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venerdì, 25 Aprile 2025
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I dolci sapori di Pasqua

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di Lara Vannini – La cucina è un’arte ma potremmo anche dire che essa è nutrizione, condivisione ed anche memoria storica. La cucina come scienza era già nota al famoso gastronomo romagnolo Pellegrino Artusi che già nella seconda metà dell’800 fu autore di un best-seller (diremmo oggi!), di fama internazionale: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, le cui ricette furono messe a punto raccogliendo tradizioni culinarie di tutta Italia. Artusi riuscì a includere nella sua raccolta cibi gustosi e ricchi di storia che, nel caso della cultura gastronomica contadina, erano costituiti da ingredienti con un preciso significato simbolico.

L’uovo ad esempio simbolo della Pasqua e desiderio ambito per ogni bambino, esisteva come tradizione anche nella cultura contadina, ma non di cioccolata come saremmo portati a pensare oggi. Il significato dell’uovo come simbolo della vita e del mistero, si perde nella notte dei tempi ed è presente in molte religioni e culture dell’antichità. Dagli antichi Egizi alla tradizione cristiana fino ad arrivare ai giorni nostri, l’uovo è sempre stato simbolo di vita, rinascita e Resurrezione, la vita terrena che non finiva con la morte, ma andava oltre e dava speranza agli uomini.

La tradizione contadina voleva infatti che il giorno di Pasqua si portassero le uova sode in chiesa a farle benedire, per poi mangiarle nell’abbondante colazione che sarebbe stata apparecchiata dopo la messa. Le uova erano simbolo di Resurrezione, ma anche energetiche e il loro ritorno sulla tavola dopo l’astinenza della Quaresima preannunciava la rinascita primaverile. Infatti in Primavera gli uccelli facevano il nido per deporre le uova e quindi appena se ne avvistava uno, era certo che la stagione fredda fosse agli sgoccioli.

A conferma di come le uova fossero doni graditi e pregiati anche in altri periodi dell’anno possiamo ricordare che, a Carnevale per esempio, si regalavano le uova agli uomini che andavano ad intrattenere i paesani con la fisarmonica oppure, ringraziando di un servigio, si poteva sempre regalare una coppia d’uova. Banalmente era più facile regalare le uova in Primavera anziché in altri periodi dell’anno perché era anche il periodo in cui le galline ne deponevano in maggior quantità.
Il Pan di Ramerino o rosmarino, era un altro cibo considerato dai contadini “pane Santo di devozione”. È un dolce tipico della Toscana e poteva già essere preparato dal Giovedì Santo in preparazione alla Pasqua. Veniva usato il rosmarino perché oltre ad essere una pianta facilmente reperibile, era una pianta officinale dai molteplici significati simbolici. Sinonimo di immortalità, con il suo forte e caratteristico profumo, era noto per le proprietà antisettiche e tranquillizzanti. Nella tradizione popolare veniva già usato sotto il cuscino come scacciapensieri. Dal punto di vista religioso la leggenda narra che durante la funga in Egitto della Sacra Famiglia, il mantello della Madonna scivolasse su una pianta di rosmarino rendendo i fiori dell’arbusto di color azzurro come il manto di Maria.

In questa carrellata di prelibatezze “sacre” come non citare il popolarissimo Ciambellone pasquale con il Vin Santo (liquore usato anche nelle celebrazioni eucaristiche), una vera gioia per gli occhi e per il palato.
Per preparare il Ciambellone venivano usate molte uova perché il periodo precedente di Quaresima erano giorni di astinenza anche dal cibo e quindi l’uovo poteva essere un integratore naturale a buon mercato e alla portata di tutti. L’uovo era un alimento eccezionale che poteva essere bevuto anche da fresco senza troppi problemi o come rinforzino unito alla minestra.

La Panina originaria proprio del Casentino, è un pane semi-dolce molto saporito con uvetta, spezie, strutto e a volte un pizzico di zafferano. Pur avendo un sapore dolce, non disdiceva con un companatico salato come una fetta di prosciutto. Ancora oggi nei ristoranti che preparano il pranzo di Pasqua è molto comune trovare un antipasto di uova benedette, panina, qualche crostino e salumi locali.

Sulla tavola apparecchiata per la colazione non potevano poi mancare gli zuccherini o berlingozzi, dalla tipica forma a ciambellina fatti di farina, uova, olio, a volte zucchero a cui poteva essere aggiunto dei semi di anice. Dolcetto antichissimo già presente nel Rinascimento, veniva a volte chiamato “berlingozzo” forse da “berlingare” ovvero divertirsi a tavola, godere di buone pietanze.

La vera regina dei dolci restava, però, sempre lei “la Pasta reale”, oggi conosciuta come torta Margherita, un dolce che si ricorda anche per il suo procedimento e il tipico rumore di mestoli sbattuti durante la sua preparazione. Le massaie infatti dovevano montare le chiare a mano e poi unirle ai tuorli avendo cura di non far “smontare” il composto perché sarebbe stato questo segreto a rendere la pasta soffice e maestosa al punto giusto.

