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sabato, 26 Aprile 2025
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La ricetta del mese: agnello al forno con patate

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di Anselmo Fantoni – Si affaccia la primavera e la disponibilità di agnelli ci ha ispirato per questa ricetta. L’agnello è forse l’animale più importante nella storia culinaria dell’uomo fino a sostenere una figura fondamentale in alcune religioni. Per la buona gestione del gregge, da cui trarre formaggi sopraffini, non possiamo mancare di far figliare le pecore, i maschi quasi tutti destinati alla tavola in quanto non produttori di latte, le femmine parte rilevate per il rinnovo del gregge e parte avviate anch’esse alle nostre tavole. Se poi si ha la fortuna di disporre di un agnello allevato da uno dei nostri bravi pecorai quindi non da allevamento intensivo il piatto sarà davvero una sicura esperienza sensoriale fantastica. In questo periodo possiamo trovare in dispensa, se ben conservate le ultime patate, noi abbiamo scelto quelle rosse per questo piatto. La fusione di questi due alimenti semplici e gustosi, impreziositi dagli aromi della nostra terra, danno origine ad un piatto che sa conquistare anche chi non ama molto il sapore dell’agnello, provare per credere.

Agnello al forno con patate Ingredienti Agnello 1 kg Patate rosse 1 kg, Cipollotti 1, Aglio 1, Succo di limone 1 Brodo vegetale 200 g, Vino bianco secco 80 g Timo 3 rametti, Rosmarino 2 rametti, Salvia 4 foglie Alloro 2 foglie, Bacche di ginepro 5 Sale fino q.b., Pepe nero q.b., Olio extravergine d’oliva q.b. Preparazione Per preparare l’agnello al forno con le patate vanno preparati dei pezzetti ben sgrassati, riponete i pezzi d’agnello in una ciotola capiente, spremete il succo di limone avendo cura di eliminare i semini, versate il vino bianco, le bacche di ginepro schiacciate, insaporite con l’aglio in camicia schiacciato e profumate con le foglie di alloro e salvia. Lasciate riposare la carne così che si insaporisca per almeno 2 ore. Nel frattempo lavate e asciugate il cipollotto, tagliatelo a strisce nel senso della lunghezza, poi dividetele a metà. Portate il forno a 200° in modalità statica e occupatevi delle patate: lavatele bene sotto l’acqua corrente e asciugatele. Tagliate a metà le patate e ponetele in una teglia da forno leggermente oliata, aggiungete il cipollotto e l’agnello con la marinata. Insaporite ulteriormente la preparazione con timo e rosmarino, quindi coprite con il brodo vegetale, condite con l’olio di oliva, salate, pepate, mescolate, quindi cuocete in forno statico 200° e lasciate cuocere per 1 ora e ½. A metà cottura, e solo se l’agnello dovesse risultare cotto prima delle patate, potete coprire la teglia con un foglio di carta alluminio per non far seccare troppo la carne. A cottura ultimata, l’agnello al forno con le patate sarà pronto per essere portato in tavola ben caldo. Se volete raggiungere la perfezione e siete dotati di un forno a legna potete aggiungere metà acqua e coprire con alluminio la teglia prima di infornare, a metà cottura scoprite e frugate spesso aggiungendo se necessario poco brodo vegetale. E buon appetito.

VINO CONSIGLIATO Trebbiano Spoletino Vigna Tonda 2017 Bianco DOC Antonelli San Marco Nella cucina del centro Italia, ma non solo, non può mancare la carne di agnello, di pecora o di montone, si va dallo scottadito agli umidi fino ai mitici arrosticini. Gli ovini hanno rappresentato una fonte inesauribile di proteine nobili anche conservabili sotto forma di ottimi formaggi e latticini. Le carni morbide e grasse hanno sapori decisi che a volte non incontrano il favore di gran parte dei commensali. I latini hanno fondato la loro economia e dal gregge ricavavano, oltre ai prodotti caseari, lana per il confezionamento dei tessuti insieme alle pelli, carni di varie consistenze, dalle pelli materiale per la scrittura, grasso per alimentare lanterne o lubrificare i mozzi dei carri. Nei primi del novecento abbiamo vissuto le ultime transumanze, greggi che si spostavano dalle montagne verso il mare nei periodi invernali alla ricerca di temperature più miti e di pascoli freschi. Oggi pochi pastori rimangono a tramandare questa nobile arte donandoci ancora prodotti caseari buonissimi e carni prelibate.

Per un piatto così apparentemente facile, unica difficoltà è gestire la cottura, abbiamo scelto un vino tanto antico quanto innovativo. Il metodo produttivo ritorna a lunghe macerazioni sulle bucce e la sua maturazione in anfore di terracotta ne fanno un prodotto veramente unico e interessante. Nel bicchiere rimaniamo colpiti dal suo giallo dorato con riflessi paglierini di grande vivezza e intensità. Al naso regala frutta come pera, albicocca e pompelmo, fiori gialli appassiti legati da una elegante speziatura di ginger con un finale di menta e salvia. In bocca regala piacevolezza setosa sostenuta dalla freschezza generosa e da una forte spalla sapida che dura lungamente con ritorno di agrumato e menta. Un vino complesso e affascinante che si fonde piacevolmente col piatto. La famiglia Antonelli gestisce questo piccolo angolo di paradiso in quel di Montefalco dal lontano 1883, oltre un secolo di lavoro incessante, Filippo, l’attuale condottiero ha le idee chiare, fare vini che valorizzino le varietà di uva seguendo la tradizione innovando quanto necessario per raggiungere la perfezione. Una visita in cantina vi renderà felici perché l’Umbria è una terra benedetta e i suoi panorami riescono sempre a stupirti e a toccarti il cuore.

Non è lontano e può essere agevolmente la meta di una gita fuori porta. Se poi volete assaporare i vini di Filippo a casa vostra insieme ad amici e parenti ricordate sempre di bere con moderazione per la vostra ed altrui salute, cosa veramente ardua da fare con questo vino. Corvus oculum corvi non eruet. 

Un “ponte blu” per le trote

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Nel tratto del Lungarno delle Monache a Pratovecchio, a monte del ponte di attraversamento stradale lungo la SP 73 della Consuma in corrispondenza di una soglia trasversale da ripristinare, la manutenzione ordinaria programmata   dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno per la mitigazione del rischio idraulico, è stata realizzata in modo da garantire la continuità fluviale e, con essa, il benessere dell’ecosistema.

A rendere possibile l’operazione, l’accordo sottoscritto dall’Ente con la Regione Toscana, che ha permesso di investire i 10.000 euro di oneri ittiogenici, dovuti per legge, in un intervento studiato per consentire ai pesci che popolano il fiume di muoversi liberamente nelle sue acque.

