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sabato, 26 Aprile 2025
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HSG: lavoratori in svendita

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di Francesco Meola – Si fa sempre più cupo il futuro della HSG di Castel San Niccolò. La nota azienda tessile, rinomata per la sua eccellenza nella produzione di filati di alta qualità, sta attraversando un periodo di grande incertezza e nonostante la solidità economica e la capacità di mantenere nel tempo la produzione senza mai ricorrere ad ammortizzatori sociali, questa volta sembrerebbe correre il rischio di chiudere definitivamente.

In seguito all’asta tenutasi lo scorso 28 dicembre, infatti, lo stabilimento e le attività dell’azienda sono state assegnate a un’altra impresa, la Toro Wood Invest Hdp Srl, operante nel settore dei combustibili, dalla quale non sono giunte rassicurazioni sul prosieguo dell’attività. Una situazione che ha subito allarmato i 14 dipendenti della HSG, sempre più preoccupati per il loro futuro. Ma come si è arrivati a tutto questo? Ce lo spiega il responsabile della produzione, Giovanni Vignali, un tempo a capo dell’attuale HSG.

Ripercorriamo le tappe più importanti della vostra azienda. Come si è evoluta nel tempo? «L’azienda è nata con i miei genitori nel 1963 con il nome di Tessitura Vignali e ha avuto una produzione conto terzi fino al 2000. A partire da quell’anno, la società si è progressivamente evoluta e da azienda artigianale quale era, l’abbiamo trasformata in una società a responsabilità limitata entrando nei quadri societari sia io che mio fratello. Di pari passo alla nuova strutturazione societaria, vi è stato anche un notevole sviluppo industriale e da semplici contoterzisti, siamo divenuti produttori di greggi fino al 2011. Con il trascorrere del tempo siamo arrivati ad avere anche una linea di produzione destinata alla produzione del tessuto finito, per toccare l’apice nel 2015 attraverso un processo di internazionalizzazione che ha spinto il nostro mercato in Paesi quali l’Inghilterra, la Spagna, gli Stati Uniti e la Corea».

Non sono ovviamente mancati anche i momenti difficili, come quello vissuto nel 2015…

«Sì, nel 2015 abbiamo dovuto misurarci con quello che forse resta il momento più difficile della nostra storia, escludendo ovviamente questi ultimi mesi. All’epoca subimmo infatti una grossa perdita su crediti inerenti a un cliente importante che era fallito causandoci un danno di quasi un milione e mezzo di euro. In seguito a questo avvenimento, fummo chiamati ad aprire una procedura di concordato in continuità che, almeno fino all’arrivo del Covid, non ci creò grossi problemi. Con la pandemia, però, la presenza del concordato ci ha impedito di accedere a qualsiasi forma di ristoro pubblico e se a questo si aggiunge lo stop forzato delle attività per circa cinque mesi, si comprende come la nostra situazione finanziaria si sia ulteriormente appesantita».

Nonostante tutto siete riusciti a risollevarvi… «Si, sebbene la situazione non fosse delle migliori il lavoro non ci è mai mancato e infatti abbiamo trovato nella HSG di Brescia un’azienda solida che ci consentisse di portare avanti la nostra attività. Questa società, all’epoca, presentò una prima offerta d’acquisto al tribunale che però, non si sa per quale motivo, fu respinta; proposta, tra l’altro, piuttosto importante, dato che la cifra si aggirava intorno ai 2.200.000 euro. Visto il diniego del tribunale, si optò così per un affitto d’azienda da parte dell’HSG a Tessitura Vignali. In questo modo l’HSG si faceva carico di tutti i nostri dipendenti e il debito di quest’ultimi veniva eliminato da quello della procedura di concordato. La durata dell’affitto d’azienda era stata stabilita in tre anni, da maggio del 2022 a maggio di quest’anno. Stipulato l’accordo di fitto, furono portati i libri in tribunale e la Tessitura Vignali fu dichiarata ufficialmente fallita continuando così a lavorare mediante l’affitto d’azienda. Fortunatamente i numeri ci hanno sempre aiutato e infatti, nonostante tutto, l’azienda ha continuato a far registrare degli utili piuttosto significativi. A testimonianza di tutto questo, a luglio dello scorso anno, c’è stato un incontro nei nostri uffici tra la CGIL, la curatrice fallimentare e i rappresentanti della HSG: una riunione resasi necessaria dal momento che, avvicinandosi la fine dell’affitto, il sindacato voleva garanzie sul futuro dell’azienda e dei lavoratori. In quella sede, quindi, si raggiunse un accordo con il quale la HSG si impegnava a realizzare formalmente un’offerta inderogabile d’acquisto per un importo pari a 1.130.000 euro; una proposta che la curatrice fallimentare, dott.ssa Passerotti, sembrò salutare di buon grado ma quando tutto lasciava presagire una risoluzione definitiva del problema, qualcosa non deve essere andata nel verso giusto».

A cosa si riferisce? «Al fatto che nella procedura d’asta, per chi acquistava, non è stato posto nessun vincolo di garanzia sulla continuità aziendale, cosa alquanto insolita per un’azienda della nostra tipologia al punto che ancora oggi non ci è chiaro il motivo di questa decisione. Siamo stati messi in vendita senza alcuna considerazione per quanto concerne il nostro capitale umano, mentre il valore dell’azienda dipendeva anche dal fatto che aveva continuato a operare proprio grazie al contributo dei suoi dipendenti».

