di Melissa Frulloni – Più di sessant’anni fa, nel film “Colazione da Tiffany”, Audrey Hepburn portava sul grande schermo un antico tessuto italiano, il “nostro” tessuto, il Panno Casentino. Gli inconfondibili riccioli, l’affascinante arancio; erano lì, indossati con grande eleganza dall’attrice… Pensate che per il film il cappotto fu tagliato e cucito dall’atelier Givenchy di Parigi. Ma negli anni sono state moltissime le maison (pensiamo a Pierre Cardin, Gucci, Lorenzo Riva e tanti altri) che hanno recuperato il Panno per dar vita a creazioni iconiche o accessori capaci di fare tendenza, utilizzando una stoffa tanto pregiata quanto antica.
Per noi casentinesi è una sorta di Sacro Graal, magico, intoccabile, preziosissimo. Sappiamo bene che rappresenta una grande occasione per la nostra vallata; l’occasione per essere nominata, conosciuta e magari visitata da chi apprezza le fattezze del mitico Panno. Per tanti potrebbe essere (il condizionale purtroppo è d’obbligo…) il volano turistico più potente che, però, forse, non è mai stato sfruttato fino in fondo.
Non è un’idea poi così sciocca quella di creare in Casentino una “Via del Panno”, o della lana, al pari di quella del latte nella Maremma o del vino in moltissime altre zone d’Italia. Un percorso ben definito, una mappa che accompagni i turisti alla scoperta, paese dopo paese, del Casentino, dei suoi riccioli e della loro storia, ma anche della materia prima che serve per dar vita alle iconiche creazioni.
Oppure pensiamo alla Scuola per Pastori, promossa da Rete Appia (Rete Pastorizia Italiana) e attivata qualche anno fa anche in Casentino, volta a garantire il ricambio generazionale che affligge questa professione: “Un’iniziativa che ci fa ben sperare e ci fa intravedere un futuro, non troppo lontano, in cui potremmo pensare di ricreare proprio in Casentino un piccolo branco di pecore; sarebbe una grande cosa, sia per il rilancio del territorio che per evitare, con un’azione concreta, che questo prodotto e la sua storia vadano persi.” Ci aveva detto Claudio Grisolini di Tessilnova.
Tanti progetti già in essere, diverse idee in cantiere che però, ad oggi rischiano di andare in fumo. Sì perché, purtroppo la produzione del Panno che fa parte della storia del Casentino, rischia di cessare nella nostra vallata. La causa, oltre che alla grave crisi del comparto moda, è da ricercarsi nelle travagliate vicende che hanno riguardato il Lanificio di Soci, luogo in cui viene prodotta la stoffa utilizzata per la creazione dei vari prodotti. Vicende che continuano ancora oggi e che non fanno presagire niente di buono, anzi raccontano di un futuro molto incerto per il Lanificio, i suoi lavoratori e di conseguenza per il Panno Casentino.
Le due aziende, TACS e Tessilnova di Stia sono fortemente legate alla produzione del Lanificio e uno stop di quest’ultimo potrebbe creare non pochi problemi. Naturalmente le due aziende potrebbero spostare la ricerca del Panno altrove (a Prato, ad esempio, visto che il Lanificio di Soci ne è da anni sito produttivo satellite). Quello che però verrebbe sicuramente a finire è la produzione del Panno Casentino qui, nella nostra vallata, dove il tessuto è nato, nella terra a cui si lega indissolubilmente, dal nome alla storia.
Ne parliamo nel nostro articolo a pagina 12 dl giornale in edicola. Il titolo è abbastanza inequivocabile: “Panno del Casentino, suona il De Profundis?” e non promette bene. Sicuramente questo che, come detto, non è solo un prodotto, ma un pezzo di storia della nostra vallata e rappresenta anche un importante volano per il turismo del territorio, merita di essere protetto e preservato, valorizzato.
Non meno meritano tutte le persone che al Lanificio di Soci ci lavorano e che da anni vedono messi in discussione i loro posti di lavoro. I comunicati stampa sull’importanza del Panno Casentino si sprecano e come sempre politici e politicanti di ogni dove sono pronti ad elogiarne le potenzialità, ma adesso, nel concreto, vista la preoccupante situazione a cui stiamo andando incontro, chi farà veramente qualcosa? Forse è il caso di suonare anche qui il De Profundis…