(trtto da CASENTINO2000 | n. 317 | Aprile 2020)

Gli Amanti di Piazza Tarlati. Puntata 5

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La cena del 24 dicembre Casa di Paride. Pomeriggio.
La moglie, dalla cucina:
– Dai ragazzi, aiutate il babbo ad apparecchiare!
– Va bene la tovaglia rossa con le ghirlande? Ed i piatti del servito nuovo? Chiede lui.
– Si! Vanno bene sia la tovaglia che i piatti.
– Meno male, perché se poi capitano i tuoi, tua madre ha pure da ridire!
Si gira verso la cucina e poi guarda il cellulare mentre taglia il pane per i crostini. Appena finito manda un messaggio Whatsapp: “auguri amore mio”. Nessuna risposta.
Casa di Elena. Stesso momento.
Tira fuori i tortellini dal congelatore.
– Vai tu a prendere il dolce dal Del Sere? Porta anche i ragazzi così
escono un poco fuori, dice al marito.
– Va bene. Andiamo ragazzi. (Escono).
La donna butta un’occhiata nelle stanze. Si assicura che non ci sia più nessuno e prende il cellulare che tiene nella tasca della vestaglia con le renne. Manda un messaggio: “auguri amore”. Ma anche in questo caso nessun riscontro.
Mette il brodo e controlla la temperatura del forno. C’è l’arrosto con le patate.
Suonano alla porta. Sono i suoi genitori.
– Allora come state? Dove sono i ragazzi? Chiede suo padre.
Sono usciti tutti a prendere il dolce.
– Ti aiuto a fare qualcosa? Domanda la madre.
– Ma no, è tutto pronto, mettetevi in salotto.
Casa di Paride. Ora di cena.
– A tavolaaaa! Chiama la moglie.
– Babbo è pronto! Grida il figlio.
– Sono un attimo in bagno! Risponde mentre controlla WhatsApp. Niente. Allora rimanda a sua volta : “ti amo tesoro”. Ancora nulla. Sale un poco di ansia, non moltissima, ma sufficiente per alterare l’atmosfera natalizia. Arriva e si siede a tavola.
– Mi passi il vino? Chiede Lucia con un sorriso.
– Eccolo.
– Che buoni questi neri mamma, dicono i bimbi.
– Si, davvero ottimi, conferma lui.
– Grazie tesoro.
– Devo tornare un attimo al bagno, dice lui.
– Ancora!? Esclama il suocero.
– Ehm, ho un poco di disturbo, credo.
Si chiude dentro. Controlla sms e WhatsApp. Non trova niente, ma vorrebbe scrivere ancora.
Bussano alla porta:
– Tutto bene babbo?
– Si, si, adesso vengo.
Casa di Elena. Stessa ora.
– Come vanno le cose allo studio? Avete lavoro? Chiede la madre.
– Dai, non lamentiamoci, anche se con questa crisi.
– E’dovuta andare anche dopo cena da quanto è indaffarata, interviene il marito.
Dopo un istante di imbarazzo, fortunatamente non notato da nessuno,
si riprende e chiude la questione.
– è vero. Un sacco di scadenze a fine anno. Apri tu lo spumante? Chiede a Rinaldo.
Salta il tappo ed iniziano i brindisi. Il marengo va via in un attimo. Aria di festa.
– Vado a tagliare l’ananas.
Con la coda dell’occhio, prima di entrare in cucina, controlla che a tavola tutti pensino a mangiare e bere. Poi prende il cellulare e manda un messaggio sms: “di nuovo auguri amore mio” ma ci sono dei problemi.
Non posso inviare “di nuovo auguri amore mio”.
Allora riprova.
Non posso inviare “di nuovo auguri amore mio”.
Riprova.
Non posso inviare “di nuovo auguri amore mio”.
Un brivido la percorre mentre mette a posto le grosse fette del frutto tropicale. Nulla di grave ma abbastanza da stratificare inquietudine.
Casa di lui. Manca poco a mezzanotte.
I figli dormono ed anche Lucia si sta appisolando. La tavola è ancora apparecchiata. L’uomo è inquieto perché il cellulare non parla. Fa zapping alla tv per ingannare il tempo. Si alza e accende una sigaretta mentre passeggia avanti e indietro nel corridoio. Passa lentamente un ora.
“Meno male non sono venuti i suoceri”, pensa. Passa ancora mezz’ora.
Casa di lei.
Finisce la serata, i suoi se ne vanno. Figli e marito si mettono a dormire serenamente ma la donna è irritata, un senso profondo di smarrimento la coglie. Finisce di sparecchiare ed attacca la lavastoviglie. Girella per la sala da pranzo. L’orologio gira piano.
I loro auguri erano ancora nell’etere e ciò aveva messo una quantità di angoscia negli amanti.
Poi, finalmente, verso le 2.00, arrivarono tutti assieme.
“Auguri amore mio”
“Auguri amore”
“Ti amo tesoro”
“Di nuovo auguri amore mio”
“Di nuovo auguri amore mio”
“Di nuovo auguri amore mio”
“Di nuovo auguri amore mio”

Elena si porta in terrazza. Paride davanti alla finestra. Si guardano negli occhi. La notte è chiara e piena di stelle. Sopra la Verna, adesso, passa una cometa. Finalmente è Natale.

(Fine puntata 5)

Marco Roselli, Gli Amanti di Piazza Tarlati, Fruska

Affitti: contributi fino a 300 euro, anche per negozi

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Contributi per pagare la metà dell’affitto fino ad un massimo di 300 euro. Questo il sostegno deciso dalla Regione Toscana. Entro aprile il Comuni dovranno pubblicare il bando con le modalità di presentazione delle domande. Il contributo sarà di  300 euro per i comuni ad alta densità abitativa (Arezzo, Capolona, Castiglion Fibocchi, Civitella, Monte San Savino e Subbiano ) e di 250 per gli altri.