E adesso cosa succederà? «Al momento, purtroppo, l’unica certezza è che dal 6 maggio subentrerà il nuovo acquirente, rappresentato dalla Toro Wood, un’azienda di Stia. Un soggetto probabilmente mosso dal puro interesse immobiliare, magari allettato dalla possibilità di aggiudicarsi a un prezzo vantaggioso un manufatto con dei macchinari al suo interno facilmente rivendibili. Inoltre, mi sembra strano che la curatela non abbia preso in considerazione l’esiguo ‘spessore economico’ dell’acquirente, il cui ultimo fatturato reperibile (al 2023) è di appena 97.000 euro. La speranza, comunque, è che ci sia ancora il tempo per trovare una soluzione che salvaguardi la nostra azienda e i suoi dipendenti ma affinché ci si possa riuscire, è necessario che tutti gli attori in gioco utilizzino un’adeguata dose di buon senso. In particolare, mi aspetto che l’amministratore delegato della Toro Wood, Tommaso Francalanci, si faccia finalmente vivo, considerato che, da quando si è aggiudicato l’asta lo scorso novembre, non abbiamo avuto ancora modo di parlarci. Né tanto meno si è messo in contatto con il sindacato o i lavoratori, i quali attualmente non hanno nessuna certezza su quello che sarà il loro futuro. L’unico che ha avuto modo di dialogare con questo soggetto è il Prefetto di Arezzo, al quale avrebbe confermato di essere interessato al nostro immobile ma soltanto per trasformarlo in un luogo di stoccaggio. Ora, non so a voi, ma personalmente mi sembra strano che qualcuno interessato a un capannone da destinare a magazzino punti su un’azienda sapendo di doversi fare carico delle maestranze e di quanto si trova al suo interno. Non sarebbe stato più semplice acquistare una struttura vuota? Perché proprio noi? Non dimentichiamo che questa persona ha investito qualcosa come 1.500.000 di euro quando con una cifra, forse anche inferiore, poteva costruirsi un capannone ex novo. Una cosa è certa, ci adopereremo fino all’ultimo giorno disponibile per cercare di salvare la nostra azienda che è stata, e avrebbe tutte le carte in regola per continuare a esserlo, un’impresa tra le più importanti nel panorama tessile nazionale. Non dimentichiamoci che ci sono stati tempi in cui, oltre a quella di Castel San Niccolò, avevamo un’altra azienda anche a Prato, per un fatturato complessivo di oltre 16.000.000 di euro e circa 40 dipendenti a libro paga. Numeri importanti che soltanto la procedura di concordato era riuscita a intaccare ma avevamo già pronti dei progetti industriali per ringrandire l’attività una volta ultimato l’acquisto da parte della HSG».

Quindi HSG avrebbe addirittura le carte in regola per un progetto ancor più ambizioso? «Esattamente, ecco perché c’è tanto rammarico per quanto stiamo vivendo. Non siamo un’azienda in crisi, anzi. Non soltanto il lavoro non ci è mai mancato ma continua a esserci e potenzialmente potrebbe svilupparsi ulteriormente. Allo stato attuale, però, al 6 di maggio, sia i dipendenti che i macchinari passeranno alla Toro Wood e pertanto si rischia l’anno zero. Per questo la CGIL ha chiesto un consiglio comunale aperto che si terrà il prossimo 15 marzo (lo scorso per chi legge, n.d.r.) alla presenza di tutti i sindaci del Casentino e del Prefetto ma non so se potrà essere determinante».

Qual è la cosa che più la infastidisce di tutta questa vicenda? «Il dispiacere principale è che sia stata proprio un’altra azienda del territorio a farci uno sgarbo del genere. Non me lo sarei mai aspettato e vi posso assicurare che non sono pochi gli imprenditori della vallata con i quali mi sono confrontato che, nonostante fossero stati nella possibilità di farlo, mi hanno riferito di non essersela sentiti di acquistare un’azienda con tutti i suoi dipendenti per poi chiuderla».

Nonostante tutto ci pare di capire che continua a mantenere un minimo di ottimismo… «Per quanto possibile sì, anche se trovare le parole giuste per descrivere lo stato d’animo che stiamo vivendo non è semplice. Ciononostante, penso che ad oggi ci siano ancora gli strumenti per poter riportare la situazione a quella di qualche tempo fa; resta soltanto da capire se vi sia la volontà di farlo, dal momento che il comportamento di chi si è aggiudicato l’asta lascia pensare ben altro. Ad ogni modo l’HSG ha dimostrato di essere ancora disponibile a sostenerci. Anzi, come dicevo pocanzi, è pronta laddove le venga data la possibilità, a compiere ulteriori investimenti».

Ma come accennavamo prima, la possibilità di una chiusura imminente ha sollevato timori e domande anche tra gli operai. Ne abbiamo pertanto avvicinato alcuni per comprendere meglio il loro stato d’animo, le preoccupazioni che li affliggono, ma anche per ascoltarne speranze e richieste.

Il primo a parlare con noi è Mohamed, lavora qui dal 2007, fa il meccanico e stenta a contenere il proprio dolore per quanto sta accadendo: “Da quando c’è stato questo passaggio di proprietà non riesco più a dormire pensando che non si sa ancora quale sarà il nostro futuro. Delle volte mi domando: “Che faccio, mi metto da subito a cercare altro?”. Con questo stato d’animo mi diventa difficile anche continuare a lavorare con la giusta concentrazione. Sono davvero arrabbiato, che ci diano risposte certe…”.

A seguire, Samuele Ferrini, dispositore tessile in azienda dal 2015: “Il mio compito è quello di organizzare il lavoro secondo i tempi delle consegne e del controllo qualità. Spero che con l’intervento delle istituzioni ed eventuali ricorsi, si riesca in qualche modo a sbrogliare questa faccenda anche perché è paradossale che un’azienda in salute come la nostra debba chiudere i battenti. A differenza del collega che mi ha preceduto non voglio essere pessimista ma sono consapevole delle difficoltà del caso”.

L’ultimo a intervenire è Andrea Renzetti, anch’egli meccanico e da diverso tempo in servizio nello stabilimento: “Le sensazioni non sono tanto positive ma, ciononostante, voglio continuare a sperare che la situazione si possa risolvere. Personalmente, quello che mi lascia particolarmente perplesso, è il fatto che nessuno tra giudice e curatore fallimentare si sia preoccupato che la proprietà del capannone e i nostri contratti venissero trasferiti a un soggetto che non ha intenzione di proseguire nell’attuale attività. Io invece penso che alla base di un’operazione del genere ci dovrebbe essere un progetto industriale. Al di là di quello che dice la legge, infatti, mi sembra assurdo dare la possibilità a qualcuno di acquistare un’azienda all’asta mandando tutti noi allo sbaraglio”.