Il ripristino di una soglia in massi ciclopici, rinforzata con soglia in cemento, si è accompagnato alla creazione di un corridoio, lungo circa 12 metri, per eliminare gli ostacoli artificiali che interrompevano il percorso migratorio di molte specie, con il rischio di comprometterne la riproduzione e, in qualche caso, la sopravvivenza stessa.

L’opera, realizzata a secco esclusivamente con roccia arenaria autoctona e sedimenti litoidi fluviali, è stata completata con un deflettore in legno, studiato per regolare il flusso dell’acqua e rendere il passaggio dei pesci più agevole.

“Il progetto dimostra ancora una volta l’importanza della collaborazione tra enti e di come questa possa produrre concreti benefici all’ambiente e alle comunità locali. È anche la testimonianza dell’impegno e dell’attenzione poste dal Consorzio nel coniugare la necessità di interventi idraulici con la tutela dell’ecosistema fluviale”, commenta la Presidente Serena Stefani.

“L’opera  è stata pianificata con attenzione per ridurre al minimo l’impatto sul territorio e garantire un perfetto inserimento nel contesto naturale. L’accesso al sito è stato studiato per limitare le interferenze con l’ambiente circostante. I materiali utilizzati sono stati scelti per la loro compatibilità ecologica”, spiega l’ingegner Enrico Righeschi del settore difesa idrogeologica e referente di area per il Casentino.

“Prima dell’intervento sul tratto, che ricade all’interno della ZRS (Zona a Regolamento Specifico) Capodarno, gestita dall’Associazione Pescatori Casentinesi – fa presente Nicola Venturini, presidente dell’Associazione -, la fauna ittica,  è stata catturata e temporaneamente rimossa, per ridurre al minimo l’impatto delle lavorazioni. Queste acque infatti sono popolate da numerosi esemplari di trote fario, cavedani e barbi. Abbiamo individuato anche alcuni ghiozzi che sono simbolo di un ambiente di grande qualità. Con la creazione della scala di risalita questo patrimonio potrà essere conservato”.

Grazie anche al contestuale ripristino di una rampa d’accesso all’Arno, l’efficacia della scala di risalita verrà attentamente monitorata nei prossimi mesi per valutare i risvolti sulle popolazioni ittiche del tratto.

Nel tratto che accoglie la scala, si aprirà la stagione della pesca no kill, con rapido rilascio del pesce catturato, che ogni anno richiama centinaia di appassionati, italiani e stranieri.

La nuova piazza di Soci

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di Gabriele Versari – Correva l’anno 1002 quando il borgo medioevale di Soci fu per la prima volta menzionato in un documento scritto, per la precisione si trattava di un documento di cessione dello stesso borgo ai signori di Badia Prataglia, oggi frazione del comune di Poppi. Si dovettero poi attendere più di otto secoli per vedere decollare l’economia sociana: a metà Ottocento, infatti, sorse il celeberrimo lanificio che consentì al piccolo nucleo di svilupparsi e di aumentare il numero dei propri abitanti. Ad oggi la situazione sembra inversa: i residenti nel centro storico stanno via via abbandonando la zona per spostarsi in periferia, a causa della progressiva decrescita del settore della vendita al dettaglio rispetto a quella online. Per tentare di arginare o quantomeno tamponare il cambio di paradigma economico, ma anche culturale, l’Amministrazione del comune di Bibbiena, di cui Soci fa parte, attraverso la figura di Matteo Caporali, assessore ai lavori pubblici, sta finanziando un importante progetto di riqualificazione della piazza centrale del paese. In un interessante dialogo con l’assessore si è cercato di sciogliere i principali nodi di un progetto davvero all’avanguardia.

Quando e come nasce l’idea del progetto? «È da molto tempo che avevamo in mente di effettuare la riqualificazione. Per due motivi principali. In prima istanza la piazza necessitava di una riqualificazione, viste le condizioni ormai decadenti, con un sistema arboreo ammalorato da anni. In secondo luogo, come Amministrazione è sorto in noi il desiderio di dare una seconda possibilità al paese di Soci. È inequivocabile la dinamica per la quale, ai nostri tempi, il commercio al dettaglio si stia a mano a mano concentrando in favore dei grandi conglomerati di negozi, come i centri commerciali. In tale contesto, le piccole botteghe e i piccoli negozi di paese trovano poco spazio, motivo per cui tentare di restituire un nuovo valore al simbolo della vita pubblica, ovvero le piazza, può essere di supporto allo scopo di tamponare un andamento che pare ormai inesorabile. Le linee programmatiche dei lavori pubblici sono proseguite nella direzione di una riqualificazione e omogenizzazione generali. La nuova piazza, infatti, riprenderà l’estetica del marciapiede situato nella parte sinistra della strada statale (provenendo da Bibbiena). L’idea iniziale, addirittura, era quella di aggiungere un dosso artificiale sulla strada di modo da uniformare tutta la pavimentazione della piazza, idea purtroppo accantonata per motivi di sicurezza (la strada è spesso attraversata da mezzi pesanti che necessitano di un manto stradale omogeneo per il transito). In ogni caso, avremo comunque una piazza caratterizzata dalla medesima estetica dell’opposto marciapiede, di modo da garantire un ottimo equilibrio visivo, fondamentale per la piazza, essendo la stessa luogo di aggregazione e simbolo di comunità».

È sotto gli occhi di tutti i cittadini la rimozione degli alberi che popolavano l’ormai ex piazza, perché si è deciso di rimuoverli e come rispondete alle polemiche in merito alla questione? «A seguito di una relazione derivante da VTA (Visual Tree Assesment, valutazione visiva dell’albero) e VSA (Valutazione Stabilità Alberi, per la diagnosi dello stato di salute dell’albero) si è convenuto che gli stessi alberi erano obbligatoriamente da rimuovere a causa della loro salute decadente, che li rendeva pericolosi e a rischio caduta. Purtroppo, non si sarebbe potuto fare altrimenti, anzi. Gli studi sono arrivati molto tempo prima rispetto all’inizio dei lavori della piazza, ma ho comunque deciso di attendere l’apertura del cantiere per poter far sì che i cittadini si godessero per l’ultima volta l’ombra delle foglie durante lo scorso periodo estivo. Una volta abbattute le piante, all’interno del fusto erano chiaramente visibili i segni del tempo e delle malattie, a conferma che la scelta di rimuoverli è stata obbligata. Alcuni alberi erano a fine ciclo vita, altri avevano poco spazio per crescere. Anche l’immenso platano che sorge nella parte nord della piazza presenta delle criticità, infatti sarà necessaria una potatura a causa della particolare morfologia che caratterizza i suoi rami. Dopo la rimozione di 19 piante, a breve saranno piantati 21 carpini bianchi, mantenendo di fatto il saldo positivo. Nel centro della piazza si troverà una sorta di agorà, costeggiata da due filari di alberi disposti in modo da poter essere raggiunti in maniera ottimale dalla luce solare».