Beneficiari? Li ricorda Stefania Teoni del Sunia: “lavoratori dipendenti e autonomi che abbiano cessato, ridotto o sospeso l’attività o il rapporto di lavoro a seguito del Covid-19 in possesso di alcuni requisiti: residenza anagrafica nell’immobile per il quale viene richiesto il contributo; titolarità, per lo stesso immobile, di un regolare contratto di locazione ad uso abitativo; non avere diritto di proprietà o di usufrutto su alloggio adeguato al nucleo familiare entro 50 chilometri; valore ISEE per l’anno 2019 fino a 28.684,36 euro; diminuzione del reddito familiare di almeno il 40% per cause collegate al Covid-19“.

Proprietari e inquilini possono poi accordarsi per una revisione del canone di locazione evitando, al proprietario, di pagare le imposte sul canone intero anche se non riscosso. Per la revisione è necessaria una scrittura privata tra locatore e conduttore che può prevedere la sospensione, la riduzione temporanea o la riduzione definitiva del canone di affitto. L’atto va poi registrato all’Agenzia delle Entrate senza oneri.

Sunia – sottolinea Stefania Teoni –  è già in grado di fornire tutte le indicazioni e la documentazione per avviare e concludere il procedimento. Ha già contattato le associazioni dei proprietari per concordare modalità condivise e con l’Agenzia delle entrate per rendere possibile, almeno in questa fase, la registrazione on line“.

SUNIA nazionale e regionale si sono attivati per  finanziamenti specifici che, al momento, non sono previsti. “Il Sunia provinciale – annuncia Teoni – ha contattato Arezzo Casa e la Presidente del LODE per definire criteri condivisi che aiutino, con immediatezza, gli assegnatari delle case popolari in difficoltà con il pagamento del canone. Entro breve pensiamo di poter avere un criterio concordato“.

Ci sarà un sostegno anche al pagamento di affitti di negozi e botteghe. L’utilizzo di questo provvedimento, che non esclude la ricontrattazione dell’affitto, non è un contributo diretto ma di un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione del mese di marzo indipendentemente dalla dimensione del locale oggetto di locazione da conguagliare con F.24. Sono esclusi dal provvedimento: liberi professionisti e artisti anche qualora usufruissero di un immobile C/1; soggetti che esercitano un’attività d’impresa utilizzando un immobile in categoria C/1 ma in base ad un titolo giuridico diverso dalla locazione (esempio comodato); attività rientranti nel beneficio, ma con categoria catastale diversa da C/1 (es: immobile categoria catastale C/3 “Laboratori per arti e mestieri”, o C2); esercenti attività identificate come essenziali per le quali non è obbligatoria la chiusura.

Infine il sostegno agli affitti degli studenti universitari fuori sede: è annunciata come imminente l’approvazione di una delibera della regione Toscana per prevedere un sostegno a queste categorie di affittuari.

Il servizio Sunia di consulenza, informazione e sostegno è fornito telefonicamente o on line. Numero telefonico: 349.9336557. Dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 14:00 alle 16:00 da lunedì a venerdì. Mail:sunia.ar@arezzo.tosc.cgil.it

 

Riccardo Ferri, dal Casentino a pilota dei jet della Marina

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di Riccardo Buffetti – È lunga la strada che porta da Capolona, più precisamente dalla località di Giglioni, all’America. È una rotta difficile e piena di insidie, ma questo non ha spaventato Riccardo Ferri, originario del nostro splendido Casentino, che ha voluto fortemente trasformare la passione per il volo, per la guida di aerei, nel suo sbocco professionale. Ci sono voluti anni di abnegazione, sacrifici e duro lavoro, ma alla fine è riuscito a diventare pilota e a volare sopra a tutti i continenti.
«La mia passione nasce con me, in modo assolutamente naturale – ci racconta Riccardo. «Non c’è stato qualcosa che l’ha innescata, ma da che mi ricordo ho sempre avuto questa scintilla per il mondo degli aerei e del volo. Sono rimasto affascinato dalla figura del pilota, perché ho sempre avuto l’idea che racchiudesse un insieme di tutte le qualità che mi piacevano: uomo sveglio, intelligente, pronto fisicamente».

Come hai mosso i primi passi verso il tuo sogno? «Come dicevo prima, ho iniziato ad alzare gli occhi al cielo intorno ai tre/quattro anni e i miei genitori si sono subito accorti di quanto mi brillassero gli occhi ogni volta: mi hanno sempre stimolato e incoraggiato, questo mi ha permesso di alimentare la mia passione. Intorno ai 16-17 anni mio babbo riuscì a farmi prendere il brevetto al piccolo aeroporto di Arezzo e in uno di quei voli, il 3 aprile del 1999, ho capito che era la strada che volevo prendere nella mia vita. Il passo successivo è stato di terminare le scuole superiori ed iniziare ad iscrivermi ai vari concorsi che per me sono stati una grossissima scuola di vita, soprattutto a causa della competizione molto forte. Per superare questi momenti ho sempre cercato di focalizzarmi su pensieri positivi, cercavo già di immaginarmi pilota. Alla fine del 2002, dopo un paio di delusioni piuttosto grandi, riesco finalmente ad entrare in Marina come pilota; la scelta è caduta su quel ramo perché mi affascinava poter volare sul mare e perchè mi avrebbe permesso di viaggiare con più continuità. Il 27 maggio dell’anno successivo sono entrato in accademia navale: un anno di indottrinamento basico, preparazione fisica e qualifica in lingua inglese. Il percorso mi ha permesso nel 2002 di partire per l’America per la scuola di volo».