Ma mentre sta concludendo il suo pensiero, il collega Ferrini lo interrompe per aggiungere altri importanti dettagli rispetto a una vicenda che suscita numerosi dubbi: “Ancora adesso non capisco per quale motivo, prima del fallimento, la proposta di HSG per un ramo d’affitto d’azienda di tre anni, sia stata rifiutata. Perché non è stato imposto un vincolo di continuità per il potenziale acquirente? In questi tre anni di ramo d’affitto d’azienda abbiamo ampiamente dimostrato di essere un’azienda affidabile; non è un caso se veniamo da tre anni di utili nei quali non si è fatto neanche un giorno di cassa integrazione quando in giro, oramai, sono più le aziende che chiudono che quelle che aprono. In ogni caso noi non molliamo. Innanzitutto, avremo un altro incontro con il Prefetto (previsto per giovedì 20 marzo, ndr), sperando si presenti, poi spingeremo anche in consiglio comunale affinché la politica locale apra gli occhi a questo signore o trovi lui stesso, a prescindere dall’intervento del pubblico, delle soluzioni. Anche se si dovesse provvedere a un allungamento del contratto d’affitto disponendo lo spostamento dell’azienda in un altro capannone, andrebbe fatto tutto in tempi ristrettissimi, dal momento che, per ragioni tecniche, spostare altrove un’azienda come la nostra richiederebbe tanto tempo. E oggi giorno, per com’è il mercato attuale, non è facile trovare un cliente disposto ad aspettare i tempi di cui necessiteremmo. In ogni caso abbiamo un bel po’ di dubbi su come si sono sviluppate le vicende che hanno portato all’aggiudicazione da parte della Toro Wood. In tanti di noi, ad esempio, ci chiediamo perché questo signore abbia rilanciato più volte per assicurarsi un’azienda soltanto con l’intento di svuotarla. Perché ad oggi, checché se ne dica, queste sembrano essere le intenzioni…”.

Museo Archeologico, nuova direttrice e nuovi orizzonti

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di Fabio Bertelli – Il famoso detto popolare “anno nuovo, vita nuova” calza a pennello per la nostra storia. Il primo gennaio 2025, infatti, il Museo Archeologico del Casentino ha accolto la sua nuova direttrice: Caterina Zaru. Il 21 gennaio c’è stato il simbolico passaggio delle chiavi, con il quale è terminato l’incarico di Francesco Trenti, al quale rivolgiamo i nostri ringraziamenti e complimenti per il lavoro svolto, ed ha avuto inizio una nuova fase. Noi siamo andati a incontrare la direttrice nella sua nuova “casa” per farci raccontare qualcosa in più su di lei e sui progetti futuri del museo.

Buongiorno, ci parli del suo percorso e delle esperienze che le hanno permesso di ricoprire questa posizione? «Nonostante le mie origini casentinesi, in quanto mio nonno era di Cetica, io nasco a Firenze e lì mi formo. Nella città di Dante ho preso entrambe le mie lauree, una triennale in “Storia e tutela dei beni artistici” ed una magistrale in “Storia dell’arte”. Nel frattempo, ho avuto anche la possibilità di fare un periodo in Erasmus presso l’università parigina della Sorbona; esperienza che mi ha garantito, tra le altre cose, di incrementare il mio livello di conoscenza della lingua francese. Rimanendo sul percorso del Sommo Poeta, mi sono spostata a Ravenna dove ho fatto il dottorato in “Studi sul patrimonio culturale”. A differenza sua, Ravenna non ha rappresentato, per me, la fine, bensì un punto di inizio. Da lì mi sono trasferita nel Mugello dove ho lavorato presso il Museo Archeologico di Dicomano. Nel frattempo, sono divenuta anche direttrice del Museo Civico della paglia e dell’intreccio di Signa, comune in provincia di Firenze. Circa tre anni fa io e la mia famiglia abbiamo, tuttavia, deciso di venire ad abitare in Casentino, un territorio che, sebbene non avessi mai avuto modo di toccare direttamente, sentivo mio in qualche modo. Venuta a conoscenza del concorso per diventare la guida del museo, ho mandato il mio curriculum, i miei progetti e le mie idee e sono contenta di essere stata selezionata. Così dal primo gennaio di quest’anno ho iniziato questo mio nuovo percorso, che durerà sino ad agosto 2026».

Quali sono i progetti che ha presentato? «Il mio progetto si focalizza su due punti cardine: la volontà di consolidare ciò che è stato portato avanti dal mio predecessore e l’idea di promuovere attività rivolte al benessere psico-fisico delle persone. Procediamo con ordine. Francesco Trenti, l’ex direttore del museo, è una persona molto preparata ed intelligente, che ha portato avanti numerosi progetti ed iniziative, soprattutto sul tema dell’accessibilità, che io intendo assolutamente continuare. Così come intendo consolidare i legami che si sono progressivamente creati tra il museo e i vari istituti scolastici del territorio, in quanto ritengo che il legame con la propria terra e con le proprie origini sia qualcosa di fondamentale da apprendere sin dall’età educativa. Dunque, ci tengo a ringraziare caldamente Francesco per tutto il suo operato, e lo faccio cercando di portare avanti anche quelle che sono le sue idee. Per quanto riguarda le novità che vorrei apportare, esse riguardano soprattutto l’aspetto psico-fisico, legate al benessere della cittadinanza. In particolare, la mia idea sarebbe quella di promuovere attività in cui si intreccino la scoperta degli importanti siti archeologici del nostro territorio con il contatto con la natura. Siamo costantemente soggetti a pressioni e stress vari che ci dimentichiamo di quanto una semplice passeggiata a stretto contatto con l’ambiente naturale possa recarci benessere. Perciò, vorrei proporre questo tipo di attività, come trekking ed escursioni, nelle quali si possano coniugare attività all’aperto con la scoperta di zone del nostro territorio di rilevanza storica. La mia volontà sarebbe anche quella di proporre questo tipo di attività anche in lingua straniera, inglese e francese soprattutto, in modo tale da poter allargare il target di persone a cui esse possono essere rivolte».