Come figurerà la nuova Piazza Garibaldi? «La struttura della piazza è stata pensata elaborando una sintesi del questionario posto ai cittadini in maniera anonima a seguito di un incontro svoltosi presso l’auditorium Berretta Rossa di Soci. Il tema principale della riunione fu proprio la costruzione della nuova piazza. Ai cittadini fu chiesto quali elementi avrebbero preferito fossero stati inseriti all’interno dell’area. La richiesta principale è stata quella di mantenere i posti auto, derivante soprattutto dai commercianti, così si è proceduto eliminando la fila di parcheggi situati a lato del marciapiede e traslandoli all’interno della piazza, vista anche la pericolosità di questi ultimi, eccessivamente adiacenti alla strada. La redistribuzione degli spazi permette di realizzare la succitata omogeneità sussistente tra il marciapiede e la nuova piazza, creando una cornice armoniosa e rendendo ben visibili gli esercizi commerciali ai lati di entrambe le aree. Saranno inoltre impiantati alcuni faretti per rendere totalmente visibile la piazza anche di notte. Vorrei oltretutto citare il lavoro di riqualificazione compiuto per riportare in funzione i vecchi lavatoi di Soci. La cartellonistica posta di fianco agli stessi è stata acquistata grazie ad un sostanzioso finanziamento ottenuto in seguito alla vittoria di un bando emanato da GAL Appennino Aretino, del valore di 180 mila euro. In particolare, nei grafici sarà indicato un QR code (figura 1) da cui poter visionare la storia dei lavatoi e di Soci sia in lingua italiana che in inglese che in braille. È doveroso ricordare che la struttura della futura piazza e del vialetto che la congiunge al centro storico paesano (Via XX Settembre) garantirà un accesso molto più agevole ai turisti, di modo da invogliarli a visitare il paese e gli stessi lavatoi. Si tratta di un antico sentiero lastricato riportato alla luce grazie alla rimozione dell’asfalto precedente colato».

Gira voce che per l’illuminazione di Piazza Garibaldi la vostra Amministrazione si sia rivolta ad una delle più importanti aziende a livello italiano, sita tra il comune di Subbiano e di Capolona. Confermate i “sospetti”? «Sì, ci sembrava doveroso coinvolgere una realtà così importante, anche se il committente è la ditta a cui abbiamo appaltato i lavori della piazza e non direttamente la nostra Amministrazione. Abbiamo comunque tenuto a sensibilizzare il committente sull’acquisto di una nuova tecnologia nell’ambito dell’illuminazione, la prima istallazione di un nuovo prodotto a led, che illuminerà sia la strada che la piazza. Aggiungo che saranno presenti, oltre ai faretti, anche alcune aiuole con getto d’acqua, per un ulteriore tocco di colore. Aumentando lo spazio al centro della piazza sarà più facile organizzare eventi che per Soci potrebbero essere una spinta ad una maggiore vitalità e socialità».

Quando saranno portati a termine i lavori della nuova piazza? «Il nostro obiettivo è rimuovere il cantiere e inaugurare la piazza per la prossima estate. Il progetto prevedeva una tempistica di durata dei lavori di 88 giorni dalla firma del contratto. Non teneva conto però delle problematiche del meteo. Inoltre, l’azienda a cui ci siamo affidati ha in auge altri tre cantieri. Aprire a giugno la piazza è il termine massimo, se i lavori terminassero per il mese di aprile tanto meglio. In questi giorni giungeranno a destinazione le nuove piante e il cantiere vedrà un’accelerazione delle tempistiche di lavoro».

Al momento sono in agenda altri progetti per la frazione di Soci? «Sono pronti 120 mila euro destinati all’asfaltatura, raccolta acque e segnaletica dell’ex parcheggio Tacconi (da poco rilevato dalla nostra Amministrazione), di modo da rendere maggiore decoro allo spiazzo. Inoltre, in anteprima, possiamo anticipare che siamo a lavoro per la riqualificazione dell’ex rifinizione. Al momento l’area è privata e negli anni precedenti non si è riusciti a trovare un accordo con il proprietario. Stiamo interloquendo, da qualche mese, con un importante ente acquifero territoriale per un lavoro di depurazione. Nel complesso, tutte le opere hanno la finalità di portare alla permanenza della popolazione locale. Per i commercianti la situazione è più complessa: oltre a tamponare le problematiche derivanti dal cambio di paradigma del settore, anche con iniziative come la nota “Lira di Bibbiena”, queste non possono essere altro che palliative per una dinamica che purtroppo è ormai a senso unico. Il tema centrale del progetto rimane quello di dare una sorta di continuità e uniformità della piazza rispetto all’opposto marciapiede. Anche se l’obiettivo non sarà raggiunto al cento per cento a causa della sicurezza stradale, credo che l’iniziativa possa rendere giustizia alla frazione più importante e popolosa del nostro comune».

Club del Libro: due anni tra letture e incontri

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di Tommaso Tellini, Riccardo Boschi, Sofia Ugolini – Il Club del Libro di Bibbiena nasce nell’ottobre del 2023, ma ben presto diventa covo di lettori accaniti, accomunati dal desiderio: “di leggere per affidarsi al potere terapeutico delle storie, per imparare, per conoscere, per abitare esistenze altre”.

Sì, perché la lettura crea sempre coesione, anche quando le opinioni sono diverse, e mette insieme le persone, fa gruppo. Così prende il via il gruppo di lettura di Bibbiena che, una volta al mese, si incontra nella sala conferenze della Biblioteca G. Giovannini per parlare del libro “pescato” durante l’incontro precedente dal sacco in cui ogni socio mette, se vuole, un’opera che ama o che semplicemente vorrebbe leggere.

Ma non ci si ritrova solo per parlare di libri. Ci si ritrova per stare insieme, per raccontare, per raccontarsi, o anche per mangiare una pizza e bere qualcosa prima del dibattito. Il libro diventa motivo per incontrarsi, in tutte le sfumature che questa parola fortemente contiene. E anche trampolino di tante iniziative.

A qualche mese di distanza dal Club del Libro per Adulti, ecco che nasce anche quello dedicato ai Ragazzi, con incontri mensili di sabato pomeriggio. La domenica pomeriggio, giovani e meno giovani hanno inoltre uno spazio per giocare ai giochi da tavolo, e i più grandi, il martedì sera, attraverso l’associazione L’antro del Badalischio, si ritrovano in Biblioteca per divertirsi con i giochi di ruolo. Il cineforum, aperto a tutti, si tiene invece ogni due settimane a partire dallo scorso anno.

