetta.

Sappiamo bene che non è lo scopo del Parco quello di reclamizzare il connubio tra la birra e la neve, ma l’accadimento rende l’idea del livello e della poca attenzione infusa nella programmazione delle proprie attività divulgative e comunicative. Manca decisamente lo spessore culturale e tecnico a queste escursioni, come pure mancano le finalità etiche e legate alla mission dei Parchi (anche se il birrificio è toscano e locale). Lasciamo poi l’incentivo al consumo di alcol agli spot dei produttori di birra.

Voglio puntualizzare che i momenti conviviali post escursioni sono importanti; condividere in compagnia, in allegria, una bevanda e qualcosa da mettere sotto i denti, aiuta a focalizzare, dare valore e fissare i concetti che si sono spesi durante l’escursione e consolidare l’amicizia nel gruppo. Le attività escursionistiche dovrebbero rientrare tra le metodologie didattiche utilizzate da un Parco per informare, educare e formare le persone ai temi cari di un’area protetta.

Evidentemente queste situazioni sono figlie della politica degli ultimi anni di questo Parco, tutto orientato agli indici turistici. Contro la banalizzazione delle attività occorre ritrovare gli obiettivi fondanti del Parco, ripensare allo staff di comunicazione e progettare col cuore attività di scoperta dei mille risvolti ambientali di un parco e del vivere riavvicinandosi alla natura e i suoi elementi.

Cerchiamo poi di reclamizzare escursioni per la fatica che costano, perché la fatica è il prezzo del biglietto che la montagna ci fa pagare per accedere alle sue meraviglie materiali e immateriali (che ti entrano nell’anima).

(L’ALTRO PARCO Sguardi oltre il crinale è una rubrica di Fiorenzo Rossetti)

Lavori per la messa in sicurezza dei ponti lungo la strada provinciale Via Valdarno Casentinese

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LETTERA – I Sottoscritti, venuti a sapere che l’Amministrazione Provinciale è in procinto di far partire i lavori per la messa in sicurezza dei ponti che precedono il Bivio di Gello Biscardo e del ponte al medesimo Bivio (direzione Castiglion Fibocchi – Talla), che la data di inizio lavori è ancora incerta, ma che l’esecuzione degli stessi richiederà la chiusura parziale e totale della viabilità, rilevano quanto segue:

  • La chiusura totale della strada comporterà forti disagi per i residenti nella Frazione di Gello Biscardo e di tutte le Frazioni montane dei Comuni di Talla e Loro Ciuffenna, in quanto non esiste viabilità alternativa che possa essere utilizzata quotidianamente per recarsi ai luoghi di lavoro, alla scuola pubblica sia a Castiglioni che a San Giustino Valdarno;
  • La strada comunale da Gello a Castiglion Fibocchi non è in sicurezza e, allo stato attuale, in più tratti due auto non si scambiano;
  • Vi saranno gravi problemi per necessità e/o urgenze di carattere socio sanitario;
  • Sarà pressoché impossibile svolgere in modo regolare il servizio di raccolta della N.U.
  • Grosse difficoltà inoltre anche per le attività economiche presenti sul territorio (attività agricole, agriturismi, ristorazione,…….) La chiusura della strada per le attività presenti comporterà sicuramente gravi danni economici;
  • Ricordiamo che nel periodo estivo è attivo il servizio antincendi alla Villa Coniola con la presenza dell’elicottero;

Oltre ai disagi per le famiglie residenti, l’interruzione e la riduzione del transito su detta strada comporterà pesanti danni economici alle attività presenti sul territorio montano.

Con la presente siamo quindi a chiedere che i lavori vengano programmati nei mesi invernali (da Novembre a Febbraio compreso) periodo di minor disagio per il settore Attività Turistiche/Ristorazione e di minor traffico in suddetta strada.

Chiediamo soprattutto che vengano adottate tutte le possibili soluzioni perché non si proceda alla chiusura totale della Strada al fine di evitare disagi  per chi quotidianamente deve utilizzare  la “Crocina” per motivi di lavoro, per portare i bambini a scuola nei Comuni di Castiglion Fibocchi e Loro Ciuffenna, per chi (le persone anziane in modo particolare) ha necessità dei servizi sanitari in quanto è anche l’unica strada che unisce direttamente il territorio montano e il Casentino al Valdarno.

Con la presente si chiede con urgenza un incontro in Provincia per ricevere informazioni certe sull’inizio, lo svolgimento e la durata dei lavori e per eventuali soluzioni alternative alla chiusura parziale e totale della strada.

Certi di un vostro riscontro alla presente si resta in attesa dell’incontro richiesto.

Si chiede di inviare eventuali comunicazioni in merito alla presente a:

Marcello Ralli tel.: 3382277710 indirizzo mail: marcello.ralli51@gmail.com;

Mirco Giachini tel.: 3347050975

Tommaso Romualdi tel.: 3381529652;

Simone Giannerini  tel.: 3356697446.