Quali sono i suoi propositi per aumentare la visibilità ed il numero di visitatori del museo? «Anzitutto, come ho già detto precedentemente, da parte mia vi è la volontà di continuare in quel processo di collaborazioni tra il museo e i tanti istituti scolastici della zona. Questo perché ritengo che il primo passo nella valorizzazione delle nostre bellezze storiche e territoriali debba arrivare proprio dai concittadini. Auspico, dunque, che vi sarà un crescente interesse da parte di tutti gli abitanti della vallata. Dopodiché, occorre parlare di turismo. L’attività turistica è molto diffusa in Casentino, in quanto arrivano ogni anno oltre centocinquantamila persone. Tuttavia, non tutti i luoghi della nostra vallata sono “appetibili” allo stesso modo per i viaggiatori. Se da una parte godono del giusto riconoscimento luoghi come Poppi, Camaldoli e Chiusi della Verna, d’altra parte ci sono tanti territori che non vengono valorizzati come meriterebbero e non vengono presi in considerazione dalle migliaia di donne e uomini che decidono di trascorrere del tempo nella nostra valle. La mia volontà sarebbe quella di cercare di dare nuova linfa vitale a questi luoghi. Sarebbe opportuno partire proprio dal paese in cui ha sede il museo, Bibbiena, in quanto essa rappresenta una vera e propria delizia della nostra vallata, ricca di storia.

Ovviamente, questo processo deve essere fatto anche con la collaborazione delle varie Amministrazioni comunali del territorio, poiché solamente con il lavoro di squadra si può provare a vincere questa sfida complicata. Per quel che mi riguarda, ho già avuto modo di conoscere alcuni rappresentanti del comune di Bibbiena, tra cui il sindaco Filippo Vagnoli, con i quali ho condiviso i miei progetti e le mie idee. L’obiettivo è quello di muoverci in modo coordinato, come se fossimo un unico team. Essendo un museo di rilevanza regionale deve, quindi, esserci un lavoro congiunto con l’Amministrazione per ricevere i contributi da parte della Regione Toscana e per andare alla ricerca di nuove attività di finanziamento. In questo percorso è fondamentale anche il generosissimo lavoro compiuto dalla cooperativa Oros che, sino al 2028, è deputata a gestire il Museo Archeologico del Casentino come soggetto esecutore di Appenino Rete di Imprese».

Giuseppe Giacosa, scrittore e drammaturgo italiano, nel 1870 scrisse una commedia, divenuta famosa più per il titolo che per il contenuto: «Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova». Spesso usiamo questa frase per riferirci a quanto i nuovi inizi siano pericolosi, dal momento che la novità porta con sé l’ignoto, e l’ignoto fa paura. Eppure, in questo caso, non c’è espressione più inesatta.

Il Museo Archeologico del Casentino è passato dalle sagge mani di Francesco Trenti a quelle di Caterina Zaru, una giovane donna intraprendente, seria, determinata e competente. A questo punto non ci resta che farle un grandissimo augurio per il suo lavoro e augurarci che possa riuscire in tutti i suoi progetti, per il suo bene e per quello del nostro territorio.

Le offerte di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego

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Le nuove offerte settimanali di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego. Anche questa settimana gli incentivi e le opportunità regionali per i datori di lavoro e le persone fisiche, oltre le chiamate dirette al lavoro. I tirocini curriculari retribuiti 2023/24. Gli Avvisi Pubblici per la concessione di contributi a imprese e/o datori di lavoro finalizzati a garantire incentivi all’assunzione degli iscritti alla legge 68/1999 con disabilità di natura psichica. Il bando per servizi innovativi delle imprese di GiovaniSì. E l’avviso pubblico per il finanziamento di piani di Welfare Aziendale per la conciliazione di vita-lavoro 2023-2025.

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Gli orari dei Centri per l’Impiego della Toscana sono i seguenti:

lunedì 9:00 – 13:00

martedì 9:00 – 13:00 pomeriggio 15:00 – 17:00

mercoledì 9:00 – 13:00

giovedì 9:00 – 13:00 (su appuntamento), pomeriggio 15:00 17:00

venerdì 9:00 – 13:00

Ospedale del Casentino: donati un’opera fotografica e due macchinari per il Pronto Soccorso e la Cardiologia

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L’elettrocardiografo, donato dalla Fraternita della Misericordia di Chitignano, porta inciso sulla targhetta il nome di Gabriele, una giovane vita spezzata troppo presto. L’associazione, insieme ai genitori del ragazzo, ha deciso di acquistare questo strumento diagnostico tecnologicamente avanzato a favore della struttura di Cardiologia in memoria del ragazzo, affinché il suo ricordo possa tradursi in un aiuto concreto per la collettività.
La cerimonia di donazione si è svolta questa mattina nei locali della Cardiologia del presidio ospedaliero del Casentino, alla presenza dei rappresentanti dell’associazione, del personale sanitario e della direzione del presidio.
«Questo elettrocardiografo non è solo uno strumento diagnostico, ma un simbolo di speranza e umanità, donato in memoria di Gabriele, giovane casentinese scomparso prematuramente – sottolinea il direttore della Cardiologia, Massimo Felici –. Grazie alla sensibilità e alla generosità dei suoi genitori e della Fraternita della Misericordia di Chitignano, il nostro reparto potrà disporre di un dispositivo prezioso per eseguire test provocativi per l’ischemia miocardica, a beneficio del personale sanitario e dei cittadini».
Cerimonia di donazione anche per il Pronto soccorso del presidio del Casentino, grazie a privati cittadini che hanno voluto esprimere la loro riconoscenza per le cure e l’assistenza ricevute. L’artista milanese Edoardo Romagnoli, attraverso la Federazione Italiana delle Associazioni Fotografiche, presieduta da Roberto Rossi, ha donato un’opera fotografica che sarà collocata nella sala d’attesa del Pronto Soccorso. Inoltre, un’azienda del territorio ha contribuito acquistando un ecografo di ultima generazione per la struttura.
«L’umanizzazione delle cure, grazie alla presenza dell’opera dell’artista Romagnoli, e il potenziamento tecnologico con il nuovo ecografo di ultima generazione sono il risultato della straordinaria generosità di privati cittadini – evidenzia il direttore Massimo Bianchi –. Un gesto di gratitudine che rafforza il nostro impegno verso la comunità».
«Questi gesti concreti di vicinanza e solidarietà verso il nostro personale sanitario e la cittadinanza dimostrano quanto sia viva e preziosa la cultura del dono – sottolinea la direttrice degli ospedali riuniti dell’Aretino, del Casentino, della Valtiberina e della Valdichiana aretina, Barbara Innocenti –. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno contribuito a queste donazioni e che hanno mostrato attenzione e affetto per il nostro presidio. Un pensiero speciale va ai genitori di Gabriele, ai quali l’elettrocardiografo è dedicato, per la straordinaria generosità con cui hanno saputo trasformare il dolore in un dono per l’intera comunità».
«Un momento molto importante oggi per la nostra comunità, perché queste donazioni che arrivano dai cittadini e dalle aziende al nostro ospedale testimoniano ancora una volta l’attaccamento della nostra comunità alla sanità locale – ha dichiarato il sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli, presente alla cerimonia delle donazioni – Ringrazio la famiglia Lusini e la Misericordia di Chitignano, che dimostrano come da un momento di dolore possano nascere speranze, l’ azienda che ha donato l’ecografo e che costantemente da tanti anni aiuta diversi settori pubblici del territorio e l’artista che ha donato la foto al pronto soccorso, a testimonianza  del prezioso lavoro che svolge il personale sanitario».