Stretto il legame con il Festival del Libro per Ragazzi, che, poi, solo per ragazzi non è! Questa grande rassegna, organizzata dal Comune di Bibbiena, dalla Biblioteca Comunale e da Lina Giorgi Bookstore di Poppi, è nata a partire dal 2018 ma è stata preceduta da anni di Mostra del Libro per Ragazzi all’interno della Biblioteca.

Il Festival offre incontri pomeridiani e serali aperti a tutti, incontri mattutini tra autori e studenti delle scuole della vallata, letture animate e laboratori creativi dedicati principalmente ai ragazzi, e anche un corso di fumetto che Giuseppe Scapigliati porta al Festival ma che già ha visto i suoi natali proprio in Biblioteca tra novembre e dicembre. Noto fumettista casentinese e grafico di professione, Scapigliati ha contribuito persino dando un volto al Festival, quello di Vincenzina, la “sua” bambina curiosa, sempre intenta ad osservare e che “ci parla” dalla copertina del dépliant della manifestazione. Il 15 marzo potremo assistere all’inaugurazione della mostra di fumetti Big Sleeping il mistero del 201° Figlio di Daniele Panebarco, che Giuseppe ha organizzato presso la Biblioteca Comunale. Il 14, invece, verranno premiati in Biblioteca i Lettori Forti, ovvero coloro che hanno letto più libri tra i soci dei Club del Libro.

L’articolo è stato scritto dagli studenti del Liceo Scientifico di Poppi: Tommaso Tellini, Riccardo Boschi, Sofia Ugolini

Cambiamenti nella famiglia

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silhouette hand protect paper family with sunrise background

di Denise Pantuso – È sotto gli occhi di tutti che la contemporaneità propone modi di sentire e costruire la famiglia diversi dal secolo scorso. C’è maggiore libertà espressiva di coppie omosessuali, c’è maggiore indipendenza nelle figure femminili, maggiore intraprendenza negli uomini nel collaborare alla vita domestica, ci sono maggiori possibilità di mettere al mondo figli, c’è quindi una maggiore elasticità nei ruoli familiari e nella costruzione del sentimento di famiglia. Nonostante i cambiamenti la psicoanalisi riconosce alla famiglia di avere un ruolo costituente per il soggetto, cioè nessuno per come è fatto e per come è cresciuto può prescindere dal luogo di origine: la propria famiglia.

La famiglia inoltre è considerata una istituzione, laddove per istituzione si intende quel nucleo di persone che hanno il compito di civilizzare l’essere umano. Civilizzare nel vocabolario Treccani è definito come “(…) portare a condizioni di vita più evolute. (…) Darsi aspetto e maniere più civili, meno rozze”. Come i vari dizionari dei sinonimi e contrari su internet suggeriscono, civilizzare è sinonimo di ingentilire, progredire, educare, termini contrari ad abbrutire.

Tutto questo nei termini della psicoanalisi sta a significare che la famiglia è un’istituzione che ha il compito di saper trasmettere ai figli la capacità di governare e limitare la spinta interna di ciascun essere umano a volere tutto, a godere di tutto come e quando lo vuole, ovvero di limitare l’abbrutimento costitutivo dell’essere umano.

In fondo lo svezzamento non è proprio questo? Imparare a fare a meno della dipendenza dal seno materno, a fare a meno del mangiare le pappette con le mani o imboccati al fine, progressivamente, di imparare le minime regole di convivenza civile e autonomia nella vita.

La famiglia, come ho scritto, è un’istituzione e come ogni istituzione (scuola, comunità, carcere) ha il compito di civilizzare, permettere di saper sopportare la perdita di qualcosa per guadagnarsi qualcos’altro, ovvero la perdita della dipendenza, dell’autoreferenzialità, del soddisfacimento del bisogno a favore del legame sociale, dell’autonomia e l’acquisizione del sentimento della vita. Con i cambiamenti in corso nelle famiglie si può dire che la famiglia è rimasta immutata nelle sue funzioni di essere l’origine del soggetto e orientata alla civilizzazione?

Per rispondere a questa domanda è necessario fare una sorta di quadro sulla cultura pedagogica contemporanea caratterizzata, come filosofi, pedagogisti e psicoanalisti di varie scuole rilevano, da una certa inversione del discorso educativo. Infatti culturalmente siamo bombardati in ogni parte della vita quotidiana da parole che sono divenute dei principi fondanti le credenze e quindi le azioni. Tali parole sono benessere, felicità, trauma. L’importanza di queste tre parole a fondamento del discorso pedagogico e familiare è data dalla definizione di “bambino sovrano”.

Al bambino oggi si deve garantire un certo grado di benessere, felicità ed evitamento del trauma invertendo inevitabilmente la logica della perdita come quel giusto trauma che apre al sentimento della vita. Considerare il bambino come sovrano significa attribuirgli un’importanza considerevole nel prendere le decisioni che non sono più “per lui” ma “da lui”. Il consueto “Gli lascio scegliere ciò che vuole” ha preso la forma di un arresto di quei principi educativi che non sono figli dell’epoca del padre padrone, ma che sono figli della tendenza umana a ricercare una certa pace tra le persone, una certa regolamentazione per stare insieme.

Oggi la frase “la mia libertà finisce dove incontro la tua” si è trasformata in “la mia libertà non può finire”, lasciando inevitabilmente fuori regola la costruzione del soggetto e la sua civilizzazione. A testimoniare questa inversione è l’aumento delle difficoltà psichiche nel periodo infantile. I bambini infatti sono sempre più ansiosi per ogni gesto quotidiano che li lega al mondo, ansiosi delle novità, finendo spesso per sviluppare esperienze di forte insicurezza, ipervigilanza all’errore, fobie in tenera età oppure assenza di limiti e difficoltà di varia natura che li vede impossibilitati ad inserirsi in un senso comune delle cose.