Sei riuscito a realizzare il tuo “Sogno Americano”? «Sono riuscito a trovarlo e a realizzarlo, ma andiamo per ordine. Una volta in America ho iniziato l’addestramento per diventare pilota: insieme ad altri ragazzi abbiamo dovuto superare test difficili e stressanti. Il primo obiettivo dell’accademia è insegnarti ad essere efficiente fisicamente e mentalmente. Questo creava un rapporto importante con gli americani, venivi trattato esattamente come loro, inglobato nella loro forza armata. Dopo tanti anni, ripensandoci, ti direi che era un rapporto davvero intenso: quei momenti erano talmente pieni e sovraccarichi di emozioni. Ricordo il primo volo in America: mi hanno letteralmente legato al sedile, non potevo toccare nulla, solo osservare con l’istruttore a 600 all’ora! A 20 anni la distanza da casa si è fatta molto sentire, sono stato via anche 14 mesi senza tornare dalla mia famiglia, ho cercato in quei momenti di concentrarmi non su cosa mi mancava, ma su ciò che avevo in quell’attimo, la fortuna di aver raggiunto il mio primo traguardo. Sono stato negli USA per 26 mesi, dove ho vissuto tra la Florida e il Texas volando con aeroplani ad alte prestazioni. Ho molti aneddoti della mia avventura americana, in quei momenti volavamo da soli per il continente, partivamo il venerdì e attraversavamo mezza America, sono state avventure belle ed emozionanti. Mi ricordo gli uragani visti da trentamila piedi: volavamo sopra la North Carolina e si vedeva il Golfo del Messico ricoperto da questo uragano con un temporale gigantesco che arrivava fino alla troposfera; una miriade di colori ci ha avvolto in quell’istante, fu un qualcosa di incredibilmente bello».

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Poi c’è stato il ritorno in Italia… «Sono tornato nella nostra penisola nel 2005, assegnato allo squadrone nella base di Sarzana, vicino La Spezia. Prima di rientrare in Italia c’è stato il mio passaggio dagli aerei agli elicotteri, che in aria non ci vogliono proprio stare! Mi ricordo la difficoltà di tenere questa macchina in cielo, ho impiegato un po’ di tempo per farmela andare bene. A Sarzana ho fatto il passaggio macchina, da pilota di elicottero sono diventato un pilota operativo. È stato un tempo molto impegnativo dal punto di vista dello studio e ho impiegato almeno due anni per apprendere tutto il necessario. Da qui è iniziata la mia seconda vita con gli imbarchi, la vita a bordo di una nave e sono iniziate una serie di missioni durate dal 2006 al 2014 per un’intensa attività operativa. La Marina aveva promesso di farmi vivere un sacco di avventure ed è stata decisamente di parola! Imbarcato su tutte le unità, ho preso parte a missioni in Somalia, intorno all’Africa ho affrontato missioni umanitarie, sono stato in Medio Oriente, Mar Rosso e Golfo Arabico dove, con i miei compagni, facevamo appoggio alla parte mercantile. Una missione poteva durare anche sei mesi! Spesso vivevi più di novanta giorni in mare senza toccare terra e a volte non è facile rimanere lucidi in certe situazioni».

Tra le avventure che hai vissuto, quali ti porti particolarmente dentro? «Beh, il mio lavoro mi ha permesso di visitare dei paesi molto suggestivi, uno di questi è sicuramente l’Afghanistan, dove sono stato un anno con tre schieramenti di supporto: abbiamo salvato un sacco di civili e supportato diversi paesi. Se visti con occhi particolari, puoi scoprire delle meraviglie: montagne rosse e deserti infiniti.
Sotto il profilo umanitario ho partecipato all’operazione “Mare Nostrum”, in quelle situazioni ho visto delle immagini che difficilmente potrò dimenticare, abbiamo portato via tantissime persone in condizioni disperate. Spesso ci siamo lanciati anche oltre i nostri compiti per salvare delle vite».

Poi sei diventato padre e la tua vita è cambiata ulteriormente. «Nel 2016 sono diventato babbo per la prima volta, mentre nel 2018 per la seconda. Ho dovuto rivedere le mie priorità e ho deciso di uscire dal campo delle missioni operative, dedicando il mio lavoro ad altre forme: oltre a fare l’istruttore mi occupo della sicurezza di volo, cerco di rendere il nostro compito più sicuro stimolando i piloti ad essere più coscienti ai pericoli dei tipi di volo. Ho anche riscoperto l’importanza di avere una casa: prima passavo il 90% della mia vita fuori (circa 250 giorni all’anno). Questo mi ha portato anche a scoprire nuove passioni come la fotografia e la montagna. Dopo tanti mesi in mare avevo proprio voglia di ritornare in montagna, visto che le mie origini sono casentinesi. Credo che questo amore sia sempre stato nel mio DNA. Inizialmente ho fatto alpinismo, concedendomi diversi viaggi in solitaria: come quella volta che sono stato in Nepal, alla base dell’Everest. La montagna mi ha poi portato alla disciplina del Trail, passione incredibile che mi ha coinvolto al 100%».

Nelle tue avventure precedenti, hai mai avuto paura che qualcosa andasse storto? «Il concetto di paura è mutato in me negli anni: all’inizio c’è quello dell’inesperienza e della paura di incasinarti, poi si evolve quando diventi esperto ed inizi a capire che le paure sono altre, possono derivare da fuori, da condizioni operative impreviste. Poi in realtà svanisce anche questo con la sovra esperienza dove i timori possono essere altri, come il fidarsi del tuo vicino di guida. E poi ad un certo punto diventi papà, e lì cambia ancora tutto. Quelle sono paure un pochino più paralizzanti: il gioco in alcuni casi non vale più la candela. E l’ho provato alcuni anni fa in un decollo dalla nave quando mi è esploso il motore e siamo quasi finiti in acqua. In realtà sono riuscito a riportare l’elicottero a terra, tutti sani e salvi con una buona dose di fortuna, ma a mente fredda ti si gela il sangue! L’ultimo step delle mie paure è quello di cercare di essere più cosciente dei rischi e riuscire ad anticiparli, poiché tanti possono essere evitati alla radice».