Silvia D’Alessio, dal Casentino al mondo

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di Eleonora Boschi – Silvia D’Alessio, casentinese originaria di Bibbiena, laureata all’inizio del nuovo secolo in Scienze Biologiche, all’età di 22 anni, in un’epoca in pieno cambiamento, decise di cogliere l’occasione che poi le ha permesso di volare in alto.

Dal Casentino a Firenze per l’università, poi a New York per un dottorato di ricerca e infine a Milano, dove dal 2004 ha ricoperto diversi ruoli in importanti aziende ospedaliere e farmaceutiche italiane; oggi Silvia D’Alessio, una brillante mente casentinese, ci racconta la sua storia nel mondo della ricerca scientifica.

Partiamo dalle cose facili; ci racconti un po’ di lei e dei suoi studi che per un periodo della sua vita l’hanno portata lontano. «Nel 2001 mi sono laureata in Scienze Biologiche all’Università di Firenze e una volta finito ho iniziato il dottorato nel dipartimento di Oncologia Clinica e Sperimentale del Professor Mario Del Rosso. Durante questo dottorato, che ho terminato nel 2004, facevo ricerca sui tumori alla mammella. Fare ricerca in Italia non è facile, quindi ho svolto il mio dottorato di ricerca negli Stati Uniti presso un laboratorio dove si studiava proprio il tumore alla mammella. A quei tempi fare un’esperienza all’estero era di grande aiuto e arricchiva molto il curriculum. Mi trovavo all’ospedale Bellevue nella sede della New York University, dove ho abitato per un paio d’anni e dove ho collaborato con il Professor Paolo Mignatti che lavorava in quel dipartimento. Sono arrivata a New York qualche mese dopo l’attentato dell’11 Settembre alle torri gemelle e si poteva ancora sentire la polvere nell’aria. L’ospedale in cui lavoravo era quello di riferimento in cui venivano inviati tutti i resti e ritrovamenti dell’attentato».

Perché ha scelto di intraprendere questi studi e perché un dottorato all’estero? «In realtà, io volevo fare architettura perché mi piaceva molto ed ero brava in arte e disegno tecnico. Dopo essermi diplomata al Liceo Scientifico di Poppi decisi quindi di fare il test per entrare alla facoltà di architettura, ma io fui l’unica della mia scuola a non passarlo. Lo presi come un segno del destino. Decisi quindi di cambiare completamente strada; la mia seconda scelta per quell’anno era medicina, ma il test era ormai passato così mi iscrissi a biologia con l’idea di fare poi l’anno successivo il test per la facoltà di medicina e farmi convalidare alcune materie. Alla fine, però, biologia mi piaceva e decisi di continuare e oggi sono contenta di quella scelta. Per quanto riguarda il dottorato all’estero la risposta è semplice: volevo fare ricerca e in Italia questa opportunità non c’era. A quei tempi, avere nel curriculum un’esperienza di ricerca (e non) all’estero era di grande aiuto nei concorsi e dava un punteggio aggiuntivo che permetteva una valutazione migliore per continuare a fare ricerca. Quando ho terminato il dottorato, all’Università di Firenze non c’era neanche un posto per ricercatori e quindi era necessario andare avanti tramite assegni di ricerca, contratti Co.Co.Co, per questo io decisi di venire a Milano dove c’erano molte più opportunità. Da quel momento, dal 2004, io sono a Milano dove ho svolto diversi lavori».

Quali sono le differenze principali che ha riscontrato durante la sua esperienza di ricerca negli Stati Uniti? «Durante la mia permanenza ho notato che gli strumenti di cui disponevo a New York erano molto più avanti rispetto a quelli che avevamo al laboratorio di Firenze dal quale venivo. C’era anche un modo completamente diverso di collaborare con altri gruppi. La comunicazione con il personale medico era molto più ampia e funzionale. Non si trattava solo di un laboratorio di ricerca, si poteva lavorare con dei pezzi che arrivavano direttamente dalla sala operatoria. Inoltre, molti più soldi venivano investiti nella ricerca e questo si vedeva: gli stipendi erano più alti, non c’erano problemi di mantenimento e ai ricercatori veniva dato sia vitto che alloggio. Erano molto più avanti di noi e molte delle cose che so oggi posso dire di averle imparate là».

Quindi di cosa si è occupata nel corso della sua carriera e di cosa si occupa adesso? «Dopo il dottorato ho iniziato a lavorare all’Ospedale San Raffaele di Milano come ricercatrice sempre nell’ambito di tumori alla mammella fino al 2011. Dopo questo incarico, dal 2011 al 2020 ho preso una posizione all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e ho iniziato a lavorare sulle malattie infiammatorie croniche intestinali con il Professor Silvio Danese che era il capo di quel centro e che ricopriva e ricopre ancora un ruolo molto importante a livello nazionale. Dato che anche in questo caso non si trattava di un posto fisso, ho poi deciso di iniziare a collaborare con aziende farmaceutiche. Oggi, quindi, metto a disposizione delle aziende la mia esperienza offrendo la mia consulenza sulla ricerca su animali per malattie croniche intestinali. Ancora oggi collaboro con il Professor Danese e insieme testiamo farmaci su modelli animali di malattie al colon e all’intestino. Essere stata all’estero ha sicuramente contribuito e ampliato le mie possibilità. Quando lavoravo all’Humanitas ho infatti vinto una borsa di studio promossa da Jerry Scotti e questo mi ha permesso di continuare la mia ricerca. In generale, durante i miei anni di carriera ho vinto e ricevuto vari finanziamenti anche a livello Europeo e sicuramente la mia esperienza all’estero ha contribuito».