Dott.ssa Denise Pantuso Psicologa e psicoterapeuta individuo, coppia e famiglia www.denisepantuso.it – tel. 393.4079178

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)

Ospedale del Casentino, cresce l’attività dell’Oncologia

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È un bilancio positivo quello del 2024 per l’Oncologia dell’ospedale del Casentino. I trattamenti chemioterapici infusionali sono aumentai del 12%, passando dai 900 del 2023 ai 1.077 dell’anno passato (a cui si devono aggiungere 36 trattamenti di chemioterapia orale). Nel corso del 2024, l’équipe coordinata dalla dottoressa Maria Pia Rosito, direttrice UOSI dell’Oncologia dell’ospedale del Casentino, ha effettuato 6.955 prestazioni ambulatoriali, di cui 155 prime visite, 2.008 visite di controllo, 1.274 follow up, 254 instillazioni intravescicali, 1.149 prelievi di sangue venoso, 983 lavaggi tramite accessi venosi (PICC Port), 727 medicazioni chirurgiche.
“Sono numeri che ci danno grande soddisfazione – spiega la dottoressa Rosito -. Sono il risultato del grande lavoro svolto dalle professioniste e dai professionisti, il vero valore aggiunto del reparto. È grazie al loro impegno quotidiano che riusciamo a far crescere le nostre attività e rendere efficace tutto il processo di cura e presa in carico”.
L’organizzazione del reparto di Oncologia dell’ospedale del Casentino prevede la presenza di personale medico tre volte a settimana, per garantire una gestione completa dei trattamenti chemioterapici, le prime visite e le visite di controllo, le consulenze post-prelievo ematico e di post-trattamento, i follow-up. Il personale infermieristico – sotto la guida della coordinatrice Barbara Conticini e in stretta collaborazione con quello OSS – si occupa di gestire l’assistenza alle assistite e agli assistiti nell’intero processo di cura, seguendo specifiche procedure previste dai protocolli. “Il lavoro in sinergia di tutto il personale – sottolinea la dottoressa Rosito – assicura il corretto svolgimento dei trattamenti. È fondamentale che, come in un grande meccanismo, ognuno faccia la propria parte”.
L’ospedale del Casentino fa parte del percorso oncologico della Asl Toscana sud est, che mette in rete i presidi del territorio. “La collaborazione tra il nostro personale medico e infermieristico e quello del San Donato è centrale nella gestione di situazioni critiche che non possono essere rinviate – sottolinea la dottoressa Rosito -. Ricevere una valutazione oncologica tempestiva può fare la differenza e su questo aspetto lavoriamo ogni giorno con il supporto essenziale del dottor Milandri e della sua equipe”.
“La nostra oncologia è completamente integrata in un sistema di rete oncologica aziendale – spiega Carlo Milandri, Direttore della UOC Oncologia di Arezzo -. Il nostro obiettivo è ridurre le distanze grazie alla stretta collaborazione di un team multidisciplinare e multiprofessionale in grado di rispondere al meglio in base alle diverse esigenze delle assistite e degli assistiti. In questi anni abbiamo costruito un percorso di diagnosi e cura basato proprio sul concetto di rete: in Toscana i due capisaldi sono la Rete Tumori e i Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM). L’oncologia dell’ospedale del Casentino rappresenta un tassello fondamentale di questo grande sistema a tutela delle persone”.
“Questi risultati attestano il lavoro e l’impegno quotidiano delle nostre professioniste e dei nostri professionisti – commenta la direttrice sanitaria, Assunta De Luca – La grande macchina della rete oncologica aziendale e della provincia, di cui il Casentino rappresenta un pezzo, è efficace per la presa in carico delle persone a 360 gradi. Rendere ancora più efficienti i percorsi di cura e offrire servizi sempre più a misura alle esigenze della cittadinanza è uno degli obiettivi che ci siamo prefissati”.
Nella foto sopra l’equipe dell’oncologia dell’ospedale del Casentino

Lavori alla rotonda del Pollino, Vagnoli “ritardi inaccettabili”

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Il Sindaco Filippo Vagnoli entra nel merito del cantiere alla rotonda del Pollino, chiedendo alla Regione Toscana, una risposta su tempi e modalità. Ecco le sue parole: “Il cantiere del Pollino è iniziato tre anni fa. Siamo consapevoli che rappresenta un percorso necessario per rendere più sicuro per i cittadini del Casentino e non solo, uno dei punti più critici e più pericolosi della Statale 71. Il problema che i ritardi a oggi sono diventati eccessivi e direi inaccettabili poiché la situazione della statale, per coloro che ogni giorno si spostano su Arezzo, è diventata un percorso ad ostacoli complicato e pesante che aggiunge disagi ai lavoratori e lavoratrici e rende davvero pesante ogni spostamento verso il capoluogo di provincia. A questo punto credo che il Casentino meriti di avere tempi certi di conclusione e capire anche in modo più preciso con quali modalità. Il diritto dei cittadini di sapere e di essere adeguatamente informati sul quando e sul come di una strada che loro stessi percorrono ogni giorno per esigenze di famiglia, lavoro e occupazione, credo sia sacrosanto. Ma anche il nostro come sindaci che, a questi cittadini e cittadine, dobbiamo rendere conto”.

Il Sindaco di Bibbiena torna sul tema delle infrastrutture e sulla variante stradale per il casello autostradale: “La situazione delle infrastrutture per noi casentinesi continua a essere molto difficile, quindi accanto a un sollecito per portare a termine in tempi certi e con modalità conosciute i lavori in essere, continuo a come sindaco a sostenere la realizzazione di una variante stradale che porti direttamente la casello autostradale ottenendo un risparmio di venti minuti per imbocco con l’A1: La speranza è che questo progetto venga messa presto in studio e a bilancio da parte della Regione Toscana, perché porterebbe benefici enormi alle nostre zone interne”.

Verso un mondo inclusivo… Un’esperienza a Bibbiena

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di Francesca Maggini – L’importante progetto del Comune di Bibbiena che offre corsi di nuoto gratuiti ai giovani disabili ci ha spinto ad una profonda riflessione. Quando si parla di inclusione sociale si deve ricordare, prima di tutto, come i confini della nostra società dovrebbero essere aperti e in grado di garantire, anche alle persone con disabilità, l’accesso a tutti i servizi fondamentali. È necessario che, a molteplici livelli, siano garantiti dei progetti in grado di creare occasioni di incontro, di condivisione, di formazione e di lavoro per tutte le persone che vivono condizioni di disabilità o di fragilità fisica e psichica.

Per fortuna, nel nostro paese, ci sono tanti progetti di inclusione rivolti alle persone disabili e, ogni anno, la sensibilizzazione nei confronti di questo tema, aumenta sempre di più e soprattutto negli ultimi tempi sta prendendo campo un nuovo e diverso approccio alla disabilità. Maggiore, infatti, è la consapevolezza che i servizi, così come sono stati concepiti fino ad ora, appaiono in sofferenza sia rispetto alla domanda (le liste di attesa possono essere anche molto lunghe) sia rispetto alle modalità di intervento e all’efficacia.

Oggi infatti, per favorire l’autonomia e l’integrazione delle persone con disabilità appare necessario provare ad intervenire, in maniera il più incisiva possibile, sulle piccole grandi cose della vita di ogni giorno, in tutte le diverse fasce di età, al fine di spingere all’acquisizione, se pur graduale, di nuove competenze pratiche e relazionali, che possano incidere positivamente sulla crescita dell’autostima personale e sul conseguente miglioramento delle proprie autonomie. Solo in questo modo si può riuscire a migliorare la qualità della vita e le capacità di relazione di chi, ogni giorno, convive con disabilità che, purtroppo, il più delle volte ostacolano anche le cose più semplici della vita quotidiana.