Cosa ti aspetti dal tuo futuro professionale? «Come prima ho anticipato, ora sono istruttore e ufficiale di sicurezza volo, quindi nel futuro mi piacerebbe passare alla parte dei collaudi, vista la mia grande esperienza. Vorrei diventare collaudatore per lavorare in prima persona sulle macchine per renderle sempre più sicure, efficienti e idonee al tipo di servizio. Sono anche un promotore dell’automiglioramento: credo molto alla meditazione e alle discipline di questo genere. Vorrei far capire alle persone come i pensieri creano la realtà e come i limiti appartengano ad essa, da noi creata. Con i progetti che sto portando avanti mi piacerebbe lanciare un messaggio: curando i pensieri e se stessi si possono eliminare queste limitazioni da noi imposte. Un po’ tutto il mio percorso si basa sul focalizzarsi sulla positività, questo mi ha aiutato a superare la lontananza da casa, la durezza di vivere su una nave, gestire situazioni al limite. In realtà c’è una chiave per vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, ed è una volta scoperta che viene fuori il meglio di te».

(tratto da CASENTINO2000 | n. 316 | Marzo 2020

Gli Amanti di Piazza Tarlati. Puntata 4

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Il dubbio (parte seconda) – Ti ho aspettato al bar stamattina.
– Non ho potuto, ho fatto tardi con i ragazzi.
– Davvero?
– Si, perché, non ci credi?
Lui la segue, prende una sedia e si mette proprio di fronte, incurante dei colleghi che girano per lo studio. La guarda in viso. Gli occhi di lei però sono verso il monitor.
– Cosa c’è?
– Niente. Che ci deve essere? Hai fatto tardi stanotte. Risponde con una punta di amaro sarcasmo.
– Non riuscivo a…
– Andiamo?
Un collega ricordava ad Elena che dovevano fare un sopralluogo in un cantiere.
– Si! Eccomi! Prendo la borsa.
Lei uscì lasciandolo su quella sedia. Solo, nella stanza vuota, con mille pensieri che gli ronzavano attorno alle tempie. Inviò due messaggi WhatsApp ma non ottenne risposta.
Allora iniziò a lavorare, ma, se combinava poco quando c’era lei, figuriamoci adesso, con il dubbio nella pancia. Con il viso stampato su Facebook non metteva a fuoco alcunché. Le faccine gli sembravano tutte uguali, tranne quella che avrebbe voluto avesse la lucina verde. I post gli parevano un minestrone di parole ed immagini indefinite che scorrevano in una rotativa.
“Dovrebbero rientrare tra poco” pensò, cercando di darsi un tono. Mandò ancora un paio di messaggi. Niente. Allora cominciò ad andare avanti e indietro con gli occhi persi dentro al cellulare. Accese una sigaretta. Fece due tiri e la spense sul davanzale della finestra. Ne accese un’altra e fece la stessa cosa. Non avrebbe potuto fumare nell’ambiente di lavoro ma non riusciva a dominarsi. Tornò davanti a Facebook. Niente.
Riprese a camminare freneticamente.
Allora la tortura prese ad affinarsi e cominciò a porsi una quantità di domande.
“Che cosa sarà successo? Perché questo comportamento freddo e scostante?”. Ed ancora. “Mica avrà scoperto qualcosa suo marito? Avrà un altro??! Ma no, non è possibile, lei mi ama, io lo sento. Però…”
Intanto le piastrelle del pavimento si stavano consumando, così come il monitor ed i vetri della finestra, compreso quelli che alla sera si riempivano di scaglie d’argento, che ora parevano piombo.
Sentì la testa diventare leggera come un palloncino della fiera e temeva che sarebbe potuta volare via, perciò si mise a sedere con le mani nei capelli. Allo stesso tempo però, avrebbe voluto essere sul parapendio di Sisto, di cui sentiva il rumore proprio sopra la torre.
Era sul punto di scoppiare quando sentì aprirsi la porta esterna e vide che stavano rientrando. Lei lo salutò appena. Lui non ebbe la forza di dirle nulla.
Viene il buio e si accendono le luci natalizie. Le due grandi comete sopra la piazza sono belle, ma l’atmosfera è quella del due novembre.
A fine giornata l’uomo esce per primo. Piove leggermente.
Quando arriva lei, lui è nella penombra del parcheggio vicino all’Oratorio.
– Ma che ti ho fatto, me lo vuoi dire?
Lei ha un sobbalzo; non si era accorta che c’era.
– Prova a farti delle domande. Forse lo sai. Risponde aspra la donna.
– Io stanotte non riuscivo a dormire così mi sono rimesso a leggere le nostre conversazioni. A volte lo faccio. Mi sembra di essere ancora con te.
– Davvero?
Lei lo guarda con occhi che dicono un sacco di cose. Che dicono tutto. Intanto ha preso a piovere forte. Hanno i capelli ed il viso fradici. Adesso sono in silenzio, l’uno di fronte all’altra, sospesi in un tempo senza tempo. Gli occhi sono due soli.
Si baciano con una forza da togliere il fiato; non possono assolutamente evitarlo.
La paura di essersi perduti e la gioia di essersi ritrovati, ha generato in loro una pazzia tale da fargli credere di essere invisibili, pur essendo in un posto dove chiunque può vederli. Ma non c’è spazio per la ragione. L’acqua che cade si insinua tra le loro labbra serrate mentre i polmoni stanno per scoppiare.
Non riescono a staccarsi. In quell’abbraccio si sublima il dubbio.
In quella pioggia si scioglie la paura. In quel lungo bacio risorge l’amore più folle.