Ha lavorato in due ambiti ben diversi fra loro; ce n’è uno che preferisce e che la stimola di più? «Sicuramente quello di adesso. È un ambito dove sono sempre a contatto con medici e con le aziende farmaceutiche che producono farmaci cercando di trovare delle soluzioni attuabili. In questo ambito, la ricerca e i medici collaborano costantemente e lavorare a stretto contatto con i medici mi aiuta a interpretare i risultati ottenuti e a migliorare le formulazioni. L’ambito oncologico è molto diverso da questo e più vario. Adesso sono molti anni che non ci lavoro più quindi non so quali cambiamenti siano avvenuti, ma il contesto in cui lavoro adesso mi dà più soddisfazioni».

Secondo lei, avrebbe avuto lo stesso percorso se fosse rimasta in Casentino? «No, in Casentino la carriera che ho fatto non sarebbe stata possibile, ma neanche a Firenze. Sono stata fortunata ad aver avuto la possibilità di fare ricerca in centri di eccellenza, ma purtroppo in Casentino non vedo un futuro nella ricerca in questo momento. A meno che non si partecipi a concorsi che permettono poi di lavorare in ospedale non ci sono sbocchi per essere assunti come ricercatori. Ciò a cui si può ambire in Casentino sono gli assegni di ricerca, ma molto dipende dalle pubblicazioni, dall’abilità di essere indipendente nell’ambito di ricerca e dalla capacità di ottenere dei finanziamenti».

Sente la mancanza della nostra valle? «No. Mi manca la mia famiglia, i miei genitori, mia sorella e i miei nipoti, il verde del Casentino. Quando torno a Bibbiena c’è sempre quell’aria di casa, ma lo stile di vita casentinese non fa per me. Ho il Casentino nel cuore perché ci ho trascorso la mia infanzia, ma sono felice di dove sono adesso per tutte le opportunità che ho. Qua si è continuamente in progresso e ogni giorno si possono vedere novità ed essere costantemente aggiornati. Non so quanto questo sarebbe possibile in Casentino. Per esempio, in questo momento sto collaborando con una importante azienda farmaceutica italiana per trovare una nuova formulazione di un farmaco anti-infiammatorio che stiamo testando nei ratti. Sono occasioni promettenti che ti fanno sperare di far star meglio la gente in futuro. L’obiettivo è far star bene i pazienti e talvolta le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno dei sintomi troppo forti che rendono la qualità della vita compromessa quindi il nostro compito è cercare di trovare delle cure».

Che consiglio darebbe a un giovane Casentinese dalle grandi aspirazioni? «Andare all’estero per fare un’esperienza di almeno un paio danni per capire come è la ricerca. Non solo negli Stati Uniti, anche la Germania, Danimarca, Svezia, Belgio, Francia sono mete valide. Ci sono tanti luoghi dove fare dell’ottima ricerca che sarà d’aiuto. Chi rientra in Italia dopo qualche anno di ricerca fuori è molto avvantaggiato anche nell’ ottenere finanziamenti, dato che ce ne sono di appositi dedicati ai ricercatori italiani che vorrebbero rientrare. Partire per imparare e poi tornare, perché è importante mandare avanti la ricerca in Italia. Nel nostro Paese ci sono rinomati ricercatori che sono riusciti a migliorare molto la qualità di vita dei pazienti e a trovare delle valide cure per tante malattie. Per questo motivo è importante che dopo essere andati all’estero si torni poi in Italia per supportare la ricerca di eccellenza che abbiamo e che si spera un giorno possa arrivare anche in Casentino».

La storia di Silvia D’Alessio è un esempio di determinazione e passione per la ricerca scientifica. Il suo percorso dimostra come il coraggio di cogliere opportunità e affrontare sfide possa portare a grandi risultati, ispirando le nuove generazioni a guardare oltre i confini locali per costruire un futuro migliore.

Hsg: operai e istituzioni insieme per il lavoro

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“Care cittadine e cittadini del Casentino, ci rivolgiamo a voi perché sentiamo il bisogno della vostra vicinanza vista la condizione terribile in cui ci troviamo”.

I lavoratori della Hsg di Castel San Niccolò hanno deciso di rivolgersi direttamente ai casentinesi. Lo hanno fatto con un volantino e intervenendo stamani all’assemblea con le istituzioni che si è svolta nel comune di Castel San Niccolò. Assemblea convocata dal sindaco Antonio Fani e alla quale hanno partecipato i rappresentanti degli enti locali della vallata, l’Unione dei comuni del Casentino e la Regione Toscana con il consigliere Vincenzo Ceccarelli. Con i lavoratori, i vertici della Cgil: il segretario confederale Alessandro Tracchi, quella della Filctem Elisa Calori e Alessandro Mugnai, dirigente della categoria.

I rappresentanti istituzionali hanno confermato il loro sostegno agli operai e alla ripresa dell’attività. La Cgil ha ribadito il valore della produzione Hsg, il buon andamento aziendale e la necessità di trovare una soluzione che consenta la stabilità del lavoro nei tempi più brevi possibili non disperdendo un fondamentale patrimonio di professionalità: “al prossimo appuntamento del 20 marzo in Prefettura, riteniamo che la Toro Wood dovrà presentarsi perché nessuna assenza sarà giustificabile perché una soluzione si può e si deve trovare con il confronto”. E dire al Prefetto, alle istituzioni e ai lavoratori quali sono le sue intenzioni.