Avviare e intensificare processi di sensibilizzazione appare di notevole importanza, dar vita a progetti che si concentrano sui benefici di certe attività, permette di percorrere un viaggio verso un mondo sempre più inclusivo, un mondo che anche attraverso progetti creati attorno allo sport cerca, prima di ogni altra cosa, di abbattere le barriere. Il binomio con lo sport è da sempre apparso molto importante, la disabilità fisica trae grande beneficio dalle attività sportive e permette di abbattere pregiudizi che purtroppo ancora oggi esistono e sono molto radicati nella nostra società.

Uno degli sport che favoriscono maggiormente l’intero sviluppo muscolare del corpo è proprio il nuoto che rappresenta un pilastro fondamentale nella vita delle persone con disabilità motoria. Oltre a potenziare la coordinazione e le funzioni cardio-circolatorie, le attività in acqua sono anche un grande divertimento per tutte le età. Il nuoto propone infinite occasioni per cercare di azzerare le diversità e abbattere le barriere. L’acqua ha il grande potere di alleggerire i movimenti, di semplificare le attività motorie, di allenare la maggior parte dei muscoli del corpo e di aiutare anche nella riabilitazione di funzioni che possono essere compromesse. Inoltre, le proprietà rilassanti dell’acqua rendono l’approccio al nuoto un’ottima opportunità per favorire la distensione muscolare e per diminuire le tensioni psichiche.

Il Comune di Bibbiena, con diversi progetti cerca di accogliere le molteplici esigenze di tante famiglie che ogni giorno combattono con le disabilità dei propri cari, uno di questi è appunto l’avvio di corsi di nuoto gratuiti per giovani ragazzi e ragazze con disabilità e come ci racconta l’assessore al sociale Francesco Frenos: «questi corsi vanno a soddisfare i bisogni sulla salute fisica e sul benessere psicologico di tante persone. Questo progetto è nato diversi anni fa e ogni anno abbiamo sempre ricevuto un riscontro molto positivo, pertanto anche quest’anno, stiamo proseguendo su un percorso già definito. Il comune riceve delle segnalazioni dai servizi o direttamente dalle stesse famiglie di giovani residenti sul nostro territorio. L’anno scorso furono 17 gli utenti coinvolti in questo importante progetto. Una volta ricevute tutte le richieste e le conseguenti domande viene definito quante ore di nuoto potranno essere assegnare ad ognuno. La realizzazione di questo progetto è possibile grazie al coinvolgimento di tutti gli uffici, genitori, specialisti e non per ultimi gli istruttori dell’Associazione Bibbiena nuoto che realizzano corsi individuali personalizzati per ognuno».

Si tratta di un progetto semplice ma prezioso che regala benefici fisici e tanti sorrisi ai ragazzi che ne prendono parte. Spesso nella semplicità di questi progetti si racchiude il valore più grande: provare ad abbattere le barriere fisiche e soprattutto culturali che separano, ancora davvero troppo spesso, la cosiddetta normalità dalla disabilità.

La speranza del Giubileo

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di Anselmo Fantoni – Il Giubileo della Speranza voluto da Papa Francesco chiama tutti noi a riflettere, a riscoprire ciò che conta davvero nella vita. Un richiamo al mondo attanagliato dal catastrofismo, dalle guerre, dalle ingiustizie, dall’abbandono dei valori tradizionali, dalla perdita di punti di riferimento da parte delle nuove generazioni, lo smarrimento delle vecchie, a volte abbandonate in strutture che sostituiscono i rapporti familiari con rapporti di lavoro. In questo strano e pazzo mondo, Papa Francesco ci invita a fermarsi e riprendere un cammino verso la Speranza, verso la vera felicità: seguire Cristo, rianimare una Chiesa a volte stanca e assopita, lasciandosi accompagnare da chi rimane saldo nella fede e può darci la forza per ritrovare i motivi per continuare a sperare.

Non solo mettersi alla sequela di Cristo, ma divenire noi stessi persone di speranza, contagiandosi a vicenda alla ricerca della felicità. Il Casentino ci offre una mano vincente, quattro assi per un poker della fede, quattro moschettieri di Cristo pronti a salvarci dalla disperazione, e sono il Monastero di Santa Maria della Neve a Pratovecchio, il Santuario di Santa Maria del Sasso a Bibbiena, il Convento de La Verna e il Sacro Eremo di Camaldoli.

Questi luoghi tanto cari a noi Casentinesi, hanno visto nominare le loro Chiese luoghi Giubilari rendendo così molto agevole un percorso di pellegrinaggio a tutti noi valligiani, e offrendo a pellegrini provenienti da tutto il mondo di confrontarsi con le maggiori spiritualità cattoliche: quelle di Francesco e Chiara, Domenico e Caterina, Benedetto e Scolastica. Non è un caso che assieme ai grandi nomi ci siano anche figure femminili le quali hanno sostenuto e a volte ispirato i grandi condottieri della fede. Parto così nel mio viaggio, nella mia ricerca, spinto dalla curiosità di sapere cosa significhi per chi dovrà gestire l’afflusso dei pellegrini, di cosa succederà nella valle dell’anima, proprio dalla realtà apparentemente dinamica, non a caso hanno realizzato un nuovo complesso monastico in un mondo in cui, purtroppo, molte realtà religiose segnano il passo.

Si apre dunque con il Monastero di Santa Maria della Neve a Pratovecchio la mia visita alle chiese giubilari, l’incontro con Suor Lucia è piacevole e rilassante, anche se la confessione necessita di un Sacerdote, parlare con Suor Lucia permette di intraprendere un viaggio interiore, fissare alcuni concetti che a volte rischiamo di perdere. Per la Comunità domenicana il Giubileo, con le sue regole formali, dovrebbe essere vissuto con una consapevolezza più profonda, far riflettere i cristiani sul fatto che il sacrificio di Cristo sulla croce ha espiato tutti i peccati, la creazione tutta è stata salvata, così come Adamo ed Eva ci hanno scaraventato nel peccato, Gesù e Maria hanno ricostruito il legame con Dio Padre.

Non serve quindi affannarsi troppo se non riconoscere la nostra condizione di creature amate dal creatore, questo è il punto di partenza verso la felicità, verso una vera armonia con il creato, gli uomini con i fratelli, gli uomini con la natura e tutti insieme con Dio. Anteporre la semplice consonante D al soggetto IO è il segreto per rimettere a posto le cose, per ritrovare il coraggio di gridare un ritornello che abbiamo ascoltato proprio a Sanremo: “Viva la vita, cos’ì com’è” dalla voce di Gabbani, ma per noi laici cristiani c’è un impegno maggiore, farlo alla luce della fede.