Sex Paride è già dentro quando lei arriva. Elena varca la soglia dello studio, lascia cadere la borsa e corre dal suo uomo. Un abbraccio lungo come l’eternità. Lui le sfila il cappotto mentre lei lo fa sedere sulla poltrona e gli sale sopra. Le labbra scendono verso il collo e sul petto villoso; la pancia e poi l’inguine. Con la bocca prende la sua eccitazione che si centuplica. Pulsa. Allora risale sopra il suo sesso. Lui ora è dentro di lei e bacia i capezzoli turgidi. Poi la gira a pancia sotto, sopra la scrivania.
Elena volge il suo viso e lo guarda. Entrambi hanno una smorfia di piacere animalesco. Così è.
E così deve essere.

(Fine puntata 4)

Marco Roselli, Gli Amanti di Piazza Tarlati, Fruska

Storie di Coronavirus: Sonia, che continua a pulire le maniglie

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Spero bene“. Sonia ha 36 anni. Vive con i genitori e con un fratello più grande di due anni. Non se la sente di ripetere il mantra “andrà tutto bene”. Però lo spera. E’ una socia della cooperativa sociale Betadue e il suo è un inserimento lavorativo. E’ una di quelle persone che in tempi ordinari vengono definite fragili. Oggi lo è ancora di più.

Facevo le pulizie: la mattina in un ufficio pubblico e nel pomeriggio in una sede sindacale. Adesso l’ufficio è chiuso e il sindacato è aperto ma ad orari ridotti rispetto a prima. Ma la cooperativa mi fa lavorare lo stesso – racconta Sonia. In queste settimane sono nella sede della Koinè. Ho una mansione specifica: mi occupo di tutte le superfici che vengono toccate: dalle maniglie delle porte ai bagni, dai tavoli alle fotocopiatrici“.

Ammette che la vita è diventata molto più complicata. “Mi prende una grande tristezza quando vedo l’Ufficio di Informagiovani chiuso. E la piazza vuota e abbassate le saracinesche dei negozi. Quando non lavoro sto a casa. Quindi ci sono le faccende, vedo la televisione, gioco con la playstation. A fare la spesa ci pensa la mamma“.

Il futuro? “Spero vada tutto bene e che questa epidemia si risolva. Al lavoro non ho paura: ho guanti, mascherina e tutto quello che serve. E poi le persone stanno tutte alla distanza giusta. Il lavoro non è un problema. Il problema è il silenzio e il deserto che c’è fuori. E questo che mi rende più triste“.

Gabriele Mecheri è il Presidente di Betadue.  “Vedo e leggo che il lavoro sta tornando ad essere una priorità per tutti. Categorie economiche, sindacati, istituzioni stanno ponendo il tema della ripresa produttiva e dell’occupazione.  La cooperazione sociale si sta impegnando affinché nella lista delle priorità ci siano anche quelle persone, più fragili di altre, che hanno un lavoro. Un’occupazione che non è solo fonte di reddito ma anche uno strumento indispensabile per stare meglio, per non essere emarginate, per dare un senso alla vita. A queste persone non pensano in molti. Betadue ha fatto e farà di tutto perché il Covid 19 non comprometta né il loro presente né il loro futuro“.

(Fonte: Betadue cooperativa sociale)

Decreto liquidità: così non va. Si cambi o l’Italia si ferma

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da CNA Arezzo – Molto critico il nostro giudizio sul pacchetto di misure per il credito contenuto del decreto liquidità pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale. Il testo non soddisfa l’urgenza di mettere a disposizione di tutti gli operatori economici la minima liquidità necessaria a far fronte alle spese correnti che devono essere onorate per non far saltare tutta la catena dei pagamenti.

Senza liquidità non si potranno pagare stipendi, affitti, fornitori mettendo in crisi famiglie e altre imprese

L’automatismo introdotto per la concessione della garanzia, infatti, non assicura neanche per gli importi inferiori a 25mila euro la concessione di credito bancario; lasciando, di fatto, la valutazione del merito di credito, della durata e delle condizioni applicabili in mano alle banche.

Non è sicuro neanche che gli imprenditori possano ottenere credito aggiuntivo. Il decreto, infatti, prevede che il debitore possa consentire alla banca di non aumentare l’esposizione, ed essendo in posizione di oggettiva debolezza, potrebbe cedere alla richiesta della banca di sostituire posizioni in essere con crediti totalmente garantiti dallo Stato.

Siamo profondamente delusi anche per la dimensione dell’intervento; lo stanziamento di 1.729 milioni di euro, destinato ad incrementare la dotazione del Fondo, potrà assicurare al massimo 20 miliardi di nuovi crediti pari all1% del fatturato di tutte le imprese che possono essere garantite dal Fondo di Garanzia.

Una soluzione destinata a seminare sconcerto e rabbia tra chi confidava veramente di poter avere mezzi finanziari sufficienti per non essere costretto a chiudere.

In questo momento, così drammaticamente difficile, i provvedimenti hanno l’obbligo di essere veloci ed efficaci: serve un percorso rapidissimo per mettere a disposizione delle imprese nuovo credito senza burocrazia, senza procedure valutative, a zero interessi, con 24 mesi di preammortamento e 10 anni per la restituzione.