“Siamo 13 lavoratori, 13 concittadini, 13 persone ieri della ex Tessitura Vignali in “concordato preventivo” e affittati come azienda alla HSG Srl. L’azienda, col suo stabile, macchine, lavoratori, è stata messa all’asta vinta dalla Toro Wood che fa capo alla Ecotrade Srl di Stia, che a oggi sembra interessata al solo immobile e non all’intera attività che si è in ogni caso aggiudicata. Poco conta se dentro lo stabile vi è un azienda in piena attività Poco conta se la nostra, credeteci, maestria ed esperienza di tessitori permette di produrre tessuto pienamente Made in Italy e di alta qualità Poco conta che se in questi giorni raddoppiassero i nostri telai questi sarebbero tutti in funzione, malgrado il tessile sia in profonda crisi con nostri colleghi in cassa integrazione o disoccupati. Poco conta se il nostro sindacato abbia chiesto all’Amministratore della ToroWood-Ecotrade un incontro per comprendere la sue intenzioni su ciò che si è aggiudicato, dato che si è nettamente rifiutato con sole due righe avendo già dichiarato – in separata sede istituzionale – che a lui interessa lo stabile per commerciare il suo carbone da brace”.

La rabbia dei lavoratori: “se niente cambia siamo stati comprati come merce e il nostro velluto, cotone o seta mal si accompagna col carbone. Quindi merce di scarto saremo”.

«La Nostra Storia Camminando» I cartelli che spiegano il Casentino #8: Pezza

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di Giorgio Innocenti Ghiaccini – A Pezza è documentato uno spedale nell’anno 1171: “[…] et committunt hospitalem suum pos. in publicam stradam in avocabolo Petia q. edificavit Vernaccio et nunc est custos et rector […]” (Reg Cam.). Al tempo dell’imperatore Federico, nell’XI anno del suo impero, Spinello figlio del fu Munaldo, Ugo, Rainerio e Guelfolino fratelli e figli di Guelfo e Guideramo figlio del fu Bernardino (tutti dei Signori Berardi di Banzena) donarono, consegnarono, offrirono e affidarono alla Badia di S. Maria di Prataglia il loro spedale posto sulla via pubblica lastricata (stradam) nel luogo chiamato Pezza. L’ospizio fu costruito da Vernaccio e a quel tempo ne era custode e rettore.

Un centinaio di metri sopra Pezza esiste ancora un tratto di lastricato sicuramente antico dove la strada curva e dove non sono mai passati trattori carichi di legname che l’avrebbero rovinata. In una casa di quel villaggio si può notare una porta, tipica delle case torri, che era impostata a un’altezza di circa tre metri da terra. Era il sistema per proteggersi dai malintenzionati. La sera si ritraeva una scala in legno e, una volta chiusa la porta, si rendeva impossibile l’accesso ad eventuali malintenzionati.

La chiesa di S. Clemente, fu visitata pastoralmente dal Vicario del vescovo Cardinal Francesco Armellini il giorno 10 giugno 1521 e fu trovata molto vecchia, ma in buone condizioni. Ne era rettore Ser Nicola ed era annessa alla chiesa di Fignano e avevano il calice in comune. Pezza aveva circa 50 anime che facevano tutte la comunione (Visite pastorali, Vol. II,). La chiesa, danneggiata nella seconda guerra mondiale, fu riparata e ruotata di 180°.

Questa è l’ultima località del Comune di Chiusi ricordata negli atti antichi lungo la via Romea. Con Giona entreremo nel Comune di Bibbiena.

Giro in Bici: da Soci si sale fino al mistico Eremo di Camaldoli

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di Marcello Bartolini – Le prime avvisaglie di primavera si dovrebbero cominciare ad intravedere, anche se il mese di marzo si potrebbe dimostrare come al solito decisamente variabile ed alternare giornate limpide ad altre che ricordano da vicino quelle del pieno inverno. Confidando in un clima mite, questo mese ho preparato un giro abbastanza impegnativo che si inerpica nel cuore delle foreste casentinesi.

Base di partenza Soci, nonostante il rifacimento della piazza principale non mancano i posti dove parcheggiare l’auto, partiamo da piazza dell’Orologio, testimone di quello che fu il lanificio di Soci con le sue centinaia di lavoratori; un pensiero al glorioso passato ed alle attuali difficoltà di questa storica manifattura e poi pronti a partire.

Percorreremo la ciclabile sino a Partina per evitare almeno un po’ di traffico, per imboccarla andiamo in direzione di Marciano, una volta attraversato il ponte sull’Archiano subito a sinistra prendiamo la ciclabile. Arrivati a Partina usciamo dalla ciclabile attraversando di nuovo il torrente sul ponte, evitiamo così il tratto più difficoltoso del percorso ciclabile che riprenderemo in seguito. Alla chiesa di Partina andiamo in direzione di Badia Prataglia, qualche chilometro di asfalto e poi, a Ponte Biforco, svoltiamo a sinistra verso Castagnoli e ci aspetta un tratto sterrato in salita abbastanza impegnativo. Si arriva sino a Castagnoli dove, prendendo il sentiero sulla destra, si va verso Camaldoli, un primo breve tratto di salita molto impegnativa che poi diventa un saliscendi abbastanza piacevole sin quasi al Convento dei Camaldolesi.

Raggiungiamo quest’ultimo e lo costeggiamo sul lato posteriore, quello in cui si trovano le cucine ed arriviamo sulla strada principale, di fronte abbiamo quella che quasi tutti chiamano “la corta” dell’Eremo; si tratta di una strada molto stretta ma asfaltata che presenta pendenze importanti, se qualcuno non se la sentisse può raggiungere l’Eremo attraverso la “lunga”, con un percorso decisamente meno impegnativo. Saliamo dalla “Corta”; ci aspettano salite piuttosto difficili, armiamoci di pazienza e, se necessario, fermiamoci a riprendere fiato.

Arrivati al culmine della salita costeggiamo il laghetto Traversari che merita una pausa per qualche foto, poche centinaia di metri ancora e siamo all’Eremo, qui è possibile rifornirsi di acqua e, volendo, prendere qualcosa al bar prima di proseguire. Dall’Eremo andiamo a sinistra, dopo pochissimo si trova il bivio per Pratovecchio, saliamo sino a Battilocchio, la strada diventa piana e, dopo poco più di un chilometro, sulla sinistra troviamo l’ingresso al Sentiero dei tedeschi, un tratto piuttosto tecnico in discesa che ci porta sino ad Asqua dove imbocchiamo la strada sterrata verso sinistra sino ad incrociare la “lunga” dell’Eremo, qui andiamo a destra e poi di nuovo ancora a destra e siamo al “Montanino” dove, sulla sinistra, si prende la via del Corniolo.