Tra le tante iniziative ce n’è una che mi ha colpito, già operativa da tempo: Pillole di riflessione quotidiana tramite WhatsUp. In pratica un modo intelligente dell’utilizzo della tecnologia, iscrivendosi al numero 331 3417978, tutti i giorni vi verrà inviato un breve messaggio su cui riflettere, un servizio veramente interessante.

La seconda tappa ci porta a Santa Maria del Sasso a Bibbiena, centro storico della fede amatissimo dai bibbienesi e non solo, qui incontriamo il sorriso di Don James da poco a Santa Maria entusiasta del Giubileo e della nomina della Chiesa giubilare, le loro attività saranno concentrate nei periodi mariani per eccellenza e culmineranno con la grande festa del 23 maggio prossimo a cui parteciperà anche il Vescovo Andrea.

La terza tappa ci vede salire al Sacro Monte, qui grazie anche al periodo un po’ tranquillo, si assapora tutta la magia di un luogo che ha incantato non solo San Francesco, ma credo milioni di uomini e donne. Dialoghare con Don Francesco Maria è come sempre godere della spiritualità francescana, semplice e complessa al tempo stesso. La Verna è un luogo veramente affascinante, e questo Giubileo si incastona in una molteplicità di eventi: 2023 Regola francescana, 2024 Stimmate di San Francesco, 2025 Cantico delle creature e 2026 morte del Santo.

La peculiarità de La Verna è che rispetto ad Assisi è completamente isolata dal contesto cittadino, circondato dalla foresta il Santuario si integra totalmente col territorio, gli scogli, pietra di Dio, si fondono con le costruzioni in pietra, pietra dell’uomo, l’ambiente umano e della natura fa si che qui le anime sboccino come fiori al sole del mattino. I frati non temono l’assalto dei pellegrini, loro fanno accoglienza tutto l’anno regalando così a chi ne ha bisogno, ristoro da un mondo che è entrato nel caos e nella solitudine, soprattutto quella degli anziani, divenendo una vera e propria clinica dello spirito. Nel tempo è aumentata la necessità delle persone di trovare qualcuno che le ascolti e per questa necessità le chiese giubilari svolgeranno davvero una funzione da ospedale da campo dove le nostre anime potranno guarire le ferite di una vita sempre più complessa.

Ultima tappa la facciamo al Sacro Eremo di Camaldoli, in questo periodo quanto mai suggestivo, poi scendendo ci fermiamo a parlare col monaco Germano, un carissimo amico, che ci colpisce perché per lui il giubileo serve ai pellegrini ma dovrebbe servire molto di più alla Chiesa per riscoprire il movimento e riflettere sulla necessità di innovarsi, concentrarsi su le cose importanti e rivoluzionarsi su anacronismi per tornare a dire la sua non solo sulla fede ma anche sugli stili di vita delle comunità, soprattutto quelle parrocchiali.

Coinvolgere di più il mondo femminile non solo nelle attività secondarie ma anche in quelle ministeriali, l’esperienza sinodale potrebbe portare a riflessioni e a innovazioni quanto mai significative. Anche Camaldoli, come La Verna, è un polo attrattivo di tutto rispetto e non teme certo l’assalto giubilare, qui la profondità contemplativa dell’eremita ha una sua dimensione particolare, diciamo che il percorso effettuato nelle altre tre realtà trova qui il suo naturale epilogo: riconciliarsi con Dio e i fratelli nella speranza che non siano più la guerra e la violenza a guidare il mondo ma la Pace e l’Amore.

I calendari dei vari eventi sono ben nutriti e possono soddisfare le esigenze di ognuno di noi, fino a quelle più particolari, consiglio una visita nei vari siti digitali e social delle comunità per tenersi aggiornati, ma soprattutto a mettersi in cammino, in fondo questi punti di riferimento sono ben accessibili, con comodi parcheggi da cui raggiungere un parcheggio dell’anima così da poter effettuare un tagliando di controllo e percorrere in felicità e speranza la nostra via spirituale.

Con una consapevolezza in più, passato il Giubileo, questi luoghi rimarranno qui per noi, così da poterne far tesoro sempre, sono le nostre postazioni di ricarica dell’anima, colonnine dove attingere per diventare fonti di Pace e Amore, di cui oggi abbiamo veramente tanto bisogno. Il Papa ci da l’opportunità di una conversione, benedettini, domenicani e francescani sono al nostro servizio, non approfittare dell’opportunità sarebbe un grave errore. Buon giubileo a tutti.

Il seme della violenza

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di Mauro Meschini – L’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna, dovrebbe essere un evento importante, un’occasione per affrontare a 360° potenzialità, risorse, problemi legati al mondo femminile, un mondo che non è oggettivamente piccolo, considerato che dovrebbe all’incirca comprendere più della metà della popolazione del Pianeta. Dovrebbe essere una giornata da segnare con il pennarello rosso sul calendario, non tanto per avere una giornata festiva in più, ma per ricordare di dedicare, in questa occasione, anche il proprio personale contributo a questo momento di festa, di riflessione e di confronto collettivo.

Si dovrebbe e potrebbe parlare di come ancora, nel mondo del lavoro e della formazione, nonostante gli oggettivi risultati conseguiti dalle donne, proprio quest’ultime debbano continuare a vedere non pienamente riconosciuti diritti e opportunità, generalmente e normalmente garantiti ai colleghi uomini. Ancora, si dovrebbe essere impegnati a escogitare soluzioni per riuscire a mettere in atto le modalità più adeguate a garantire, sempre alle appartenenti al genere femminile, di poter usufruire in modo flessibile dei loro tempi di vita, di lavoro, di riposo in modo da poter conciliare con tutto il resto anche la maternità, esperienza specifica e preziosa, probabilmente non del tutto compresa dai maschi, che dovrebbe sempre vedere un riconoscimento e una tutela particolare.

Inoltre si dovrebbe riflettere su quanto sarebbe necessario vedere, nei casi in cui le donne raggiungono posizioni di responsabilità, l’affermazione di comportamenti, idee, pensieri, decisioni in grado di andare oltre il machismo a cui invece, purtroppo, molte in questi casi fanno riferimento. In merito a questo, chiedere esplicitamente di essere chiamata «il Presidente», fatto senza esitazioni da Giogia Meloni, ci sembra una scelta che, oltre a risultare oggettivamente stonata, appare come la negazione di specificità e particolarità che, invece, andrebbero valorizzate.