Invitiamo il Governo e il Parlamento a correggere immediatamente il provvedimento per mettere in condizioni artigiani, imprenditori, autonomi e professionisti di affrontare con un minimo di serenità il futuro.

(In merito leggi anche il nostro articolo di ieri).

Coronavirus: anche qui terapia antivirale con il plasma dei guariti

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Coloro che hanno avuto il Coronavirus e sono guariti potranno donare il plasma che sarà utilizzato nei malati. Una terapia antivirale che è sempre più quotata negli ambienti medici e scientifici. Questo è il cuore di uno studio che sta iniziando anche nella Asl Toscana sud est e che prende ad esempio un analogo progetto realizzato ai tempi della Sars.

“Partiranno nei prossimi giorni, in tutti i territori della Sud Est, le lettere destinate a coloro che sono risultati contagiati dal Coronavirus e che risultano guariti (due tamponi negativi) – spiega Fabrizio Niglio, direttore della UOC Trasfusionale di Grosseto  e coordinatore aziendale del progetto – Verranno invitati ad un colloquio conoscitivo per capire se desiderano collaborare tramite una donazioni di plasma. Non ci sono rischi per loro, nessuna controindicazione, però quel plasma, ricco di anticorpi contro il Coronavirus, congelato a -80° e poi trattato in uno specifico percorso, può essere trasfuso nei malati. Si tratta di uno studio, ancora, ma potrebbe dare risultati importanti. Per questo, chi è guarito verrà contattato. I tradizionali donatori saranno interpellati dalle associazioni di rifermento; i non donatori, invece, riceveranno una lettera di invito direttamente da noi come Azienda. E poi decideranno se aderire”.

Il progetto ha già avuto il via libera dal Comitato Etico ma di fatto è in fase di avvio in tutta Italia e oltre. “Non si tratta i un percorso particolarmente breve ma è di sicuro una strada da seguire – conclude Niglio – I punti di riferimento dei cittadini saranno ovviamente i Servizi Trasfusionali dei vari presidi aziendali”

(Fonte: Ausl Toscana sud est)

 

«L’emergenza Coronavirus per accelerare il processo di smantellamento delle strutture sanitarie pubbliche»

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da Comitato Salute Casentinese – Il piano è chiaro. Approfittare dello stato di allerta causato dall’emergenza Coronavirus per accelerare il processo di smantellamento delle strutture sanitarie pubbliche, a tutto beneficio delle strutture private. La cabina di regia di questa operazione è la ASL sud-est, supportata da Istituzioni e Sindacati.

L’Ospedale di Arezzo è stato trasformato in presidio Covid. Questo vuol dire che circa 450 posti letti distribuiti tra i vari reparti sono in procinto di essere del tutto cancellati per ospitare i covid-positivi, che ad oggi ammontano a 40 unità (dei quali 5 in terapia intensiva) per un progetto di riconversione che conterà alla fine 110 posti letto.
Nell’area della provincia di Arezzo a oggi contiamo molti ospedali a operatività ridotta che sicuramente sarebbero stati più adatti per divenire ospedali covid, basti pensare all’ospedale di Sansepolcro, del Casentino o della Gruccia e invece sì è preferito l’ospedale di Arezzo che a oggi, in seguito ai continui tagli degli ultimi dieci anni (iniziati negli ospedali periferici e montani), era divenuto il punto di riferimento di tutta la provincia accogliendo utenti da tutte le vallate limitrofe Valtiberina, Valdichiana, Casentino e Valdarno.

Dunque, i presidi pubblici stanno scomparendo, uno dopo l’altro, passo dopo passo, a che scopo?

Per lasciare il posto alle cliniche private, alle quali vengono trasferiti non solo i reparti dismessi in questi giorni dagli ospedali pubblici, ma anche milioni di euro di contributi, come accade ad esempio nel caso del Centro Chirurgico Toscano con una convenzione di 4 mesi del costo di 13 milioni di euro , convenzione che prevede anche il trasferimento di macchinari e attrezzature del San Donato , come è il caso del macchinario di robotica “Da Vinci”, donato dai cittadini e da associazioni di volontariato.

Il piano è chiaro. Approfittare dello stato di allerta causato dall’emergenza Coronavirus per accelerare il processo di smantellamento delle strutture sanitarie pubbliche, a tutto beneficio delle strutture private.

La cabina di regia di questa operazione è la ASL sud-est, che non contenta dello scempio che sta perpetrando ha anche lanciato una campagna di raccolta fondi nei confronti degli ignari cittadini, sensibili oggi più che mai nell’aiutare le strutture pubbliche e non sicuramente quelle private e invece? Mentre la Asl riceve donazioni ingenti sta trasferendo milioni al privato. (come se non bastassero i denari che i cittadini versano ogni anno al sistema sanitario nazionale attraverso imposte e tasse tra le più alte al mondo…Oltre al danno, anche la beffa.)

Nessuno denuncia quello che sta accadendo. I dipendenti degli ospedali non lo fanno per paura di ritorsioni contro di essi. I sindacati non lo fanno essendo da decenni parte integrante di quel sistema di saccheggio delle risorse pubbliche e di privatizzazione strisciante di tutte le strutture di pubblica utilità, e focalizzandosi esclusivamente sulla sicurezza dei lavoratori ovvero suo tamponi E sulla fornitura dei dpi mentre si sta completando un progetto a molti noti ovvero mantenere per la Asl sud est (la più grande d’Italia per vastità) un unico presidio di riferimento ovvero Siena (l’altro ospedale covid infatti della Asl sud est è Grosseto) e così far sì che per Arezzo l’unico ospedale di riferimento sarà il centro chirurgico toscano e non più il San Donato.