Luci di speranza

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di Mauro Meschini – Il suono agghiacciante di una sirena di allarme è risuonato nel tardo pomeriggio del 5 gennaio scorso a Stia. Centinaia di persone raccolte nei pressi della fontana di Piazza Tanucci hanno così potuto, per alcuni momenti, provare a condividere le emozioni e i pensieri di chi, ancora in queste settimane, ancora in questi mesi, sa che quel suono sarà seguito da boati e bagliori di morte. È iniziata così la marcia silenziosa per la pace che ha attraversato le strade di Pratovecchio Stia, arrivando al Parco della Rimembranza di Piazza Landino, nel centro di Pratovecchio.

Qui sono state le parole di una canzone di Edoardo Bennato, “A cosa serve la guerra”, ad accogliere i partecipanti e a concludere questo importante e significativo evento, a cui tante e tanti hanno voluto dare la loro adesione. È stata un’iniziativa partita dal basso, che ha riunito il tessuto associativo del paese, le parrocchie, gruppi del volontariato, singole cittadine e singoli cittadini che hanno voluto, con una testimonianza concreta e visibile, lanciare un messaggio a sostegno della pace e contro le tante, troppe guerre che ancora insanguinano il pianeta.

Sembra impossibile, sembra assurdo, ma dobbiamo ancora continuare a parlare di violenza e di conflitti; dobbiamo ancora prendere atto che l’industria più fiorente e che non conosce crisi è quella delle armi; dobbiamo essere seriamente preoccupati per le parole e le proposte avanzate da chi ricopre incarichi di responsabilità nel nostro e in tanti altri Paesi, tutte orientate al riarmo. Unica, e spesso derisa voce fuori dal coro, sembra essere quella di Papa Francesco, che ostinatamente non perde occasione per rilanciare la necessità di trovare punti di accordo, di far tacere le armi, di instaurare rapporti tra le persone e gli Stati basati su presupposti totalmente diversi. Nessuno sembra ascoltare questi appelli e ci sono davvero tanti motivi per essere preoccupati.

A Pratovecchio Stia si è deciso di rendere pubblici questi sentimenti, si è voluto, per una volta, non continuare ad ascoltare la propaganda guerrafondaia che straripa da TV, giornali e sui social e lo si è fatto nel modo più semplice, ma anche da sempre il più concreto: si è deciso di scendere in strada. Non possono non venire in mente a questo punto le parole di una famosa canzone di Giorgio Gaber: “C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza…”.

Appaiono tremendamente attuali, un’esortazione che in alto Casentino si è voluto accogliere e così alla vigilia dell’Epifania le luci di tante candele hanno sfidato le gocce di pioggia e accompagnato il cammino di questa coraggiosa e determinata manifestazione. Lo stesso percorso seguito per giungere da Stia a Pratovecchio ha rappresentato una specie di monito, perché queste strade, 80 anni fa, hanno visto e conosciuto la guerra e i suoi effetti. Il muro del vecchio cimitero di Stia ha visto morire i 17 giovani partigiani fucilati dai tedeschi e dai loro galoppini fascisti. Il centro di Pratovecchio poi fu trasformato in un ammasso di macerie dagli stessi soldati germanici in ritirata. Una mostra fotografica allestita sotto i portici da alcuni mesi ha permesso a tutti di vedere nelle immagini proposte cosa aveva lasciato anche in questo angolo di Casentino il passaggio della guerra. Era Pratovecchio, oggi potrebbe essere Gaza o l’Ucraina. Non cambia molto. Distruzione, morte, dolore e disperazione.

Quello che è stato detto al termine della manifestazione rappresenta una promessa: “Si è trattato solo dell’inizio”, è stato un primo momento di incontro e impegno comune e sarà necessario continuare e fare crescere questa preziosa luce di speranza che si è accesa ai piedi del Falterona. Sarà importante alimentarla e portare nuova energia per illuminare sempre più l’intera vallata auspicando che anche da altri angoli del Casentino tante persone decidano di scendere in piazza e diventare testimoni di pace. Il nostro presente ci dice che è l’emergenza più grande, e come in tanti altri momenti della storia recente e passata è successo, si sente la necessità di urlare “Prima di tutto la pace!”.

D’altra parte, come dicono bene le parole della canzone di Edoardo Bennato, a cosa serve la guerra lo sappiamo già… “A cosa serve la guerra / Diciamo la verità / Serve soltanto a vincer la gara dell’inutilità / La guerra non dice niente / Guardati intorno e ci arrivi / Perché la vincono sempre i buoni / La perdono sempre i cattivi… / La guerra è sempre la stessa / Ognuno la perderà / E a ogni soldato che muore si perde / Un po’ di umanità… / La guerra è un caso irrisolto / Perché la sua soluzione / È che il più debole ha sempre torto / E il più forte ha sempre ragione…”.

Influenza nei bambini: come comportarsi

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di Antonella Oddone – L’influenza è una malattia infettiva respiratoria acuta causata dal virus influenzale, un virus a RNA. Esistono quattro tipi di virus influenzali ma quelli che provocano l’influenza stagionale sono il virus A e il virus B. Secondo l’OMS, l’influenza stagionale colpisce ogni anno tra il 20% e il 30% dei bambini di età 0-14, e i più piccoli sono a maggior rischio di sviluppare complicazioni, come polmonite o disidratazione. I virus influenzali hanno una marcata tendenza a mutare, cioè presentano ogni anno variazioni antigeniche nelle due glicoproteine di superficie, HA (emoagglutinina) e NA (neuroaminidasi), che permettono loro di evadere la risposta immunitaria dell’ospite. Quindi gran parte della popolazione ad ogni nuova stagione influenzale è immunologicamente suscettibile.

