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lunedì, 30 Dicembre 2024

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Patate a Km 0

di Mauro Meschini – Casentino, natura, terra, prodotti, buoni prodotti. In questo elenco, breve ma ricco di contenuti, sta anche il lavoro, l’impegno e la sapienza dell’azienda di Gabriele Bani che a 30 anni si trova a gestire, con la preziosa collaborazione del padre, Giuseppe, un’impresa in grado di essere fornitrice esclusiva di catene commerciali come Esselunga e Conad.
Cosa c’è dietro a questo risultato non da poco? Il lavoro, la passione, l’amore per la terra e la conoscenza necessaria per essere in grado di reinterpretare, anche di fronte ai cambiamenti climatici in atto e alle trasformazioni portate dalla tecnologia, il duro ma affascinante lavoro del contadino, il lavoro che era condiviso da tanti in Casentino e che oggi è sconosciuto a troppi.
Non sono partiti come degli sprovveduti Gabriele e Giuseppe, ma facendo tesoro ognuno del percorso fatto fino al 2008, anno in cui è nata l’azienda. Gabriele ha un percorso di studi specifici alle spalle, Giuseppe decenni di esperienza sul campo.
«Sono nato sotto un abete», ci ha detto scherzando, ma ricordando anche da dove è nata l’idea di dedicarsi al lavoro in agricoltura.
«Per molti decenni abbiamo coltivato gli alberi di Natale, ma questo prodotto ha poi incontrato difficoltà in un mondo in cui si preferisce andare a comprare gli alberi di plastica e dove qualcuno pensa che le piante vengano ottenute disboscando le foreste… è successo anche che un gruppo di persone di Milano ci voleva fare causa per questo, probabilmente perché non avevano mai visto un albero e come veniva coltivato… In ogni caso abbiamo pensato che era importante diversificare e individuare anche un’alternativa nel nostro lavoro. Abbiamo scelto di produrre patate coltivate e confezionate in Casentino e a queste poi abbiamo aggiunto anche la produzione di mele antiche del Casentino (mela Rossa, mela Chitignano, mela Panaia, mela Nesta, mela Ruggine, mela Renetta) e quella del cavolfiore. Comunque la produzione principale è quella della patata soprattutto perché abbiamo questi contratti con le catene commerciali che ci richiedono spedizioni quotidiane e che praticamente ci impegnano per tutto l’anno».
Quali tipi di patata coltivate? «Praticamente tutti i tipi di pasta: bianca, gialla, rossa e adesso anche quella viola».
E i vostri prodotti dove vengono distribuiti e venduti? «Siamo produttori esclusivi per la Toscana, ma adesso con la Conad arriviamo anche nel Lazio e in Sardegna. Oltre ai nostri due clienti fissi che tutti i giorni ci richiedono il prodotto, Esselunga e Conad, abbiamo a volte richieste anche da Eurospin, mentre in Casentino nostro cliente fisso è Franco Ricci di Rassina».
Come si svolge la produzione della patata, quale è il percorso dal seme… allo scaffale? «Il nostro lavoro comincia dalla scelta del seme, un seme che ci permetta di avere un prodotto buono ma anche attento alle esigenze della clientela che richiede un prodotto uniforme, omogeneo e di qualità. Troviamo questi semi in Scozia dove ci rechiamo periodicamente per rinnovare sempre la scelta e per individuare quelli più adatti alle caratteristiche della nostra terra, questo ci permette anche di avere sempre nuove qualità di prodotto da offrire e fare fronte anche così alla concorrenza. Ma per fortuna noi abbiamo anche altre frecce al nostro arco, intanto siamo un’azienda agricola e non distributori commerciali poi, soprattutto, lavoriamo in Casentino e qui abbiamo la terra e le condizioni ambientali e climatiche ottimali. Questo è fondamentale anche perché fuori dal nostro territorio il Casentino è conosciuto e riconosciuto come una zona in cui tutto è buono. Quando parliamo del Casentino abbiamo davvero la porta aperta».
Scelta del seme, terra ideale, ma questa terra deve essere lavorata… «Si, la preparazione del campo è la prima cosa da fare a cui noi aggiungiamo anche delle analisi per conoscere le caratteristiche del terreno e usare quindi eventuali concimi solo nel caso ci sia effettivo bisogno. Si semina poi nel mese di aprile e si prepara l’impianto di irrigazione, molto importante perché la patata richiede un terreno fresco che permetta al prodotto di crescere costantemente senza essere soffocato da un terreno troppo secco. Quest’anno dal punto di vista della necessità di acqua è andata meglio dello scorso anno, abbiamo fatto tre irrigazioni invece di otto, ma non sempre piove nel momento opportuno per cui anche se quest’estate è stata meno secca, anzi all’inizio la pioggia era quasi troppa, c’è stato bisogno di intervenire proprio per mantenere una condizione di umidità il più possibile costante che portasse il prodotto a crescere fino al mese di agosto quando siamo passati alla raccolta e quindi al confezionamento secondo le esigenze dei nostri clienti».
E tutta la fase della lavorazione è meccanizzata? «Si, nella parte di lavoro sul campo non tocchiamo mai praticamente le patate con le mani né durante la semina né durante la raccolta, l’unica cosa che facciamo è tenere pulito il nastro che le trasporta nel cassone, è durante la scelta in fase di confezionamento che possiamo maneggiare di più il prodotto».