Ma anche i politici locali agiscono da perfetti “collaborazionisti”, in questo gioco al massacro, che a oggi forniscono solo aggiornamenti sul numero di covid sul proprio comune dimenticando i loro ospedali.

Di fronte a questa scellerata deriva anti-costituzionale, perpetrata ai danni di tutta la popolazione con il silenzio complice dei sindacati e dei politici locali, si mostrano quindi urgenti provvedimenti volti non solo a difendere la sanità pubblica ma anche ad ottimizzare le risorse pubbliche poiché queste soluzioni di seguito riportate comporterebbero un costo zero a fronte dei 19 milioni investiti in queste ultime due settimane.

–       CHE SIA CESSATA LA CONVENZIONE CON IL SAN GIUSEPPE PER L’ATTIVITA DI ORTOPEDIA E CHE QUESTA VENGA TRASFERITA ALL’OSPEDALE DI MONTEVARCHI un’eccellenza in questo settore;

–       CHE SIA CESSATA LA CONVENZIONE CON IL CENTRO CHIRURGICO E CHE PRESSO L’OSPEDALE DI BIBBIENA SIA RIATTIVATO IL REPARTO DI CHIRURGIA DATO CHE DISPONE DI SALE OPERATORIE NUOVE COME ANCHE DELLA RIANIMAZIONE E DI PERSONALE DI ECCELLENZA, al quale potrebbe aggiungersi quello di Arezzo oggi trasferito anch’esso al Centro Chirurgico Toscano;

–       CHE, ALTERNATIVAMENTE, L’OSPEDALE DI SAN SEPOLCRO E/O DI BIBBIENA DIVENGANO PRESIDI COVID A CONDIZIONE CHE VENGANO RIPRISTINATI TUTTI I REPARTI DEL SAN DONATO DI AREZZO;

–       CHE IL MACCHINARIO DI ROBOTICA DA VINCI XI VENGA RESTITUITO A STRUTTURE PUBBLICHE, COERENTEMENTE CON LO SPIRITO DELLA DONAZIONE CHE LO HA GENERATO

Se non fermiamo questa scellerata accelerazione del processo di depotenziamento della sanità pubblica continueremo ad inseguire il modello sanitario americano, in base al quale la salute non è un diritto costituzionale ma un privilegio per pochi ricchi e benestanti e che proprio in questi giorni sta dimostrando la sua inadeguatezza

Anche perché la convenzione Asl verso il centro chirurgico ha durata 4 mesi (fine marzo fine luglio) ma è ribadito più volte che questa sarà prolungata con nuovi stanziamenti milionari se l’emergenza dovesse prolungarsi.

Mentre sfruttare gli ospedali pubblici della rete aretina porterebbe un risparmio e ripetiamo un costo pari a zero.

RINGRAZIAMO IL CONSIGLIERE REGIONALE DEL M5S IL DR. QUARTINI PER ESSERE STATO IL SOLO AD AVER PORTATO QUESTO SCANDALO AI TAVOLI ISTITUZIONALI, GRAZIE ANCHE AI SUOI PREZIOSI COLLABORATORI DELLA PROVINCIA DI AREZZO PRIMA TRA TUTTI MARIA ARRIGO. GRAZIE!

(In merito alla sanità pubblica leggi anche questo nostro articolo.)

Ospedale Arezzo: «Depotenziato a favore dei privati. Si poteva contare su altri presidi, incluso Bibbiena»

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da Andrea Quartini, Consigliere regionale MoVimento 5 Stelle – “Lo scorso 23 marzo, di fronte alla ipotesi di spostare alcune attività dell’ospedale di Arezzo, interrogavo la Giunta regionale sulla inopportunità tale scelta. Nonostante non abbia ricevuto alcuna risposta, tale scelta si è poi consacrata con delibera il giorno dopo. Riteniamo inopportuna la scelta per diversi motivi: Il più importante: la difesa della sanità pubblica deve essere il faro che guida qualunque azione rispetto alla salute dei cittadini. Proprio in ordine alla pandemia abbiamo verificato quanto sia stato deleterio smantellare il sistema pubblico. Riteniamo immorale offrire pezzi di sanità pubblica al privato strumentalizzando un’emergenza. Il rifinanziamento della sanità pubblica dovrebbe passare dalla riqualificazione dei presidi dequalificati da una politica di privatizzazione e/o di contenimento dei costi vergognosa, e nel caso specifico la Giunta poteva contare su diversi presidi: da Bibbiena, a Montevarchi, a San Sepolcro. Si è scelto di svuotare di tutte le competenze un ospedale pubblico (che resta solo COVID19) per destinarle a privati, peraltro oggetto di indagine giornalistica che ha generato dubbi proprio in tema di convenzione con il sistema pubblico (REPORT), tanto da rendere oggi inopportuna moralmente questa scelta, senza un’indagine doverosa e trasparente da parte della regione. Il privato si prende l’attività remunerativa (il Centro Chirurgico Toscano riceverà dalla Ausl 13 milioni di euro per l’attività fino al 31 luglio, ndr) e meno rischiosa (COVID19 e DEA restano al pubblico) mettendo di fatto in risalto il disegno futuro di ulteriore squalifica della sanità pubblica. Tutto questo è inaccettabile. Noi continueremo a difendere il servizio sanitario pubblico senza mediazioni. Ho presentato oggi stesso una nuova interrogazione urgente.”

(In merito alla sanità pubblica leggi anche questo nostro articolo.)

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