Ci fermiamo qui, ma non per assenza di altri temi e argomenti su cui concentrare l’attenzione in questa particolare giornata, la ragione è che poi, in realtà, in molti casi il focus della discussione viene concentrato su altro, sia per il pesante impatto sociale che produce sia per il risalto mediatico che a questo viene dato. Parliamo dei femminicidi e di quanto ad essi si collega. Parliamo della drammatica sequenza di violenze, omicidi, soprusi che la cronaca, ormai da anni, elenca come una triste e infinita litania che non siamo capaci di fermare.

Non è certo un tema da ignorare, e sembra impossibile che proprio su questo si debba concentrare l’attenzione di tutti, quando ben altro respiro e prospettive avrebbero altre tematiche. Ma esiste un allarme oggettivo a cui, al più presto, occorre dare una soluzione, o almeno un segnale che vada in senso contrario.

Anche perché di violenza, nelle sue varie manifestazione, non si parla solo quando ha, in determinati contesti soprattutto familiari, per obiettivo le donne. La violenza è un elemento che sembra insito nelle relazioni umane e a cui si tende a dare sempre più spazio e importanza. Mostrare i muscoli, anche se fa molto animale (con tutto il rispetto per gli animali) piace a molti; così come usare le mani prima di aver azionato il cervello. L’euforia di apparire più forte riempie le vite di chi ha poco da vedere riconosciuto nella sua esistenza; seguire ipotetici miti solo perché si presentano con un ghigno meglio riuscito serve ad alzare il morale a chi ha bisogno di avere modelli di “duri” da imitare; il problema è che alla fine tutti manifestano una totale incapacità ad avere relazioni con gli altri con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

Se sono due individui a scontrarsi può scapparci un pugno; se sono due gruppi si può arrivare ad una rissa con bastoni e coltelli; se sono due Stati o due popoli, lo vediamo purtroppo tutti i giorni cosa può accadere. Ma se torniamo a focalizzarci sulla violenza esibita in casi e momenti specifici, come appunto generalmente è anche quella rivolta contro le donne, riusciamo a individuare un aspetto, un elemento, un particolare che, più di altri può essere spesso presente e contribuire, in qualche modo, a scatenare comportamenti violenti?

Ci siamo posti questa domanda raccogliendo informazioni e notizie da fonti diverse e provando in qualche modo a fare una sintesi, anche se certamente non è facile.

«Da un’analisi relativa agli stili di vita condotta dall’Istituto Superiore di sanità, il consumo di alcol e di sostanze è spesso correlato alla violenza sulle donne. In generale, la violenza è tanto più grave quanto maggiore è il consumo di alcol. Il 40% dei casi di violenza, l’86% degli omicidi, il 37% delle aggressioni e il 60% delle aggressioni sessuali hanno luogo sotto l’effetto di alcol. Spesso nell’uomo il consumo di alcol aumenta il livello di aggressività mentre nelle donne può ridurre la percezione del pericolo. L’effetto neurochimico dell’alcol sul cervello può, inoltre, condizionare la completezza dei ricordi».

Facendo riferimento alla ricerca «La violenza è solubile in alcol» possiamo affrontare lo stesso tema facendo però riferimento ad un altro Paese. In questo caso troviamo molte conferme e un approfondimento interessante sui principali effetti dell’alcol che possono favorire determinati comportamenti.

«Un recente studio dell’American Addiction Centers (Centri Americani per le Dipendenze) ha evidenziato come l’uso di droga e alcol è presente nei casi di abuso domestico in una percentuale che varia dal 40% al 60%; ogni anno sono circa 300.000 le vittime che riferiscono di aggressioni da parte di persone sotto l’influenza dell’alcol e, solo nel 2016, l’alcol ha causato circa 90.000 morti in seguito ad episodi di violenza domestica in tutto il mondo. Inoltre, negli Stati Uniti l’alcol assume un ruolo fondamentale nel 32% dei casi di omicidio. Il consumo di alcol, in particolare, è correlato all’incremento di comportamenti violenti, molto più di altre sostanze. Infatti, sebbene l’intossicazione da sostanze alcoliche – sia nell’aggressore che nella vittima, o in entrambi – non sia necessariamente causa unica ed esclusiva della violenza, può incrementare sensibilmente il rischio che ciò accada. Le ricerche hanno rilevato tra le cause comuni un aumento della disinibizione (l’alcol incoraggia comportamenti che, normalmente, verrebbero repressi, agendo sulle aree del cervello che controllano gli impulsi) o la cosiddetta “alcohol miopia” (ovvero il restringimento del focus visivo individuale con conseguente percezione errata della realtà). Inoltre, le sostanze alcoliche influiscono sui processi cognitivi, impattando sulle capacità di controllo della rabbia, di reazione adeguata alle situazioni, nonché di previsione delle conseguenze dei propri comportamenti (cosiddetto “here-and-now focus”, focalizzarsi sul qui e ora)».

Provando poi a proporre ulteriori ricerche che vanno ad affrontare e approfondiscono gli stessi aspetti prima presentati possiamo fare riferimento a: «Uno studio del 2019 effettuato sul personale del Dipartimento della Difesa americano (DoD – Department of Defense) ha evidenziato come l’alcol fosse presente nel 62% dei casi di aggressione sessuale che hanno coinvolto donne appartenenti al DoD e nel 49% dei casi riguardanti gli uomini. I soggetti target dello studio comprendevano membri del servizio attivo dell’esercito, della marina, del corpo dei marines, dell’aeronautica e della guardia costiera che erano al di sotto di un certo grado ed erano stati in servizio attivo per almeno cinque mesi. Le risposte fornite hanno evidenziato un aumento, rispetto ad un precedente sondaggio del 2016, di tutti i comportamenti considerati “sexual harassment” (discorsi, battute e messaggi sessualmente espliciti, gesti e contatti fisici sessualmente significativi e non desiderati, relazioni indesiderate), spesso uniti a comportamenti discriminatori (su base sessuale o di genere).

La violenza, specialmente quella subita dalle ragazze e dalle donne, si dice che sia dovuta anche a retaggi e valori culturali del passato purtroppo ancora radicati nelle società. Se ci pensiamo bene anche l’alcol, il bere alcolici, e un atto che ha accompagnato la storia dell’uomo ed è ben radicato nella cultura di tanti Stati e di tanti popoli.

Ora sembra che l’incontro di queste tradizioni, usanze e convinzioni sia tra le cause di manifestazioni di violenza, soprusi, maltrattamenti, addirittura omicidi. Conoscere aiuta a riflettere, a cambiare e a fare scelte che possono portare all’affermazione di valori e comportamenti fondati sull’irrinunciabile rispetto di sé stessi e degli altri.

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