Questi cambiamenti antigenici cui vanno incontro i virus influenzali sono di due tipi: 1) “drift antigenico”, cioè piccoli cambiamenti nella sequenza di aminoacidi delle glicoproteine di superficie HA e NA, (quelle in grado di stimolare una risposta immune) che sono frequentissimi e portano costantemente alla comparsa di nuovi ceppi responsabili delle epidemie influenzali che si susseguono di anno in anno. Questo fenomeno riguarda sia i virus A, sia i B ed è responsabile delle epidemie stagionali.

2)“shift antigenico”, è un fenomeno che riguarda solo i virus di tipo A e consiste nella comparsa di un ceppo virale del tutto nuovo con una proteina di superficie (HA e/o NA) appartenente a un sottotipo diverso da quelli comunemente circolanti nell’uomo. Gli shift antigenici sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali (aviari o suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani all’uomo. Poiché la popolazione non ha mai incontrato prima questi antigeni, questi cambiamenti di maggiore entità possono provocare un’infezione invasiva in tutta la popolazione, su scala mondiale, che prende il nome di “pandemia”.

Trasmissione e patogenesi L’influenza si trasmette principalmente per via aerea, attraverso goccioline di saliva e secrezioni respiratorie emesse con i colpi di tosse o gli starnuti. Una volta entrato nel corpo, il virus attacca le cellule dell’epitelio respiratorio dando inizio ad un processo infiammatorio che genera i sintomi caratteristici dell’influenza. Il nostro sistema immunitario risponde infatti all’infezione con una forte risposta infiammatoria che provoca sintomi sistemici come febbre alta, dolori muscolari e stanchezza. I bambini, il cui sistema immunitario è ancora in fase di sviluppo, sono più suscettibili all’infezione e alle sue complicazioni. L’influenza si diffonde rapidamente negli asili e nelle scuole. L’incubazione dura 1-2 giorni e le persone infette possono trasmettere il virus durante questo periodo e fino a 5-7 giorni dopo la comparsa dei sintomi.

Sintomi L’influenza è caratterizzata dalla febbre, da sintomi delle vie respiratorie, che sono sempre interessate, e da manifestazioni generali, a carico dell’intero organismo. In particolare la febbre si presenta improvvisamente ed è in genere alta, superiore ai 38°C, nei bambini con puntate anche fino a 39-40°C, può durare dai 3 ai 7 giorni, accompagnata da tosse (di solito secca), dolori ossei e muscolari diffusi, mal di testa, grave malessere (spossatezza), mal di gola e naso che cola. La tosse può essere grave e molto fastidiosa, può durare 2 o più settimane. Possono essere presenti altri sintomi come fotofobia (eccessiva sensibilità e intolleranza alla luce) e inappetenza. Non sono comuni sintomi a carico del tratto gastrointestinale, quali nausea, vomito, diarrea, poiché di solito sono provocati da virus simil-influenzali. Inoltre il virus influenzale è un potente immunodepressore e rende più facile ammalarsi di altre forme virali nei mesi a seguire. Durante la convalescenza il bambino è spossato e dorme molto.

Complicanze Otiti e polmoniti da sovrapposizione batterica fino alle gravissime polmoniti influenzali necrotizzanti e alle encefaliti necrotizzanti, potenzialmente mortali. Le complicanze sono più frequenti nella fascia di età 6 mesi 6 anni, nelle persone anziane e con patologie. In gravidanza può insorgere un travaglio prematuro (prima della 37° settimana di gravidanza), o un basso peso alla nascita del bambino. L’influenza può causare aborto spontaneo o parto prematuro.

Cosa fare? L’influenza è virale, quindi gli antibiotici non servono se non in caso di complicanze batteriche. La febbre, anche alta, sappiamo che è una specifica risposta dell’organismo ed è utile ad uccidere il virus. I cosiddetti antipiretici, in particolare il paracetamolo, andranno somministrati solo in caso di forte malessere o cefalea intollerabile. La tosse può essere alleviata da bevande contenenti miele o sciroppi fitoterapici. Fondamentale è idratare il bambino facendogli bere spremute di frutta (non “succhi” di frutta), frullati, the leggero e acqua, invitandolo a mangiare piccole quantità degli alimenti che preferisce e soprattutto la frutta che come noto contiene gli antiossidanti necessari per inattivare i pericolosi radicali liberi che si formano in tutte le infezioni.

Ma l’influenza e tutte le sue complicanze si possono prevenire con un vaccino ben sperimentato e sicurissimo, da questo anno disponibile anche sotto forma di spray nasale, che il pediatra somministra gratuitamente in dose unica.

DOTT.SSA ANTONELLA ODDONE Medico pediatra

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)

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