Ci aspetta un tratto in discesa che permette di tirare un po’ il fiato. Qualche chilometro a valle, dopo l’incrocio per San Martino a Monte, troviamo l’incrocio per Lierna; chi fosse già stanco può proseguire dritto e, in pochi minuti, potrà essere di nuovo a Soci al punto di partenza. Noi invece proseguiamo a destra ed andiamo a Lierna che merita un passaggio lento per vedere il suo borgo caratteristico con la sua bellissima chiesa, da qui saliamo ad Avena dove prendendo a sinistra, un tratto di asfalto ci porta sino a Poppi, proseguiamo utilizzando la ciclabile dell’Arno ed arriviamo a Bibbiena, da qui, ancora lungo la ciclabile Bonconte da Montefeltro, ritorniamo a Soci per terminare il nostro percorso.

I custodi dell’ambiente

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Si è rinnovata, sabato 8 marzo, la raccolta di rifiuti lungo la SR71 organizzata da un gruppo di casentinesi. Un appuntamento che anche il nostro giornale ha sempre seguito con interesse, considerandolo un positivo e concreto esempio di impegno civico.
Ma lasciamo al promotore e animatore del gruppo, Roberto Agostini, il compito di raccontare e presentare i contenuti di questa bella iniziativa.

«Allora tutto è iniziato come al solito ritrovandosi davanti al Jogana bar di Stefano Vangelisti che, tra l’altro è uno dei partecipanti di questa giornata di chiaro contenuto ecologico. Anche quest’anno siamo riusciti ad essere un bel gruppetto, nonostante alcune assenze a causa di impegni sovrapposti ed altre assenze per infortuni vari, eravamo comunque in 7 amici di cui alcuni facenti anche parte della Communitas di Pratovecchio stia
Una volta pronti ci siamo divisi in tre gruppi e ognuno si è occupato di uno dei tre tratti in cui abbiamo suddiviso la strada che dalla rotonda di Pratovecchio raggiunge la rotonda di Porrena. Come nelle scorse edizioni avevamo previsto le solite e necessarie dotazioni: vale a dire il giubbottino alta visibilità, i guanti, i rampini per la raccolta e i sacchi condominiali per la raccolta dei rifiuti. In circa tre ore di lavoro abbiamo coperto l’intero percorso e, come sempre, abbiamo trovato veramente di tutto per una raccolta di circa trentacinque sacchi condominiali raccolti ed introdotti nei cassonetti comunali.
Dopo la raccolta ci siamo ritrovati al Jogana bar di Stefano per festeggiare la giornata con la soddisfazione di tutti per il risultato ottenuto, non tanto, come sempre, per la quantità di rifiuti raccolti quanto per il messaggio che, con le nostre azioni siamo riusciti di nuovo a trasmettere a tutti, iniziando da chi, percorrendo la strada in auto ci ha visto operare.
Con questo breve commento, ho il piacere di ringraziare tutti gli amici che con il loro aiuto mi hanno permesso di realizzare anche quest’anno questa giornata a mio avviso molto importante. Perciò ringrazio: Stefano Vangelisti, Giancarlo Migliorini, Iury Poggianti, Claudio Rossi, Laura Moneti e Riccardo Marescotti.
Grazie di nuovo ragazzi!!!».

Le persone e i servizi dell’Ufficio Coldiretti del Casentino

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L’Ufficio Zona Coldiretti del Casentino è strutturato per garantire una consulenza a 360° alle aziende agricole e non solo, i servizi che offre infatti sono di supporto degli agricoltori ed anche di tutti i cittadini che hanno bisogno di svolgere pratiche a cominciare dai servizi alla persona, ed ancora consulenza fiscale e nell’ambito del lavoro e delle paghe. La sua missione principale è quella di promuovere la crescita economica e sostenibile delle imprese. Vediamo insieme da chi è composto l’ufficio zona, chi sono le persone che ci lavorano e quali sono tutti i servizi che ne fanno oggi un punto di riferimento per il territorio locale.

1 Eliana Arrighi Segretario di Zona Eliana è un elemento chiave, con il suo lavoro trasmette quel senso di appartenenza e di valore d’uso che fa dell’organizzazione agricola la prima in Europa. Sul territorio mantiere i rapporti con le istituzioni e gli stakeholder. Fornisce assistenza e consulenza mirata alle aziende agricole, dall’avvio e per tutto il percorso di crescita e sviluppo.

2 Marco Bartolich Addetto Fiscale Marco si occupa degli aspetti fiscali legati all’azienda, dei servizi contabili alle imprese, di consulenza tributaria in ambito di fiscalità generale, agricola, operazioni straordinarie e riorganizzazioni societarie, assistenza al contenzioso tributario inoltre segue le successioni, servizio strutturato per tutti i cittadini che ne hanno bisogno.

3 Bianca Deodati Addetto Patronato Epaca Bianca svolge un ruolo di tutela per la difesa dei diritti delle persone e contribuisce al miglioramento della legislazione sociale, segue gli aspetti dei servizi alla persona, a cominciare dalla domanda di pensione, e ancora le malattie professionali, gli infortuni, l’invalidità civile, l’assegno unico e la previdenza per le aziende agricole.

4 Edi Gambineri Addetto Fiscale Edi assiste le aziende agricole e non solo per tutta la parte dichiarativa dei modelli 730, Unico e Imu garantendo assistenza qualificata nell’intero arco dell’anno a tutti i cittadini che ne fanno richiesta.

5 Cristina Giabbani Addetto Paghe Cristina fa consulenza mirata in materia lavoristica alle aziende agricole che assumono lavoratori (operai, impiegati, lavoratori occasionali) e alle famiglie che assumono lavoratori domestici.

6 Alessandro Innocenti Addetto Tecnico Alessandro si occupa di assistenza all’azienda agricola fornendo servizi specializzati e garantendo benefici previsti dalla regolamentazione comunitaria, nazionale e regionale.

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