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Su che area coltivabile avviene la produzione? E quante patate vengono prodotte?«Circa 50 ettari. Si va intorno ai 18.000/20.000 quintali».
Che poi vengono conservate nelle celle che si trovano qui nel capannone adibito al confezionamento… «Si abbiamo tre celle in cui possiamo collocare circa 15.000 quintali di patate, le altre rimangono sempre nel capannone e sono le prime che confezioniamo. Fino al mese di novembre le patate delle celle non le confezioniamo anche perché dobbiamo fare in modo di avere prodotto disponibile fino al mese di giugno circa».
Quali sono le caratteristiche di queste celle? «Nella cella si mantiene una temperatura di circa 5 gradi e una umidità al 90%, questo permette di mantenere la patata integra. Oltre a questo si introduce ozono e si fanno 3/4 ricambi di aria ogni 24 ore, così si mantiene l’aria sempre pulita all’interno».
Quante persone sono impegnate nell’azienda? «Sono cinque per la parte del confezionamento e della distribuzione, a cui si aggiungono altri sei stagionali per il periodo della semina che diventano dieci al momento del raccolto. Poi ci sono altre piccole aziende, a cui forniamo il seme e diamo specifiche indicazioni per la coltivazione, che lavorano in autonomia e poi ci consegnano il raccolto ottenuto. Naturalmente le loro modalità di lavoro devono essere le stesse che utilizziamo direttamente noi nei nostri campi e costantemente controlliamo che questo venga effettivamente messo in pratica».
Come è stato possibile l’acquisto dei vari macchinari e la realizzazione degli impianti in questo capannone? «L’apporto della famiglia è stato importante. Poi, grazie al contatto con la Conad, siamo riusciti a entrare in un PIF (Progetto Integrato di Filiera) da loro promosso per modernizzare e adeguare gli impianti delle varie piccole aziende da cui si rifornivano, in questo modo siamo riusciti ad avere un finanziamento a fondo perduto che ha coperto una parte degli investimenti. Dalle banche del territorio o della Provincia di Arezzo non abbiamo avuto niente. Mentre, per fortunata coincidenza, ci siamo trovati a cercare risorse nel momento in cui Credit Agricole – Cariparma ricercava imprese agricole per attivare dei finanziamenti, anche da qui è quindi venuto un po’ di ossigeno per il nostro progetto».
È stata una scelta coraggiosa, dopo dieci anni come la giudicate? «Siamo soddisfatti del nostro lavoro, il nostro prodotto funziona e, soprattutto, lo forniamo direttamente dal campo alla confezione che va sullo scaffale di vendita. Certo è un lavoro impegnativo perché non ci sono molti momenti di riposo e le feste in pratica non esistono. In estate nel campo, per il resto dell’anno, domeniche comprese, il confezionamento che spesso ci porta a stare a lavoro fino a tarda sera. Gli ordini arrivano infatti sempre dal primo pomeriggio in poi, solo la domenica sono disponibili poco dopo mezzogiorno, fino a quel momento possiamo solo dedicarci alla scelta per preparare in parte il lavoro. Per concludere il lavoro si devono caricare i camion che partono nella notte per essere entro le 5 circa nei centri di smistamento delle catene commerciali che, a loro volta, devono far arrivare il prodotto entro le 8 nei punti vendita».
E se ci sono ostacoli sulla strada, per esempio quando nevica? «Sono problemi seri, perché le nostre consegne sono giornaliere e non ci sono scorte nei punti vendita. Per questo è importante arrivare comunque. Certo una volta può succedere di saltare una consegna, ma non di più…».
La discussione che abbiamo avuto con Giuseppe e Gabriele Bani è stata interessante, concreta, vera. Abbiamo potuto conoscere meglio la realtà di un lavoro che richiede fatica e impegno, ma che è capace anche di dare soddisfazione e motivi di orgoglio.
In particolare è stato bello vedere come le possibilità date del progresso siano utilizzate in un contesto in cui si respira ancora l’aria genuina della terra e dei suoi valori.
Abbiamo avuto la conferma di questo quando Giuseppe Bani, poco prima di salutarci, ci ha mostrato il cassone delle patate che vengono scartate nel confezionamento perché, nonostante siano perfettamente sane, sono appena più piccole di quanto richiesto. Ci ha detto che diventeranno concime per i campi, ma anche che non è per niente soddisfatto di questo perché comunque lo considera uno spreco, tanto che sarebbe disposto a regalarle pur di vedere una soluzione diversa.
Forse solo chi è nato “sotto un abete” e conosce la terra e il suo valore può avere queste reazioni di fronte a patate che vengono scartate solo perché sono troppo piccole… non sarebbe male trovare il modo di usarle, magari nei tanto pubblicizzati progetti che si fanno per le mense delle scuole del Casentino… piccolo è bello, se è a Km 0 è ancora meglio!

(tratto da CASENTINO2000 | n. 299 | Ottobre 2018)

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